Infortunio sul lavoro: l’assicuratore privato copre l’evento dannoso accaduto al lavoratore anche in caso di illecita interposizione di manodopera
07 Novembre 2024
Massima L'interposizione illecita di manodopera in un contratto di appalto determina l'instaurazione ex lege del rapporto contributivo tra l'ente previdenziale e l'utilizzatore, anche ai fini della efficacia di una polizza assicurativa privata che richieda per la sua copertura che il lavoratore infortunato sia addetto all'attività aziendale ed il datore sia in regola con gli obblighi assicurativi sociali. Il caso La descrizione della fattispecie concreta e la decisione dei giudici di merito Un lavoratore, formalmente dipendente di una società a cui erano stati appaltati lavori di pulizia all'interno di un'azienda, ma che era effettivamente addetto ad una macchina ribobinatrice, di proprietà della società cessionaria di quell'azienda, veniva investito da un muletto nel corso della sua attività lavorativa, riportando un grave infortunio sul lavoro, indennizzato dall'INAIL. Il lavoratore agiva in giudizio per ottenere il risarcimento del danno differenziale, chiedendo, per quanto si apprende dalla lettura dell'ordinanza, la condanna della società, che aveva ceduto in affitto l'azienda, e della sua compagnia di assicurazione per la responsabilità civile. Il Tribunale accoglieva la domanda e condannava in solido la società cedente e l'impresa di assicurazione, che impugnava la sentenza, chiedendone la riforma per inoperatività della copertura assicurativa. La Corte territoriale accoglieva l'appello, respingendo la domanda del lavoratore esercitata nei confronti dell'impresa di assicurazione, sostenendo che, sebbene la copertura assicurativa riguardasse anche l'attività lavorativa svolta dalla società cessionaria, subentrata ex art. 2558 c.c. nel contratto di assicurazione, nel caso di specie la garanzia non era operante in quanto l'infortunato non era un dipendente della società cessionaria, né di quella cedente, come imponeva la polizza; inoltre, il lavoratore non poteva considerarsi neppure "terzo" ai sensi di polizza quale danneggiato in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi in relazione ai rischi per i quali era stata stipulata l'assicurazione, stante la ricorrenza di un'esplicita causa di esclusione in base alla quale non potevano considerarsi terzi "i dipendenti dell'assicurato ed i lavoratori parasubordinati che subiscono il danno in occasione di lavoro o di servizio, i subappaltatore e loro dipendenti, nonché tutti coloro che indipendentemente dalla natura del loro rapporto con l'assicurato subiscono il danno conseguenza della loro partecipazione manuale all'attività di cui si riferisce l'assicurazione". Con il primo di due distinti motivi di ricorso per cassazione il lavoratore chiedeva l'annullamento con rinvio della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1366 e 1370 c.c., dolendosi che la Corte d'Appello avesse escluso l'operatività della polizza sol perché si trattasse di rapporto di lavoro derivato da una fattispecie di illecita interposizione di manodopera, nonostante che il datore di lavoro effettivo risultasse in regola con gli obblighi contributivi di legge, adempiuti da quello apparente. La questione L'assicuratore privato copre anche il lavoratore utilizzato in un appalto illecito di manodopera? La questione esaminata dalla Cassazione è la seguente: L'assicuratore privato indennizza solo gli infortuni sul lavoro riportati dai lavoratori formalmente assunti dal datore di lavoro effettivo e titolare della polizza o anche quelli che colpiscono i lavoratori impiegati con contratto di interposizione fittizia di manodopera, sempre che il datore di lavoro formale risulti in regola con gli obblighi contributivi di legge? La soluzione giuridica L'assicuratore privato garantisce pure l'infortunio accaduto al lavoratore interposto La Suprema Corte accoglie il primo motivo di ricorso, fornendo un'interpretazione estensiva