Decreto correttivo: la nuova udienza cartolare

Cesare Taraschi
18 Dicembre 2024

Il Correttivo alla riforma Cartabia, di cui al d.lgs. n. 164/2024, ha apportato varie modifiche all'art. 127-ter c.p.c. in tema di note scritte in sostituzione dell'udienza, superando alcuni dei dubbi applicativi ed interpretativi emersi all'indomani dell'entrata in vigore della predetta norma.

Inquadramento

L'art. 127-ter c.p.c., introdotto dal d.lgs. n. 149/2022 ed applicabile ai giudizi già pendenti alla data dell'1° gennaio 2023, disciplina la facoltà del giudice di sostituire l'udienza in presenza con il deposito di note scritte, contenenti le sole istanze e conclusioni delle parti, se l'udienza non richiede la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal P.M. e dagli ausiliari del giudice. Negli stessi casi, l'udienza è sostituita dal deposito di note scritte quando ne fanno richiesta tutte le parti costituite.

La norma in esame è stata inserita nell'ambito del libro primo del codice di rito dedicato ai principi generali, proprio per evidenziarne la sua applicabilità alla generalità dei procedimenti, con l'unica eccezione espressa rappresentata dall'udienza pubblica dinanzi alla Corte di cassazione ex art. 379, comma 1, c.p.c.

Quanto alle modalità con cui il giudice può disporre il deposito di note scritte in sostituzione dell'udienza, la riforma Cartabia ha optato per un procedimento alquanto semplificato, caratterizzato dal superamento della prassi, diffusasi negli uffici giudiziari durante l'emergenza pandemica, di redigere un verbale fittizio della cd. udienza cartolare.

Si prevede ora che il giudice, con riferimento sia ad udienze già fissate che ad udienze ancora da fissarsi, assegni un termine perentorio non inferiore a 15 giorni per il deposito delle note scritte, limitate alla sola proposizione delle istanze e delle conclusioni. L'ultimo comma della norma precisa che il giorno di scadenza del termine assegnato per il deposito delle note è considerato data di udienza a tutti gli effetti, sicché da quella data la causa si considera automaticamente in riserva, senza che sia necessario redigere un verbale a tal fine. In ordine all'istanza di trattazione in presenza formulata dalle parti, la valutazione del giudice sull'accoglimento della stessa resta discrezionale, salvo che l'istanza provenga congiuntamente da tutte le parti.

Tale disciplina ha, tuttavia, generato vari dubbi ermeneutici, sia in dottrina che in giurisprudenza, in relazione essenzialmente ai seguenti profili:

  1. se le note scritte ex art. 127-ter c.p.c. siano compatibili con le udienze di trattazione della causa in cui sia prevista la comparizione personale delle parti, come nel caso dell'art. 183, comma 1, c.p.c.;
  2. se le note scritte possano sostituire anche le udienze di decisione della causa tramite discussione orale, sia nell'ambito del rito del lavoro ex artt. 429 e 437 c.p.c. che nel rito ordinario laddove si ricorra alla decisione ex art. 281-sexies c.p.c., nonché nel rito semplificato di cognizione, in ragione del rinvio operato dall'art. 281-terdecies c.p.c. allo stesso art. 281-sexies c.p.c.;
  3. se, in particolare, la sostituzione ex art. 127-ter c.p.c. dell'udienza di discussione, nei casi in cui questa richieda la lettura del dispositivo in udienza (art. 429 c.p.c.), sia compatibile con la possibilità delle parti di depositare note scritte fino al termine di quello stesso giorno.

I contrasti giurisprudenziali

Uno dei primi contrasti generatisi anche nella giurisprudenza di legittimità, oltre che in quella di merito, attiene alla questione della compatibilità della trattazione scritta ex art. 127-ter c.p.c. con la discussione orale ex art. 281-sexies c.p.c., nonché con gli altri moduli decisori che prevedono la discussione orale, come gli artt. 429 e 437 c.p.c. nel rito del lavoro, essendosi in proposito sottolineato, da parte dei sostenitori della tesi negativa, oltre all'evidente ossimoro ravvisabile in una discussione orale sostituita da note scritte, il profilo di pubblicità che caratterizza la sentenza emessa ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. (da intendersi pubblicata con la lettura in udienza), nonché il disposto dell'art. 128 c.p.c., ai sensi del quale «L'udienza in cui si discute la causa è pubblica a pena di nullità». Inoltre, si è rilevato che la possibilità di svolgimento dell'udienza pubblica con modalità alternative è espressamente prevista dal solo art. 127bis, co. 1, c.p.c. («Lo svolgimento dell'udienza, anche pubblica, mediante collegamenti audiovisivi a distanza…»), ma non anche dall'art. 127-ter c.p.c.

