Esercizio parziale della prelazione nel trasferimento delle partecipazioni sociali

27 Novembre 2024

L'Osservatorio sul diritto societario del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato ha pubblicato sette nuove Massime: il presente contributo analizza la Massima n. 86, in materia di esercizio parziale del diritto di prelazione.

Il Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, con la Massima n. 86/2024, muovendo dal provvedimento del Tribunale di Milano in data 28 gennaio 2020, ritiene inammissibile, in assenza di espressa previsione statutaria in tal senso, l'esercizio parziale del diritto di prelazione in occasione del trasferimento di partecipazioni sociali a terzi.

La vicenda sottoposta al vaglio del suddetto organo giurisdizionale riguardava l'intenzione di cedere l'intera propria quota di capitale da parte di un socio di società a responsabilità limitata che - avendone data rituale comunicazione agli altri, ai sensi di statuto - si vedeva esercitato il diritto di prelazione da uno dei restanti due consoci rispetto ad una parte soltanto della medesima (in misura corrispondente, cioè, alla percentuale di partecipazione già detenuta dal prelazionario stesso) senza che lo statuto disciplinasse specificamente una tale fattispecie.

Condividendo l'orientamento del Tribunale di Milano, la Massima in commento sostiene che l'esercizio della prelazione da parte dei soci a fronte del trasferimento a terzi della partecipazione sociale dell'alienante deve riguardare, in mancanza di diversa disposizione statutaria, la totalità delle azioni, ovvero l'intera quota, oggetto di denuntiatio, in quanto, altrimenti:

  • verrebbe meno il tipico presupposto della parità di condizioni alla base dell'istituto in esame; 
  • s'impedirebbe all'alienante il realizzo del “giusto prezzo” di cessione della propria partecipazione, posto che la porzione inoptata verrebbe ad assumere un valore verosimilmente minore rispetto a quello che le sarebbe corrisposto nell'ipotesi di acquisto del pacchetto unitariamente considerato;
  • ne scaturirebbe un danno per l'alienante nel caso in cui il terzo non fosse intenzionato ad acquistare una partecipazione inferiore a quella originariamente offertagli, finendo per rimanere (parzialmente) “prigioniero” della società, peraltro con un conseguente minor peso decisionale all'interno della stessa;
  • si sarebbe in presenza di un'accettazione non conforme alla proposta;
  • non ne risulterebbe realizzata la ratio dell'istituto, consistente nell'impedire l'ingresso in società di soggetti estranei (Boggiali, Esercizio parziale della prelazione, in CNN Notizie del 23 dicembre 2022).

Diversamente dicasi, invece, per il caso in cui lo statuto di s.p.a. o di s.r.l. preveda la possibilità per i soci di esercitare il diritto in oggetto anche relativamente ad una parte soltanto della partecipazione da cedersi: una tale clausola può ritenersi legittima, purché, tuttavia, ne risulti regolata la gestione dell'inoptato a mezzo di correttivi che assicurino all'alienante l'uscita dalla società ad un “valore equo”, e precisamente:

  • il diritto di recesso relativamente alla porzione non prelazionata (Ruotolo - Boggiali, Efficacia di clausola che consente la prelazione “parziale” nella s.r.l., in CNN Notizie del 2 settembre 2015);
  • un onere a carico della società, entro i limiti di legge, ovvero dei soci prelazionari parziali di acquistare anche la parte inoptata, a pena d'inefficacia dell'atto di esercizio del diritto, per un valore determinato alla stregua dei criteri previsti per il recesso, piuttosto che al medesimo prezzo pattuito con il terzo decurtato dell'importo già ricevuto per l'esercizio parziale della prelazione, od ancora al minore tra i due valori;
  • un onere a carico della società di procurare all'alienante altro soggetto gradito che acquisti a parità di condizioni.

Correttivi, tutti, che in caso di società per azioni possono non essere previsti ove la clausola in commento rispetti il limite temporale massimo di cinque anni dalla costituzione della società o dalla relativa di introduzione nello statuto di cui all'art. 2355-bis c.c., non determinandosi in tal caso alcun diritto di exit in capo al socio (Massima n. 13/2010 del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato). Una clausola di prelazione parziale, infatti, potrebbe produrre effetti simili ad un divieto di alienazione, legittimo se contenuto entro il predetto termine di legge.

In altre parole, ciò che deve essere tutelato è il diritto dell'alienante al disinvestimento ad un valore corrispondente a quanto determinato in base agli artt. 2437-ter   (in caso di s.p.a.) e 2473 c.c. (in caso di s.r.l.),  ovvero al prezzo offerto dal terzo (anche se inferiore a quello di cui al predetto criterio legale).

La clausola di esercizio parziale del diritto di prelazione può essere introdotta o rimossa dallo statuto sociale secondo le normali maggioranze previste per le modifiche del medesimo, con riconoscimento, nel caso di società per azioni, ai soci che non abbiano concorso all'approvazione della relativa deliberazione, del diritto di recesso, salvo che lo statuto disponga diversamente, ai sensi dell'art. 2437, comma 2, c.c.

Il che non può dirsi, invece, nel caso di società responsabilità limitata, in cui - salvo diversa previsione statutaria in tal senso - il diritto di recesso non consegue, mancando per tale tipo sociale una norma analoga a quella poc'anzi citata.

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