Ritualità, ammissibilità e regolarità dei concordati
Paolo Bosticco
05 Dicembre 2024
L’Autore approfondisce il contenuto e la natura del controllo giudiziale sulla ritualità, l’ammissibilità e la regolarità, dei concordati – a seconda del momento in cui tale controllo deve svolgersi – dal quale dipende la decisione favorevole o contraria alla prosecuzione dell’iter concordatario. Viene altresì toccato il tema degli ulteriori requisiti previsti in caso di procedura unitaria di gruppo e il controllo spettante al giudice in sede di concordato semplificato e nel concordato nella liquidazione giudiziale.
I diversi momenti di valutazione da parte del Tribunale sul concordato preventivo
Il controllo giudiziale costituisce per certi versi uno dei limiti primari che incontra un soggetto che acceda alle procedure alternative di soluzione della propria crisi di impresa, ed in particolare al concordato preventivo; in tal senso l'attenzione di dottrina e giurisprudenza si è spesso esercitata nella ricostruzione, per un verso, delle situazioni “viziate” che comportano l'arresto della procedura e, per l'altro, sulla individuazione dell'ambito del controllo giudiziale a seconda delle diverse fasi in cui si cadenza la procedura.
Sotto tale profilo si può riscontrare, nell'evoluzione interpretativa (ma anzitutto normativa) delle procedure alternative, una sorta di favor per la concessione al debitore di una più ampia facoltà di rettificare la propria iniziativa concorsuale, modificando ed integrando la domanda di accesso a quelli che oggi sono gli strumenti di soluzione della crisi (non solo più dell'insolvenza), di modo che, conseguentemente, non può non modificarsi l'ambito della valutazione iniziale sulla sussistenza dei presupposti richiesti per l'ammissione alla procedura.
Ed invero, anche nella più recente giurisprudenza si nota una tendenza ad “alleggerire” l'ambito del controllo nella prima fase dell'ammissione al concordato preventivo e tale approccio trova altresì conferma nella terminologia stessa utilizzata dal legislatore per individuare la tipologia del sindacato giurisdizionale previsto in quella fase.
Si potrebbe, del resto, osservare in astratto che, sin da quando venne introdotto il c.d. concordato “con riserva”, al debitore è stato concesso di differire il momento in cui la sua proposta concordataria verrà esaminata dal tribunale nella sua completezza, e quindi anche indirettamente è stata ampliata la possibilità di sanare eventuali vizi e di integrare la domanda.
Occorre, peraltro, coniugare tale constatazione con il principio di fondo sotteso al sistema, quale traspare dalle disposizioni in tema di controllo affidato agli organi delle procedure, che pare mirato ad evitare la prosecuzione di procedure inani, se non addirittura “abusive”.
In tal senso, inoltre, occorre prendere le mosse dalla nota corrente giurisprudenziale che nega al debitore un vero e proprio diritto ad integrare il contenuto della domanda introduttiva: da tempo la Suprema Corte sottolineava, in tal senso, che non poteva costituire ragione di lagnanza la mancata concessione del termine previsto dall'art. 162 l. fall. della normativa previgente. Se così è, al debitore si chiede di rispettare comunque le prescrizioni normative e di conseguenza pare legittima una verifica tribunalizia su tali requisiti.
Occorre anche osservare che, sotto la vigenza della legge fallimentare, alla luce dell'evoluzione normativa e giurisprudenziale, la distinzione tra vizi di ritualità, di ammissibilità e di regolarità assumeva rilevanza più pregnante per coloro che aderiscono alla tesi secondo la quale in sede di omologa – nel caso di voto favorevole (presupposto che dovrebbe ravvisarsi anche nell'ipotesi di voto a favore “fittizio” a seguito di cram-down, seguendo il ragionamento di Cass., sez. I, 10 gennaio 2024, n. 1033, in Fall., 2024, 933, con nota di F. Marelli, Omologazione del concordato preventivo e reclamo: la legittimazione del commissario giudiziale e dell'Agenzia delle Entrate) ed in assenza di opposizioni di creditori – il tribunale si sarebbe limitato a verificare la regolarità della procedura e del voto (v. Cass., sez. I, 19 aprile 2024, n. 10652), senza operare nuovamente il controllo di ammissibilità che si riteneva previsto, invece, nella fase di apertura.
Tale impostazione non pare oggi più sostenibile, poiché si deve ora confrontare con il disposto dell'art. 112 c.c.i.i., che non solo espressamente ripristina il duplice controllo sulla regolarità e sull'ammissibilità, ma prescrive, oltre all'esame dell'esito positivo della votazione (che per i concordati in continuità è legato all'approvazione unanime, salvi i rimedi previsti dalla norma), anche la verifica sulla rituale formazione delle classi e sul rispetto della graduazione e soprattutto il riscontro positivo di fattibilità, che per il concordato in continuità viene riguardata sotto il duplice profilo del riscontro dell'adeguatezza (rectius della non irragionevole previsione) del piano ad impedire o superare lo stato di insolvenza e dell'esclusione della lesione degli interessi dei creditori per effetto dei nuovi finanziamenti previsti per attuare il piano.