Su tale questione, un primo intervento della Suprema Corte ha ritenuto, sia pure in relazione alla trattazione scritta prevista dalla normativa emergenziale del periodo pandemico (art. 83, comma 7, lett. h), d.l. n. 18/2020, conv., con modif., in l. n. 27/2020), che la trattazione scritta fosse idonea a sostituire l'udienza in presenza, ma non anche ad incidere sulle restanti norme regolanti il processo, sicché alla fase decisoria avrebbero continuato ad applicarsi le disposizioni proprie del rito in concreto adottato, come, ad es., la lettura in presenza del dispositivo e della motivazione (Cass. civ., sez. VI, 10 novembre 2021, n. 33175).

In senso contrario si è, invece, sostenuto che è legittimo lo svolgimento dell'udienza di discussione orale della causa ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. in forma scritta, mediante l'assegnazione alle parti di un termine unico e comune anteriore alla data dell'udienza per il deposito di note scritte previsto nel periodo di emergenza pandemica, in quanto tale procedimento - in linea generale e salve le eccezioni normativamente previste - è idoneo a garantire il contraddittorio in tutti i casi in cui sia per legge consentita la trattazione della causa in forma scritta e non sia invece imposta la discussione in forma orale (o addirittura in presenza) e anche, quindi, in relazione alla fase decisoria del giudizio di merito, senza che possa ammettersi in proposito una valutazione casistica fondata sull'oggetto, sulla rilevanza e sull'eventuale complessità della controversia, che determinerebbe una intollerabile incertezza in ordine alla validità dei provvedimenti decisori, non fondata sull'applicazione di precisi schemi procedurali fissi, ma sulla base di valutazioni legate a valori mutevoli, opinabili e controvertibili (Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 2022, n. 37137).

Nell'ambito del rito del lavoro, fermo restando che, in caso di udienza a trattazione scritta o cartolare, il deposito telematico del dispositivo a seguito della camera di consiglio è equivalente alla lettura in udienza (Cass. civ., sez. lav., 21 novembre 2023, n. 32358), si è generata una discrasia in ordine alla sussistenza o meno dell'obbligo del giudice di provvedere al deposito telematico del dispositivo della decisione resa all'esito dell'udienza cartolare tenuta in luogo di quella pubblica, pur sempre in relazione alla normativa emergenziale del periodo pandemico.

Invero, secondo un primo orientamento, la mancata comunicazione del dispositivo (che, secondo la regola generale dell'art. 437 c.p.c., dev'essere letto nella stessa udienza di discussione) in esito all'udienza cartolare a trattazione scritta - prevista per l'emergenza pandemica dall'art. 83, comma 7, lett. h), d.l. n. 18/2020, conv., con modif., dalla l. n. 27/2020 - non determina alcuna nullità, sia perché il legislatore ha adottato in via generale, anche nel rito speciale, lo schema camerale per la trattazione dei processi civili, ritenuto sufficiente a garantire il contraddittorio anche con la successiva comunicazione, unitamente o separatamente dal provvedimento decisorio, del dispositivo senza che ciò comporti lesione del diritto di difesa (dato che i termini per l'impugnazione decorrono dalla data della comunicazione telematica), sia perché nessuna invalidità è espressamente prevista dal sottosistema processuale “emergenziale”, né è vietata l'annotazione postuma, nel fascicolo elettronico, di atti precedenti (Cass. civ., sez. lav., 26 giugno 2024, n. 17587). Nello stesso senso si era già sostenuto che la norma emergenziale di cui all'art. 221, comma 4, d.l. n. 34/2020, conv. dalla l. n. 77/2020, che si applica a tutte le udienze civili, ivi comprese le controversie di lavoro assoggettate al rito cd. Fornero, non introduce un nuovo modello decisorio, limitandosi a sostituire l'udienza in presenza con l'udienza cartolare, con la conseguenza che non è affetta da nullità la sentenza, completa di motivazione, depositata oltre il termine di dieci giorni dalla data dell'udienza di discussione e senza aver provveduto al deposito telematico del dispositivo (Cass. civ., sez. lav., 14 maggio 2024, n. 13176).

