Ricadute del Decreto correttivo sui procedimenti di opposizione a precetto (e non solo)

27 Novembre 2024

Il presente articolo analizza le novità apportate dal Decreto correttivo all'opposizione preventiva all'esecuzione e agli atti esecutivi

Premessa

Il d.lgs. n. 164/2024, di recente pubblicazione, ha apportato diverse novità con riguardo alla riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022), con effetti su diverse disposizioni del codice di procedura civile. In alcuni casi, si tratta di interventi che incidono davvero solo marginalmente sul processo, ma in diversi altri casi si tratta di interventi suscettibili di produrre un certo effetto tanto sul processo di cognizione, quanto sul processo esecutivo. Questa è dunque l'occasione per una prima riflessione, a caldo, sulle disposizioni che hanno inciso sul processo di cognizione, con particolare attenzione ai giudizi aventi ad oggetto l'opposizione preventiva all'esecuzione e agli atti esecutivi.

Il quadro normativo

Per cominciare, alcuni brevissimi cenni sulle opposizioni preventive all'esecuzione e agli atti esecutivi.

Quanto alla prima ipotesi di opposizione, il primo comma dell'art. 615 c.p.c. tratteggia, con poche brevi frasi, i connotati del giudizio di opposizione a precetto: «Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata, si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell'art. 27 c.p.c. Il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende, su istanza di parte, l'efficacia esecutiva del titolo».

Viene in rilievo, sulla base della citata disposizione, la cosiddetta opposizione preventiva all'esecuzione, ossia quella opposizione con la quale si contesti la sussistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata prima che sia iniziata l'attività espropriativa e successivamente alla notifica del precetto.

Si tratta, sotto il profilo processuale, di un ordinario giudizio di cognizione, che si conclude con una pronuncia che accerta la sussistenza o meno del diritto a procedere ad esecuzione forzata.

Un giudizio di cognizione nel corso del quale può essere proposta (la norma richiede la necessaria istanza di parte) una istanza di sospensione che, in caso di accoglimento da parte del giudice, condurrà ad una pronuncia di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo.

Quanto, poi, alla opposizione agli atti esecutivi, il primo comma dell'art. 617 c.p.c. prevede che «le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l'esecuzione, davanti al giudice indicato nell'art. 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto».

In questo caso viene in rilievo una opposizione, proposta prima dell'inizio dell'esecuzione, mediante la quale si contestano vizi formali del titolo e del precetto. Anche questa opposizione preventiva si svolge come un ordinario giudizio di cognizione.

Non è prevista, diversamente che nella opposizione preventiva all'esecuzione, la previsione di una fase cautelare volta alla sospensione del titolo.

Impatto del Correttivo sui giudizi di opposizione preventiva all'esecuzione e agli atti esecutivi

Proviamo, dunque, ad esaminare, con una rassegna necessariamente sintetica e non esaustiva, le principali novità contenute nel recente correttivo, che possono risultare di maggiore interesse ed impatto con riguardo ai giudizi di opposizione preventiva all'esecuzione e agli atti esecutivi.

Di sicuro interesse per i giudizi in questione, pur non essendo una disposizione che disciplina il processo di cognizione, è la novellata formulazione del terzo comma dell'art. 480 c.p.c., norma, originariamente non intaccata dalla riforma Cartabia, che regolamenta la forma del precetto.

Di seguito il contenuto del novellato art. 480, comma 3 c.p.c.: «Il precetto deve inoltre contenere l'indicazione del giudice competente per l'esecuzione e, se è sottoscritto dalla parte personalmente, la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice oppure l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o l'elezione di un domicilio digitale speciale. In mancanza, le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso, salvo quanto previsto dall'articolo 149-bis».

Rispetto alla precedente formulazione dell'art. 480, comma 3 c.p.c., emerge la necessaria indicazione, nell'atto di precetto, del «giudice competente per l'esecuzione», nonché la espressa previsione della possibilità di sottoscrizione del precetto ad opera della parte personalmente, con la previsione della possibilità, per il creditore, in luogo di effettuare la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio, di indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o l'elezione di un domicilio digitale speciale.

Se la funzione dell'art. 480, comma 3 c.p.c. era, già nella previgente formulazione, quella di consentire l'identificazione del giudice competente per l'opposizione preventiva all'esecuzione (radicando una tale competenza nel luogo ove il creditore avesse dichiarato la residenza o eletto domicilio), la previsione di una espressa indicazione del giudice competente per l'esecuzione all'interno dell'atto di precetto mira forse a rendere ancor più chiara ed inequivoca tale indicazione, specie ove il creditore intenda, in luogo di dichiarare la propria residenza o eleggere il proprio domicilio, indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o il proprio domicilio digitale speciale.

