Le novità in materia di elenco dei professionisti delegati

02 Gennaio 2025

Il presente contributo, con taglio pratico e operativo, analizza le modifiche introdotte dal Correttivo in tema di formazione e tenuta dell'elenco dei professionisti delegati alle operazioni di vendita nell'ambito delle espropriazioni: cosa cambia per gli operatori del settore?

Premessa

Tra le norme applicabili alle esecuzioni avviate dopo il 28 febbraio 2023 ed interessate dal Correttivo della riforma Cartabia (d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164) vi è pure l'art. 179-ter disp. att. c.p.c., che disciplina la formazione e la tenuta dell'elenco dei professionisti ai quali possono essere delegate le operazioni di vendita nell'ambito delle espropriazioni mobiliari e immobiliari. 

Le modifiche riguardano:

  • gli adempimenti per la presentazione della domanda di iscrizione e di mantenimento della stessa; 
  • l'impugnazione dei provvedimenti assunti dal comitato;
  • e le condizioni per l'affidamento dell'incarico a un professionista iscritto nell'elenco di un altro tribunale.

Il nuovo art. 179-ter disp. att. c.p.c.

Tra le disposizioni inerenti al processo esecutivo interessate dalla riforma di cui al d.lgs. n. 164/2024 rientra anche l'art. 179-ter disp. att. c.p.c.

La norma reca i criteri di formazione e di tenuta dell'elenco dei professionisti (avvocati, commercialisti e notai) ai quali possono essere delegate le operazioni di vendita ai sensi, rispettivamente, dell'art. 534-bis c.p.c. (nel caso di espropriazione avente per oggetto beni mobili iscritti in pubblici registri) e dell'art. 591-bis c.p.c. (nel caso di espropriazione immobiliare); tuttavia, per effetto della nuova formulazione dell'art. 559 c.p.c., è allo stesso elenco che il giudice dell'esecuzione deve attingere per nominare il custode giudiziario (quando l'incarico non venga affidato all'istituto vendite giudiziarie).

Fatta eccezione per l'esperto stimatore, dunque, tutti gli ausiliari del processo esecutivo debbono essere iscritti nell'elenco in questione, che è tenuto dal Presidente di ciascun tribunale ed è formato da un Comitato dallo stesso presieduto (o da un suo delegato), nonché composto da un giudice addetto alle esecuzioni immobiliari, da un rappresentante di ciascuna delle tre categorie professionali ai quali appartengono i professionisti delegabili, mentre la funzione di segretario è svolta da un cancelliere del tribunale.

Per accedere all'elenco, occorre presentare un'apposita domanda, attestando il possesso dei requisiti indicati dall'art. 179-ter disp. att. c.p.c.; da questo punto di vista, la riformulazione della norma a opera del d.lgs. n. 164/2024  ha consentito di renderla effettivamente operante, visto che la mancata emanazione del decreto ministeriale – che avrebbe dovuto definire gli obblighi di prima formazione per l'accesso all'elenco e quelli di formazione periodica ai fini del mantenimento dell'iscrizione, la modalità di verifica del loro effettivo assolvimento, nonché il contenuto e le modalità di presentazione delle domande – cui faceva riferimento il previgente art. 179-ter disp. att. c.p.c. ne aveva, di fatto, impedito la concreta vigenza e operatività.

Anche nella sua nuova versione, peraltro, la disposizione ha avuto bisogno di un intervento di carattere integrativo visto che, in alternativa al possesso del requisito esperienziale di cui alla lett. a) del comma 5 (avere svolto nel quinquennio precedente non meno di dieci incarichi di professionista delegato alle operazioni di vendita) o del titolo di avvocato specialista in diritto dell'esecuzione forzata (conseguito ai sensi del D.M. n. 144/2015), l'aspirante iscritto deve avere partecipato in modo proficuo a scuole o corsi di formazione appositamente organizzati secondo le linee guida dettate – con cadenza triennale – dalla Scuola superiore della magistratura, come previsto dall'art. 179-ter, comma 8 disp. att. c.p.c.: linee guida che, per quanto concerne i corsi di formazione diretti al conseguimento del requisito ai fini del primo popolamento dell'elenco, sono state emanate il 7 aprile 2023.