Secondo altra tesi quasi coeva, invece, nel rito del lavoro, nel caso in cui l'udienza pubblica di discussione sia sostituita dalla trattazione scritta ai sensi del predetto art. 83, l'omesso deposito telematico del dispositivo il giorno dell'udienza equivale alla sua mancata lettura, che determina, pertanto, la nullità della sentenza. A tale conclusione si perviene assumendo che nessuna previsione della legislazione emergenziale “Covid” consente di ritenere che la norma abbia inteso estendere la deroga delle previsioni del rito del lavoro oltre la mera sostituzione della forma di trattazione. Tanto comporta che, se l'udienza di discussione orale conclusiva del processo tenuto con il rito del lavoro è legittimamente sostituita dal deposito delle memorie scritte entro il termine concesso dal giudice, in ciò si esaurisce l'effetto derogatorio previsto per fronteggiare l'emergenza sanitaria, senza che ulteriori e non previste deroghe possano essere ricostruite dall'interprete in via sistematica. Ragion per cui, una volta che i termini per il deposito delle memorie scritte conclusive delle parti siano scaduti, il rito del lavoro deve continuare a essere rispettato, con la conseguenza che alla lettura del dispositivo in udienza va logicamente sostituita, in ossequio alla speditezza del rito, il deposito per via telematica del dispositivo reso dal giudice all'esito della deliberazione della causa che, ancora logicamente, non può che essere coeva alla scadenza dei termini per il deposito degli scritti conclusionali, a pena del verificarsi di una nullità del tutto identica a quella che si verifica nel rito ordinario del lavoro qualora il giudice non provveda a leggere il dispositivo in udienza all'esito della discussione orale della causa (Cass., civ., sez. III, 7 giugno 2024, n. 15993).

In tale contesto di incertezza interpretativa, è stata recentemente rimessa alle Sezioni Unite la «questione di massima di particolare importanza» riguardante proprio «l'applicabilità dell'art. 127-ter c.p.c. alle controversie regolate dal rito del lavoro ed al procedimento per l'impugnativa dei licenziamenti» (Cass. civ., sez. lav., 3 maggio 2024, n. 11898, che riepiloga le varie tesi emerse su tale questione).

L'intervento del Correttivo

Il d.lgs. n. 164/2024, recante disposizioni integrative e correttive alla riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022), ha modificato l'art. 127-ter c.p.c., inserendo tre nuove previsioni rispettivamente nel primo, nel secondo e nel quinto comma di tale norma, nonché aggiungendo, per finalità di coordinamento, un secondo periodo nel primo comma dell'art. 128 c.p.c.

In particolare, per risolvere le questioni sorte in ordine alla possibilità di ricorrere al deposito di note scritte in sostituzione delle udienze che, come nel rito ordinario, richiedono la comparizione personale delle parti ai fini di un'interlocuzione col giudice, il legislatore ha optato, come si legge nella Relazione illustrativa al decreto correttivo, per una soluzione mediana, con la quale si è chiarito che la trattazione in udienza è obbligatoria e, dunque, insostituibile, nei casi in cui «la presenza personale delle parti è prescritta dalla legge o disposta dal giudice».

