Rilevanza processuale degli accordi a latere nel giudizio di revisione delle condizioni di divorzio

04 Novembre 2024

La Cassazione affronta il tema della valenza degli accordi negoziali conclusi dai coniugi in sede di separazione consensuale o di divorzio congiunto nel successivo giudizio di revisione delle condizioni di divorzio.

Massima

Nell’ambito di un procedimento di revisione delle condizioni di divorzio, il giudice deve tenere in considerazione, ai fini della quantificazione dell’assegno divorzile, l’accordo a latere stipulato dalle parti ad integrazione delle condizioni di divorzio.

Il caso

Nell'ambito di un procedimento di modifica delle condizioni di divorzio, il Tribunale riduceva la quantificazione dell'assegno divorzile precisando di non poter prendere in considerazione l'accordo negoziale con cui le parti, contestualmente alla pronunzia giudiziale sul divorzio congiunto, avevano integrato il quantum del contributo dovuto dal marito a favore della moglie. L'esclusione della rilevanza della pattuizione tra le parti veniva giustificata dal giudice di prime cure in relazione al fatto che tale accordo non veniva richiamato nella sentenza di divorzio.

Avverso la decisione di primo grado il marito proponeva reclamo alla Corte d'Appello, la quale, ritenuta corretta la valutazione operata dal giudice di prime cure in relazione alla consistenza reddituale delle parti ed affermato che in sede di revisione delle condizioni economiche di divorzio non vi è la possibilità di valutare nel merito l'accordo stipulato dalle parti, respingeva l'impugnazione.

Il marito proponeva ricorso per Cassazione, lamentando la mancata valorizzazione dell'accordo intercorso tra le parti a margine della sentenza di divorzio con la conseguente erronea rideterminazione della quantificazione dell'assegno divorzile.

La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dal marito, cassava il decreto pronunciato dal giudice di seconde cure e rinviava il giudizio alla medesima Corte d'Appello in diversa composizione.

La questione

L’ordinanza in commento affronta il tema della valenza degli accordi negoziali conclusi dai coniugi in sede di separazione consensuale o di divorzio congiunto in rapporto ad un giudizio di revisione delle condizioni di divorzio.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte di Cassazione, ricostruito il quadro normativo di riferimento in relazione alla possibilità di modificare le condizioni di divorzio, affronta il tema della valenza degli accordi negoziali conclusi dai coniugi a latere del procedimento di divorzio.

Il provvedimento in commento opera una distinzione preliminare in base al contenuto dell'accordo:

  • da un lato, vi sono gli accordi estranei all'oggetto del procedimento di divorzio congiunto – come, ad esempio, i trasferimenti di beni immobiliari o le transazioni;
  •  e, dall'altro lato, gli accordi connessi all'oggetto del procedimento di divorzio congiunto.

Gli accordi estranei esulano dal thema decidendum tipico della domanda di divorzio e devono essere considerati validi al pari di un vero e proprio contratto e, per questo, si sottraggono alla valutazione del giudice in sede di revisione delle condizioni di divorzio.

Infatti, «la natura di contratti estranei all'oggetto del giudizio di divorzio (status, assegno di mantenimento per il coniuge o per i figli, casa coniugale) – seppur aventi causa nella crisi coniugale – ne evidenzia la natura di contratti, impugnabili secondo le regole ordinarie, ma certamente non rivedibili in sé ai sensi dell'art. 9, l. n. 898/1970».

Diversamente, precisa la Corte di Cassazione, gli accordi connessi all'oggetto del divorzio sono «quelle pattuizioni che, sebbene contenute in un patto aggiunto e contestuale all'accordo di divorzio congiunto, siano, tuttavia, strettamente connesse a questo, per volontà delle parti, e non abbiano ad oggetto diritti indisponibili, o in contrasto con norme inderogabili». Tali accordi dovranno essere presi in considerazione dal giudice in sede di revisione delle condizioni economiche del divorzio, ma l'Autorità Giudiziaria procedente non potrà direttamente intervenire sull'accordo concluso tra le parti.