Alla luce di tale estensione del controllo in sede di omologa, verrebbe da pensare che la riforma abbia inteso limitare, di contro, il controllo che si svolge nelle fasi anteriori della procedura, ma non mi pare si possa evincere dalle norme in tema di ammissione e di revoca del concordato alcuna conferma della volontà del legislatore di posticipare la verifica sui requisiti che consentiranno o meno l'omologa del concordato.
In sostanza, quindi, si potrebbe dire che non esiste un confine preciso che delimita l'ambito dei controlli che il tribunale - anche con l'ausilio del commissario giudiziale e sin già dall'eventuale fase anticipatoria prevista dall'art. 44 c.c.i.i. – è chiamato a operare sulla domanda di concordato a seconda della fase in cui si trova la procedura; semmai, è opportuno approfondire il contenuto e la natura delle verifiche dalle quali discende la decisione in merito alla prosecuzione ovvero all'arresto dell'iter concordatario.
La verifica di ritualità
Se, dunque, l'analisi che sicuramente il tribunale compie già in sede di ammissione concerne la ritualità della proposta concordataria, occorre determinare i limiti di tale verifica: non vi è dubbio che il requisito di ritualità comporta il controllo della regolarità formale e della completezza della documentazione allegata, e in particolare la presenza delle attestazioni del professionista indipendente prescritte e richieste dai contenuti precipui del piano (ad esempio, in relazione alla previsione di soddisfacimento dei creditori falcidiati), nonché la verifica dei requisiti oggettivi e soggettivi per l'accesso alla procedura. Nell'interpretazione sinora accolta, invero, il concetto di ritualità si sovrappone (o per meglio dire ingloba) anche il requisito di legittimità sostanziale della proposta concordataria, nonché, a monte, la verifica volta ad escludere che il piano possa comportare violazione di norme inderogabili.
Rientrerà, in tal senso, nella verifica di ritualità anche la valutazione in merito alla natura dichiarata della procedura, laddove occorrerà verificare se un concordato qualificato come in continuità ne presenti i requisiti che giustificano il regime per certi versi più favorevole (v. Trib. Bari 23 gennaio 2023, in dirittodellacrisi.it, 2023, e Cass., sez. I, 15 giugno 2023, n. 17092, che hanno sancito l'inammissibilità di un concordato riqualificato dal tribunale come liquidatorio in difetto di previsione del soddisfo minimo); in tal senso, la Suprema Corte aveva escluso, ad esempio, che si potesse avallare la presentazione di un concordato in continuità a norma del previgente art. 186-bis l.fall., in relazione ad un'impresa la cui attività risultava cessata prima dell'avvio della procedura (così Cass., sez. I, 15 giugno 2023, n. 17092, in Fallim., 2024, con nota di G. Minutoli, La continuità indiretta nel concordato preventivo: prosecuzione e riavvio dell'attività tra legge fallimentare e Codice della crisi).
Tale ultima verifica, peraltro, non sarà meramente formale, ma potrà estendersi sin da subito – e ciò sia per evitare situazioni “abusive”, sia anche per ragioni di economia processuale – alla valutazione del rispetto dell'ordine delle prelazioni anche in relazione alla formazione delle classi, nonché sulla presenza di un'utilità economicamente rilevante destinata a ciascun creditore che dovrà essere preminente rispetto al soddisfo riveniente da una liquidazione giudiziale (arg. da Cass., sez. I, 2 ottobre 2024, n. 25919).
Resta incerta, sul punto, l'interpretazione dell'incipit dell'art. 47 c.c.i.i.: il richiamo sembrerebbe imporre sin dalla presentazione del ricorso una verifica della corretta formazione delle classi; se così fosse, l'analisi non potrebbe prescindere indirettamente dalla verifica del rispetto delle prescrizioni sulle modalità di soddisfo dei creditori inseriti nelle classi stesse e della corretta distribuzione del valore di liquidazione.
La tesi maggioritaria ritiene che tale sindacato non attenga alla ritualità oggetto di valutazione in sede di ammissione, ma debba essere svolto solo ai fini dell'omologa, una volta preso atto del voto dei creditori (sull'assunto che, come osserva A. Turchi, Il valore di liquidazione nel Codice della crisi e dell'insolvenza, in dirittodellacrisi.it, 2024, in caso di adesione di tutte le classi il problema non si porrebbe a monte).
