La dematerializzazione delle quote

13 Novembre 2024

Tra le diverse innovazioni della Legge Capitali (l. n. 21/2024) vi è l'introduzione della possibilità, per le start-up innovative e le PMI costituite in forma di S.r.l., di prevedere che le quote di categoria emesse ai sensi dell'art. 26 del d.l. n. 179/2012, conv. in l. n. 221/2012 (cd. Start Up Act) possano esistere in forma scritturale ed essere assoggettate alla disciplina degli artt. 83 ss. del TUF relativi alla gestione accentrata in regime di dematerializzazione. Ciò impone alcune riflessioni in relazione sia alla fase di emissione, sia di circolazione, sia all'esercizio dei diritti sociali sottesi a tali quote dematerializzate.

Premessa

Se la riforma del diritto societario del 2003 aveva provato, su diversi aspetti, a dotare di una propria autonoma disciplina e “dignità giuridica” la S.r.l., cancellandone l'etichetta di “sorella piccola” della S.p.A., oggi viviamo, almeno in parte, un processo opposto di riavvicinamento tra i due tipi di società di capitali più diffuse. È noto che il d.l. n. 179/2012 (convertito in legge dalla l. n. 221/2012, poi integrata e modificata; cd. “Start Up Act”) ha reso possibile – prima per le start-up, poi anche per le PMI innovative e, quindi, salvo che per taluni specifici aspetti, per tutte le PMI costituite in forma di S.r.l. – l'accesso ad alcune prerogative (prima) esclusivamente appannaggio delle S.p.A.. Si pensi alla possibilità di suddividere le partecipazioni sociali in categorie, l'emissione di strumenti finanziari partecipativi (solo per le start-up e PMI innovative e non anche per le PMI non innovative) o l'acquisto di proprie partecipazioni (le “quote proprie”). Peraltro, nel contesto della riforma del 2012, il legislatore ha utilizzato una terminologia analoga al dettato dell'art. 2348 c.c. (relativo alle S.p.A.), richiamando così le nozioni giuridiche che caratterizzano tale istituto. Tale avvicinamento di disciplina è stato inoltre rafforzato dalla previsione del quinto comma dell'art. 26 dello Start Up Act, che ha consentito l'offerta al pubblico delle quote di partecipazione delle PMI in forma di S.r.l., anche attraverso i portali per la raccolta di capitali (piattaforme di crowdfunding).

La recentissima Legge 5 marzo 2024, n. 21 (cd. “Legge Capitali”) si innesta nel percorso accennato e lo porta ad un livello superiore, introducendo la possibilità di dematerializzare le quote emesse da start-up e PMI costituite in forma di S.r.l. che abbiano un eguale valore e attribuiscano eguali diritti (cd. quote standardizzate), sottoponendole integralmente, in tal caso, al regime degli strumenti finanziari emessi in forma scritturale (art. 83 e ss. del Testo Unico della Finanza). Il legislatore ha così segnato un altro punto in favore del sostanziale avvicinamento delle quote alle azioni: nonostante il perdurante divieto (formale) di rappresentazione delle quote in azioni (art. 2468 c.c.), ormai definitivamente depotenziato, la differenza fattuale – probabilmente unica - residua consisterebbe a questo punto nel divieto di cartolarizzazione delle quote (per un approfondimento, cfr. O. Cagnasso, S.r.l. aperta, in Le Nuove leggi civili commentate, 5/2020, 1228).

I concetti di dematerializzazione e scritturazione

L'art. 3 della Legge Capitali è rubricato “Dematerializzazione delle quote di piccole e medie imprese”. La norma novella l'art. 26 dello Start Up Act, introducendo la possibilità per le quote standardizzate delle PMI di “esistere in forma scritturale ai sensi di quanto previsto dall'articolo 83-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”.

I concetti di dematerializzazione e scritturazione meritano una sintetica digressione. Infatti, riferirsi a quote dematerializzate come tipicamente avviene nel commentare tale novella (e come fa anche chi scrive) richiede una specifica, per evitare equivoci. A differenza delle azioni di S.p.A., che possono essere cartacee o dematerializzate, le quote di S.r.l. rappresentano frazioni del capitale e sono, invece, entità ideali e astratte, non materiali (i.e., non rappresentate da certificati). La quota dematerializzata di cui alla Legge Capitali è dunque, più precisamente, una quota scritturale: vale a dire una quota dematerializzata inserita in un sistema di gestione accentrata. Si differenziano dalle quote di S.r.l. “ordinarie” previste dal codice civile, la cui entità dipende dal socio che le detiene, non per l'assenza di “materialità” – come detto, requisito comune a tutte le quote di S.r.l. - ma per il fatto di essere (a) necessariamente standardizzate (cfr. infra) e (b) emesse in un sistema di “dematerializzazione forte” da cui discende, in sintesi, la possibilità di esistere semplicemente sotto forma di semplici registrazioni contabili scritturate su conti accesi presso gli intermediari.

