Cessione del quinto dello stipendio: illegittime le trattenute a carico del lavoratore per i costi di gestione amministrativi

19 Novembre 2024

La cessione del quinto dello stipendio o eventualmente della pensione ha natura lavoristica (retributiva o pensionistica). La cessione del credito, entro cui si colloca la cessione del quinto, può comportare un aggravamento della posizione del datore di lavoro. Ed allora, se per il ceduto si verifica una “modificazione eccessivamente gravosa”, da provare in giudizio, si deve cercare “un giusto contemperamento degli interessi coinvolti nella vicenda e trovare modalità di adempimento diverse a seconda dei criteri di buona fede e correttezza.

Massima

Il datore di lavoro nell'ambito di una cessione del quinto dello stipendio del proprio dipendente non può pretendere il rimborso dei costi del servizio aggiuntivo, a meno che non ne provi l'insostenibilità in rapporto alla propria organizzazione aziendale, potendo l'eccessiva gravosità della prestazione giustificare l'inadempimento del debitore ceduto (datore di lavoro), solo ove il creditore (lavoratore) non collabori a modificare le modalità della prestazione in modo da realizzare un equo contemperamento degli interessi

Il caso

Costi di gestione delle pratiche di cessione del quinto e trattenute sullo stipendio

La Corte di Appello di Milano rigettava il ricorso presentato da un datore di lavoro che insisteva per l'accertamento della legittimità delle trattenute operate sullo stipendio dei propri dipendenti a titolo di costi di gestione amministrativi funzionali alla cessione del quinto del loro stipendio.

Avverso la sentenza sfavorevole, il datore di lavoro proponeva ricorso per cassazione che però veniva respinto in quanto, nel caso di specie, a mancare era stata l'allegazione e la prova in giudizio della maggior gravosità delle prestazioni del servizio di contabilizzazione e di gestione amministrativa, funzionale alla cessione del quinto dello stipendio, tale da determinare costi ingiusti, intollerabili o sproporzionati, meritevoli pertanto di essere ristorati.

La questione

Cessione del quinto dello stipendio e costi troppo gravosi per l'organizzazione datoriale

La questione riguarda il datore di lavoro, ceduto a seguito di cessione del quinto dello stipendio, che, per far fronte a tale operazione di finanziamento del proprio dipendente, si trovi ad affrontare costi aggiuntivi.

Ci si chiede quindi se tale attività amministrativa debba essere considerata alla stregua di una ordinaria gestione del rapporto, dovendo di norma il datore di lavoro dotarsi di un ufficio amministrativo che si faccia carico di operazioni quali, ad esempio, la gestione delle ferie, delle malattie, degli infortuni, dei permessi, delle anticipazioni di T.f.r., oppure può essere dato risalto alla maggiore gravosità delle prestazioni così richieste e poi rese.

Le soluzioni giuridiche

La cessione del quinto dello stipendio come cessione del credito e strumento di finanziamento del lavoratore

La cessione del quinto dello stipendio si colloca nell'alveo della cessione del credito per la cui validità non occorre il consenso del debitore ceduto, cui la cessione medesima è opponibile purché egli ne sia a conoscenza.

Orbene, poiché interesse primario del debitore ceduto è quello di liberarsi del proprio obbligo, per lui è normalmente irrilevante chi sia il soggetto destinatario del pagamento.

Nella cessione del credito, il ceduto infatti si trova a dover effettuare in favore del cessionario lo stesso pagamento al quale sarebbe tenuto nei confronti del cedente, senza, ovviamente, poter pretendere alcunché dal cessionario. Come egli è tenuto a pagare al cedente, così è tenuto a pagare al cessionario.

La cessione del credito, d'altronde, costituisce ordinario strumento di finanziamento del lavoratore che può accedere, in siffatta maniera, al mercato dei beni e dei servizi.

E ciò nell'ambito del riconoscimento normativo di un diritto potestativo del lavoratore ad ottenere finanziamenti mediante la cessione fino a un quinto dello stipendio.

Tali cessioni non si pongono così in maniera del tutto estranea al rapporto di lavoro ma sono radicate in esso, benché non siano strettamente funzionali alla modulazione del rapporto, come avviene, invece, per le operazioni di contabilizzazione di ferie, malattie, infortuni, permessi, anticipazioni di T.f.r., alla cui registrazione e gestione anche il datore di lavoro nutre un interesse diretto, convergente con quello del lavoratore.

Nondimeno la cessione potrebbe, in ipotesi, aggravare oltre misura la posizione del datore di lavoro debitore ceduto (tenuto conto della quantità delle cessioni e dell'entità degli oneri, in relazione all'organizzazione d'impresa).