La modifica delle modalità di presentazione della domanda

I criteri per la formazione e la tenuta dell'elenco non sono cambiati: è rimasta immutata, infatti, la previsione per cui l'elenco è istituito presso ogni tribunale, è tenuto dal presidente ed è formato dal comitato di cui al comma 2.

Lo stesso è a dirsi per i requisiti di accesso all'elenco e di mantenimento dell'iscrizione, mentre è cambiata la modalità con cui va data evidenza dei dati che debbono accompagnare la domanda.

Il previgente comma 4, infatti, prescriveva che la stessa fosse corredata dal certificato generale del casellario giudiziario di data non anteriore a tre mesi dalla presentazione, dal certificato di nascita (o dalla dichiarazione sostitutiva di certificazione), dal certificato di residenza (o dalla dichiarazione sostitutiva di certificazione) da cui doveva risultare che la stessa era situata nel circondario del tribunale, dal certificato di iscrizione all'ordine professionale (o dalla dichiarazione sostitutiva di certificazione), nonché dai titoli e documenti idonei a dimostrare la specifica competenza tecnica del richiedente.

Ora, invece, è previsto che alla domanda debbano essere allegati soltanto questi ultimi, dal momento che gli ulteriori dati dovranno essere indicati al suo interno, a pena di inammissibilità, mediante dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'art. 46, d.P.R. n. 445/2000, allo scopo di semplificare gli adempimenti a carico degli aspiranti, in ossequio alla legislazione in materia di procedimento amministrativo.

I dati in questione sono:

  • data e luogo di nascita;
  • domicilio professionale situato nel circondario del tribunale (il riferimento al domicilio professionale, anziché alla residenza, ha consentito di superare le perplessità suscitate dalla precedente formulazione, che menzionava un criterio di collegamento – la residenza, per l'appunto – di per sé non così pertinente, se confrontato con quello del domicilio professionale, tant'è vero che si era andata consolidando l'interpretazione in base alla quale i due concetti dovevano essere considerati equipollenti, in applicazione di quanto disposto dall'art. 16, l. n. 526/1999, a mente del quale per i cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, ai fini dell'iscrizione o del mantenimento dell'iscrizione in albi, elenchi o registri, il domicilio professionale è equiparato alla residenza);
  • indirizzo di posta elettronica certificata risultante dai pubblici elenchi (dovendosi ragionevolmente trattare di quello comunicato all'ordine professionale di appartenenza e utilizzato, quindi, per la propria attività ordinaria, piuttosto che di quello eventualmente diverso attivato a scopi, per esempio, personali, quand'anche risultante da un pubblico elenco quale l'Indice Nazionale dei Domicili Digitali istituito ai sensi dell'art. 6-quater d.lgs. 82/2005);
  • l'assenza di condanne passate in giudicato o le condanne eventualmente riportate (dovendosi ritenere che la disposizione faccia riferimento a condanne penali, fermo restando che l'art. 179-ter, comma 3 disp. att. c.p.c. continua a prescrivere – quale condizione per l'iscrizione – anche la condotta morale specchiata del richiedente, per la verifica della quale, analogamente a quanto previsto dall'art. 17 disp. att. c.p.c. per la domanda di iscrizione all'albo dei consulenti tecnici d'ufficio, si possono chiedere ai competenti organi di polizia informazioni sulla condotta pubblica e privata dell'aspirante, onde verificare e valutare la sussistenza di situzioni che possono avere un rilievo sullo svolgimento delle attività rispetto alle quali l'iscrizione all'elenco è prodromica e funzionale);
  • l'iscrizione all'ordine professionale.