Operata a questa distinzione, la Suprema Corte ritiene che, nel caso di specie, le parti abbiano concluso un accordo connesso all'oggetto del divorzio in quanto relativo all'integrazione del quantum dell'assegno divorzile e, pertanto, la Corte d'Appello avrebbe dovuto tenerlo in considerazione e valutarlo ai fini della corretta revisione delle condizioni di divorzio.

Alla luce di tale considerazione, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, cassando il provvedimento con rinvio alla medesima Corte d'Appello in diversa composizione.

Osservazioni

Il provvedimento in commento appare di sicuro interesse nella misura in cui affronta il tema della valenza processuale degli accordi negoziali conclusi dei coniugi in sede di separazione consensuale e di divorzio congiunto.

Si tratta dei cosiddetti accordi a latere (o side letters) che ricomprendono le pattuizioni che i coniugi stipulano a causa della separazione o del divorzio senza che il loro contenuto venga trasfuso nel provvedimento giurisdizionale e che trovano fondamento nell'art. 1322 c.c. e nel principio di autonomia negoziale ivi stabilito.

Da un punto di vista contenutistico, tali accordi possono modificare le condizioni di una separazione o di un divorzio oppure integrare le condizioni di una separazione consensuale o di un divorzio congiunto ovvero possono essere diretti a disciplinare in tutto o in parte le condizioni di una separazione o di un divorzio in cui vengano simulatamente pattuite condizioni diverse.

Le pattuizioni volte ad integrare le condizioni di separazione e di divorzio possono essere, da un punto di vista cronologico: 

  • precedenti alla crisi familiare – ovvero quando le parti si limitano ad iniziare a risolvere alcuni dei problemi che si potrebbero porre in caso di separazione o di divorzio;
  • coeve alla separazione od al divorzio – traducendosi in determinazioni relative all'ammontare dell'assegno o in negozi di carattere transattivo che, ad esempio, per ragioni di carattere fiscale, le parti ritengono di non dover pubblicizzare;
  • oppure successive al provvedimento giudiziale – nel caso in cui le parti intendano definire questioni di dettaglio non affrontate in sede giudiziale o relative a problemi sorti in fase di esecuzione).

La dottrina e la giurisprudenza si sono a lungo interrogate sulla validità di tali pattuizioni giungendo ad affermare, anche sulla scorta del progressivo riconoscimento dell'autonomia negoziale in relazione alla gestione della crisi familiare, la validità degli accordi precedenti o coevi al provvedimento di separazione o di divorzio solo nel caso in cui le pattuizioni tra coniugi si pongono in posizione di conclamata ed incontestabile maggiore – od uguale – rispondenza all'interesse tutelato attraverso il controllo del giudice: «essi devono quindi porsi in rapporto di “non interferenza” con le pattuizioni in esso stabilite, ad esempio quando hanno lo scopo di specificarlo meglio o danno luogo ad una disciplina secondaria di rapporti in esso non considerati. L'unico caso in cui il principio di non interferenza sembra poter essere superato si ha quando l'accordo coevo o precedente assicuri - rispetto a quello omologato - un'incontestabile maggiore rispondenza rispetto all'interesse tutelato» (Perago, 1108).

Diversamente, gli accordi successivi sono validi se non contrastano con l'art. 160 c.c. e rispondono all'esigenza di adeguare i singoli aspetti degli accordi all'esperienza reale del nucleo familiare.

Definito il concetto di accordo a latere, appare interessante verificare la valenza processuale di tali accordi all'interno di un giudizio di revisione delle condizioni di divorzio.

Per affrontare questo tema occorre operare – come correttamente suggerito dalla Corte di Cassazione nel provvedimento il commento – una distinzione tra accordi estranei all'oggetto della domanda di divorzio ed accordi connessi alle tematiche affrontate nel procedimento di divorzio congiunto. Tale distinzione rileva nella misura in cui l'oggetto dell'accordo si traduce in una diversa rilevanza processuale dell'accordo stesso.