della clausola del contratto di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, che limitava la tutela indennitaria solo in favore dei dipendenti o lavoratori parasubordinati, addetti alle attività per le quali era prestata l'assicurazione, ricomprendendovi anche gli eventi accaduti ai lavoratori utilizzati in appalto illecito di manodopera, purché il datore di lavoro formale avesse assolto agli obblighi contributivi. La Cassazione chiarisce, infatti, che il datore di lavoro "effettivo" (in questo caso la società cessionaria dell'azienda) risulta assicurato ed in regola con gli obblighi assicurativi di legge, in virtù dei pagamenti effettuati dal datore interposto, considerato che nelle ipotesi di appalto o di somministrazione illecita "tutti i pagamenti effettuati" dal datore di lavoro apparente " a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto, che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione, dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata" e "tutti gli atti compiuti" dal datore di lavoro apparente "per la costituzione o la gestione del rapporto, per il periodo durante il quale ha avuto luogo" il rapporto "si intendono come compiuti dal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione" (artt. 29 e 27, d.lgs. n. 276/2003, oggi art. 38, comma 2 e comma 3, d.lgs. n. 81/2015). In passato, ricorda la Cassazione, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che il rapporto assicurativo sociale si costituisca immediatamente in forza di legge col datore di lavoro effettivo al posto dell'interposto (Cass. 1° agosto 2017, n. 19098), cosicché i contributi versati dal datore di lavoro apparente vengono considerati come corrisposti dal datore effettivo ed il rapporto si considera effettivamente regolare sotto ogni profilo (Cass. 8 luglio 2019, n. 18278). Trattandosi di rapporto di lavoro in regola con gli obblighi assicurativi di legge, la Suprema Corte esclude sia che l'esistenza di lavoratori non computati ai fini del calcolo del premio comporti l'inoperatività della copertura di polizza, che fa riferimento soltanto alla esistenza e regolarità del rapporto di assicurazione sociale col datore di lavoro sia che si possa parlare di lavoro nero, poiché in questo caso il lavoratore illecitamente somministrato era assicurato all'INAIL dal datore di lavoro apparente e i contributi versati dovevano considerarsi ex lege come corrisposti dal datore di lavoro effettivo. Osservazioni Anche il lavoratore interposto, infortunatosi sul lavoro, ha diritto alla copertura assicurativa privata La Cassazione annulla la sentenza di appello, estendendo la tutela assicurativa privata, già garantita ai lavoratori dipendenti del datore di lavoro effettivo, all'infortunio sul lavoro accaduto al lavoratore utilizzato in un appalto illecito di manodopera, addetto all'attività aziendale esercitata dalla società cessionaria dell'azienda. Nell'ambito di sistemi produttivi in cui il rapporto di lavoro subordinato non rappresenta più la regola, ma l'eccezione, a causa della dissociazione, sempre più frequente, tra la figura del datore di lavoro apparente e quella del datore di lavoro effettivo, appare corretta l'estensione della copertura assicurativa al lavoratore interposto, del cui infortunio è responsabile il datore di lavoro effettivo, stante il suo inserimento nella struttura organizzativa dell'impresa e la sua sottoposizione alle direttive ed al controllo di quest'ultimo (Cass. pen. 20 ottobre 2010, n. 40499); peraltro, anche in caso di somministrazione lecita di manodopera il rispetto degli obblighi di prevenzione e protezione nei confronti del lavoratore somministrato grava sull'utilizzatore, che risponde degli infortuni ad essi accaduti (Cass. 9 maggio 2018, n. 11170), tanto che nel caso risolto dalla Cassazione non era messa in discussione la responsabilità della società cedente dell'azienda o di quella cessionaria, che si era avvalsa della forza lavoro del dipendente della società