Il requisito oggettivo della dematerializzazione: la standardizzazione delle quote

Requisito di carattere oggettivo richiesto dalla legge al fine di poter emettere le quote delle S.r.l. start-up innovative e PMI in regime di “dematerializzazione forte” consiste, dunque, nella standardizzazione. Ciò significa, in definitiva, che il capitale sociale viene suddiviso in quote tutte con uguale valore nominale (o anche tutte prive di valore nominale), con attribuzione di uguali diritti a coloro che ne sono titolari (cfr. per un approfondimento Abu Awwad, Quote di partecipazione, categorie di quote e diritti particolari, in Trattato delle società, diretto da V. Donativi, III, Milano, 2022, 236 ss).

Al riguardo, la norma della Legge Capitali in commento ha un merito importante: fuga ogni dubbio sulla legittimità della standardizzazione delle quote nelle S.r.l. in forma di start-up innovative o PMI, rispetto a cui si erano già espresse favorevolmente inizialmente l'Orientamento 38/2014 del Consiglio Notarile di Firenze, Pistoia e Prato, poi le Massime 171/2018 e 205/2022 della Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano, pur esistendo, in senso contrario, la Massima I.N.6 della Commissione Società dei notai del Comitato Triveneto, la quale argomenta attorno al principio di “unicità” della partecipazione sociale di S.r.l. rispetto al singolo socio. La standardizzazione è, quindi, un presupposto necessario per la “dematerializzabilità” delle quote. Resta fermo, ovviamente, che le S.r.l. PMI possono continuare a indicare solo l'entità complessiva del capitale, senza predefinire il numero delle partecipazioni, lasciando che le stesse siano di numero uguale a quello dei soci, di misura variabile in ragione ai conferimenti, ma in tal caso non sarà possibile l'immissione di tali quote nei sistemi di gestione accentrata applicandone il regime di dematerializzazione.

È opportuno quindi ricordare tre aspetti.

Il primo, è che la scelta di suddividere il capitale esclusivamente in “quote individuali” o esclusivamente in “categorie di quote” standardizzate (cd. struttura para-azionaria) non deve riguardare l'intero capitale sociale (in tal senso la già ricordata Massima 171/2018 della Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano). Invero, le quote di categoria possono coesistere sia con la presenza di “quote individuali” sia con la presenza di altre categorie di quote e difatti una stessa S.r.l. PMI potrebbe ben emettere alcune quote “individuali”, magari dotate di diritti particolari ex art. 2468, comma 3, c.c., e quote di categoria standardizzate. La possibilità di accedere al regime di dematerializzazione ex art. 3 della Legge Capitali potrebbe riguardare solo le seconde. Allo stesso tempo, la dottrina notarile (Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 42-2024/I) evidenzia che la società non possa “standardizzare e dematerializzare tutte le quote emesse”, presentando quindi una struttura partecipativa interamente para-azionaria. Da qui se ne dedurrebbe che, anche alla luce della prassi ormai consolidata, non è tanto la suddivisione dell'intero capitale in “categorie di quote” standardizzate ad essere preclusa (purché ci sia almeno una categoria di quote a “socialità piena”, vale a dire dotata di un set “pieno” di diritti sociali previsti dal codice civile per il “tipo S.r.l.”), quanto invece la dematerializzazione di tutte le quote emesse. La posizione notarile è probabilmente influenzata dal fatto che l'art. 26 dello Start Up Act, come novellato dalla Legge Capitali nell'introdurre il concetto di dematerializzazione, si riferisce alle “quote appartenenti alle categorie del comma 2”, comma dove sono disciplinate le categorie di quote “fornite di diritti diversi”. In ottica pragmatica, resta però il dubbio, a chi scrive, che la norma possa comunque essere interpretata nel senso di consentire la dematerializzazione di tutte le quote in circolazione. Ciò, evidentemente, purché siano standardizzate e vi sia almeno una categoria dotata di diritti amministrativi e sociali “pieni” (onde scongiurare la violazione del disposto di cui all'art. 2468 c.c.).