Anche in questo caso, come già avveniva con la previgente formulazione dell'art. 480, comma 3 c.p.c., non viene prevista una espressa sanzione per il caso di mancata indicazione del giudice competente o di mancanza di dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio, restando inalterato l'ultimo periodo del menzionato comma, in base al quale «in mancanza, le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato».

Una disposizione, il novellato art. 480, comma 3 c.p.c. - nata probabilmente per apportare un elemento di chiarezza e, inoltre, per adeguare anche il precetto alla ormai pressoché completa digitalizzazione del processo civile - che potrebbe, tuttavia, generare qualche problema sotto il profilo interpretativo: ove il precetto venga sottoscritto dal difensore della parte e lo stesso non indichi nell'intimazione il giudice competente per l'esecuzione, l'opposizione dovrà comunque radicarsi con riferimento al domicilio eletto dalla parte (la norma, infatti, nella sua nuova formulazione, parrebbe suggerire che solo nel caso di precetto sottoscritto dalla parte personalmente possa essere valorizzato il luogo di elezione di domicilio della parte)? Come comportarsi laddove vi sia discordanza tra l'indicazione del giudice dell'esecuzione riportata nel precetto ed il luogo di elezione del domicilio effettuato dalla parte? Quale, infine, il giudice competente per l'opposizione nel caso in cui il creditore, che sottoscriva personalmente il precetto, si limiti, come consentito dalla norma, ad indicare unicamente il proprio indirizzo di posta elettronica certificata?

Tutti quesiti ai quali, in sede di prima applicazione da parte dei giudici competenti per l'opposizione a precetto, occorrerà provare a dare risposta.

Avendo accennato al tema della competenza, importante è il riferimento al novellato art. 38 c.p.c., laddove prevede, nella nuova formulazione, che «L'incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio nei casi previsti dall'articolo 28 sono rilevate d'ufficio con il decreto previsto dall'articolo 171-biso, nei procedimenti ai quali non si applica l'articolo 171-bis, non oltre la prima udienza».

Viene, previsto, così, che, quanto meno nel rito ordinario, l'incompetenza, nei casi nei quali la stessa è rilevabile d'ufficio, debba essere evidenziata già con il decreto di cui all'art.171-bis c.p.c., anziché entro la prima udienza.

Pare difficile, invero, ritenere che con tale decreto sia già possibile dichiarare l'incompetenza, sia perché la stessa non può essere dichiarata con decreto, sia perché una tale declaratoria striderebbe con le indicazioni evincibili dalla recente pronuncia Corte Cost., 3 giugno 2024, n. 96.

Appare allora ipotizzabile che con il decreto con il quale si rilevi d'ufficio una ipotesi di incompetenza, il giudice fissi, in conformità al novellato terzo comma dell'art. 171-bis c.p.c., l'udienza di cui all'art. 183 c.p.c., per consentire alle parti l'interlocuzione sul punto tanto attraverso le memorie di cui all'art. 171-ter c.p.c., quanto in udienza.

Suscettibile di produrre un certo effetto anche sulle opposizioni a precetto è pure la novellata formulazione dell'art. 127-ter c.p.c., dettata in tema di «deposito di note scritte in sostituzione dell'udienza».

Viene introdotta, nel primo comma, la previsione secondo cui «L'udienza non può essere sostituita quando la presenza personale delle parti è prescritta dalla legge o disposta dal giudice», dovendo allora ritenersi escluso che possa essere svolta con tale forma l'udienza di prima comparizione e trattazione della causa, dal momento che la vigente formulazione dell'art. 183 c.p.c. prevede che «all'udienza fissata per la prima comparizione e la trattazione le parti devono comparire personalmente».

Per quanto di interesse ai fini del presente Focus, appare di rilievo anche il periodo aggiunto al quinto comma del menzionato art. 127-ter c.p.c., laddove viene previsto che, nel caso di udienza a trattazione scritta, «il provvedimento depositato entro il giorno successivo alla scadenza del termine si considera letto in udienza».

Viene, così, sgombrato il campo dai dubbi che erano stati sollevati in merito alla compatibilità tra udienza di discussione della causa (con contestuale lettura del dispositivo o della sentenza) e udienza svolta mediante trattazione scritta: ciò vale, evidentemente, anche per la possibilità di tenere mediante scambio di note scritte l'udienza conclusiva del giudizio di opposizione a precetto fissata ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c.

