Contratti a termine nella P.A.: fissata l’entità del risarcimento del c.d. danno comunitario per reiterazione illegittima o abusiva
04 Dicembre 2024
Sulla base di quale parametro deve essere stabilita l'entità del risarcimento per il danno conseguente all'illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato presso la P.A.? In caso di reiterazione di contratti a tempo determinato, affetti da nullità perché stipulati in assenza di ragioni giustificative, l'art. 36 TUPI esclude la possibilità di una conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La giurisprudenza, anche alla luce dell'orientamento seguito dalla CGUE in conformità al canone dell'effettività della tutela (ordinanza del 12 dicembre 2013, C-50/13) ha riconosciuto al lavoratore il diritto ad ottenere, con esonero dall'onere di provare il concreto pregiudizio subìto, del c.d. danno comunitario nei limiti previsti dall'art. 32, co. 5, L. n. 183/2010 (successivamente trasfuso nell'art. 28 D.lgs. n. 81/2015). In materia, tuttavia, si segnala il D.L. del 16 settembre u.s. : con l'art. 12 di tale Decreto, infatti, è stato modificato l'art. 36, comma 5, L. n. 165/2001, prevedendo che l'entità del risarcimento da riconoscere al lavoratore in caso di abuso nell'utilizzo del contratto a termine, in particolare in caso di stipula reiterata di contratti a termine in successione, deve essere ricompresa tra 4 e 24 mensilità dell'ultima retribuzione utile per il calcolo del TFR (anziché compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità). Il giudice, così come già chiarito dalla giurisprudenza precedente, dovrà tenere in conto la “gravità della violazione” da determinarsi, in particolare, in funzione del numero e della durata dei contratti a termine che si sono succeduti tra dipendente e P.A. Non è esclusa, infine, la possibilità per il lavoratore di provare il “maggior danno” subito. |