Responsabilità civile
RIDARE

Il mobbing da dirigente a dipendente rientra nella responsabilità aquiliana

La Redazione
22 Novembre 2024

La Suprema Corte esamina il caso di un dipendente che lamenta condotte integranti mobbing da parte di una sua dirigente, qualificando l'eventuale responsabilità della stessa come contrattuale ex art. 2087 c.c. e non come extracontrattuale ex art. 2043 c.c.

Un dipendente del Ministero della Giustizia adiva il Tribunale di Bari chiedendo l'accertamento di comportamenti vessatori, denigratori e mobbizzanti subiti da una dirigente della stessa P.A., nonché la condanna di quest'ultimo al risarcimento dei danni patrimoniali e non causati dalla sua condotta. Il Tribunale di Bari rigettava le domande del dipendente e tale decisione veniva confermata anche in secondo grado. Il dipendente impugnava la sentenza della Corte territoriale dinanzi alla Cassazione, lamentando che la Corte d'appello avesse erroneamente qualificato l'eventuale responsabilità della dirigente per mobbing come aquiliana e quindi rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario, rigettando dunque la domanda del ricorrente poiché fondata sull'art. 2087 c.c. («Tutela delle condizioni del lavoro»). Sosteneva il ricorrente che la dirigente, in ragione del rapporto di immedesimazione organica con la P.A., avrebbe dovuto essere qualificata come datore di lavoro, in quanto questa aveva posto in essere le condotte mobbizzanti in suo danno in virtù dei poteri propri del datore di lavoro ad essa conferiti dalle leggi nonché dal contratto di lavoro.

La Cassazione ha rigettato il ricorso, applicando il seguente principio di diritto, già espresso dalla giurisprudenza di legittimità: «In tema di mobbing, la responsabilità esclusiva di altro dipendente, il quale si trovi eventualmente in posizione di supremazia gerarchica rispetto alla vittima, è configurabile solo ai sensi dell'art. 2043 c.c. e non a titolo contrattuale [ndr. Quindi non ex art. 2087 c.c.], essendo egli soggetto terzo con riguardo al rapporto di lavoro. Ne consegue che la dimostrazione di tale responsabilità dovrà essere fornita applicando le regole previste per gli illeciti aquiliani, in particolare quelle sulla ripartizione dell'onere della prova e che la relativa azione si prescriverà nel termine di cinque anni» (cfr. Cass. civ., sez. lav., 22 maggio 2024, n. 14335, Cass. civ., sez. lav., 4 marzo 2024  n. 5712 e Cass. civ., sez. lav., 8 maggio 2023, n. 12068).

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