Come detto, sono rimasti invariati i requisiti che il richiedente l'iscrizione (o la conferma dell'iscrizione) deve alternativamente possedere.

Il requisito esperienziale si sostanzia nello svolgimento, nel quinquennio precedente, di almeno dieci incarichi di professionista delegato alle operazioni di vendita, senza che alcuna delega sia stata revocata in conseguenza del mancato rispetto dei termini o delle direttive stabilite dal giudice dell'esecuzione.

Facendosi riferimento all'incarico di professionista delegato, è evidente come il requisito in questione non possa essere speso da chi sia stato nominato (solamente) custode giudiziario e dovrà, di conseguenza, fare leva sui requisiti di carattere formativo, ai quali si accennerà in seguito.

Al di là della questione relativa all'individuazione dell'esatto arco temporale assunto a riferimento dalla norma (e, visto che non è specificato come calcolare il quinquennio, si è prevalentemente ritenuto di doverlo fare coincidere con i cinque anni antecedenti alla data della domanda), ci si è interrogati sul significato da attribuire al concetto di incarico svolto: a dispetto dell'espressione impiegata dal legislatore, si è preferito considerare anche quelli in corso di svolgimento al momento della presentazione della domanda e quelli che si sono arrestati prima del loro completamento (per estinzione o chiusura anticipata del processo esecutivo) purché, in entrambi i casi, sia stata svolta almeno una delle attività di carattere liquidatorio propriamente qualificanti l'incarico (per esempio, la pubblicazione del primo avviso di vendita).

In alternativa al requisito esperienziale, il richiedente deve:

  • essere in possesso del titolo di avvocato specialista in diritto dell'esecuzione forzata ai sensi del D.M. n. 144/2015, che difficilmente può essere stato conseguito allo stato attuale, visto che solo recentemente sono state emanate le linee guida per la definizione dei programmi degli apposti corsi di formazione (che prevedono una durata biennale e un monte ore non inferiore a 200);
  • avere seguito in modo proficuo e continuativo, superando la prova finale di esame, scuole o corsi di alta formazione organizzati dagli enti specificamente individuati, vale a dire dal Consiglio nazionale forense, dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e dal Consiglio nazionale del notariato, se del caso delegando gli ordini locali, ovvero dalle associazioni forensi specialistiche maggiormente rappresentative di cui all'art. 35, comma 1, lett. s), l. n. 247/2012, ovvero da università pubbliche o private, sulla scorta delle linee guida emanate dalla Scuola superiore della magistratura il 7 aprile 2023 (e da elaborare ovvero aggiornare con cadenza triennale). Tali linee guida hanno fissato in venti ore la durata minima dei corsi di formazione, nell'ambito dei quali debbono essere trattati i principi generali che governano la materia dell'espropriazione forzata in generale, la nozione di titolo esecutivo (giudiziale e stragiudiziale), le fasi (e la funzione) dell'espropriazione forzata, le opposizioni esecutive e, più in generale, le forme di difesa che l'ordinamento riconosce ai soggetti coinvolti dall'espropriazione immobiliare, i rapporti tra l'esecuzione forzata individuale e le procedure concorsuali, i profili di responsabilità derivanti dalla funzione svolta. Secondo quanto specificato dalle linee guida, le lezioni frontali vanno accompagnate da adeguati spazi di discussione sui temi trattati e da attività laboratoriali, nelle quali un tema formativo viene trattato da un gruppo di lavoro ristretto sotto la direzione di un esperto formatore. Anche per quanto riguarda i docenti, le linee guida si preoccupano di individuare i requisiti che gli stessi debbono possedere, sia che si tratti di docenti universitari, sia che si tratti di magistrati o professionisti.

Va rammentato che la domanda di iscrizione all'elenco sconta l'imposta di bollo di € 16,00 e che, una volta deliberata l'ammissione, il professionista iscritto è tenuto a versare la tassa di concessione governativa di € 168,00, come confermato – a seguito di risposta a interpello resa dall'Agenzia delle Entrate – dal Dipartimento generale degli affari interni del Ministero della giustizia con circolare n. 3294 prot. del 24 novembre 2023.

