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Contratti atipici a causa mista: estensione applicativa del regime di responsabilità solidale ex art. 29 del D.lgs. 276/2003

20 Dicembre 2024

La ratio dell'introduzione della responsabilità solidale del committente, che è quella di evitare il rischio che i meccanismi di decentramento e di dissociazione fra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell'esecuzione del contratto commerciale, non giustifica una esclusione della predisposta garanzia in presenza di un contratto atipico a causa mista e nei confronti dei dipendenti posti nella simil condizione di quelli dell'appalto, atteso che la tutela del soggetto che assicura una attività lavorativa indiretta non può non estendersi a tutti i livelli del decentramento.

Massima

In ipotesi di contratto atipico, a causa mista, adottato nella prassi della grande distribuzione commerciale, in cui la titolare dell'impresa ceda la gestione di un autonomo reparto, non preesistente, ad altra ditta, con particolari obblighi contrattuali a carico di quest'ultima, va verificato, analizzando gli elementi caratterizzanti il contratto, l'interesse economico concreto della operazione onde accertare se si verta in una ipotesi di decentramento e di dissociazione tra la titolarità del contratto di lavoro e l'utilizzazione della prestazione lavorativa che giustifichi la responsabilità solidale ai sensi dell'art. 29 D.lgs. n. 276/2003 ratione temporis vigente.

Il caso

L'interpretazione analogica della responsabilità solidale del committente anche in ipotesi differenti rispetto al contratto di appalto  

La fattispecie oggetto della presente trattazione di commento trae origine dal ricorso promosso due lavoratrici operanti all'interno del reparto pescheria di un supermercato, le quali, deducendo la sussistenza di un contratto di appalto inerente alla gestione del reparto cui erano addette, avevano invocato la condanna delle società artefici dell'operazione a titolo di responsabilità solidale ex art. 26 d.lgs. 276/2003, al fine di ottenere il pagamento delle spettanze retributive dovute loro.

In primo grado, il Tribunale adito accoglieva parzialmente le domande delle due lavoratrici, ritenendo fondato il loro credito sul presupposto che i reparti di pescheria dove avevano operato fossero stati dati in appalto tra le Società convenute, così condannandole al pagamento delle spettanze retributive rivendicate dalle ricorrenti, detratto il TFR che avevano percepito dal Fondo di Garanzia.

Tuttavia, in secondo grado, la Corte distrettuale provvedeva accogliere il gravame della società, respingendo le originarie domande delle due lavoratrici, sul presupposto dell'esclusione della natura di appalto nei contratti ripassati tra le società in menzione, così come di una fattispecie di cessione di ramo d'azienda, con conseguente inapplicabilità del regime di solidarietà sancito dall'art. 29 del d.lgs. 276/2003.

Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione le lavoratrici, deducendo, in particolare: a) la possibilità di una interpretazione analogica della responsabilità solidale del committente anche in ipotesi differenti rispetto al contratto di appalto, rilevando a tal fine l'accertamento del destinatario della prestazione finale da individuare, pacificamente, anche nel committente; b) l'erroneità della decisione della Corte territoriale nel non avere ritenuto applicabile al contratto atipico di gestione, intercorso tra le parti, le norme in materia di appalto; c) la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 29 d.lgs. n. 276/2003, in quanto la Corte territoriale, nell'escludere la responsabilità solidale della Società convenuta, avrebbe determinato una illegittima deresponsabilizzazione di questa rispetto alle retribuzioni pacificamente maturate all'interno del banco pescheria affidato in gestione alla seconda società resistente.

La questione

L'estensione applicativa del regime di responsabilità solidale di cui all'art. 29 del d.lgs. 276/2003

La questione sottesa alla pronuncia in esame involge la tematica inerente all'estensione applicativa del regime di responsabilità solidale di cui all'art. 29 del d.lgs. 276/2003 ed alla verifica casistica della sussistenza di un meccanismo di decentramento e di dissociazione fra la titolarità del contratto di lavoro e l'utilizzazione della prestazione lavorativa che possa giustificare una applicazione della garanzia di cui all'art. 29 d.lgs. n. 276/2003 citato.

