Crisi d'impresa
IlFallimentarista

L’esdebitazione tra l. n. 3/2012, codice della crisi e direttiva insolvency

La Redazione
15 Gennaio 2025

Il Tribunale di Firenze chiarisce quale disciplina sia applicabile ad una domanda di esdebitazione depositata dopo l’entrata in vigore del c.c.i.i. ma conseguente ad una procedura di liquidazione del patrimonio ex art. 14-ter l. n. 3/2012. Il riconoscimento ai creditori di percentuali di soddisfo particolarmente esigue viene valutato, ai fini della esdebitazione, facendo applicazione dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità e dalla direttiva insolvency.

Il Tribunale di Firenze è chiamato a valutare una domanda di esdebitazione depositata, nel luglio 2024, da una debitrice a seguito della chiusura della relativa procedura di liquidazione del patrimonio ex art. 14-ter l. n. 3/2012.

La pronuncia si sofferma su due questioni fondamentali:

La normativa applicabile alla esdebitazione richiesta nella vigenza del codice della crisi ma conseguente ad una procedura svoltasi sotto la l. n. 3/2012

Il tribunale prende le mosse dalla norma di diritto intertemporale dettata dal codice della crisi, l'art. 390 c.c.i.i., che mantiene sotto la disciplina previgente, tra le altre, «le procedure aperte a seguito della definizione dei ricorsi e delle domande» di cui al comma 1.

Secondo il tribunale,  «La locuzione “a seguito della definizione” va, infatti, interpretata ai sensi dell'art 12 delle preleggi “nel senso fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse” : rientrano, quindi, in tale concetto prima di tutto tutte quelle procedure che si aprono, a livello temporale, successivamente o in contestualità con la chiusura di altre, ma anche quelle procedure che trovano nella chiusura o comunque nella definizione di una precedente procedura il loro antecedente logico giuridico».

Atteso che «il procedimento di esdebitazione ex art. 14-terdecies l. 3/2012, per come strutturato ante riforma, era collegato inscindibilmente alla chiusura della procedura di liquidazione dei beni sia temporalmente (…) sia sotto il profilo sostanziale (…)», la fattispecie concreta oggetto di esame va decisa, secondo il tribunale, applicando le norme di cui all'art. 14-terdecies l. n. 3/2012.

Il requisito della soddisfazione “almeno in parte” dei crediti è rispettato anche in presenza di percentuali particolarmente esigue?

Quanto al requisito di cui alla lett. f) del comma 1 dell'art. 14-terdecies l. n. 3/2012 («che siano stati soddisfatti, almeno in parte, i crediti per titolo e causa anteriore al decreto di apertura della liquidazione») Tribunale richiama, in primo luogo, i principi espressi dalle Sezioni Unite (Cass., sez. un., n. 24214/2011) che hanno chiarito che la condizione del soddisfacimento almeno parziale dei creditori concorsuali, deve intendersi realizzata anche quando taluni di essi non siano stati pagati affatto, essendo, invero, sufficiente che, con i riparti, almeno per una parte dei debiti esistenti, oggettivamente intesi, sia consentita al giudice del merito, secondo il suo prudente apprezzamento, una valutazione comparativa di tale consistenza rispetto a quanto complessivamente dovuto.

Nel caso di specie, percentuali di soddisfo particolarmente esigue impongono di stabilire, anche alla luce dei principi espressi dalle SS.UU., se esse risultino comunque adeguate al fine di ritenere soddisfatto il requisito di cui alla citata lett. f).

Svolto un excursus sugli sviluppi dell'istituto ed evidenziato come esso abbia mutato configurazione e struttura nel passaggio dalla l. n. 3/2012 (ove la misura del soddisfacimento riservato ai creditori assumeva una sua rilevanza) al d.lgs. n. 14/2019 (improntato ad un più accentuato “favor debitoris”), il Tribunale giunge a ricordare che è norma di diritto vigente nel nostro ordinamento anche la direttiva insolvency (UE) 2019-2023, che – con particolare riferimento al considerando n. 21, citato nella pronuncia – mira a ridurre al minimo le condizioni ed i termini di accesso all'esdebitazione.

Il Tribunale afferma dunque quanto segue:

«È, dunque, alla luce del principio del favor debitoris immanente nell'ordinamento sia nazionale che sovranazionale che va interpretata la disciplina vigente quanto al requisito vigente della misura del soddisfacimento dei creditori ai fini dell'accesso all'esdebitazione. Ne consegue, pertanto, che un soddisfacimento minimo dei creditori non può più essere valutato in senso negativo, come indice di una gestione degli affari del tutto inidonea a far fronte alle esigenze del ceto creditorio, e di una liquidazione del tutto insufficiente a soddisfare tali obbligazioni in misura significativa, ma deve essere valorizzato come elemento positivo di cooperazione del debitore al soddisfacimento delle sue obbligazioni, sia pur minimo».

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