Pegno della partecipazione, diritto di voto e diritto a impugnare la deliberazione assembleare
15 Novembre 2024
Massima Il socio di società a responsabilità limitata che abbia dato in pegno la propria quota conserva il diritto di impugnare la deliberazione assembleare nella quale abbia votato favorevolmente il creditore pignoratizio, atteso che dal combinato disposto degli artt. 2471-bis e 2352 c.c. si evince che il socio, la cui quota sia stata oggetto di pegno, perde il solo diritto di voto in assemblea, ma conserva, in difetto di diversa pattuizione, tutti gli altri diritti amministrativi connessi alla relativa qualità, ivi compreso quello di impugnazione delle deliberazioni contrarie alla legge o all'atto costitutivo. Il caso Due soci impugnano la deliberazione assembleare avente per oggetto l'approvazione del bilancio di esercizio e ne chiedono l'annullamento, lamentando, tra gli altri vizi, anche la carenza di informazione dovuta al mancato deposito presso la sede sociale del progetto di bilancio e dell'ulteriore documentazione prevista dall'art. 2429 c.c. A fronte del rigetto della domanda da parte del giudice di primo grado (Trib. Roma 12 aprile 2017, n. 7330), i soci propongono appello e la corte territoriale, ravvisando la sussistenza del vizio lamentato, accoglie l'impugnazione proposta, annullando la deliberazione assembleare. Nell'accogliere il gravame, la corte di appello rigetta le eccezioni relative al difetto di legittimazione dei soci, già attori in primo grado, a impugnare la deliberazione anche con riguardo ai vizi implicanti il suo annullamento, così come sollevate dalla società: in particolare, l'eccezione di difetto di legittimazione a impugnare in ragione di una contestata violazione della clausola di gradimento nell'acquisto della relativa partecipazione, ritenuta dalla corte di appello insussistente nei fatti, e l'eccezione di difetto di legittimazione conseguente alla precedente costituzione in pegno della quota: eccezione, quest'ultima, che la corte di appello supera accertando incidentalmente la nullità dell'atto costitutivo della garanzia reale, peraltro oggetto di un separato giudizio. La società, pertanto, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della corte di appello articolando quattro motivi di impugnazione, il secondo dei quali, per quanto qui di interesse, censura la sentenza impugnata lamentando l'erroneità dell'accertamento incidentale riguardante la pretesa nullità del pegno sulle quote sociali di uno dei due soci impugnanti la delibera, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2479-ter, 1418,1346,2784,2786 e 2787 c.c. e 295 e 39 c.p.c., l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, deducendo, tra gli altri profili, il difetto di legittimazione a impugnare la deliberazione assembleare da parte del socio che aveva dato in pegno la propria quota, posto che all'assemblea dei soci aveva partecipato il creditore pignoratizio esprimendo voto favorevole: secondo la società ricorrente, non essendo stata impugnata la delibera anche per l'illegittima partecipazione al voto del creditore pignoratizio, il voto da questi espresso relativamente alla quota di proprietà del socio avrebbe dovuto ritenersi valido, impegnando automaticamente anche il socio proprietario della quota costituita in pegno. La questione giuridica e la soluzione La questione giuridica di maggiore interesse esaminata e decisa dall'ordinanza in commento è rappresentata dalla possibilità, da parte del socio di società a responsabilità limitata la cui quota sia stata costituita in pegno, di impugnare per contrarietà alla legge e all'atto costitutivo la deliberazione assembleare per l'assunzione della quale abbia votato favorevolmente il creditore pignoratizio. La soluzione a cui perviene la Suprema Corte è nel senso di riconoscere al socio oppignorato la possibilità di impugnare la delibera, anche a fronte del voto favorevole espresso dal creditore pignoratizio. La Corte perviene a tale soluzione osservando che il voto del creditore pignoratizio, per quanto riferito a quota di cui egli non è titolare, non è espresso in rappresentanza del socio, ma in sua sostituzione, con la conseguenza che la relativa deliberazione assembleare vincola anche il socio qualora da questi