Strada privata: quando diventa a uso pubblico?

09 Dicembre 2024

Per la seconda sezione civile della Suprema Corte, una strada vicinale rientra nella categoria di quelle pubbliche o a uso pubblico quando, pur senza perdere la titolarità della proprietà che rimane comunque privata, venga fornita la dimostrazione della destinazione al servizio della collettività.

La vicenda parte dalla richiesta del proprietario di un immobile, che convenne in giudizio il suo vicino, affinché venisse accertato il suo diritto di passaggio, sia a piedi che con veicoli, lungo la strada corrente al confine con i terreni di ambo le parti, stante l'asserita natura pubblica della stessa, chiedendo che al convenuto fosse ordinato di astenersi da ogni condotta volta impedirne l'utilizzo. In via subordinata, chiese che venisse accertato l'acquisto per intervenuta usucapione ultraventennale, della servitù di passaggio pedonale e carrabile in favore del proprio fondo.

In primo grado, la domanda veniva accolta, in quanto il tribunale di Mantova dichiarò costituita per intervenuta usucapione ventennale la servitù di passaggio pedonale e carrabile in favore del fondo di proprietà dell'attore e a carico di quello di proprietà del convenuto; questi propose appello. La Corte d'appello di Brescia non solo lo rigettò, ma accolse l'appello incidentale dell'originario attore dichiarando che egli avesse il diritto di percorrere a piedi e con veicoli la strada in questione, prescrivendo all'appellante di astenersi da ogni condotta volta impedirne l'utilizzo e condannandolo anche alle spese di entrambi i gradi del giudizio.

Contro detta sentenza è stato proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi a cui ha resistito originario attore con controricorso. Nel frattempo, la Corte formulava proposta di definizione del giudizio ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., ma parte ricorrente riteneva di non aderire e di chiedere la decisione del ricorso.

Il ricorso è stato rigettato in quanto i motivi sono stati dichiarati infondati o inammissibili.

La Corte di cassazione, nell'ampia e articolata ordinanza, nell'esaminare i motivi di ricorso, ha ricostruito la disciplina applicabile a casi simili.

In particolare, secondo la Suprema Corte, una volta che sia ravvisata la sussistenza di questi requisiti le strade vicinali assoggettate a pubblico transito sono equiparate alle strade pubbliche in senso proprio e sottoposte al regime giuridico di queste ultime (Cass., sez. II, 19 febbraio 1993, n. 2025), senza che il relativo diritto possa estinguersi in ragione di atti o comportamenti abdicativi compiuti dalla collettività degli utenti (rinuncia o non uso per il tempo necessario alla prescrizione), essendo all'uopo necessaria la volontà, espressa o tacita (in relazione a fatti concludenti ed univoci, incompatibili con il persistere dell'asservimento del bene privato a pubblici interessi, come nel caso di mancata opposizione della PA alla cessazione del passaggio sulla strada e di creazione di altra via di collegamento idonea ad assicurare la medesima utilità), dell'ente territoriale, quale soggetto esponenziale della collettività dei cittadini, tenuto conto che i diritti medesimi, di natura reale, spettano al predetto ente e sono sottoposti alla disciplina propria del demanio.

Ben ha inquadrato quindi la questione, secondo l'ordinanza in commento, la Corte d'appello territoriale, nella decisione impugnata. Infatti, i giudici di merito, contrariamente a quanto indicato nel ricorso, secondo la Suprema Corte hanno individuato il titolo attributivo della natura pubblica della strada in esame, già denominata consorziale e avente caratteristiche idonee per il pubblico transito, tenendo conto sia delle risultanze catastali succedutesi nel tempo (Catasto Lombardo Veneto, cessato catasto terreni, nuovo catasto terreni revisionato e odierna mappa digitale), che evidenziavano la sua costante rappresentazione con segni grafici non indicanti sovrapposizioni o annessioni della stessa a particelle terriere private, sia della delibera del Consiglio Comunale n. 67 del 8 maggio 1965, che definiva vicinali tutte le strade non iscritte negli elenchi e soggette a pubblico transito, sia la cartografia allegata ai registri del Comune, che classificava detta strada come “vicinale”.

Di conseguenza i giudici, nel rigettare il ricorso, hanno statuito che: «la strada privata può legittimamente dirsi asservita ad uso pubblico, in particolare, quando l'uso predetto trovi titolo in una convenzione tra i proprietari del suolo stradale e l'ente pubblico, ovvero quando l'uso da parte della collettività si sia protratto per un tempo sufficiente a dar luogo all'usucapione».

(fonte: dirittoegiustizia.it)

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