Notifica PEC per scopi estranei all’attività professionale
09 Dicembre 2024
Massima La dissociazione tra professionista e privato cittadino, con conseguente necessità di attribuire distinte PEC allo stesso soggetto, risulta essere contraria alle esigenze di semplificazione introdotte dalle normative in tema di giustizia telematica. Il caso Il caso scrutinato dalla Corte d'appello di Bari trae origine da una controversia di natura possessoria che vedeva contrapposti alcuni condomini. Con ricorso ex art. 703 c.p.c. veniva, infatti, dedotto da alcuni di essi che un notaio (loro condomino) aveva realizzato opere di soprelevazione sull'ultimo piano dell'edificio condominiale, in violazione del regolamento, così andando a privare i condomini del possesso del terrazzo condominiale. Il tribunale di Foggia accoglieva il ricorso, condannando il convenuto (non costituito) alla rimessione in pristino dei luoghi di causa e alla totale demolizione dei manufatti realizzati sul terrazzo dell'attico. Questi proponeva quindi reclamo, contestando in primis la nullità della notifica telematica del ricorso e del decreto di fissazione di udienza, deducendo di non aver potuto ricevere i messaggi di posta elettronica certificata, a causa di un guasto agli apparecchi informatici; nel merito contestava essere insussistenti i presupposti per concedere la tutela possessoria invocata. Il giudizio di reclamo si concludeva con la conferma del provvedimento possessorio e veniva, quindi, introdotto il giudizio di merito, nell'ambito del quale veniva nuovamente dedotta la questione della nullità della notifica telematica. A seguito del rigetto delle domande formulate anche in questa fase il notaio – condomino proponeva appello, deducendo di esser stato convenuto in giudizio quale persona fisica - e non quale professionista - e di non essere obbligato ad avere, in qualità di persona fisica, un indirizzo PEC. Sosteneva, pertanto, che la notifica del ricorso introduttivo non poteva essergli fatta a mezzo PEC, ma avrebbe dovuto essere effettuata personalmente in via analogica. Riproponeva, inoltre, la questione della nullità della notifica telematica sotto il profilo degli asseriti guasti e problemi al sistema informatico dello studio notarile. La questione La questione centrale sottoposta all'esame della Corte d'appello, per quanto concerne gli aspetti più propriamente legati al processo telematico, riguarda la possibilità di utilizzare la posta elettronica certificata “professionale”, ovvero il domicilio digitale censito sui pubblici registri come l'INI-PEC, anche per la notifica di atti estranei alla sfera lavorativa del titolare di quelle determinata casella PEC. Le soluzioni giuridiche La soluzione giuridica cui giunge la Corte d'appello è molto netta, oltre che negativa per l'appellante. Il collegio giudicante afferma, infatti, che le problematiche di malfunzionamento del sistema informatico dello studio notarile non possono ritenersi motivo impeditivo rispetto alla possibilità per lo di consultare la PEC da altre postazioni e dispositivi. Al proposito si cita un noto precedente della Suprema Corte (Cass. civ., sez. I, 21 giugno 2018, n.16365) secondo cui spetta all'imprenditore - ed al professionista - l'onere di controllare la PEC comunicata al registro delle imprese, posto che “costituisce onere di chi eserciti l'attività d'impresa, normativamente obbligato a munirsi di un indirizzo PEC, assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale certificata, se del caso delegando tale controllo, manutenzione o assistenza a persone esperte del ramo. Pertanto, neppure eventuali errori o omissioni informative del professionista delegato per l'incombente esimerebbero l'imprenditore dall'onere di vigilanza e controllo, e non potrebbero essere invocati dal destinatario della notifica a mezzo PEC quale causa di mancata conoscenza della notifica ad esso non imputabile”. Per quanto concerne la più specifica questione delle modalità di utilizzo del domicilio digitale si afferma invece che deve ritenersi valida la notifica destinata a persona fisica, ma effettuata sulla PEC professionale del medesimo soggetto. Al riguardo la Corte giudicante rileva che l'art. 3-bis l. n. 53/1994, non pone limiti o divieti sotto tale aspetto, sicché non è possibile per il Giudice introdurre divieti non previsti dalla normativa. Si afferma dunque che, quando il professionista (o l'imprenditore) attiva