non impugnata. Il socio, tuttavia, pur privo del diritto di voto, continua ad essere titolare del diritto a impugnare la deliberazione assembleare alla cui formazione abbia partecipato il creditore pignoratizio: per la Corte, infatti, nonostante la costituzione in pegno della propria partecipazione, la posizione del socio è equiparabile a quella dei soci assenti o dissenzienti, in quanto il voto favorevole del creditore pignoratizio non preclude al socio stesso l'esercizio dei poteri amministrativi ad egli spettanti. La Corte, in particolare, ritiene che, ove non si rinvenga un espresso conferimento del potere di rappresentanza anche sostanziale del socio al creditore pignoratizio della quota, quest'ultimo sia sì legittimato a partecipare all'assemblea in luogo del socio, ma questa sua sostituzione non sia tale da privare il socio stesso del diritto di contestare la validità dell'assemblea. I giudici di legittimità si richiamano, sul punto, all'art. 2471-bis c.c., volto a disciplinare il pegno della quota di partecipazione, e all'espresso rinvio operato da tale disposizione all'art. 2352 c.c. relativo al pegno di azioni, il quale, dopo aver previsto che al creditore pignoratizio spetti in via esclusiva il diritto di voto in assemblea, prevede al suo 6° comma che, in assenza di diversa pattuizione, il socio conservi i diritti amministrativi diversi da quelli inerenti al solo diritto di voto, tra i quali rientra appieno anche quello di impugnare la deliberazione illegittima (tra gli ulteriori diritti amministrativi, diversi dal diritto di voto, conservati dal socio, sono stati annoverati nella casistica giurisprudenziale il diritto di chiedere al tribunale l'accertamento del verificarsi di una causa di scioglimento della società, Trib. Brescia 24 giugno 2011, in Soc., 2012, 1074; il diritto di esercitare, nella società a responsabilità limitata, l'azione di responsabilità e le azioni cautelari di revoca dell'amministratore, Trib. Roma 27 aprile 2011; il diritto di chiedere la convocazione dell'assemblea ai sensi dell'art. 2367 c.c., Trib. Milano 14 gennaio 2007, in Giur. it., 1998, 309). Osservazioni L'ordinanza in commento fornisce alcune indicazioni circa i rapporti che, nell'ipotesi di quota costituita in pegno, sussistono tra diritto di voto e diritto di impugnare la relativa deliberazione. Una prima indicazione riguarda la titolarità dei diritti in questione. Quanto al diritto di voto, il provvedimento in commento ne conferma la titolarità in capo al creditore pignoratizio, in quanto diritto proprio di questi, escludendo che il relativo esercizio avvenga in rappresentanza del socio (sul diritto di voto quale diritto proprio del titolare del ius in re aliena si vedano, con riferimento all'usufruttuario, Cass. 26 maggio 2000, n. 6957 e, con riferimento al creditore pignoratizio, Trib. Bari 27 febbraio 2012, n. 688; in dottrina, tra gli altri, F. Briolini, Pegno, usufrutto e sequestro di azioni, in Il nuovo diritto delle società, Liber Amicorum Gian Franco Campobasso, 1, Milano, 2006, 662). La conseguenza della titolarità del diritto di voto in capo al creditore pignoratizio è che quest'ultimo, nell'esercizio del diritto, possa considerare l'interesse proprio della situazione soggettiva che giustifica tale sua titolarità (in questo senso anche E. Ginevra, La partecipazione azionaria, in Diritto Commerciale, III, Diritto delle società, a cura di M. Cian, II, Torino, 2024, 325), senza necessità di veicolare, almeno nei confronti dell'ente, l'interesse del socio (si veda ancora F. Briolini, op. cit., 667). Quanto al diritto a impugnare la deliberazione, invece, il provvedimento in commento si richiama al 6° comma dell'art. 2352 c.c. – disposizione, come si è ricordato, prevista per il pegno su azioni ma applicabile, in virtù del rinvio all'art. 2471-bis c.c., anche alle società a responsabilità limitata – secondo cui, in assenza di diversa previsione risultante dal titolo, i diritti amministrativi diversi dal diritto di voto (e agli altri diritti amministrativi richiamati dall'art. 2352 c.c.) spettano, in caso di pegno, sia al socio sia al creditore pignoratizio. La previsione del 6° comma dell'art. 2352 c.c., introdotta dalla riforma della società di capitali in contrapposizione all'orientamento