La previsione normativa della presenza personale delle parti è, a titolo esemplificativo, ravvisabile:

  1. nel novellato art. 183 c.p.c., che, dopo le modifiche apportate dal d.lgs. n. 149/2022, prevede al comma 1, in relazione al rito ordinario, che «All'udienza fissata per la prima comparizione e la trattazione le parti devono comparire personalmente. La mancata comparizione delle parti senza giustificato motivo costituisce comportamento valutabile ai sensi dell'articolo 116, secondo comma»;
  2. nell'art. 420 c.p.c., che, in relazione al rito del lavoro, prevede che alla prima udienza «il giudice interroga liberamente le parti presenti» e che la mancata comparizione personale delle parti senza giustificato motivo costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio;
  3. nell'art. 473-bis.21 c.p.c. che, in relazione al rito unitario per i procedimenti della crisi familiare, dispone, al comma 2, che «Le parti devono comparire personalmente, salvo gravi e comprovati motivi. La mancata comparizione senza giustificato motivo costituisce comportamento valutabile ai sensi del secondo comma dell'articolo 116 e nella liquidazione delle spese»;
  4. nell'art. 473-bis.54 c.p.c., che statuisce, al comma 2, che «L'udienza per l'esame dell'interdicendo o dell'inabilitando si svolge in presenza».       

Anche la prima udienza del procedimento per convalida di sfratto non può essere sostituita dalle note scritte, potendo l'intimato comparire anche di persona ex art. 660, comma 6, c.p.c. per opporsi alla convalida.

Le fattispecie, invece, in cui il giudice può disporre la comparizione personale delle parti sono, ad es., quelle degli artt. 117 c.p.c. (interrogatorio libero delle parti), 185 c.p.c. (tentativo di conciliazione), 185-bis c.p.c. (proposta conciliativa del giudice), 473-bis.51, comma 5, c.p.c. (procedimento di separazione o divorzio, e modifica delle relative condizioni, su domanda congiunta). 

Per quanto attiene all'udienza di discussione della causa ex art. 281-sexies c.p.c. (nel rito ordinario e semplificato di cognizione) o ex artt. 429 e 437 c.p.c. (nel rito del lavoro in primo grado ed appello), si è previsto, con una contestuale modifica anche dell'art. 128 c.p.c., che il giudice possa, in linea di principio, procedere alla sua sostituzione con la trattazione scritta, ma, in caso di opposizione anche di una sola delle parti, il giudice è tenuto a revocare il provvedimento e a disporre la celebrazione della pubblica udienza (nel regime ordinario dell'art. 127-ter c.p.c., invece, il giudice è vincolato a fissare la trattazione in presenza solo in caso di istanza congiunta delle parti). Si è così contemperata l'esigenza organizzativa del giudice di conversione delle udienze in presenza in note scritte con la tutela del diritto di difesa di ciascuna parte, che può unilateralmente esigere il ripristino della pubblica udienza.

Infine, è stata risolta anche l'inconciliabilità pratica della sostituzione ex art. 127-ter c.p.c. dell'udienza di discussione, nei casi in cui questa richiede la lettura del dispositivo in udienza (art. 429 c.p.c.), con la possibilità delle parti di depositare note scritte fino al termine di quello stesso giorno: è stato, perciò, aggiunto un periodo all'ultimo comma dell'art. 127-ter c.p.c., in virtù del quale il provvedimento depositato entro il giorno successivo alla scadenza del termine si considera letto in udienza, con ciò agevolando il compito non solo del giudice, ma anche della cancelleria, che potrà occuparsi dei propri adempimenti, all'esito della trattazione scritta, entro il giorno successivo.

Come chiarito dalla Relazione illustrativa, il Correttivo non ha espressamente stabilito, perché ritenuto superfluo, in quanto già risultante dalle disposizioni del codice di rito, che il giudice, nel revocare il provvedimento che dispone la trattazione scritta, può sempre disporre che l'udienza si svolga mediante collegamenti audiovisivi. Ai sensi dell'art. 127-bis, comma 1, c.p.c., infatti, l'udienza può sempre essere celebrata da remoto, salvo che sia «richiesta la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice».

Criticità residuali

Il Correttivo non ha risolto alcune criticità relative alla compatibilità delle note scritte con la prima udienza nel procedimento semplificato di cognizione di cui agli artt. 281-decies e ss c.p.c.

Invero, in tale procedimento, l'art. 281-duodecies c.p.c. non prevede la comparizione personale delle parti alla prima udienza, la quale, quindi, in linea di principio può essere sostituita con le note scritte ex art. 127-ter c.p.c. 

