I soci succedono nei rapporti debitori facenti capo alla società cancellata
21 Novembre 2024
Massima In tema di successione societaria, i soci succedono nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata, ma non definiti all'esito della liquidazione, fermo restando il loro diritto di opporre al creditore agente il limite di responsabilità di cui all'art. 2495 c.c.. I soci succedono anche in relazione alle sopravvenienze attive, così che, venuto meno il vincolo societario. Pertanto, nel caso di specie del patrimonio netto della società e del fondo stanziato per rischi sono diventati contitolari i soci, che quindi, sia pure in regime di comunione, hanno riscosso tali poste in base al bilancio finale di liquidazione. Il caso La vicenda fattuale in commento prende le mosse da un giudizio instaurato da un Condominio innanzi al Tribunale di Milano, il quale richiedeva la condanna della società appaltatrice al pagamento della somma necessaria per l'eliminazione dei vizi e dei difetti presenti in parti comuni dell'edificio condominiale, nonché del danno causato dal minore godimento di servizi e impianti. Prima della sentenza di merito era dato atto della cancellazione dal registro delle imprese della società appaltatrice ed erano sollevate delle questioni sulla responsabilità dei soci per i debiti residui. In primo grado il Tribunale di Milano stabiliva che le somme del patrimonio netto della società e del fondo per i rischi erano state trasferite ai soci, rendendoli responsabili entro tali limiti. Tuttavia, il giudice d'appello rigettava la domanda del condominio, ritenendo che la responsabilità dei soci dipendeva dalla prova dell'avvenuta riscossione delle somme a loro attribuite. Avverso la sentenza di secondo grado ricorreva per Cassazione il Condominio. La Cassazione, accogliendo il ricorso del condominio, ribadiva che i soci succedono nei rapporti debitori della società cancellata, in regime di comunione. Ciò significa che, estinta la società, si instaura tra i soci un regime di contitolarità o di comunione indivisa. In particolare, la Suprema Corte ha precisato che, la responsabilità dei soci è limitata alle somme risultanti dal bilancio finale di liquidazione, considerando anche le somme stanziate per rischi futuri e crediti tributari. La Cassazione ha inoltre confermato che i soci succedono anche in relazione alle sopravvenienze attive, così che “la titolarità dei beni e dei diritti residui o sopravvenuti torna ad essere direttamente imputabili a coloro che, della società, costituivano il sostrato personale”. La questione giuridica La questione giuridica sottesa nel caso in esame, verte nello stabilire se in tema di successione societaria, i soci succedano nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata, ma non definiti all'esito della liquidazione. Osservazioni Prima di fornire soluzione alla questione giuridica in premessa, occorre una breve disamina degli istituiti coinvolti nel caso in commento. A mente dell'art. 2495 c.c., approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese, salvo quanto disposto dal secondo comma. Decorsi cinque giorni dalla scadenza del termine previsto dal terzo comma dell'articolo 2492, il conservatore del registro delle imprese iscrive la cancellazione della società qualora non riceva notizia della presentazione di reclami da parte del cancelliere. Ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede della società. Le società di capitali si estinguono immediatamente per effetto della cancellazione dal Registro delle Imprese. Nel caso in cui all'estinzione e alla cancellazione dal Registro delle Imprese della società (di persone o di capitali che sia) non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, sia dal lato passivo avuto riguardo alle obbligazioni che dal lato attivo con riferimento ai diritti e ai beni non compresi nel bilancio di liquidazione. Detti diritti e beni vengono trasferiti ai soci in regime di contitolarità o comunione indivisa, ad eccezione delle mere pretese e dei diritti di credito illiquidi e non ancora esigibili. Eventuali sopravvenienze attive cadranno in comunione ordinaria tra gli ex soci, in proporzione della quota di liquidazione ricevuta e ciascun socio potrà agire in proprio e pro quota nei confronti di eventuali debitori della società o richiedere la divisione della comunione, ex art. 762 c.c. Quanto alle sopravvenienze passive, è stata affermata tanto l'efficacia nei confronti dei soci del titolo esecutivo ottenuto nei confronti della società, ai sensi dell'art. 477 c.p.c., quanto la possibilità per il socio escusso di rivalersi verso gli altri ai sensi dell'art. 1299 c.c. La natura successoria del trasferimento del debito già sociale in capo ai soci determina che il credito rimane soggetto alla sua originaria prescrizione, senza possibilità di applicare l'art. 2949, e che il socio potrà far valere tutte le eccezioni proprie della società nei confronti del creditore. L'articolo in commento non prevede una fattispecie di patrimonio separato, sicché sul residuo di liquidazione attribuito al socio sussiste concorso tra creditori sociali e creditori personali, fatta salva la possibilità, espressa peraltro dubitativamente in dottrina, di esercizio da parte del creditore di azione analoga a quella ex art. 512, i cui effetti peraltro cesserebbero in caso di fallimento della società estinta, ex art. 11, comma 3, l. fall. I creditori sociali, a seguito della riforma e per tutto quanto detto, potranno agire solo contro i soci o i liquidatori e non anche contro la società ormai estinta, nei limiti di quanto allo stesso distribuito (v. Cass. 32729/2023). Una deroga, in