allora ritenuto prevalente – orientamento secondo cui, in assenza di indicazioni normative, il diritto di impugnare avrebbe dovuto seguire le sorti del diritto di voto (cfr., tra i molti, B. Visentini, Azioni di società, in Enc. dir., vol. IV, Milano, 1959, 1001; in giurisprudenza, con riferimento all'ipotesi di usufrutto di azioni, Trib. Firenze 03 marzo 1964, in Riv. dir. comm., 1965, II, 315) – consente di assegnare rilievo, anche nei confronti della società (a differenza di quanto avviene per il diritto di voto) all'interesse del socio, autonomamente legittimato a farlo valere nella forma dell'impugnazione. È proprio in relazione a questa eventualità che l'ordinanza in commento fornisce un'ulteriore indicazione, riguardante l'esercizio di tale diritto amministrativo e, in particolare, la possibilità che il socio impugni la deliberazione assunta con il voto favorevole del creditore pignoratizio: sul punto, come si è detto sopra, il provvedimento in esame, dopo aver richiamato la titolarità del diritto a impugnare in capo al socio, ammette la possibilità che tale diritto sia da questi esercitato anche in contrasto con la condotta tenuta in assemblea dal creditore pignoratizio. Ciò che è possibile considerando il socio alla stregua di un socio assente o dissenziente ed escludendo, quindi, che l'espressione del voto favorevole da parte del creditore pignoratizio possa precludere a questi l'esercizio dei diritti amministrativi (l'eccezionalità della disposizione, che deroga sotto il profilo soggettivo alla disciplina dell'impugnazione delle delibere, è messa in evidenza da G.B. Bisogni, Azioni, a cura di M. Notari, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P.M. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Milano 2008, 508; analogamente anche Associazione Preite, Il nuovo diritto delle società, a cura di G. Olivieri, G. Presti, F. Vella, Bologna, 2003, 77). Si tratta di conclusione tutt'altro che scontata: pur escludendosi, infatti, da più parti la necessità di un coordinamento tra creditore pignoratizio e socio, l'idea che quest'ultimo possa impugnare la deliberazione anche se il voto del primo sia stato positivo è parsa «ragionevolmente incomprensibile» e tale da svuotare di significato il diritto attribuito allo stesso creditore pignoratizio (così N. Abriani, Le azioni e gli altri strumenti finanziari, in Abriani-S. Ambrosini-O. Cagnasso-P. Montalenti, Le società per azioni, Padova, 2010, 397; analogamente si era espresso, all'esito del primo grado di giudizio, Trib. Roma 12 aprile 2017, n. 7330, cit., secondo cui sarebbe stato «illogico, con riferimento alla stessa partecipazione sociale, l'espressione di un voto in senso favorevole ad una data deliberazione e l'esercizio dell'impugnazione volta all'annullamento della medesima deliberazione»). In tale ipotesi, si riconosce, invece, al socio la possibilità di tutelarsi contro l'agire del creditore pignoratizio non tramite l'impugnazione della deliberazione, ma esclusivamente in sede risarcitoria [così, ancora, N. Abriani, ibidem; in senso analogo F. Briolini, op. cit., 677). Vero è che, una volta riconosciuta l'esistenza di un diritto del socio ad impugnare e, quindi, di un interesse di questi autonomo e distinto da quello del creditore pignoratizio – interesse, in questo secondo caso, preso in considerazione nell'esercizio del diritto di voto – può risultare poco coerente subordinare la stessa impugnazione al comportamento assembleare del primo (analogamente G.B. Bisogni, op. cit., 508; tuttavia, la necessità di un coordinamento delle iniziative del socio e del creditore pignoratizio, in ottemperanza a un obbligo di protezione in capo a ciascuno di essi, con riferimento all'interesse dell'altro, è messa in evidenza da L. Calvosa, Le altre vicende delle partecipazioni, in Le società a responsabilità limitata, a cura di C. Ibba-G. Marasà, I, Milano, 2020, 729). Conclusioni In ogni caso, i dubbi da ultimo sollevati sembrano doversi comunque riferire all'azione di annullamento della deliberazione e non anche a quella dell'azione di accertamento della sua nullità, rispetto alla quale pare potersi sempre riconoscere la legittimazione del socio (così Trib. Napoli 14 settembre 2011, nonché, in dottrina, N. Abriani, ibidem). |