Il secondo, riguarda il fatto che non è necessario che le quote standardizzate siano suddivise in distinte categorie. La dematerializzazione, in altri termini, può essere disposta anche a fronte dell'esistenza di sole quote standardizzate “ordinarie”, oltre che nella circostanza in cui esistano sia quote ordinarie sia quote di categoria, purché tutte standardizzate (e non di numero uguale a quello dei soci).

Il terzo concerne un requisito formale di cui si deve tenere conto: la possibilità di dematerializzare le quote deve essere prevista nello statuto, applicandosi analogicamente la previsione di cui all'art. 2346 c.c. per le azioni la cui dematerializzazione non sia obbligatoria (in tal senso, si veda ancora il Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 42-2024/I).

Infine, dal requisito oggettivo necessario ai fini della dematerializzazione sin qui descritto, ne discende il requisito soggettivo. Solo le S.r.l. PMI possono infatti emettere quote standardizzate, e, pertanto, è riservata a queste società (nel cui novero rientrano evidentemente le start-up innovative e PMI innovative) la possibilità di usufruire di tale opzione.

La circolazione delle quote dematerializzate e l'obbligatorietà del libro soci

L'intento riformatore della Legge capitali in tema di quote dematerializzate si esplicita in particolar modo nella disciplina della loro circolazione. La novella, per la precisione, non dispone nulla di specifico al riguardo, limitandosi ad affermare che alle quote dematerializzate si applica “la disciplina di cui alla sezione I del capo IV del titolo II-bis della parte III” del TUF. Disciplina che ricomprende anche l'art. 83-quater del TUF, che diviene quindi la norma di riferimento. L'intento della riforma, in questo senso, è chiaro: la dematerializzazione è strumento di semplificazione e di riduzione di costi e oneri legati alla circolazione delle quote stesse (cfr. Atto Camera 1515 - S.674).

Il richiamo al TUF ha quale conseguenza che la circolazione di tali quote dematerializzate avviene mediante cd. “operazioni di giro”, in deroga – o meglio, in alternativa - alla disciplina generale di cui all'art. 2470 c.c. (o quella di cui al d.l. n. 112/2008, che ha introdotto la possibilità per i commercialisti di autenticare e trasmettere al Registro delle Imprese atti di cessione delle quote di S.r.l.). In altri termini, la quota dematerializzata circola – senza alcun intervento da parte di un Notaio (o di un commercialista) – mediante contemporanee e simmetriche operazioni di addebito/accredito sul conto titoli rispettivamente del venditore e dell'acquirente. In particolare: (a) in addebito, presso l'intermediario ove il venditore ha istituito il dossier nel quale sono contabilizzate le quote da cedere, e (b) in accredito, presso l'intermediario ove l'acquirente ha istituito il dossier nel quale le quote oggetto di acquisto devono essere registrate.

Alla luce di questa nuova modalità di circolazione, il legislatore ha effettuato la scelta di reintrodurre, per le S.r.l. PMI che emettono quote dematerializzate, l'obbligatorietà della tenuta del libro soci. E tale obbligatorietà, agli occhi dei primi commentatori, sembrava originariamente significare che l'iscrizione a libro soci dell'acquirente di quote dematerializzate dovesse costituire condizione per l'esercizio dei diritti sociali. In realtà, l'aggiornamento del libro soci non è né condizione affinché il trasferimento sia efficace fuori dal sistema accentrato (e in particolare nei confronti della società stessa) né condizione preliminare all'esercizio dei diritti sociali. Invero, attribuire all'aggiornamento del libro soci una siffatta funzione sarebbe, da un lato contraddittorio rispetto allo spirito della novella, dall'altro foriero della generazione di una disparità di trattamento rispetto alle quote emesse dalle S.r.l. che non si siano avvalse del regime di dematerializzazione, le quali, come noto, possono fare a meno dell'istituzione del libro soci. Ne consegue che il libro soci, in questo contesto, assume un mero ruolo informativo (cfr. Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 42-2024/I).

La legittimazione all'esercizio dei diritti sociali è pertanto conseguita dal titolare semplicemente a seguito della registrazione contabile a favore dell'acquirente, attestata dalla certificazione conseguentemente emessa dall'intermediario.

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