appaltatrice dei lavori di pulizia, effettivamente adibito alla macchina ribobinatrice, di proprietà della cessionaria. In presenza della responsabilità civile dell'impresa cessionaria dell'azienda, che si poteva avvalere del contratto di assicurazione stipulato dalla società cedente ai sensi dell'art. 2558 c.c., trattandosi di contratto di impresa, attinente alla organizzazione dell'impresa stessa (Cass. 14 aprile 2023, n. 10035), la Cassazione ha ritenuto operante la copertura assicurativa privata poiché, ai sensi dell'art. 27, d.lgs. n. 276/2003 (art. 38, comma 2 e comma 3, d.lgs. n. 81/2015), si era costituito un rapporto di lavoro alle dipendenze dell'utilizzatore, con effetto dall'inizio della somministrazione illecita di manodopera con il subentro del datore di lavoro effettivo nei rapporti così come costituiti dal datore di lavoro apparente, i cui pagamenti, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, avevano liberato il soggetto che ne aveva effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente (Cass. 9 settembre 2021, n. 24408; Cass. 8 luglio 2019, n. 18278; Cass. 1° agosto 2017, n. 19098). Infatti, “in materia di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro è fatta salva l'incidenza satisfattiva di pagamenti eventualmente eseguiti da terzi, ai sensi del comma 1 dell'art. 1180 c.c., e quindi anche di quelli effettuati dal datore di lavoro fittizio” (Cass. 4 gennaio 2016, n. 20). Risultando assolta l'obbligazione contributiva, il datore di lavoro effettivo, secondo la Cassazione, non può considerarsi inadempiente. Tuttavia, l'unico rapporto di lavoro rilevante verso l'ente previdenziale è quello intercorrente con il datore di lavoro effettivo, tanto che il premio dovuto all'INAIL dall'agenzia di somministrazione di lavoro si determina in relazione al tasso medio o medio ponderato, stabilito per l'attività svolta dall'impresa utilizzatrice, nella quale sono inquadrabili le lavorazioni svolte dai lavoratori somministrati, ovvero in base al tasso medio o medio ponderato della voce di tariffa corrispondente alla lavorazione effettivamente prestata dal lavoratore somministrato, ove presso l'impresa utilizzatrice la stessa non sia già assicurata (art. 37, comma 3, D. Lgs. 15 giugno 2015, n. 81). Poiché l'obbligazione contributiva nei confronti dell'INAIL è collegata alla pericolosità o sinistrosità dell'attività esercitata dal datore di lavoro effettivo, nel caso di specie è molto probabile che il premio versato dal datore di lavoro apparente per l'esercizio dell'attività di pulizia risulti inferiore rispetto a quello dovuto dal datore di lavoro effettivo, che aveva adibito il lavoratore interposto ad un'attività più rischiosa, con obbligo dell'INAIL di agire per ottenere la differenza dovuta (Cass. 2 luglio 2019, n.17705), senza che la rivendicazione di adempimenti di obblighi derivanti dalle leggi previdenziali soggiaccia a limiti o preclusioni di accertamento del rapporto di lavoro tra effettivo datore di lavoro e lavoratore (Cass. n. 996/2007; Cass. n. 6532/2014; Cass. n. 18809/2018). In ogni caso, afferma la Corte, il versamento all'INAIL di un premio risultante inferiore rispetto a quello dovuto sulla base dell'effettivo rischio non incide “sulla esistenza della copertura assicurativa sociale” e sull'operatività della polizza, che non viene meno neanche in caso di pagamento parziale del premio o dell'esistenza di lavoratori non computati ai fini del calcolo del premio, che tutt'al più possono comportare l'adeguamento della sua entità, ma non certamente “l'inoperatività della copertura di polizza che fa riferimento soltanto alla esistenza e regolarità del rapporto di assicurazione sociale col datore di lavoro”. Nel caso in cui sia dovuto un premio maggiore, infatti, in applicazione dell'art. 1893, comma 2, c.c., si procede alla riduzione della somma dovuta dalla società assicuratrice agli assicurati danneggiati in proporzione alla differenza tra gli importi dei premi assicurativi. |