relazione alle sopravvenienze passive di natura tributaria, è stata legislativamente prevista dall'art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175/2014, ove è espressamente previsto che, ai soli fini della validità ed efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi, contributi e loro accessori, l'estinzione della società abbia effetto solo decorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese. La norma è stata censurata di incostituzionalità per violazione del principio di uguaglianza e del divieto di eccesso di delega legislativa, ma la Corte Costituzionale investita della questione ha sostenuto la non manifesta fondatezza delle censure formulate, le quali non sono state ritenute fondate, mantenendo intatta la legittimità della norma (v. Corte Cost. n. 142/2020). È, pertanto, ora pacifico in giurisprudenza che in relazione all'accertamento, alla riscossione e all'eventuale contenzioso tributario, l'estinzione produca effetti decorsi cinque anni dalla cancellazione dal Registro delle imprese (v. Cass. n. 31904/2021), con la precisazione che quanto previsto dall'art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175/2014 non opera retroattivamente, trattandosi di norma di natura sostanziale relativa alla capacità delle società cancellate e non interpretativa (v. Cass. n. 31846/2021). Per quanto concerne le liti pendenti al momento della cancellazione della società dal registro delle imprese, esse vengono interrotte ai sensi degli artt. 299 ss. c.p.c. dal momento in cui l'evento interruttivo è stato dichiarato o fatto constare nei modi di legge (v. Cass. n. 5605/2021 e Cass. n. 20840/2018). Va da sé che in mancanza di tale dichiarazione, il processo prosegue fra le parti originarie in forza del principio della cosiddetta stabilizzazione processuale del soggetto estinto, giusta la regola dell'ultrattività del mandato alle liti (v. Cass. n. 17342/2024). Di talché il difensore continua a rappresentare la parte come se l'evento non si fosse mai verificato. Qualora l'evento interruttivo determinato dall'estinzione della società per cancellazione dal registro delle imprese non venga fatto constare nel corso del giudizio o intervenga quando non sia più possibile farlo constare, l'impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, deve provenire o essere indirizzata, a pena d'inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci, quali successori della società. Infatti, la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale l'evento estintivo è occorso (v. Cass. n. 5605/2021 e Cass. n. 29251/2018). La cancellazione di una società intervenuta nel corso di un giudizio non implica una rinuncia alla pretesa azionata, salvo che la stessa società non abbia manifestato la volontà di rimettere il debito e il debitore abbia dichiarato di volerne profittare (v. Cass. n. 27894/2021, Cass. n. 8521/2021, Cass. n. 6771/2021 e Cass. n. 9464/2020). Tornando al caso in esame, un Condominio conveniva in giudizio una società in qualità di ditta esecutrice delle opere, affinché la stessa venisse condannata al pagamento della somma necessaria per l'eliminazione dei vizi e dei difetti presenti nelle parti comuni dell'edificio condominiale e al risarcimento del danno causato dal minore godimento dei servizi e degli impianti. Prima della pronuncia della sentenza di merito era dato atto della cancellazione dal registro delle imprese della convenuta. Si poneva, quindi, il problema della successione societaria in caso di cancellazione della società ai sensi dell'art. 2495 c.c. Conclusioni La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, intervenendo in tema di rapporti societari, ha affermato che in tema di successione societaria soci succedono nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata ma non definiti all'esito della liquidazione, fermo restando il loro diritto di opporre al creditore agente il limite di responsabilità di cui all'art. 2495 c.c. I soci succedono anche in relazione alle sopravvenienze attive, così che, venuto meno il vincolo societario. Pertanto, nel caso di specie del patrimonio netto della società e del fondo stanziato per rischi sono diventati contitolari i soci, che quindi, sia pure in regime di comunione, hanno riscosso tali poste in base al bilancio finale di liquidazione. Nel caso in esame, all'esito della cancellazione della società appaltatrice dal Registro delle Imprese, i soci erano diventati contitolari del patrimonio netto e del fondo stanziato per rischi della società, riscuotendo tali somme in base al bilancio finale di liquidazione. I creditori sociali insoddisfatti, pertanto, potranno dunque far valere i loro crediti nei confronti dei soci fino all'ammontare delle somme ricevute da questi ultimi secondo il bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori se il mancato pagamento è dovuto a colpa di questi ultimi. A detta della Cassazione, infatti, la gestione delle posizioni attive e passive dopo la cancellazione di una società di capitali richiede un equilibrio tra la certezza del diritto e la tutela dei creditori. La necessità di tutelare la certezza del diritto impone che la cancellazione della società sia definitiva. La disciplina va quindi ricostruita sulla base dell'art. 2495 c.c., evitando estensioni indebite delle ipotesi di cancellazione della cancellazione che comprometterebbero l'irretrattabilità dell'estinzione della società. La sentenza Cass. n. 18720/2024 rappresenta un importante passo in questa direzione, riaffermando i principi di successione dei soci nei rapporti debitori e creditori della società estinta, in linea con le esigenze di certezza del diritto. |