Infatti gli accordi estranei all'oggetto del procedimento di divorzio sono da considerare dei contratti e, di conseguenza, nell'ambito di un giudizio di revisione delle condizioni economiche delle parti potranno essere valutati come elementi esterni che il Giudice dovrà tenere in considerazione in quanto funzionali a determinare ed a precisare la condizione economica e patrimoniale delle parti. In altre parole, l'Autorità Giudiziaria procedente dovrà considerare l'accordo a latere al pari di un qualsiasi contratto stipulato a favore della parte e, pertanto, sarà tenuto a considerare l'aumento patrimoniale derivante dall'accordo ai soli fini di stabilire la consistenza patrimoniale della parte.

Nel caso in cui, invece, le parti abbiano stipulato un accordo a latere connesso all'oggetto del giudizio, allora il Giudice deve tenerne direttamente conto ai fini della decisione in punto di revisione delle condizioni di divorzio.

Infatti, l'accordo a latere non ha solo causa nella crisi coniugale, ma rientra a pieno titolo nell'oggetto del giudizio divorzile. In altre parole, la pattuizione tra le parti diventa un elemento interno che deve essere preso in considerazione dall'Autorità Giudiziaria procedente, che, pur non potendo incidere direttamente sull'accordo che rimane una pattuizione contrattuale, dovrà valutarlo ai fini della decisione in punto di modifica o di revoca delle condizioni del divorzio.

Tale linea interpretativa appare maggiormente chiara se calata in un contesto concreto. Si pensi al caso oggetto del provvedimento ovvero all'ipotesi in cui le parti, contestualmente al deposito del ricorso per divorzio congiunto, concludevano un accordo a latere che prevedeva un'integrazione del contributo al mantenimento a favore della moglie. Tale pattuizione deve essere considerata strettamente attinente all'oggetto del giudizio attendendo all'adempimento dell'obbligo di versare l'assegno al coniuge economicamente più debole. Pertanto, l'accordo deve rilevare ai fini della revisione delle condizioni dell'assegno di divorzio posto che – nonostante sia preclusa la possibilità di modificare la pattuizioni esistente tra i coniugi – la quantificazione del nuovo assegno divorzile deve essere operata tenendo conto di quanto il marito è obbligato a versare alla moglie sia sulla base dei provvedimenti contenuti nella sentenza di divorzio sia in forza degli obblighi assunti nell'accordo a latere coevo ed a carattere integrativo.

Riferimenti

Per l’approfondimento dei temi trattati si suggeriscono i seguenti testi:

  • A. ARCERI, La pianificazione della crisi coniugale: il consenso sulle condizioni della separazione, accordi a latere e pattuizioni in vista del futuro divorzio, in Fam. e dir., 2013, 94 ss.;
  • E. BIVONA, Libertà e responsabilità dei coniugi negli accordi personali, in Riv. dir. civ., 2020, 848 ss.;
  • C. COPPOLA, Gli accordi in vista del divorzio, in AA.VV., Trattato di diritto di famiglia, a cura di G. Bonilini, vol. II, Torino, 2022, 841 ss.;
  • S. GALLUZZO, Validità ed efficacia degli accordi “a latere” della separazione consensuale, in IUS Famiglie, 11 aprile 2023;
  • A. GORGONI, Accordi a latere della separazione e del divorzio tra regole di validità e di comportamento, in Fam. pers. e succ., 2006, 1015 ss.;
  • G. OBERTO, Gli accordi a latere nella separazione e nel divorzio, in Fam. e dir., 2006, 150 ss.;
  • C. PERAGO, Atti di autonomia privata in vista del divorzio e loro valenza esecutiva, in Fam. e dir., 2023, 1106 ss.

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