Alcune considerazioni sull'acquisto di azioni proprie
Nel caso in esame, l'Agenzia delle Entrate avrebbe contestato il fatto che, a seguito dell'acquisto delle azioni proprie da parte della società, i soci avrebbero realizzato una plusvalenza che sarebbe ordinariamente assoggettata, quale reddito diverso ex art. 67 TUIR, all'imposta sostitutiva con aliquota del 26 per cento; plusvalenza che, al contempo, verrebbe azzerata in ragione dell'adesione al regime di rideterminazione del valore di acquisto delle stesse partecipazioni, ai sensi dell'art. 5 l. n. 448/2001, con il versamento dell'imposta sostitutiva (attualmente) del 16%.
Nel caso in esame, il risparmio d'imposta ottenuto sarebbe qualificabile indebito in quanto è stato realizzato, nell'ambito della complessiva operazione di trasferimento del Ramo d'Azienda, combinando le previsioni civilistiche che consentono il recesso dei soci mediante l'acquisto delle azioni proprie e le menzionate disposizioni in tema di rideterminazione del valore di acquisto delle partecipazioni societarie.
Secondo la giurisprudenza prevalente però non vi sarebbe alcun vantaggio indebito nel rivalutare le quote al fine di cederle.
Come sancito anche dalla Corte di cassazione, la norma agevolativa ex art. 5 l. n. 448/2001 (relativa alla rivalutazione delle partecipazioni) è stata creata dal Legislatore anche per "esigenze di cassa" e non esclusivamente per la "circolazione delle partecipazioni" (cfr. Cass., n. 24839/2020).
In merito alle operazioni, precedute da una rivalutazione delle quote exl. n. 448/2001 e successive modifiche, non si può non fare a meno di citare un'altra ordinanza (Cass. n. 7359/2020), con la quale la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di parte erariale, risultante soccombente, sia in primo che in secondo grado, in una causa in cui si contestava l'elusività di un'operazione di riorganizzazione societaria complessa, portata termine mediante atti di fusione, costituzione di nuove società, conferimento d'azienda, rivalutazione di partecipazioni sociali, exLegge n. 448/2001 e successive modifiche, e loro trasferimenti.
La Suprema Corte ha ritenuto infondate le eccezioni dell'Ufficio, considerato che, in assenza di alcun divieto aggirato, il complesso delle operazioni contestate ha evidenziato la sussistenza di ragioni economiche tali da poterne escludere la predisposizione in vista del solo conseguimento di un indebito risparmio d'imposta.
Infatti, secondo i giudici di legittimità, la rivalutazione delle partecipazioni è avvenuta in forza di specifiche disposizioni di legge aventi finalità agevolative e, pertanto, non è possibile sostenere che c'è stato un illecito risparmio tributario.
Inoltre, a parere della Suprema Corte, l'esistenza di ragioni economiche apprezzabili, che giustifichino l'operazione, possono consistere anche in esigenze di natura organizzativa ed in un miglioramento strutturale e funzionale dell'azienda.
Pertanto, secondo i giudici di legittimità, non è abusivo del diritto godere della normativa agevolativa applicabile alla cessione di partecipazioni rispetto a quella prevista per la distribuzione di dividendi ex art. 47 Tuir.
Si consideri peraltro il fatto che proprio l'Agenzia delle Entrate, in alcuni documenti di prassi, ha messo in evidenza come non possa essere affatto considerata abusiva la rivalutazione delle partecipazioni effettuata in prossimità della cessione delle medesime. Si tratta di un legittimo risparmio d'imposta che si pone perfettamente in linea con la ratio di quanto previsto dagli artt. 5 e 7 l. n. 448/2001.
Infatti, è stato chiarito che: “… la rappresentata cessione … della totalità delle partecipazioni della società istante (rimasta titolare dell'azienda relativa al solo ramo operativo) da parte del socio-società e dei soci-persone fisiche non imprenditori, non integra alcun "indebito risparmio d'imposta"; ciò comporterà in capo alla prima, il realizzo di una plusvalenza esente ai sensi dell'articolo 87 del TUIR (ricorrendone i presupposti di legge) e, in capo ai secondi, un capital gain da partecipazione qualificata (essendo le partecipazioni al capitale sociale in esame di entrambi i soci superiori al 25%) ex articoli 67, comma 1, lettera c), e 68 del TUIR, che sarà, di fatto, "azzerato" a seguito della prospettata adesione alla rivalutazione delle partecipazioni da essi detenute” (così la Risoluzione 25 luglio 2017 n. 97/E).
In altro documento erariale (nella Risoluzione 17 ottobre 2016 n. 93/E), è stato sostenuto che non può affatto essere equiparato a una fattispecie di abuso del diritto un mero risparmio d'imposta per il quale il contribuente decide di optare (“L'eventuale cessione degli immobili, effettuata dai soci in un momento successivo all'avvenuta assegnazione, è una facoltà che il Legislatore non ha inteso vietare, con la conseguenza che, ad avviso della scrivente, il legittimo risparmio di imposta che deriva dall'operazione non è sindacabile ai sensi dell'articolo 10-bis della legge n. 212 del 27 luglio 2000”).