Dal tenore dell'art. 87 lett. c) c.c.i.i., peraltro, si evince che, poter ritenere rituale la proposta ai creditori, nel piano concordatario dovrebbe risultare quantomeno specificamente individuato, nel rispetto di quanto previsto dall'art. 84, comma 6, c.c.i.i., il “valore di liquidazione”, che oggi – come del resto già anticipato da recente giurisprudenza (v. Trib. Verona 13 marzo 2024, in dirittodellacrisi.it, 2024) – è costituito, per citare l'art. 87 c.c.i.i., dal «valore realizzabile, in sede di liquidazione giudiziale, dalla liquidazione dei beni e dei diritti, comprensivo dell'eventuale maggior valore economico realizzabile nella medesima sede dalla cessione dell'azienda in esercizio nonché delle ragionevoli prospettive di realizzo delle azioni esperibili, al netto delle spese»; resta lecito il dubbio che, quindi, già in sede di ammissione si possa valutare se quel valore sia correttamente distribuito a favore delle classi formate dal debitore, laddove – come conclude S. Ambrosini, Finalità del concordato preventivo e tipologie di piano: gli interessi protetti e lo “statuto” della continuità aziendale, in ilcaso.it, 2024 – il rispetto dei criteri previsti all'art. 84 c.c.i.i. parrebbe assurgere a vera e propria condizione di ammissibilità.
L'ammissibilità come presupposto permanente
Più complessa è la questione della verifica in tema di fattibilità: appare certo – anche alla luce del disposto dell'art. 112 c.c.i.i. - che tale requisito dovrebbe essere valutato in sede di omologa: nella vigenza della legge fallimentare, per citare la Suprema Corte, «il giudice di merito è tenuto a verificare la fattibilità giuridica della proposta concordataria, in termini di non incompatibilità del piano con norme inderogabili, e la sua fattibilità economica, intesa come realizzabilità di esso nei fatti, in termini di sussistenza, o meno, di una manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi» e si riteneva possibile compiere tale analisi anche alla luce dei dati contenuti nelle relazioni periodiche depositate dal debitore (in questo senso, Cass., sez. I, 19 dicembre 2023, n. 35423).
Ciò premesso, non è detto che per addivenire ad una declaratoria di inammissibilità occorra sempre attendere che, all'esito dell'ammissione e del voto, la procedura concordataria si avvii alla fase di omologa: prova ne sia che, tra i compiti assegnati al commissario giudiziale, vi è anche – e diremmo fors'anche soprattutto – quello di segnalare, a norma dell'art. 106 c.c.i.i. – che in questo ripropone quanto già disponeva l'art. 173 l. fall. -, le situazioni c.d. “di frode” ostative alla prosecuzione della procedura, ma il capoverso della norma prevede che la medesima disciplina si applichi ogni qualvolta emerga che mancano le condizioni prescritte per l'apertura del concordato, individuate con estrema ampiezza con il richiamo agli artt. da 84 a 88 c.c.i.i., disposizioni che abbracciano in pratica tutti i requisiti inderogabili per l'ammissione.
Se così è, ponendosi in linea di continuità rispetto a quanto si riteneva sotto la vigenza della normativa previgente (v. per tutte Cass., sez. I, 13 marzo 2020, n. 7158), si potrebbe sostenere in sostanza che sull'ammissibilità del concordato opera una sorta di controllo permanente, evidentemente con la finalità di evitare che possa proseguire l'iter di una procedura che non avrebbe ragione d'essere.
In particolare, anche qualora riscontri che non sussiste più la fattibilità del concordato, il commissario giudiziale pare legittimato a proporre la segnalazione prevista dall'art. 106 c.c.i.i. proprio per il venir meno dell'ammissibilità della procedura ed è pressocché pacifico che tale situazione consenta la revoca della procedura anche prima della fase di omologa.
Se così è, pare corretta la tesi secondo la quale già in sede di ammissione il tribunale è chiamato a verificare che il piano in continuità non sia manifestamente inidoneo alla soddisfazione dei creditori e alla conservazione dei valori aziendali (Trib. Bologna 5 dicembre 2023, in IUS Crisi d'impresa (ius.giuffrefl.it) - ilfallimentarista, con nota di P. Bosticco, Qualche timido passo verso la consolidazione sostanziale nell'ambito del piano di concordato di gruppo; Trib. Ferrara 18 luglio 2023, in DeJure).
Si è, invece, sancito (correttamente a mio avviso, poiché solo in quella sede si potrà valutare la decisività del voto erariale) che la possibilità di ricorrere al cram-down è questione che deve essere esaminata in sede di omologa all'esito della votazione (App. Firenze 25 luglio 2024, in DeJure), e ciò anche in funzione della considerazione sull'ammissibilità teorica dell'istituto all'interno del concordato continuità, desunta interpretativamente dalle nuove disposizioni introdotte dal Correttivo-ter (d.lgs. 13 settembre 2024, n. 136).
Il concetto di regolarità
Nell'ambito, poi, del procedimento di omologa assume una precipua rilevanza anche un ulteriore requisito, ovvero la regolarità della procedura, anche se – come si osservava in precedenza – la previsione dell'art. 112 c.c.i.i. fa venir meno la distinzione teorizzata sotto la normativa previgente, ove si riteneva che, in difetto di opposizione, venisse attuato un giudizio di omologa “semplificato” nel quale il tribunale non entrava nel merito del piano concordatario, bensì si limitava a sancire il raggiungimento delle maggioranze e, appunto, ad escludere profili di irregolarità.
