Il "PRO" dopo il Correttivo-ter tra continuità, cessione dell’azienda e trattamento dei crediti fiscali e previdenziali

12 Dicembre 2024

Vengono descritte le modifiche apportate dal Correttivo-ter (d.lgs. n. 136/2024) all’art. 64-bis, portante la disciplina del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO). Il legislatore ha, tra l’altro, introdotto la transazione fiscale e previdenziale – senza cram down – e chiarito che il PRO non può avere uno scopo meramente liquidatorio (pur potendo essere diretto alla continuità indiretta).

Alla stesura dell'articolo ha collaborato il Dott. Leonardo Curatolo.

L’accesso alla procedura

Per accedere al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, strumento light di regolazione della crisi che consente la ristrutturazione trasversale senza vincoli di sorta, e richiedere l’intervento del tribunale per l’eventuale concessione delle misure protettive e per la successiva omologazione, occorre che il debitore gestisca un’azienda in funzionamento, che attraverso il piano possa essere mantenuta in continuità diretta o indiretta.

Questo pare essere il requisito minimo per accedere al PRO, anche nel caso in cui sia la società debitrice a “traghettare” l’azienda o rami di essa sino alla cessione prevista nell’ambito del piano, caso in cui sarà necessario redigere un piano finanziario sino all’incasso del saldo prezzo dell’azienda che individui i flussi in entrata e in uscita derivanti dal temporaneo esercizio dell’attività.

Per individuare le risorse che verranno destinate ai creditori, ovvero lo sforzo che questi ultimi saranno chiamati a “sopportare” pur nella prospettiva di ottenere una maggior entrata derivante dalla cessione dell’azienda in funzionamento, occorre individuare nel piano di risanamento gli asset al servizio del debito, da valorizzare sia in ipotesi di stato di crisi che di insolvenza.

Il trattamento dei crediti fiscali e previdenziali

Il Correttivo- ter (d.lgs. 136/2024) è intervenuto sull'art. 64-bis c.c.i.i. introducendo il comma 1-bis che consente al debitore, prima della presentazione della domanda di omologazione del piano, di proporre il pagamento parziale o dilazionato dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazioni obbligatorie e dei relativi accessori.

Alla proposta deve essere allegata la relazione dell'attestatore, il quale, oltre ad attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, deve anche dare atto che il trattamento proposto non è deteriore rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale.

Tale ultima previsione va coordinata con la disposizione dettata dal comma 8 dell'articolo 64-bis, il quale specifica che, ai fini del giudizio di non deteriorità rispetto alla liquidazione giudiziale, deve farsi riferimento al momento del deposito della domanda di omologazione. Si tratta di una indicazione molto importante, soprattutto se la si pone in correlazione con le modifiche previste agli articoli 84, commi 6 e 7, c.c.i.i. e all'articolo 87, lett. c) c.c.i.i., che disciplinano il valore di liquidazione: attraverso tali interventi il legislatore ha definitivamente chiarito che il valore di liquidazione è una grandezza controfattuale, pari alla stima dei proventi (comprese le azioni esperibili al netto delle prevedibili spese, nonché le somme ritraibili dalla vendita dell'azienda in esercizio provvisorio se percorribile) che sarebbe possibile conseguire nel caso in cui, in luogo dell'accesso allo strumento di regolazione della crisi proposto dal debitore, venisse dichiarata l'apertura della liquidazione  giudiziale alla data di deposito della relativa domanda.

Il confronto con l'alternativa liquidatoria, quindi, va fatto con il criterio cosiddetto “statico”, ossia riferito al momento del deposito della domanda di omologazione: è quello, infatti, il momento in cui il debitore attraversa la proverbiale “porta scorrevole”, scegliendo di adottare uno strumento di regolazione della crisi anziché chiedere l'apertura della liquidazione giudiziale.

La proposta deve essere depositata presso gli uffici indicati nell'art. 88, comma 5 (ovvero gli uffici competenti sulla base dell'ultimo domicilio fiscale del debitore), anch'esso modificato ad opera del correttivo, che individua la competenza territoriale delle agenzie fiscali e degli enti gestori interessati dalla proposta di pagamento parziale o dilazionato.

L'eventuale adesione dei creditori deve avvenire entro novanta giorni dal deposito della proposta e, nel caso in cui la proposta venga modificata, il termine è aumentato di sessanta giorni decorrenti dal deposito della modifica della proposta. Se la modifica coincide con una nuova proposta il termine è aumentato di novanta giorni e non più di sessanta.

Per quanto concerne, ancora, il richiamo all'art. 88 c.c.i.i. si evidenzia che: 1) l'agente della riscossione, non oltre trenta giorni dalla data di presentazione della proposta, deve trasmettere al debitore una certificazione attestate l'entità del debito iscritto al ruolo; 2) nello stesso termine anche gli altri uffici devono procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni e alla notifica degli avvisi di irregolarità, di accertamento, di liquidazione e di addebito, unitamente ad una  certificazione attestante l'entità del debito.