La soluzione giuridica

La centralità della verifica del decentramento e dissociazione tra titolarità e utilizzazione della prestazione

La Suprema Corte, nel dirimere la vicenda posta al suo vaglio, evidenzia la non condivisibilità del ragionamento operato dai Giudici del gravame, in merito al nucleo essenziale dell'impianto decisorio della sentenza impugnata, rappresentato dalla argomentazione in virtù della quale, non vertendosi in ipotesi di contratto di appalto né di cessione di ramo di azienda ma di un contratto atipico, nato dalla prassi commerciale della grande distribuzione, non era applicabile l'art. 29 D.lgs. n. 276/2003 che menziona esclusivamente l'appalto e che, al più, poteva estendersi al contratto di trasporto.

Sottolinea al riguardo il Giudice di legittimità come, invero, tale impostazione risulta in contrasto con quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 254/2017, sia pure in tema di contratto di sub-fornitura, laddove il Giudice delle leggi ha evidenziato come la ratio dell'art. 29 D.lgs. n. 276/2003, introduttiva della responsabilità solidale del committente, fosse quella di scongiurare il rischio che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione potessero risolversi in danno dei lavoratori utilizzati nell'esecuzione del contratto commerciale.

Non è, pertanto, giustificabile una siffatta esclusione della predisposta garanzia nei confronti dei dipendenti diversi da quelli operanti nel mero schema dell'appalto, atteso che, tale opzione, non solo si porrebbe in contrasto con il precetto dell'art. 3 Cost., ma la tutela del soggetto che assicura una attività lavorativa indiretta non potrebbe, in ogni caso, non estendersi a tutti i livelli del decentramento.

Nella fattispecie in esame, dunque, il vero dato saliente non risulta tanto l'esatta qualificazione del contratto, in relazione alla quale si conviene che si tratti di un contratto atipico, a causa mista, normalmente adottato dalla grande distribuzione commerciale, ma la necessità di verificare se vi sia stato un meccanismo di decentramento e di dissociazione fra la titolarità del contratto di lavoro e l'utilizzazione della prestazione lavorativa che possa giustificare una applicazione della garanzia di cui all'art. 29 D.lgs. n. 276/2003 citato.

In tal senso, dunque, appare importante procedere ad una corretta individuazione dell'interesse economico concreto, di una parte contrattuale rispetto all'altra, sotteso alla realizzata operazione di decentramento produttivo e di dissociazione tra la titolarità del contratto di lavoro e l'utilizzazione della prestazione lavorativa.

Tale valutazione deve essere operata prestando particolare attenzione ad una eventuale sussistenza di una situazione di "dipendenza economica" e di assunzione di un maggior "rischio di impresa", nel senso che deve essere accertato se lo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti sia eccessivo, essendo il contraente che lo subisce privo di valide scelte alternative economiche sul mercato, così da poter accertare, in concreto, quale delle due parti contrattuali sia stata maggiormente interessata all'operazione commerciale e, quindi, assodare la eventualità della sussistenza di un decentramento produttivo sintomatico di una dissociazione tra contratto di lavoro ed utilizzazione della prestazione del dipendente che richieda l'applicabilità analogica dell'art. 29 D.lgs. n. 276/2003.