La domanda di conferma dell'iscrizione nell'elenco dev'essere inviata al Presidente del tribunale ogni tre anni: il Correttivo non ha chiarito se questo termine debba essere inteso come mobile (nel senso che, per ogni professionista, il triennio di validità della rispettiva iscrizione decorre dalla data del suo formale inserimento nell'elenco a seguito della delibera assunta dal Comitato) o riferito alla data di formazione dell'elenco (a prescindere, dunque, da quella in cui è avvenuto l'inserimento di ciascun professionista) o della sua revisione (cui il Comitato deve procedere con cadenza triennale, ai sensi del comma 9 dell'art. 179-ter disp. att. c.p.c.).

In modo piuttosto singolare, peraltro, la norma di cui al riformato comma 6 si limita a richiamare, quanto ai dati per i quali bisogna inserire nella domanda la dichiarazione sostitutiva, l'indirizzo di posta elettronica certificata e l'assenza di condanne passate in giudicato o le condanne eventualmente riportate; non si comprende, tuttavia, per quale ragione non occorra indicare, al di là della data e del luogo di nascita (che non possono chiaramente essere mutati), anche il domicilio professionale (che, invece, potrebbe essere nel frattempo cambiato ed essere addirittura stato spostato al di fuori del circondario del tribunale, circostanza che farebbe venire meno uno dei requisiti per la conferma dell'iscrizione) e l'iscrizione all'ordine professionale (che potrebbe nel frattempo essere venuta meno).

Anche per quanto riguarda la conferma dell'iscrizione, vanno allegati alla domanda i titoli e i documenti idonei a dimostrare il mantenimento della specifica competenza tecnica, fermo restando che non si potrà ricorrere al requisito esperienziale (ammesso, invece, per la domanda di prima iscrizione), dal momento che il richiedente, in via alternativa, dovrà:

  • essere in possesso del titolo di avvocato specialista (sicché deve ritenersi che chi lo possedesse già all'atto della prima iscrizione debba semplicemente attestarne il mantenimento);
  • avere conseguito un numero di crediti non inferiore a 60 nel triennio di riferimento e, comunque, a 15 per ciascuno dei tre anni, attraverso la partecipazione a scuole o corsi di alta formazione organizzati dagli stessi enti ai quali è demandata l'organizzazione di quelli di accesso all'elenco e con le medesime modalità, ossia rispettando le linee guida elaborate con cadenza triennale dalla Scuola superiore della magistratura (fermo restando che quelle emanate il 7 aprile 2023 fanno riferimento solo ed esclusivamente ai corsi di prima formazione).

Il nuovo regime di impugnazione dei provvedimenti del Comitato

Un'ulteriore modifica è stata apportata dal legislatore all'art. 179-ter, comma 9 disp. att. c.p.c., essendo stato precisato che, contro i provvedimenti del Comitato (competente a deliberare sulle domande di iscrizione e di conferma dell'iscrizione, nonché a espungere dall'elenco i professionisti per i quali è venuto meno o non è stato dimostrato uno dei requisiti previsti per il mantenimento dell'iscrizione o è sorto un impedimento all'esercizio dell'ufficio), è ammesso reclamo, da proporre entro quindici giorni dalla notificazione al Comitato previsto dall'art. 5 disp. att. c.p.c., ossia da quello costituito dal Presidente della Corte d'appello (che lo presiede), dal procuratore generale della Repubblica e dal Presidente della sezione della Corte funzionante come magistratura del lavoro.

Non mancano, peraltro, dubbi e perplessità sull'applicabilità della norma richiamata, che deve ritenersi abrogata a seguito della soppressione dell'ordinamento corporativo.

