Il contratto di mutuo secondo cui la somma erogata deve essere subito restituita in deposito cauzionale costituisce titolo esecutivo?

La Redazione
10 Dicembre 2024

Il Tribunale di Chieti vaglia l'efficacia del titolo esecutivo costituito da un contratto di mutuo secondo cui la somma erogata dalla banca mutuante deve essere immediatamente ed integralmente restituita dai mutuatari in deposito cauzionale

Secondo il Tribunale di Chieti sussiste il dubbio che un contratto di mutuo - il quale preveda che la somma mutuata sia erogata dalla banca ai mutuatari, ma da questi sia immediatamente ed integralmente restituita alla banca mutuante in deposito cauzionale – costituisca titolo esecutivo. Sul punto, infatti, il giudice di merito richiama Cass civ., sez. III, 3 maggio 2024, n. 12007, secondo cui «l'accordo negoziale col quale una banca concede una somma a mutuo effettivamente erogandola al mutuatario, ma convenendo al tempo stesso che tale somma sia immediatamente ed integralmente restituita alla mutuante, con l'intesa che essa sarà svincolata in favore del mutuatario solo al verificarsi di determinate condizioni, ancorché idoneo a perfezionare un contratto reale di mutuo, non consente di ritenere che dal negozio stipulato tra le parti risulti un'obbligazione attuale, in capo al mutuatario, di restituzione della detta somma (immediatamente rientrata nel patrimonio della mutuante) in quanto tale obbligo sorge, per esplicita volontà delle parti stesse, solo nel momento in cui l'importo erogato è successivamente svincolato ed entrato nel patrimonio del soggetto finanziato; conseguentemente, si deve escludere che un siffatto contratto costituisca, di per sé solo, titolo esecutivo contro il mutuatario, essendo necessario a tal fine un ulteriore atto, necessariamente consacrato nelle forme ex art. 474 c.p.c. (atto pubblico o scrittura privata autenticata) attestante l'effettivo svincolo della somma già mutuata in favore della parte mutuataria».

Il Tribunale di Chieti, dunque, ha sospeso l'efficacia del titolo esecutivo, attestando la ricorrenza dei «gravi motivi» di cui all'art. 615 c.p.c.

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