Ebbene, non avendo i Giudici territoriali operato alcuna valutazione al riguardo, la Suprema Corte ha cassato la sentenza gravata, con rinvio del giudizio alla Corte d'appello competente, in diversa composizione, affinché questa proceda ad un nuovo esame della vicenda, tenendo conto del principio di diritto per cui "In ipotesi di contratto atipico, a causa mista, adottato nella prassi della grande distribuzione commerciale, in cui la titolare dell'impresa ceda la gestione di un autonomo reparto, non preesistente, ad altra ditta, con particolari obblighi contrattuali a carico di quest'ultima, va verificato, analizzando gli elementi caratterizzanti il contratto, l'interesse economico concreto della operazione onde accertare se si verta in una ipotesi di decentramento e di dissociazione tra la titolarità del contratto di lavoro e l'utilizzazione della prestazione lavorativa che giustifichi la responsabilità solidale ai sensi dell'art. 29 D.lgs. n. 276/2003ratione temporis vigente".

Osservazioni

L'esigenza di tutela dei dipendenti importa l'estensione della responsabilità solidale di cui all'art. 29 d.lgs. 276/2003

La pronuncia in esame ci consente di avanzare alcune considerazioni di sintesi sul tema dell'estensione della previsione della responsabilità solidale di cui all'art. 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, attuativo delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30.

Come è noto, invero, già da tempo si è posto il problema di valutare se detta norma, nel disporre che, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, sia suscettibile di applicazione estensiva, oltre i casi espressamente previsti dal testo legislativo.

Era stato, infatti, evidenziato un problema di compatibilità di tale previsione con una serie di principi e disposizioni normative di rango primario, partendo dal dettato dell'art. 3 della Costituzione, visto che non sarebbe ragionevole registrare, nel fenomeno diffuso della esternalizzazione e della parcellizzazione del processo produttivo, una indebita differenziazione tra dipendenti di una garanzia legale prevista per i casi di appaltato e subappalto, ma evidentemente passibile di estensione operativa a fattispecie analoghe.

Tale discrasia di regime solidale in materia di responsabilità risulterebbe, altresì, violativa dell'art. 36 Cost., per il profilo della inadeguatezza della retribuzione, anche alla luce dei principi in materia di condizioni di lavoro giuste ed eque, di cui all'art. 31 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e, in una versione adattata, a Strasburgo il 12 dicembre 2007.  

Ebbene, come autorevolmente evidenziato dalla Corte Costituzionale nella citata pronuncia del 2017, l'obiezione per cui la natura eccezionale della norma sulla responsabilità solidale del committente osterebbe ad una sua applicazione estensiva in favore di una platea di soggetti diversi dai dipendenti dell'appaltatore o subappaltatore (ai quali soltanto la norma stessa fa testuale riferimento), è agevolmente superabile dalla constatazione per cui l'eccezionalità della responsabilità del committente è tale rispetto alla disciplina ordinaria della responsabilità civile, ma non anche in relazione all'ambito lavorativo.

Ciò in quanto la ratio dell'introduzione della responsabilità solidale del committente, che è quella di evitare il rischio che i meccanismi di decentramento e di dissociazione fra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell'esecuzione del contratto commerciale, non giustifica una esclusione della predisposta garanzia nei confronti dei dipendenti posti nella simil condizione di quelli dell'appalto, atteso che la tutela del soggetto che assicura una attività lavorativa indiretta non può non estendersi a tutti i livelli del decentramento.

Ciò non solo in aderenza al precetto dell'art. 3 Cost, ma anche in relazione alla circostanza per cui, tanto più nei contratti atipici che comportano comunque una situazione di decentramento e dissociazione tra titolarità ed utilizzo prestazionale, l'esigenza di tutela dei dipendenti dell'impresa deriva dalla strutturale debolezza del loro datore di lavoro, configurandosi così un'ipotesi ancora più intensa e imprescindibile che non nel caso di un “normale” appalto.

Ecco che, allora, come correttamente evidenziato dalla Suprema Corte nella sentenza in commento, ciò che effettivamente rileva non è tanto l'esatta qualificazione del contratto, ma la necessità di verificare se vi sia stato un meccanismo di decentramento e di dissociazione fra la titolarità del contratto di lavoro e l'utilizzazione della prestazione lavorativa che possa giustificare una applicazione della garanzia di cui all'art. 29 D.lgs. n. 276/2003 citato.

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