In senso analogo il Comitato Consultivo per le norme antielusive (con il parere del 20 ottobre 2003 n. 16), il quale, ha qualificato come non elusive le seguenti operazioni: rivalutazione delle partecipazioni sociali detenute nella società scindenda; scissione parziale e proporzionale, mediante attribuzione del patrimonio immobiliare alla costituenda società; concessione in locazione, alla scissa, degli immobili; cessione del pacchetto azionario della scissa alla beneficiaria.
Recentemente, è stato sancito che non assume rilievo, ai fini della valutazione della sussistenza di un indebito vantaggio fiscale, la circostanza che il corrispettivo della cessione delle partecipazioni detenute da un socio, che ha precedentemente rivalutato le quote sia pagato mediante le somme provenienti dai dividendi distribuiti dalle società del Gruppo (cfr. risposta ad interpello n. 169 del 12 agosto 2024).
Tali principi sono coerenti con quanto espressamente stabilito dal quarto comma dell'art. 10-bis, l. n. 212/2000.
Il Legislatore, infatti, con la previsione a favore dei contribuenti di procedere con la rivalutazione delle partecipazioni, previo pagamento di un'imposta sostitutiva, ha semplicemente preferito assicurarsi l'incasso, certo e immediato, di un'imposta sostitutiva, rispetto all'incasso (non certo nella sua esistenza) possibile e futuro di un'imposta più elevata.
Dispone per l'appunto il citato comma quarto: “Resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale”.
In merito, si ricorda che la Commissione Tributaria Regionale del Veneto del 22 gennaio 2022, n. 107, ha sancito che l'assoggettabilità di ogni operazione di riacquisto di azioni proprie alla sindacabilità da parte dell'Ufficio,
si tradurrebbe in una censura diretta alla libertà di scelta imprenditoriale fra le diverse opzioni offerte, legittimamente, dalla normativa fiscale
Pertanto, la mera opzione del contribuente per un regime fiscale meno oneroso, e al contempo previsto dal nostro ordinamento giuridico, non può costituire elemento da cui desumere l'esistenza di una fattispecie di abuso del diritto.
La Corte di cassazione (Cass. n. 25131/2021) ha ribadito che un'operazione di cessione di quote, preceduta dalla rivalutazione delle stesse, con il versamento di un'imposta sostitutiva, non può essere considerata abusiva del diritto.
Per questo motivo, secondo la Suprema Corte, come per altro già sostenuto dagli stessi giudici di legittimità in altre occasioni (le citate Cass. n. 7359/2020, confermata anche da Cass. n. 24839/2020), le operazioni di cessione di partecipazioni rivalutate a società legate da rapporti di commistione con i cedenti, in presenza di apprezzabile sostanza economica e in relazione al fatto che la rivalutazione delle partecipazioni è avvenuta in forza di specifiche disposizioni di legge aventi finalità agevolative, non possono essere considerate elusive.
Con sentenza del 22 marzo 2023, n. 79, la Corte di Giustizia di primo grado di Varese ha escluso che la scelta del contribuente di rivalutare le partecipazioni societarie in prossimità della loro cessione possa integrare la fattispecie di abuso del diritto.
Pertanto, è stata dichiarata illegittima la tesi dell'Agenzia delle Entrate, secondo la quale l'operazione sarebbe stata elusiva in quanto avrebbe avuto come unico scopo quello di consentire al contribuente un notevole risparmio d'imposta, nell'intento di fargli pervenire, quale socio persona fisica, mediante il filtro della holding di partecipazione, la liquidità generata dalla società operativa, non quale dividendo, ma come plusvalenza, e quindi con un prelievo fiscale inferiore rispetto a quello previsto per il caso di distribuzione di utili.
Infine, la Corte di Giustizia di primo grado di Udine (Con sentenza del 6 marzo 2023, n. 32) ha stabilito che un'operazione di acquisto di azioni proprie, preceduta dalla loro rivalutazione, non può essere riqualificata in un'operazione di recesso dalla società.
Infatti, l'acquisto di azioni proprie non può essere qualificato come un recesso tipico ex art. 47, comma 7, del Tuir, dal momento che tale norma fa riferimento al caso di annullamento delle azioni o quote. Qualora, invece, il recesso avvenga con modalità diverse, ossia mediante acquisto da parte degli altri soci proporzionalmente alle loro partecipazioni oppure da parte di un terzo concordemente individuato dai soci medesimi (cfr. art. 2473, comma 4, codice civile), si configura un'ipotesi che va inquadrata più propriamente nell'ambito degli atti produttivi di redditi diversi di natura finanziaria, sempreché si tratti di cessioni a titolo oneroso (cfr. Circolare dell'Agenzia del 16/06/2004 n. 26).
Il fatto che il trasferimento sia stato preceduto dalla rivalutazione delle relative azioni, ciò non comporta la possibilità di riqualificare l'operazione, a maggior ragione quando, come nel caso deciso dalla Corte di Giustizia di Udine sopra citata, i soci non avevano il potere di esercitare il diritto di recesso, ma potevano soltanto negoziare un accordo commerciale con gli altri soci di maggioranza o con la società, che prevedeva la cessione a fronte di un corrispettivo.