una casella PEC, sussiste il dovere di verificarla costantemente e che la dissociazione tra professionista e privato cittadino, con conseguente necessità di attribuire distinte PEC allo stesso soggetto, risulta essere contraria alle esigenze di semplificazione introdotte dalle normative in tema di giustizia telematica. Osservazioni La pronuncia è senza dubbio molto importante e si pone come importante precedente per una tematica che rischia di diventare assai intricata, ovvero la possibilità di utilizzo del domicilio digitale “professionale” anche per la notificazione di atti relativi alla sfera privata del professionista. In giurisprudenza si evidenzia un certo contrasto; infatti, secondo alcune pronunce la notifica a un indirizzo PEC professionale per questioni private non sarebbe valida, essendo l'indirizzo creato per scopi professionali e non per la vita privata del soggetto (v. Trib. Savona, 29 giugno 2023, n. 468 e Trib. Asti 18 aprile 2021, n. 411). Questo orientamento ha, tuttavia, ricevuto critiche perché, ragionando in tal modo, si finisce per introdurre un divieto non codificato dal legislatore. Aderendo a tale visione critica, altre pronunce hanno sostenuto che non vi è alcuna necessità di distinguere tra l'uso professionale e privato della PEC. Ad esempio, la Corte d'appello di Milano ha affermato che la notifica può essere validamente effettuata all'indirizzo PEC risultante dai pubblici elenchi, senza necessità di verificare se l'atto notificato sia pertinente alla sfera professionale o privata del destinatario (App. Milano, sez. I, 18 ottobre 2022, n. 3302). Va, peraltro, detto che con recente pronuncia la Corte di Cassazione ha affermato che “l'indirizzo PEC di un avvocato presente nel registro del Consiglio dell'Ordine di appartenenza può essere validamente utilizzato pure per notificare atti inerenti all'incarico di curatore speciale ad processum conferitogli ex art. 78 c.p.c. (benché non riferibili alla sua costituzione in giudizio quale procuratore) anche prima prima dell'entrata in vigore dell'art. 3-ter l. n. 53/1994, non venendo in rilievo esigenze di tutela della riservatezza personale dell'avvocato, in quanto l'incarico, conferito dall'autorità giudiziaria, è connesso all'attività professionale svolta” (Cass. 2 aprile 2024, n. 8685). La Suprema Corte non si è pronunciata direttamente sul tema in analisi ma appare propendere per un'adesione a quell'orientamento che ammette l'utilizzo della PEC per i soli casi di notifica di atti relativi all'attività professionale del destinatario. In conclusione, si può affermare che il tema rimane controverso e che la sentenza della Corte d'appello di Bari si pone come importante precedente a favore di una visione atomistica e unitaria dell'indirizzo PEC, ovvero del domicilio digitale, che ne consentirebbe l'uso in ogni frangente, personale o professionale. Tale orientamento pare trovare un solido appiglio anche nella legislazione, in particolare nell'art. 6-quater CAD istitutivo dell'INAD, ovvero dell'Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all'iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese. Nel contesto di questa norma si prevede infatti che “per i professionisti iscritti in albi ed elenchi il domicilio digitale è l'indirizzo inserito nell'elenco di cui all'art. 6-bis, fermo restando il diritto di eleggerne uno diverso ai sensi dell'art. 3-bis, comma 1-bis”. Il legislatore afferma, dunque, in maniera piuttosto netta che l'indirizzo PEC professionale costituisce anche domicilio digitale del cittadino ed è pertanto utilizzabile per notifiche estranee all'attività professionale, salvo che il professionista non decida di attivare un nuovo e differente domicilio a tal fine. A fronte di tale norma il passaggio obbligato da effettuare, in casi come quello oggetto di commento, è pertanto la consultazione del registro INAD (https://domiciliodigitale.gov.it/dgit/home/public/#!/home) in modo da verificare se l'indirizzo PEC “professionale” sia stato mantenuto anche come domicilio digitale “privato” o se invece non ne sia stato abilitato uno differente. Naturalmente, verificandosi tale seconda ipotesi dovrà essere privilegiato il differente domicilio digitale eletto. Tale passaggio non è stato, invece, giustamente preso in considerazione dalla Corte d'appello di Bari perché all'epoca dei fatti oggetto di causa il pubblico registro INAD non era ancora stato attivato. |