Tuttavia, poiché il resistente, ex art. 281-undecies, comma 2, c.p.c., è tenuto a costituirsi non oltre 10 giorni prima della prima udienza, tale termine risulta incompatibile con il rispetto del termine perentorio di 15 giorni che il giudice deve assicurare alle parti per il deposito delle note scritte. Nel caso, pertanto, in cui si disponga la sostituzione della prima udienza con provvedimento successivo al decreto di fissazione di udienza, il resistente potrebbe non essere ancora costituito e, pertanto, non avere contezza della diversa modalità processuale disposta dal giudice, quantomeno sino al momento della costituzione, non potendosi avvalere della facoltà di opposizione. Il ricorrente, dal canto suo, non godrebbe di un termine effettivo di almeno 15 giorni, venendo a conoscenza delle argomentazioni difensive e delle eventuali eccezioni e domande del convenuto soltanto all'atto della costituzione dello stesso.

A tale inconveniente può ovviarsi ritenendo che il giudice, qualora si concretizzi una lesione del diritto di difesa, sia tenuto a valorizzare il nuovo comma 2 dell'art. 101 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149/2022, disponendo un rinvio della prima udienza, in presenza o anche a trattazione scritta, onde consentire alla parte già costituita di esaminare gli scritti difensivi ed i documenti della controparte e controdedurre, nonché alla controparte, costituitasi dopo il decreto ex art. 127-ter c.p.c. , di esercitare il potere di opporsi all'udienza cartolare.

Ulteriori orientamenti giurisprudenziali in tema di udienza cartolare

Nell'ultimo biennio si sono registrati diversi arresti della Suprema Corte in relazione alla cd. udienza cartolare, a parte le discrasie giurisprudenziali già evidenziate.

In primo luogo, si è sostenuto che i provvedimenti pronunciati all'esito delle note ex art. 127-ter c.p.c. devono intendersi emessi fuori udienza, con la conseguenza che la conoscenza di essi può avvenire soltanto all'esito della comunicazione di cancelleria di cui all'art. 176, comma 2, c.p.c., non potendosi applicare la presunzione legale di conoscenza dei provvedimenti adottati in udienza in capo ai soggetti presenti o che dovevano comparirvi (Cass. civ., sez. I, 18 maggio 2023, n. 13735), sicché, ad es., l'omessa comunicazione del provvedimento di fissazione dell'udienza ex art. 281-sexies c.p.c. reso all'esito di udienza a “trattazione scritta”, equivalendo alla mancata comunicazione di un provvedimento emesso fuori udienza, determina la nullità del procedimento e della sentenza per violazione del principio del contraddittorio (Cass. civ., sez. III, 9 ottobre 2023, n. 28302).

In generale, la cd. trattazione scritta non consente alle parti il deposito di documenti, ma solo di note contenenti istanze e conclusioni (Cass. civ., sez. lav., 31 maggio 2023, n. 15311), con la conseguenza che, in caso di deposito di documenti allegati alle note, il giudice non può utilizzarli ai fini della decisione senza che sugli stessi sia stata assicurata alla controparte la possibilità di controdedurre, in ossequio al principio del contraddittorio (Cass. civ., sez. I, 28 ottobre 2022, n. 31960).

Sotto altro profilo, premesso che il mancato deposito delle note scritte delle parti è equiparato alla mancata presenza delle parti all'udienza, dal momento che le note di trattazione scritta sostituiscono in toto la partecipazione in presenza all'udienza, sicché, se il mancato deposito si ripete anche nel secondo termine perentorio concesso, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo con estinzione del processo (App. Napoli, sezione IV, 17 gennaio 2023, n. 179), si è precisato che la decisione della causa nel merito nonostante il mancato deposito delle note previste dall'art. 127-ter, comma 4 c.p.c., senza la previa adozione dei provvedimenti da questo contemplati, costituisce violazione di una regola processuale che integra di per sé motivo di nullità della sentenza, afferendo al concreto dispiegarsi del contraddittorio nel processo, sicché non occorre l'allegazione e la prova di alcun concreto pregiudizio cagionato dalla stessa (Cass. civ., sez. lav., 27 giugno 2024, n. 17717). Sulla stessa scia si è, più recentemente, ribadito che il deposito di note scritte sostitutive ai sensi dell'art. 127-ter c.p.c., nella fictio impostata dalla norma, ha valore di partecipazione delle parti all'udienza, ma se in tali note mancano espresse “istanze e conclusioni” il giudice può assumere i provvedimenti per i quali l'udienza è stata fissata, senza dar luogo a nullità, solo se è risultato certo l'intento delle parti di dare impulso alla trattazione della causa; diversamente, egli è tenuto a rinviare ad altra udienza (in presenza o, se del caso, in forma sostitutiva scritta) per chiedere chiarimenti alle stesse, mentre, se risulta chiaro il loro intento contrario alla prosecuzione, deve disporre ai sensi del comma 4 di detto articolo, ossia assegnare nuovo termine perentorio per il deposito delle note o fissare udienza (Cass. civ., sez. lav., 3 settembre 2024, n. 23565, la quale ha annullato la pronuncia resa dal giudice di appello che, disposta la sostituzione dell'udienza di discussione ex art. 127-ter c.p.c., aveva deciso la causa a fronte di una nota, depositata da una sola delle parti, priva di espresse richieste e di riferimenti all'udienza, relativa alla mera produzione di una sentenza resa “in fattispecie similare”).

