Prova per il superamento della presunzione di distribuzione degli utili nelle società a ristretta base azionaria

La Redazione
28 Novembre 2024

In tema di ripartizione degli utili nelle società a ristretta base azionaria, il contribuente, al fine di superare la presunzione di distribuzione può fornire prova contraria che i maggiori ricavi della società siano stati accantonati o reinvestiti, anche nel suo ruolo di titolare meramente formale delle quote, ma estraneo di fatto alla gestione societaria, poiché comunque il ruolo formale permetterebbe, se del caso, di accedere alle informazioni utili per tale dimostrazione.

L'Agenzia delle Entrate proponeva appello avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Bergamo n. 208/01/23 che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente e annullato un avviso di accertamento emesso dall'Ufficio competente per l'anno di imposta 2015 per maggiori redditi non dichiarati derivanti dalla partecipazione del contribuente come socio al 70% in una società. In particolare, i maggiori redditi erano stati imputati sulla base di presunzioni legate alla ristretta base azionaria della società e al maggior reddito di impresa accertato in capo alla società stessa, dovuto alla contabilizzazione di fatture per operazioni inesistenti.

L'Ufficio, nel proporre appello, contestava la sentenza per diversi motivi tra cui la contraddittorietà della motivazione, in quanto i giudici di primo grado, pur citando i principi giurisprudenziali della Suprema Corte sul tema, non li avevano correttamente applicati, non avendo valutato adeguatamente la distribuzione dei maggiori utili accertati ed avendo basato la loro decisione sull'intestazione formale delle quote societarie; la violazione dell'art. 2 del d.lgs. n. 546/1992 per aver travalicato i loro poteri, dichiarando, di fatto, l'incapacità giuridica del contribuente senza che vi fosse un provvedimento del giudice civile competente; la titolarità giuridica dei redditi, in quanto, anche in assenza di capacità di agire pienamente riconosciuta, il contribuente doveva essere considerato pienamente titolare dei redditi derivanti dalla sua partecipazione nella società.

La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia ha accolto l'appello, ritenendo che il contribuente doveva provare che i maggiori ricavi erano stati accantonati o reinvestiti. Inoltre, i giudici hanno evidenziato che la certificazione medica non escludeva la possibilità che il contribuente potesse aver incassato gli utili extracontabili, anche se non partecipava attivamente alla gestione della società. 

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