Volendosi, peraltro, soffermare sull'ambito della verifica sulla regolarità (sul punto, v. S. Leuzzi, Il giudizio di omologazione del concordato preventivo: oggetto, regole, controlli, in dirittodellacrisi.it, 2023), si potrebbe opinare che sia regolare solo la procedura che abbia seguito tutti i passi prescritti dal legislatore, dovendosi anche valutare se siano stati correttamente individuati i presupposti di legge imprescindibili, tra i quali si dovranno annoverare il rispetto del soddisfo minimo e la sussistenza dell'apporto esterno previsto per i concordati liquidatori (in tal senso, Trib. Santa Maria Capua Vetere 14 ottobre 2024, in dirittodellacrisi.it, 2024, che ritiene tali requisiti sindacabili anche in sede di ammissione di un concordato liquidatorio; arg. anche da Cass, sez. I, 15 gennaio 2024, n. 1393), e che l'ammissione sia avvenuta previa disamina del requisito di convenienza prescritto per le procedure in continuità, ma il concetto dovrebbe estendersi anche a tutte le violazioni di prescrizioni imperative (quale il difetto di indipendenza dell'attestatore, sulla quale si è formata una giurisprudenza piuttosto severa: v. Cass., sez. I, 22 luglio 2024, n. 20059).
Sotto altro profilo, l'analisi comporterà anche una previa valutazione in merito alla perentorietà dei termini fissati dal legislatore e sul conseguente rispetto di quelli ritenuti inderogabili (sul punto, v. in generale, M.P. Gasperini, I termini processuali nel Codice della crisi, tra semplificazione e ragionevole durata delle procedure concorsuali, in Fall., 2023, 5).
Ad esempio, non mi pare contestabile che un eventuale deposito del piano e della proposta di concordato effettuata dopo la scadenza dei termini fissati dal tribunale, senza che vi sia stata una rituale richiesta di proroga, dovrebbe comportare l'inammissibilità della domanda e, ancorchè questa non sia stata rilevata, potrebbe costituire una irregolarità, salvo configurare come nuovi il piano e la proposta rassegnati fuori termine.
Diverso, però, mi pare il caso in cui si censuri la concedibilità di proroghe per l'integrazione di un piano effettivamente depositato: non si tratterebbe a mio avviso di un vizio di regolarità che potrebbe essere rilevato come evento ostativo all'omologa.
Parimenti, si è ritenuto rientri nel controllo di regolarità della procedura la verifica che il tribunale è tenuto a svolgere nuovamente, anche in sede di omologazione, sulla corretta predisposizione dell'attestazione, sia quanto alla completezza dei dati, sia con riguardo alla comprensibile espressione del giudizio di fattibilità (v. Cass., sez. I, 20 luglio 2023, n. 21597).
Nell'ambito della regolarità rientreranno evidentemente le violazioni delle disposizioni che regolano il voto, se ne abbiano inficiato l'espressione corretta, salvo valutare se sia in tal caso necessaria una “prova di resistenza” che escluda sanzioni laddove la violazione non abbia influito in concreto sul raggiungimento delle maggioranze.
In particolare, si è ritenuto rientri nel sindacato di regolarità la censura dell'omesso inserimento nell'ambito delle classi dei crediti contestati (Cass., sez. I, 31 luglio 2024, n. 21431), obbligo che, del resto, trova oggi conferma nel testo dell'art. 87 lett. i) che prescrive di indicare «l'ammontare dei relativi crediti e interessi, con indicazione dell'ammontare eventualmente contestato», ma a maggior ragione potrebbe comportare irregolarità la deliberata pretermissione di crediti.
Vien da domandarsi se rientrino nell'alveo delle irregolarità anche gli atti di frode segnalati dal commissario a norma dell'art. 106 c.c.i.i.; a mio avviso, può essere considerato sicuramente come vizio che inficia la regolarità della procedura il compimento di atti non autorizzati che rechino pregiudizio ai creditori.
Parrebbe altresì rientrare nell'ambito della verifica di regolarità – anche se si dovrebbe forse parlare più che altro di “legalità”, che viene poi incardinata in una declaratoria di inammissibilità, ipotizzabile in ogni fase della procedura - la censura in merito ad un ipotetico abuso dello strumento concorsuale (arg. da Trib. Terni 8 novembre 2013, in Fall., 2014, 113; Trib. Cuneo 22 novembre 2013, in Fall., 2014, 233), che per consolidata giurisprudenza legittima il tribunale a non dare seguito a domande di ammissione palesemente dilatorie (v. da ultimo Cass., sez. I, 19 aprile 2024, n. 10652), laddove l'inammissibilità discende da un violazione che viene ricondotta ad un vero e proprio abuso del processo (così Cass., sez. I, 22 maggio 2023, n. 13997).
L'aggiunta di presupposti supplementari nei concordati di gruppo
Come noto, una delle principali novità del codice della crisi è l'introduzione della disciplina delle procedure unitarie di gruppo, che vanno dalla composizione negoziata al concordato preventivo, passando per gli accordi di ristrutturazione; con il terzo correttivo, poi, alla disciplina della liquidazione giudiziale di gruppo è stata apportata un'opportuna (ancorché “sintetica”) integrazione, che consente la presentazione di un concordato di gruppo a chiusura anche di quella procedura.