Per quanto la disposizione contenuta nel successivo comma 10 – riguardante i provvedimenti assunti dal Comitato in materia di sospensione (fino a un anno) e di cancellazione dall'elenco (nei casi di gravi e reiterati inadempimenti) del professionista cui sia stata revocata, in una o più procedure esecutive, la delega in conseguenza del mancato rispetto dei termini per le attività delegate, delle direttive stabilite dal giudice dell'esecuzione o degli obblighi derivanti dagli incarichi ricevuti – non riporti analoga previsione in merito al regime di impugnabilità o un richiamo, a tale proposito, al precedente comma 9, è ragionevole ritenere che anche tali provvedimenti siano assoggettati al reclamo negli stessi termini ivi previsti.

La riduzione dei limiti alla nomina di professionisti delegati esterni

L'ultima modifica dell'art. 179-ter disp. att. c.p.c. riguarda il comma 12, il quale, nella sua primigenia formulazione, stabiliva che il giudice dell'esecuzione che avesse conferito la delega delle operazioni di vendita a un professionista iscritto nell'elenco di un altro circondario doveva motivare la propria decisione, indicando analiticamente nel provvedimento i motivi della scelta.

Il legislatore, recependo e rendendo applicabile a regime la modifica introdotta in via temporanea dall'art. 13, comma 7-bis, d.l. n. 75/2023, convertito, con modificazioni, in l. n. 112/2023, ha, da un lato, confermato la possibilità per il giudice dell'esecuzione di nominare un professionista delegato che sia iscritto nell'elenco di altro circondario (purché compreso nel medesimo distretto di corte d'appello e fermo restando che, a termini del comma 11 dell'art. 179-ter disp. att. c.p.c., nessun professionista può essere iscritto in più di un elenco) e, dall'altro lato, ha eliminato l'obbligo di specifica motivazione.

In questo senso, sono state accolte le richieste di chi aveva espresso dubbi sulla limitazione territoriale inizialmente introdotta dall'art. 179-ter disp. att. c.p.c., ravvisandone il contrasto con la libertà di stabilimento del professionista affermata in maniera solenne dal diritto comunitario e osservando che finiva per mortificare le specifiche competenze del professionista delegato – che vedeva ristretto il proprio ambito di attività al solo tribunale di appartenenza – anche rispetto ad altre figure professionali affini (quali quelle dei professionisti nominati nelle procedure concorsuali o nelle procedure di sovraindebitamento).

La modifica si pone, tra l'altro, l'obiettivo di salvaguardare le imprescindibili esigenze di trasparenza nelle vendite giudiziarie, soprattutto negli uffici giudiziari più piccoli (considerato l'elevato livello di specializzazione richiesto ai professionisti, che potrebbe disincentivare l'iscrizione all'elenco, assottigliando oltremisura il novero dei soggetti delegabili), per i quali, onde evitare opacità, turbative e interferenze con l'attività di vendita, anche sotto il profilo della turnazione degli incarichi, può essere senz'altro utile ricorrere alla nomina di un professionista esterno al circondario.

Pur comprendendosi le motivazioni che hanno indotto ad ampliare il novero dei professionisti delegabili, estendendolo a quelli iscritti nell'elenco di un altro tribunale, riesce più difficile giustificare la necessità di eliminare l'obbligo di motivazione, soprattutto se si considera che essa continua, invece, a essere richiesta quando il giudice (del processo di cognizione) decida di conferire un incarico a un consulente iscritto nell'albo di un altro tribunale (non essendo stato modificato l'art. 22, comma 2 disp. att. c.p.c.).

Sebbene, peraltro, la lettera della norma faccia propriamente riferimento alle operazioni di vendita, non può escludersi che anche l'incarico di custode giudiziario possa essere conferito a un soggetto iscritto all'albo di un diverso tribunale, visto che – salvo il caso in cui la nomina ricada sull'istituto vendite giudiziarie – anche tale ausiliario dev'essere scelto tra i professionisti inseriti nell'elenco di cui all'art. 179-ter disp. att. c.p.c. (giusta quanto stabilito dal nuovo art. 559 c.p.c.).

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