Il rapporto Consob sulla rendicontazione non finanziaria delle società quotate
04 Dicembre 2024
DNF: Il quadro di riferimento Chi si domandasse quale sia il tasso di attenzione che le società quotate italiane dedicano alle tematiche della sostenibilità nei propri modelli di business e di governance aziendali, oggi può immergersi nell'analisi dell'ultimo Rapporto sulla rendicontazione non finanziaria delle società quotate italiane, pubblicato pochi giorni dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 125/2024 (avvenuta lo scorso 25 settembre 2024). Tale norma - è noto - ha recepito nell'ordinamento giuridico italiano la Direttiva (UE) 2022/2464 (Corporate Sustainability Reporting Directive – cd. CSRD), da cui discendono diverse novità in tema ESG per le società basate nell'Unione Europea, tra cui l'ampliamento del novero delle società obbligate a fornire l'informativa di sostenibilità e l'adozione di standard europei comuni di rendicontazione della sostenibilità, necessari per garantire una maggiore comparabilità tra i documenti. Il rapporto - che analizza le dichiarazioni non finanziarie (“DNF”), pubblicate dagli emittenti italiani nel 2023 e riferite all'esercizio 2022 – tra i tanti meriti ha quello di fotografare lo “stato di solidità” del filo che lega la corporate law ai criteri ESG. Questo, nell'imminenza dell'entrata in vigore, in regime transitorio, della disciplina CSRD a partire dall'esercizio finanziario 2024. Chi pubblica le DNF analizzate dal Report? I soggetti obbligati sono gli “enti di interesse pubblico” identificati dall'art. 16, comma 1, d.lgs. n. 39/2010 in tema di revisione legale, che abbiano superato alcuni parametri dimensionali riferiti al numero di dipendenti, al fatturato e alla dimensione del loro attivo. In sostanza, delle 202 società quotate nel 2023 (anno di riferimento) sono state 144 quelle che hanno pubblicato la DNF, di cui 4 su base volontaria, rappresentando - tali 144 società - il 97% della capitalizzazione totale delle emittenti quotate italiane. Overview generale dei dati Le evidenze del Report rappresentano, da un punto di vista complessivo, che il percorso delle società quotate italiane intrapreso a seguito dell'entrata in vigore della normativa sulla rendicontazione non finanziaria (d.lgs. n. 254/2016, attuativo della Direttiva 2014/95/UE, cd. Non-Financial Reporting Directive) avanza seguendo, tra le molte analizzate, le tre principali direttrici in cui si divide il Report stesso. Il primo, riguarda l'interesse crescente degli emittenti al coinvolgimento degli stakeholders esterni nell'aggiornamento dell'analisi di materialità, vale a dire l'aggiornamento dei ‘temi materiali' che gli standard GRI (Global Reporting Initiative) definiscono quali temi che rappresentano i principali impatti dell'organizzazione sull'ambiente, l'economia e le persone. L'analisi di materialità è stata aggiornata nel 98,6% dei casi (142 società sulle 144 che hanno pubblicato la DNF), sia mediante il coinvolgimento degli organi interni (82,4% dei casi) sia mediante quello degli stakeholders esterni come i dipendenti, clienti, fornitori, associazioni del territorio, azionisti, soprattutto con surveys e questionari (69,7% dei casi, con un aumento di 4 punti percentuali rispetto all'anno precedente). Il secondo, riguarda il maggior coinvolgimento dei Consigli di Amministrazione, quale organo amministrativo di vertice, sui temi ESG. Ad esempio, il già citato aggiornamento dei “temi materiali” è stato oggetto di coinvolgimento del board, anziché di funzioni aziendali, nel 66,7% dei casi. Talvolta mediante una vera propria approvazione da parte dell'intero organo collegiale (11,9% dei casi), altre volte mediante approvazione del solo CEO (2% dei casi) o di comitati endoconsiliari (4,6% dei casi). Quanto agli obiettivi di sostenibilità, nel 57,4% dei casi, gli emittenti li hanno integrati, in tutto o in parte, nel proprio Piano strategico. Il terzo riguarda l'aumento del numero di emittenti che collegano le remunerazioni variabili dei CEO anche al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità. Al riguardo, il dato empirico è significativo: il 68,2% delle società analizzate dal Report ha optato per includere i fattori ESG nell'ambito delle remunerazioni variabili degli amministratori delegati, sia per le remunerazioni di breve termine (118 casi), sia per quella di lungo termine (88 casi). Fattori ESG e remunerazione dei CEO Di sicuro interesse è il capitolo del Rapporto che analizza l'incidenza dei fattori ESG sulle politiche remunerative a favore degli amministratori delegati. È noto, infatti, che la creazione di governance sostenibili non totalmente improntate alla massimizzazione del profitto sul breve periodo passa anche da un'attenta disciplina delle politiche remunerative degli amministratori. Più queste sono legate al raggiungimento di obiettivi ESG, più appare forte l'incentivo per chi amministra a creare valore nel lungo periodo, anche a beneficio di categorie diverse dai soci, intersecando scopo lucrativo (e i correlati obiettivi di competitività e produttività) con la sostenibilità economico-finanziaria (per un approfondimento: P. Montalenti e M. Notari (a cura di), La Nuova Società Quotata: Tutela degli Stakeholders, Sostenibilità e Nuova Governance, in Quaderni di Giurisprudenza Commerciale n. 444/2021, 13 ss). Il dato che si riscontra è che gli emittenti che hanno inserito fattori non finanziari nei compensi degli amministratori delegati sono stati 137 (68,2%), rispetto alle 127 del 2022. Si tratta di una crescita significativa, se si pensa che nel 2019 soltanto il 14,4% delle società esaminate integrava tali fattori nelle remunerazioni degli AD e riguarda soprattutto le società finanziarie rispetto a quelle industriali. Andando a scomporre l'acronimo ESG, si deve evidenziare che generalmente i parametri presi in considerazione riguardano dapprima i fattori sociali: formazione, smart working, diversità e inclusione, riduzione degli infortuni sul lavoro. Quindi, i fattori ambientali: riduzione delle emissioni di CO2, aumento dell'economia circolare, efficientamento del waste management, offerta di prodotti finanziari con alto rating di sostenibilità. Seguono, al terzo posto, gli obiettivi di governance, basate sul miglioramento dell'implementazione delle policy anticorruzione, parti correlate, o strumenti di compliance. |