Non trascurabili, poi, sono le modifiche apportate all'art. 149-bis c.p.c., in tema di notificazioni a mezzo posta elettronica, tanto con riferimento alla espressa estensione, inserita al terzo comma della norma, anche a tale forma di notificazione, della scissione degli effetti della notifica tra notificante e destinatario dell'atto, quanto con riguardo ad una puntuale disciplina degli adempimenti da effettuarsi, in vista del perfezionamento della notifica, all'esito del tentativo infruttuoso di notifica a mezzo PEC, novità apportata mediante aggiunta di un settimo comma al previgente testo dell'art. 149-bis c.p.c.

Certamente significative e di impatto su qualsiasi processo di cognizione sono le modifiche apportate all'art. 171-bis c.p.c., disposizione dedicata alle «Verifiche preliminari», apparendo opportuno, in questa sede, limitarsi a fare cenno alla novellata formulazione del secondo comma della norma, laddove prevede espressamente che ove il giudice adotti uno dei provvedimenti menzionati in tale comma, provveda alla fissazione di nuova udienza, premurandosi, almeno cinquantacinque giorni prima dello svolgimento della stessa, di effettuare nuovamente le verifiche preliminari.

Novellata formulazione, dunque, che sembra venire incontro a quelle esigenze di necessario rispetto del contraddittorio rimarcate nella già menzionata sentenza Corte Cost., 3 giugno 2024, n. 96.

Di sicuro rilievo anche il novellato ultimo comma della disposizione appena menzionata, laddove chiarisce che: «I termini di cui all'articolo 171-teriniziano a decorrere quando è pronunciato il decreto previsto dal terzo comma e si computano rispetto all'udienza fissata nell'atto di citazione o a quella fissata dal giudice istruttore a norma del presente articolo», dovendo allora concludersi - in tal modo potendo ritenersi superati i dubbi interpretativi in precedenza emersi circa l'ipotesi di mancata emissione del decreto ex art. 171-bis c.p.c. da parte del giudice – che l'emissione di tale decreto risulti imprescindibile ai fini della corretta prosecuzione del processo.

Resta da chiedersi quale sorte subisca il processo nel caso di mancata emissione del decreto in questione, potendo forse ipotizzarsi che il medesimo resti in uno stato di quiescenza, fino all'adozione del provvedimento di cui all'art. 171-bis c.p.c.

Utile, poi, risulta l'espressa previsione, contenuta nel nuovo terzo comma dell'art. 281-decies c.p.c., circa la possibilità, per la verità ritenuta assodata già in precedenza, di applicare il rito semplificato anche «alle opposizioni previste dagli articoli 615, primo comma» e «617, primo comma», potendo forse generare qualche dubbio interpretativo la circostanza che il correttivo si sia limitato a prevedere la possibilità di utilizzo di un tale rito per le opposizioni preventive (all'esecuzione ed agli atti esecutivi) e non anche per il merito delle opposizioni proposte successivamente all'inizio dell'esecuzione.

Avendo invaso il campo delle opposizioni successive all'inizio dell'esecuzione, è utile infine richiamare le modifiche apportate, nel Correttivo, agli artt. 616 e 618 c.p.c., con riferimento alla espressa previsione della riduzione della metà, nei giudizi di merito di tali opposizioni esecutive, non solo, come previsto in precedenza, dei termini a comparire, ma anche dei termini «di cui agli articoli 165, 166, 171-bis e 171-ter».

Previsioni, quelle da ultimo introdotte, che mirano a conciliare la previgente previsione del dimezzamento dei termini a comparire in tali giudizi di merito, con la novellata struttura del rito ordinario di cognizione, disponendo la dimidiazione, unitamente al termine a comparire, anche del termine per la costituzione del convenuto, di quello per l'emissione del decreto ex art. 171-bis c.p.c. e di quelli per il deposito delle memorie integrative ex art. 171-ter c.p.c.

Prime conclusioni

Se l'intento perseguito con la riforma Cartabia era stato principalmente quello di realizzare una sempre maggiore concentrazione e speditezza del processo civile, il Correttivo si muove, evidentemente, nella stessa direzione, con l'aggiunta di una particolare attenzione a conciliare sempre più la struttura del ridisegnato processo civile con la crescente, se non completa, digitalizzazione dello stesso.

L'idoneità delle misure così congegnate a conseguire lo scopo perseguito (ossia la definizione dell'arretrato civile e la concentrazione dei tempi complessivi di durata del processo civile) potrà essere verificata solo nel tempo.

Resta, con specifico riguardo alla opposizione a precetto, il dubbio circa il momento in cui collocare la decisione cautelare sulla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo (se in sede di emissione del decreto ex art. 171-bis c.p.c., ovvero in sede di prima comparizione, oppure all'esito di una udienza ad hoc): ma si tratta di questione che, più che attraverso un intervento normativo, potrà essere risolta in sede interpretativa da parte dei giudici della cautela.

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