L’alloggio del portiere di proprietà del condominio può essere acquistato da un terzo dopo lo sfratto?

19 Novembre 2024

Il negozio con cui, successivamente alla costituzione del condominio, si imprime ad un immobile, ab origine di proprietà di uno dei condomini, il vincolo di destinazione in perpetuo ad alloggio del portiere, non è sussumibile nella categoria delle obbligazioni propter rem, difettando il requisito della tipicità, giacché non esiste una disposizione di legge che contempli l'obbligazione reale tipica di concedere in uso perpetuo un bene immobile.

Con atto di intimazione di sfratto per finita locazione, l'intimante a seguito dell'aggiudicazione all'incanto dell'immobile, intimava al condominio il rilascio di un appartamento sito nell'edificio condominiale ed adibito a casa del portiere in virtù di locazione concessa dall'originario proprietario costruttore con contratto di cui si faceva menzione nel regolamento di condominio.

Il condominio si opponeva eccependo che, trattandosi di abitazione del portiere, ed essendo tale destinazione mai stata modificata dal condominio, non poteva considerarsi quella in esame come locazione ad uso abitativo, essendo conduttore il condominio, ma semmai una locazione ad uso diverso dall'abitazione.

Il Tribunale rigettava la domanda ritenendo che, in virtù del regolamento di condominio trascritto, l'immobile era gravato da un vincolo di destinazione, configurante un'obbligazione propter rem. Tale vincolo cessava solo con le eventuale cessazione della destinazione e, quindi, nel caso di soppressione del servizio di portierato, nella fattispecie non dimostrata in giudizio.

Avverso tale sentenza veniva proposto appello innanzi alla Corte territorialmente competente, la quale confermava la decisione del giudice di primo grado, condividendone la motivazione in diritto.

Avverso tale pronuncia veniva proposto ricorso per cassazione dall'appellante, sullo scorta di tre  motivi; resisteva il condominio con controricorso.

Col primo motivo del ricorso, si deduceva la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1362, 1366 e ss, c.c. in ordine all'interpretazione del regolamento di condominio, dell'art. 1117 c.c., nonché dell'art. 112 c.p.c. Si deduceva che l'orientamento richiamato in sentenza risultava superato da un più recente indirizzo che esclude, nell'ipotesi considerata la configurabilità di una obbligazione propter rem

Con il secondo motivo di ricorso, veniva denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1574 e ss c.c., dell'art. 1602 c.c. e dell'art. 112 c.p.c.

Con il terzo motivo il ricorrente denunciava, invece, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e ss c.c. e art. 112 c.p.c.

La Suprema Corte riteneva fondato il primo motivo, con conseguente assorbimento degli altri motivi. Affermava che le obbligazioni propter rem hanno titolo nella legge al pari dei diritti reali e sono caratterizzate dal requisito della tipicità, vale a dire non possono essere liberamente costituite dall'autonomia privata, ma sono ammissibili solo nei casi voluti dalla legge e, cioè, quando una norma giuridica consente che in relazione ad un determinato diritto reale ed in considerazione di esigenze permanenti di cooperazione o di tutele di interessi generali, il soggetto si obblighi una prestazione accessoria, che può consistere anche in un facere (Cass. civ. n. 16083/2024Cass. civ. n. 30302/2022).

L' orientamento restrittivo trova la ragion d'essere nell'esigenza di preservare il più possibile la natura di diritto pieno ed esclusivo della proprietà, quale riflesso del diritto di libertà individuale, onde la sottrazione all'autonomia privata del potere di prevedere liberamente tali obbligazioni al di fuori dei casi tassativamente indicati dalla legge.

Né potrebbe sostenersi che la configurabilità di una obbligazione reale possa trovare fonte legale nel disposto dell'art. 1117 c.c.

La materiale assegnazione di una porzione di fabbricato al servizio di portineria potrebbe assumere diverso rilievo nei limiti in cui risulti possibile la costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia, allorchè le opere permanenti destinate all'esercizio della servitù medesima, predisposte dall'unico proprietario, preesistano al momento dell'atto di costituzione del condominio. In difetto di tale elemento, nessuna connotazione di carattere reale può essere attribuita alle altre ipotesi di limitazione con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano dell'efficacia dei terzi acquirenti.

In conclusione, la Suprema Corte accoglieva il primo motivo, dichiarava assorbiti i rimanenti, cassava con rinvio alla Corte d'appello in diversa composizione la quale era chiamata a statuire anche sulle spese del giudizio di legittimità.

(fonte: dirittoegiustizia.it)

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