La nuova disposizione non contempla alcuna modalità di ristrutturazione “forzosa” in caso di diniego del consenso da parte degli enti pubblici o nel caso di una loro mancata risposta. La ragione per cui nell'ambito del PRO non è stato previsto alcuno strumento di cram down è intuitiva: questo strumento  è infatti riservato alle ipotesi in cui il debitore ottenga il consenso di tutte le classi, ed è questa la condizione essenziale che consente di proporre un piano che preveda la distribuzione delle risorse non solo in deroga alla regola di priorità assoluta, ma addirittura anche alla regola di priorità relativa (salva solo, in sede di omologa, la verifica della non deteriorità del trattamento spettante all'eventuale creditore dissenziente che si opponga all'omologa ex art. 64-bis, comma 8, c.c.i.i.).

Il nuovo comma 1-bis ha, dunque, la funzione di attribuire agli uffici – a determinate condizioni – il potere di esprimere il consenso alla dilazione e/o alla falcidia dei crediti. Potere che, in difetto di una esplicita norma facoltizzante, si sarebbe potuto ritenere insussistente in ragione del principio (più invocato che dimostrato) della indisponibilità dell'obbligazione tributaria.

Non essendo previsto uno strumento di conversione del voto contrario o mancante, nell'applicazione pratica risulterà particolarmente importante la qualità dell'attestazione, che dovrà risultare assai convincente e molto ben strutturata, per ottenere l'assenso dei funzionari.

Uno strumento funzionale alla continuità, non alla liquidazione

L'introduzione del comma 9-bis ha chiarito che il PRO non può avere uno scopo meramente liquidatorio; il piano deve essere incentrato sulla continuità diretta o indiretta (in dottrina molti sostenevano il contrario e qualche tribunale aveva omologato piani liquidatori: ad esempio Trib. Vicenza 17 febbraio 2023 e Trib. Roma 3 luglio 2024).

Chiarito che il PRO non può avere come scopo la mera liquidazione del patrimonio aziendale, è, tuttavia, consentita anche la continuità indiretta: anche prima dell'omologazione, su richiesta dell'imprenditore, il tribunale, verificata la funzionalità rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori, può autorizzare l'imprenditore a trasferire in qualunque forma l'azienda o uno o più suoi rami senza trasferimento dei debiti, con la sola eccezione di quelli dei lavoratori ai sensi dell'art. 2112 del codice civile. La cessione deve avvenire previa selezione competitiva dell'acquirente, in linea con l'art. 22, comma 1, e con il più generale principio di competitività che permea l'intero codice.

La continuità indiretta

Se il piano del PRO prevede la continuità a indiretta, sarà necessario scrutinare nel merito il piano di risanamento redatto dalla società acquirente, nonostante questa possa essere un soggetto assolutamente terzo rispetto al debitore, ma condivida con quest'ultimo il comune interesse alla buona riuscita del piano del PRO.

La soluzione si impone anche alla luce della modifica apportata all'art. 87, lett. f)c.c.i.i. per i piani di concordato in continuità indiretta, in cui la soddisfazione dei creditori dipende direttamente dai risultati della gestione in capo al terzo (si pensi, oltre all'ovvio esempio dell'affitto, al caso in cui l'azienda sia trasferita mediante conferimento o scissione con scorporo, e ai creditori venga proposto di soddisfarli con i dividendi della partecipazione assegnata all'impresa debitrice in cambio dell'azienda conferita o scorporata). Il correttivo, modificando l'articolo 87 lett. f), ha specificato che la previsione di costi, ricavi, fabbisogni e fonti di finanziamento è necessaria «in tutti i casi in cui le risorse per i creditori sono, in tutto o in parte, realizzate nel tempo attraverso la prosecuzione dell'attività in capo al cessionario dell'azienda». Viene così definitivamente superato ogni dubbio: anche se l'azienda è provvisoriamente in affitto, salvo il caso di breve affitto-ponte, per la cessione dell'azienda sarà necessaria la previsione analitica dei flussi e l'attestatore dovrà valutare la qualità e attendibilità di tali previsioni.

Anche nel caso del PRO ricorrono i medesimi bisogni informativi sulle prospettive di evoluzione dinamica della gestione in capo al nuovo soggetto che gestirà l'azienda; dovrà quindi ritenersi che anche in tal caso il piano dovrà contenere le analitiche previsioni economico-finanziarie e l'attestazione dovrà dare atto della fattibilità dei risultati prospettati. Ai fini del giudizio di fattibilità si dovranno analizzare i cosiddetti punti di interesse:

  1. strumenti contrattuali;
  2. bilanci annuali ed infra-annuali (così come previsto dall'OIC 6);
  3. montante debitorio prospettico a seguito dell'impegno previsto nel piano;
  4. prospetti di cash-flow e sostenibilità degli stessi;
  5. capacità di richiedere e, soprattutto, ottenere garanzie bancarie per il compimento di tutto quanto previsto dal piano;
  6. analisi di sensitività in merito a possibili operazioni di “affitti-ponte”.