Soffermandoci qui sulla disciplina più analiticamente disciplinata, si deve segnalare che in seno al concordato preventivo di gruppo la presentazione di un ricorso unitario postula la presenza di alcuni requisiti sostanziali e formali: occorre, infatti, che la soluzione unitaria sia vantaggiosa per i creditori di ciascuna impresa del gruppo; sotto il profilo formale, il combinato disposto degli artt. 284 e 289 c.c.i.i. prescrive per l'avvio di una procedura di gruppo un corredo documentale più ampio di quello previsto dall'art. 39 c.c.i.i., dovendo essere depositato il bilancio consolidato e dovendo essere fornite informazioni analitiche sulla composizione del gruppo e sui rapporti intercorrenti tra le imprese che ne fanno parte. Non solo, ma poiché è nel piano che deve risiedere la previsione di eventuali operazioni intra-gruppo a valere ai sensi dell'art. 285 c.c.i.i. (che deve essere avallata da apposita attestazione del professionista indipendente), se ne deve dedurre che anche l'esposizione di tali operazioni integri il contenuto del piano e il sindacato in sede di ammissione potrà anche verificare che, nel rispetto della prescrizione della norma, si tratti di operazioni di cui si attesti coerentemente la necessità ai fini della continuità aziendale nonché mirate al miglior soddisfo dei creditori di tutte le imprese del gruppo.
Sul punto, ha compiuto un'indagine analitica una recente pronunzia (Trib. Bari 16 marzo 2023, in dirittodellacrisi.it, 2023, con nota di A. Guaschino e I.L. Nocera, La nomina del commissario giudiziale nel concordato di gruppo prima del decreto di apertura), ritenendo che la proposta concordataria di gruppo priva di requisiti prescritti agli artt. 284 e 285 c.c.i.i. sia inammissibile in quanto non rituale e, in particolare, che «deve emergere già nella domanda il plusvalore offerto dal concordato di gruppo rispetto a quello autonomo, con una compiuta esplicitazione non basata su mere clausole di stile, ma razionale e fondata su elementi concreti e propri dell'unico piano o dei vari piani presentati dalle società del gruppo»; la verifica del tribunale comporterà, peraltro, anche un'analisi volta ad accertare se il piano unitario (o i piani reciprocamente collegati) non si palesino come manifestamente inidonei a consentire la ristrutturazione del debito di ciascuna impresa e ad assicurarne il riequilibrio finanziario.
La procedura di gruppo presenta, poi, alcune peculiarità legate alla sua forma aggregata, che non può tuttavia prevalere sulla situazione in cui versa ciascuna delle imprese coinvolte; in tal senso, si ritiene inammissibile la commistione di procedure diverse e da ciò si evince, ad esempio, che non potrà mai essere inserita in un concordato di gruppo un'impresa assoggettata a liquidazione giudiziale; in tal senso, è stato ritenuto inammissibile il concordato per un'impresa soggetta ad amministrazione straordinaria (v. Trib. Milano 29 febbraio 2024, in DeJure) con conseguente sanzione di inammissibilità estesa altresì a quelle imprese del gruppo che non presentavano un'autonomia di gestione e patrimoniale tale da consentire un percorso unitario di soluzione della crisi.
I requisiti nel concordato semplificato
La verifica sulla sussistenza dei presupposti per l'ammissione al concordato che “chiude” un tentativo di composizione negoziata e per l'omologa di tale tipologia di procedura appare meno approfondita, laddove l'art. 25-sexies c.c.i.i. equipara al vaglio di ammissibilità quello previsto al terzo comma della norma, in funzione del decreto di cui al comma successivo, che di fatto parrebbe limitato alla ritualità ed alla corretta formazione delle classi.
Si è, nondimeno, ritenuto che anche in questa procedura - sempre per l'esigenza di economia processuale di evitare di dover protrarre sino all'omologa una procedura che si palesi inane - il controllo giudiziale possa estendersi all'ammissibilità della proposta (Trib. Genova 1° agosto 2024, in IUS Crisi d'impresa (ius.giuffrefl.it) - ilfallimentarista, 2024) e quindi alla verifica della “non manifesta implausibilità” della soluzione proposta (in tal senso, App. Milano 21 marzo 2024, in DeJure).
Il procedimento è poi influenzato dalla mancanza di una fase di voto, sì che in sede di omologa il tribunale verifica anzitutto il rispetto del contraddittorio, anche sotto il profilo della corretta conduzione delle trattative secondo buona fede (v. L.A. Bottai, La buona fede e la correttezza del debitore nell'accesso al concordato semplificato, in IUS Crisi d'impresa (ius.giuffrefl.it) - ilfallimentarista, 2024) ed indi attua un ulteriore controllo che concerne il rispetto dell'ordine dei privilegi ed altresì la fattibilità del piano (che deve essere di necessità liquidatorio); non solo, ma per certi versi il giudice si sostituisce al consenso dei creditori nell'accertare che la proposta non arrechi loro pregiudizio rispetto all'alternativa liquidatoria (sia in forma di liquidazione giudiziale, sia anche di liquidazione controllata) e che venga prevista un'utilità per ciascun creditore.