L'opinione prevalente ritiene poi che il termine per il deposito di note scritte vada assegnato dal giudice a tutte le parti in modo unico ed unitario. Ciò si desumerebbe dal dato letterale della norma, a mente del quale il giudice assegna alle parti “un termine perentorio”; in tal senso si è espressa, sia pure relativamente alla precedente disciplina emergenziale ratione temporis applicabile, la già citata Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 2022, n. 37137. Inoltre, si osserva che stante la natura sostanzialmente “riepilogativa” delle note di trattazione, che possono avere il contenuto limitato di cui all'art. 127-ter, comma 1 c.p.c., non vi sarebbe alcuna necessità di assicurare il contraddittorio concedendo alle parti termini cd. “sfalsati”.

Dalla Relazione illustrativa al decreto Correttivo emerge che non è stata recepita la proposta della Commissione II della Camera dei Deputati di prevedere, all'art. 127-ter c.p.c., la fissazione di due termini, uno per le note scritte e un altro per la replica, al fine di garantire il principio del contraddittorio e ciò in quanto, da un lato, la concessione di due termini determinerebbe una dilatazione dei tempi del processo e, dall'altro, le note scritte fanno seguito a precedenti difese scritte nelle quali le parti hanno già svolto le proprie argomentazioni, cosicché la contestualità del deposito delle note non determina violazioni del diritto di difesa, salva la necessità, rimessa alla valutazione del giudice, di instaurare un ulteriore contraddittorio mediante la fissazione di un'udienza o la concessione di termini per replicare per iscritto. 

Tale scelta appare condivisibile, potendo comunque il giudice, come già detto, avvalersi della “clausola di salvezza” di cui all'art. 101, comma 2, c.p.c., come novellato dal d.lgs. n. 149/2022, in forza del quale «Il giudice assicura il rispetto del contraddittorio e, quando accerta che dalla sua violazione è derivata una lesione del diritto di difesa, adotta i provvedimenti opportuni». In sostanza, qualora una parte dovesse introdurre con le note scritte elementi in grado di pregiudicare il diritto di difesa dell'altra (non posta, proprio a causa dell'unicità del termine, in condizione di difendersi rispetto a tali elementi di novità), il giudice avrà il potere-dovere di assegnare alle parti un nuovo termine oppure di fissare una nuova udienza in presenza.

Infine, si è osservato che l'evento della morte della parte costituita, che sia dichiarato in udienza mediante nota scritta scambiata e depositata in telematico nell'ambito dello svolgimento dell'udienza in forma cartolare, produce, ai sensi dell'art. 300, comma 2, c.p.c., l'effetto automatico dell'interruzione del processo dal momento di tale dichiarazione e il conseguente termine per la prosecuzione o riassunzione, come previsto dall'art. 305 c.p.c., decorre dal momento in cui interviene la dichiarazione del procuratore nei confronti delle altre parti, senza che rilevi, a tal fine, il momento nel quale venga adottato il successivo provvedimento giudiziale dichiarativo dell'intervenuta interruzione, avente natura meramente ricognitiva (Cass. civ., sez. VI, 24 maggio 2022, n. 16797).

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