Il piano dovrà dimostrare la congruità dei flussi di cassa liberi al servizio dell'indebitamento della ricorrente, e la capacità della new-co di poter superare le difficoltà patrimoniali ed economiche/finanziarie della precedente gestione. Per garantire siffatta analisi, il contenuto minimo del piano da allegare alla documentazione di procedura si può così definire:

  1. descrizione della situazione ereditata dalla old-co (possibilmente con una breve diagnosi della crisi che permetta di contestualizzare le inversioni di tendenza proposte) e della situazione-obiettivo al termine del piano;
  2. indicazione delle aree di attività o dei mercati di riferimento (anche se diversi rispetto ai “precedenti”), dei processi operativi più significativi, della struttura organizzativa e manageriale;
  3. indicazione del personale dipendente che continua il rapporto di lavoro dipendente, criteri di scelta ed eventuale necessità di sottoscrizione di accordi sindacali;
  4. illustrazione delle strategie di risanamento che dovranno essere coerenti con lo scenario competitivo ed ambientale di riferimento, tenendo in considerazione eventuali informazioni prospettiche disponibili, nonché attendibili, ossia ragionevoli e dimostrabili;
  5. dimostrazione della possibilità di raggiungimento di un equilibrio patrimoniale ed economico/finanziario e la sua sostenibilità nel tempo.

Il vaglio degli organi della procedura

Il Correttivo-ter, sopprimendo l'aggettivo “mera” all'art. 64-bis, comma 4, lett. a), c.c.i.i., ha allineato i requisiti di ammissione della domanda di accesso al PRO a quelli del concordato in continuità [art. 47, comma 1, lett. b) c.c.i.i.]. Il che costituisce un ulteriore indicatore che porta ad escludere la possibilità di un PRO con finalità liquidatoria.

Il legislatore non è, invece, intervenuto su un altro, delicato aspetto: l'art. 64-bis richiama tutte le disposizioni relative concordato in continuità, ad eccezione dell'art. 112 c.c.i.i.

L'unica disposizione che regola l'omologa è il comma 8 dell'art. 64-bis, il quale dispone che «il tribunale omologa con sentenza il piano di ristrutturazione nel caso di approvazione da parte di tutte le classi» (lo scrutinio sulla corretta formazione delle classi avviene già in fase di ammissione). Si pone, dunque, il dubbio se, ed in che misura, sia ammissibile un sindacato di merito degli organi della procedura sul contenuto del piano e dell'attestazione, tenuto anche conto che il commissario non redige la relazione ex art. 105 c.c.i.i., bensì le sole relazioni ex artt. 107 ss. in sede di votazione ed ex art. 110 a seguito della votazione. La lettera della legge, e la natura particolarmente snella e semplificata del procedimento, possono indurre a ritenere che il sindacato del tribunale (eventualmente sollecitato dal commissario) sia solo eventuale, e lasciato alla fase (eventuale) di opposizione. Se, d'altra parte, il legislatore avesse voluto rendere strutturale tale sindacato ben avrebbe potuto espressamente prevederlo con le modifiche attuate dal d.lgs. n. 136/2024. Nulla esclude, tuttavia, che i tribunali, quantomeno nei casi di manifesta e radicale inattendibilità del piano e/o dell'attestazione, finiscano per rivendicare un controllo più penetrante sui contenuti del piano e sulla sua fattibilità. Ciò anche in considerazione del fatto che l'attestazione del PRO non è, allo stato, richiamata dall'articolo 342 che regola il falso in attestazione e, pertanto, deve ritenersi assistita dalla meno rigorosa garanzia comune dell'articolo 481 del codice penale, che punisce (con la più mite reclusione sino a un anno, in luogo della pena da due a cinque anni prevista dall'articolo 342 del codice della crisi) chi, nell'esercizio di un «servizio di pubblica necessità», attesti falsamente, in un certificato, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità.

L'esperienza applicativa dell'istituto mostrerà gli orientamenti dei tribunali (anche in funzione dello stile più o meno interventista dei commissari giudiziali); certo è che sarà più probabile che – in assenza di opposizione di creditori dissenzienti - sulle attestazioni si affermi un controllo cosiddetto “di secondo grado”, ossia sulla ragionevolezza e sul rigore metodologico con cui sono redatte, che non un controllo diretto dei fatti che ne sono oggetto.

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