Nel concordato semplificato, quindi, prevale un controllo di ritualità, che comprenderà tutti i presupposti formali, quali anzitutto la tempestività della domanda (la procedura deve essere introdotta entro sessanta giorni dalla comunicazione cui l'esperto è tenuto ai sensi dell'ottavo comma dell'art. 18 c.c.i.i.), la competenza del giudice adito, l'iscrizione nel Registro delle imprese del ricorrente e la sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi di cui all'art. 12 c.c.i.i., ma anche – per le società – il rispetto delle forme di legittimazione previste dall'art. 120-bis c.c.i.i. e, più in generale, che sia stata depositata la documentazione prescritta dall'art. 39 c.c.i.i.
In considerazione della espressa prescrizione di comportamenti di correttezza e buona fede, che caratterizza la composizione negoziata, anche il concordato semplificato si considera, peraltro, rituale solo se vi sia stata un'esaustiva informativa dei creditori e si ritiene che il tribunale possa anche censurare il piano che costituisca abuso dello strumento concordatario (Trib. Parma 12 luglio 2023, in Ilcaso.it, 2024), nonché l'attendibilità e ragionevolezza delle attestazioni che corredano la domanda, così come la mancata esposizione fraudolenta di passività (Trib. Avellino 3 ottobre 2023, in Fall., 2024, 592).
Altro profilo che può comportare una dichiarazione di inammissibilità del concordato semplificato è stato ravvisato nella violazione della graduazione, tant'è che è stata dichiarata inammissibile la proposta concordataria che comporti una falcidia non consentita di crediti prelatizi nonché la previsione del pagamento in prededuzione di crediti professionali non rientranti nell'ambito dell'art. 6 c.c.i.i., anziché la loro mera considerazione come privilegiati (Trib. Udine 30 novembre 2023, in DeJure)
… e nel concordato nella liquidazione giudiziale
Anche nel concordato che chiude la liquidazione giudiziale è previsto un controllo giudiziale. Peraltro, essendovi già una procedura pendente, una prima verifica sulla correttezza dell'opzione concordataria viene affidata al curatore ai sensi dell'art. 241 c.c.i.i.; al riguardo, la possibilità ora concessa di avviare la procedura anche prima dell'accertamento del passivo fa sì che il curatore non possa assolvere al suo compito muovendo dall'esito della verifica dei crediti: in tal senso, pervero, la norma prescrive che si possa avviare un concordato solo in presenza di una contabilità regolare ed al curatore viene in tal caso chiesto di elaborare un elenco provvisorio dei creditori da sottoporre al giudice delegato. La verifica del curatore, tuttavia, ha una funzione più estesa, laddove questi è chiamato a formulare una prognosi sui presumibili risultati della liquidazione ed a verificare l'idoneità delle garanzie offerte.
L'art. 241 c.c.i.i. affida, poi, direttamente al giudice delegato un primo controllo di ritualità, che evidentemente riguarderà anzitutto la legittimazione dell'istante (peraltro vastissima, posto che il concordato può essere proposto anche da terzi) laddove, ove si tratti del debitore, è necessario il decorso del termine annuale prescritto dall'art. 240 c.c.i.i. e, soprattutto – si tratta di requisito di ammissibilità per certo scrutinabile già all'avvio della procedura -, ove la proposta provenga dal debitore o da società da lui partecipate o sottoposte a comune controllo, che venga offerto l'apporto di risorse che incrementino l'attivo almeno del dieci per cento.
Appare, invece, dubbio se questa prima verifica si possa estendere alla valutazione in merito al rispetto del requisito – che attiene comunque all'ammissibilità – previsto al quarto comma dell'art. 240 c.c.i.i., che consente la falcidia dei creditori privilegiati solo laddove l'alternativa liquidatoria non ne consenta un miglior soddisfo.
D'altro canto, a fronte della possibilità di formazione di classi (con riferimento in particolare al disposto delle lett. a) e b) dell'art. 240 c.c.i.i.), è previsto anche un controllo che attiene alla correttezza dei criteri utilizzati rispetto della graduazione dei crediti, che viene però affidato non più al giudice monocratico, bensì al tribunale, che svolge tale verifica prima della comunicazione della proposta ai creditori ed è forse in tale sede che potrà esercitarsi la verifica di convenienza del trattamento proposto alle classi rispetto all'alternativa liquidatoria.