Una richiesta di massa di cessione del quinto ben può imporre al ceduto la creazione di una apposita struttura organizzativa che si occupi di gestire gli adempimenti da compiere, con l'aggiunta di costi a volte non indifferenti.

Vieni quindi riconosciuta dalla giurisprudenza dominante, ripetuta dalla sentenza in commento, la possibilità di discutere, di volta in volta, se la cessione del quinto comporti in concreto per il ceduto "una modificazione eccessivamente gravosa", tale da facoltizzarlo (non certo a rendersi definitivamente inadempiente, ma) a procrastinare l'adempimento fino al realizzarsi di "un giusto contemperamento degli interessi".

Per questo la modificazione soggettiva del creditore non deve risultare, in concreto, eccessivamente gravosa per il debitore ceduto, ossia deve rispettare i limiti di correttezza e buona fede(artt. 1175 e 1375 c.c.), che riguardano non tanto la validità e l'efficacia del contratto di cessione del credito ma il diverso profilo del pagamento (art. 1196 c.c.) e quindi dell'adempimento (Cass. 13 settembre 2021, n. 24640).

In altre parole, occorre valutare la gravosità dell'onere datoriale, da commisurare alle dimensioni dell'impresa che esige la dotazione, per un elevato numero di dipendenti, di una struttura amministrativa corrispondente.

La doverosità di tale dotazione deriva ora anche dall'aggiunta, secondo l'art. 375 del d.lgs. n. 14/2019, Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza, del secondo comma dell'art. 2086 c.c. con il quale si afferma per "l'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ...il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa".

Osservazioni

Natura della cessione del quinto dello stipendio e sua origine pubblicistica

I caratteri salienti della cessione del quinto di cui si tratta si riassumono anzitutto nella programmazione del rimborso del finanziamento mediante cessione del credito ovvero, secondo una disciplina che qui non rileva, mediante delegazione di pagamento e, soprattutto, nella natura lavoristica (retributiva o pensionistica) del credito ceduto o oggetto di delegazione.

Si tratta di un contratto a causa creditizia diretta a realizzare l'attribuzione al dipendente di una somma destinata ad essere restituita al finanziatore attraverso la cessione del credito per retribuzione, con l'aggiunta del pagamento di un quid pluris a titolo di remunerazione di tale operazione.

I dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato possono quindi contrarre prestiti da estinguere mediante cessione di quote di retribuzione, nei limiti di un quinto del suo ammontare al netto delle ritenute e per un periodo non superiore a dieci anni.

Per i dipendenti con contratto a termine la cessione non può eccedere il periodo di tempo che, al momento del finanziamento, residua alla scadenza.

La specifica disciplina che ne regolamenta il funzionamento è contenuta nel d.P.R. del 5 gennaio 1950, n. 180 (“Testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni”), agli artt. 5 e 51-55.

In origine, era prevista la possibilità di contrarre finanziamenti ratealmente estinguibili con cessione di quote dello stipendio o del salario per i soli dipendenti pubblici in virtù dell'art. 5 del d.P.R. n. 180/1950.

L'art. 5 stabilisce, infatti, al primo comma: "Gli impiegati e salariati dipendenti dello Stato e dagli altri enti, aziende ed imprese indicati nell'art. 1 possono contrarre prestiti da estinguersi con cessione di quote dello stipendio o del salario fino al quinto dell'ammontare di tali emolumenti valutato al netto di ritenute e per periodi non superiori a dieci anni, secondo le disposizioni stabilite dai titoli II e III del presente testo unico".

Tale possibilità è stata solo successivamente estesa, a seguito di modifiche normative successive, anche ai pensionati ed ai dipendenti privati, oltre che, entro certi limiti, ai lavoratori parasubordinati, mediante un programma di rimborso del finanziamento attuato usualmente attraverso lo strumento della cessione del credito di natura lavoristica.

Ciò detto, l'istituto si basa sulla struttura contrattuale della cessione del credito di cui all'art. 1260 c.c. e ss. senza particolari deroghe alla citata disciplina e quindi il ceduto, per evitare la gravosità dell'adempimento, può essere facoltizzato a procrastinarlo, convenendo misure che intervengano a correggere, o comunque regolare, l'eventuale aggravamento di cui si è detto; in particolare:

- il debitore (ceduto) può intervenire alla stipulazione del negozio di cessione, concorrendo nella determinazione del contenuto contrattuale, ad esempio ai fini dell'individuazione del luogo e del tempo dell'adempimento, ovvero alla regolazione delle spese per il pagamento;

- il debitore (ceduto) ed il cessionario possono tra loro accordarsi in ordine alle modalità del pagamento da effettuarsi, senza che ciò interferisca con l'intervenuta cessione, ponendo, ad esempio, a carico del secondo le spese del pagamento, che di regola gravano sul debitore.

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