In sede, poi, di omologa del concordato, è prescritto un ulteriore controllo avente ad oggetto la regolarità della procedura, requisito che ricomprende evidentemente anche la verifica sull'esito della votazione ed il rispetto a monte dei presupposti vincolanti per la presentazione della proposta da parte del debitore o soggetti a lui collegati. Dal tenore dell'art. 245 c.c.i.i. sembra doversi evincere che il controllo non si estenda alla convenienza (come sanciva in relazione all'art. 125 l.fall.Cass., sez. I, 29 ottobre 2013, n. 24359), se non nel caso in cui vi sia opposizione e se un creditore inserito in una classe dissenziente contesti la proposta sotto tale profilo. Resta, peraltro, il dubbio che il tribunale possa comunque respingere un concordato che violi la graduazione, anche in funzione della valutazione dell'alternativa liquidatoria per le posizioni specificamente disciplinate dal quarto comma dell'art. 240 c.c.i.i.
Il Correttivo-ter, poi, ha introdotto (con il comma 4-bis aggiunto all'art. 240 c.c.i.i.) anche nella liquidazione giudiziale la possibilità di un concordato di gruppo (con l'alternativa anche di più concordati tra loro coordinati); in tal caso, il vaglio del tribunale riguarderà – oltre alla verifica della legittimazione a presentare la richiesta per una procedura unitaria (e con il dubbio circa la l'ammissibilità di una proposta che riguardi solo alcune delle imprese del gruppo in liquidazione giudiziale) anche la sussistenza del presupposto della maggior convenienza della procedura unitaria rispetto a quelle autonome (con il dubbio se tale valutazione sia complessiva o riguardi invece la convenienza per tutte le singole imprese coinvolte).
Conclusioni
Di fronte alle incertezze sui confini dei controlli giurisdizionali previsti nelle varie fasi delle procedure concordatarie, l'impressione è che il legislatore si sia voluto in parte rimettere al buon senso del giudicante, creando margini discrezionali di intervento forse un po' discutibili se si deve ragionare di stretto diritto, ma per altri versi funzionali ad assecondare l'intento normativo che vuole favorire le soluzioni alternative della crisi, soprattutto se ispirate alla continuità aziendale (che, come osserva P. Bastia, La continuità aziendale e la dimensione strategica degli assetti, in Ilcaso.it, 2024, alla luce dell'evoluzione normativa, da modalità di regolazione assurge a finalità della procedura, orientamento che sembra essere recepito dalla recente App. Trento 24 settembre 2024, in Ilcaso.it, 2024, che attribuisce rilievo autonomo alla tutela degli interessi dei lavoratori e dei fornitori), ma che nel contempo non tollera l'utilizzo “abusivo” delle procedure e non consente di eludere i presupposti formali inderogabili.
D'altro canto, il proliferare – anche a seguito dell'intervento correttivo - delle disposizioni che fissano requisiti stringenti ed impongono un corredo documentale sempre più analitico per l'accesso al concordato, sembra favorire una antergazione dei controlli tribunalizi già nella fase di ammissione (se non addirittura per taluni aspetti in quella “prenotativa”); peraltro, a fronte di tale possibilità quantomeno teorica di intromissione giurisdizionale, il criterio al quale forse dovrebbe ispirarsi l'intervento censorio del tribunale risiede in una sorta di valutazione prognostica, non (o non solo) nel senso dell'esclusione di situazioni nelle quali non sussista alcuna ragionevole aspettativa di un esito favorevole della procedura, ma anche ai fini di valutare se le carenze eventualmente riscontrate nel piano, nella proposta o nell'attestazione, costituiscano un vizio insanabile o se, al contrario, possano trovare rimedio nell'evoluzione successiva e, soprattutto, grazie al consenso espresso dei creditori rispetto a soluzioni di per sé irrituali o comunque non coercibili per effetto del mero voto a maggioranza.
Il tutto, ovviamente, nel rispetto del criterio primario che tuttora ispira le procedure concorsuali, ivi compreso il concordato, e che risiede nel perseguimento dell'interesse del ceto creditorio che all'evidenza il legislatore conferma avere la precedenza anche sul favor per la prosecuzione della attività di impresa.
Guida all'approfondimento
In giurisprudenza, sull'estensione del sindacato di ritualità nei concordati: v. App. Bologna 23 febbraio 2024; Trib. Nola, 1° ottobre 2024 in dirittodellacrisi.it, 2024 che assimila il controllo di legittimità al concetto di “fattibilità giuridica” elaborato in passato; Trib. Milano 11 maggio 2023, in Fall., 2023, 1141; Trib. Roma 17 luglio 2024, in dirittodellacrisi.it, 2024; nel vizio di ritualità viene ricompreso anche il mancato deposito dell'attestazione (ad esempio di quella prescritta in caso di modifica del piano: v. Trib. Bologna 14 maggio 2024, in Ilcaso.it, 2024); da segnalare che la citata App. Firenze 25 luglio 2024, in ilcaso.it, 2024, con argomentazione discutibile, ha ritenuto non decisivo in sede di ammissione il deposito del piano industriale (che pure è ora prescritto in forma che allo scrivente non pare dubbia), laddove invece Trib. Brescia 24 settembre 2024, in dirittodellacrisi.it, 2024 ha negato l'omologa ad un concordato minore in mancanza del prospetto dei costi e ricavi della gestione; sulla rilevabilità anche già nella fase prenotativa del concordato della mancanza della documentazione prescritta, v. Cass., Sez. I, 6 agosto 2021, n. 22454 in tal caso, peraltro, pur in mancanza dell'elenco dei creditori e del bilancio completo, Trib. Salerno 30 ottobre 2023, in Fall., 2024, 1004 ha ritenuto di poter concedere un termine per integrare una domanda con riserva presentata in limine ad un procedimento per l'apertura della liquidazione giudiziale.
In dottrina, sull'estensione del sindacato di ritualità in sede di ammissione: S. Ambrosini, Classificazione del ceto creditorio, moratoria dei privilegiati e contenuti del piano e dell'attestazione nel concordato preventivo riformato, in Ilcaso.it, 2023; B. Inzitari, Le mobili frontiere della responsabilità patrimoniale: distribuzione del valore tra creditori e soci nel concordato in continuità secondo la negozialità concorsuale del codice della crisi, in dirittodellacrisi.it, 2023; P.F. Censoni, Note minime sul controllo giudiziale nel concordato preventivo, in Ilcaso.it, 2024;F. De Santis, Le fasi introduttive del c.d. procedimento unitario, in Fall., 2024, 1207; M. Fabiani, A. Guiotto, Il valore della ristrutturazione destinabile ai soci, in Fall., 2024, 605; N. Usai, Il controllo sulla fattibilità del concordato con continuità aziendale nel CCII: una prima applicazione dello standard europeo, in dirittodellacrisi.it, 2024; S. Ambrosini, Concordato preventivo e controllo giudiziale: spigolature sui concetti di “fattibilità”, “non manifesta inidoneità” e “ragionevoli prospettive” (con una proposta de iure condendo), in Ilcaso.it, 2024. Per qualche cenno sui rapporti tra favor per il concordato in continuità e necessità di evitarne gli esiti dannosi, v. G. D'Attorre, La continuità aziendale tra “scommessa” e “tradimento”, in Fall., 2024, 1049.
Sulla revocabilità del concordato per difetto di fattibilità: Trib. Ferrara 8 agosto 2024, in dirittodellacrisi.it, 2024. In merito alla sanzione della revoca in presenza di irregolarità connesse con l'omessa considerazione di passività: Trib. Ferrara 28 maggio 2024, in dirittodellacrisi.it, 2024, con nota di G. Andreani, La sorte e gli effetti delle liti fiscali nel concordato preventivo.
Sui presupposti per l'ammissibilità nel concordato di gruppo e sull'ambito dei controlli iniziali sui requisiti per tale procedura, v. Trib. Treviso 16 marzo 2023, in Fall., 2023, 1142; Trib. Milano 29 febbraio 2024; F. Ioverno, Concordato di gruppo ex art. 44 CCII: quali documenti depositare?, in IUS Crisi d'impresa (ius.giuffrefl.it) - ilfallimentarista, 2024.
Sui requisiti di ritualità nel concordato semplificato, v. Trib. Parma 12 luglio 2023, in Fall., 2023, 1459; App. Salerno 19 aprile 2023 in Onlegale.it e Trib. Monza 17 aprile 2023; Trib. Como 27 ottobre 2022, in Fall., 2023, 399, con nota di P.F. Censoni, Sulla (presunta) utilità del concordato “semplificato” per i creditori anche in assenza di soddisfacimento degli stessi e abuso dello strumento concordatario; nonché G. Bozza, Il ruolo del giudice nel concordato semplificato, in Ilcaso.it, 2023; L. Panzani, Buona fede, praticabilità del piano e revoca dell'ammissione al concordato semplificato, in Fall., 2024, 1022; App. Milano 13 luglio 2023, in IUS Crisi (ius.giuffrefl.it), 2024, con nota di F. Rolfi, Sull'ambito del controllo di “ritualità” nel concordato semplificato, il quale giunge ad ipotizzare che il vaglio di ritualità sostanzi di fatto una verifica di ammissibilità; R. Bonivento, Opportunità e criticità del concordato semplificato: aspetti operativi, in Ilcaso.it, 2024.
Sui limiti del sindacato nel previgente concordato fallimentare: A. Penta, Alla ricerca del punto di equilibrio tra la tutela dei creditori e la salvaguardia del debitore fallito, in Fall., 2014, 782; v. anche la rassegna di V. Baroncini, Le criticità procedimentali dei concordati fallimentari e coattivi, in Fall., 2023, 271 e, con specifico riguardo al concordato nella liquidazione giudiziale, L. Gambi, Concordato nella liquidazione giudiziale (CCII), in IUS Crisi d'impresa (ius.giuffrefl.it) - ilfallimentarista, 2024; A. Dalla Sega, Il concordato nella liquidazione giudiziale, in IUS Crisi d'impresa (ius.giuffrefl.it) - ilfallimentarista, 2023.
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Sommario
La verifica di ritualità
L'ammissibilità come presupposto permanente
Il concetto di regolarità
L'aggiunta di presupposti supplementari nei concordati di gruppo