L’intervento del terzo nel processo del lavoro: differimento dell’udienza e relative comunicazioni
21 Gennaio 2025
Massima Il termine di cinque giorni, previsto dall'art. 419 c.p.c., nel testo risultante dopo la sentenza della Corte cost., 29 giugno 1983, n. 193, per la notifica, in seguito all'intervento volontario del terzo, del provvedimento di fissazione di udienza e della memoria dell'interveniente, ha natura ordinatoria e non perentoria. Il caso Un dirigente di settore del ruolo dell'Avvocatura regionale, con ricorso al Tribunale, chiedeva dichiararsi l'illegittimità della deliberazione di Giunta regionale con la quale il medesimo incarico era stato conferito ad altro soggetto, e statuirsi l'obbligo per la medesima Regione di rinnovare la procedura selettiva, con condanna al risarcimento del danno. Si costituivano in giudizio il conferitario dell'incarico e la Regione, e altro partecipante alla procedura selettiva spiegava intervento adesivo autonomo, avanzando le medesime richieste del conferitario, e riservando in separata sede azione risarcitoria. Il Tribunale, previa declaratoria di ammissibilità dell'intervento, accoglieva il ricorso dichiarando l'illegittimità della procedura. La Corte d'appello confermava la pronuncia. Il conferitario dell'incarico ricorreva in Cassazione e, con il secondo motivo, lamentava la violazione e falsa applicazione degli artt. 153, 415, 419, 420 e 421 c.p.c. e 24 Cost., in quanto la Corte territoriale non aveva considerato che il termine di giorni cinque, fissato dal Tribunale, per la notifica del decreto e della memoria di intervento, andava qualificato come perentorio. La questione L'art. 419 c.p.c. individua tipologie, termini e modalità dell'intervento volontario di soggetti terzi rispetto alle parti del giudizio di lavoro prescrivendo che, salvo che sia effettuato in adempimento di un ordine di integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 102 c.p.c., lo stesso non possa avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, «con le modalità previste dagli articoli 414 e 416 in quanto applicabili». L'espresso rinvio all'art. 105 c.p.c., in seno alla norma, rende astrattamente estensibile al processo del lavoro la tradizionale tripartizione tipologica di interventi volontari, segnatamente principale, adesivo autonomo e adesivo dipendente. La norma, inoltre, pone una barriera preclusiva al dispiegamento dell'intervento, rappresentata dal termine stabilito per la costituzione del convenuto, vale a dire non oltre dieci giorni prima dell'udienza di discussione della causa ex art. 420 c.p.c., sintomo di sfavore del legislatore nei confronti delle complicazioni procedimentali che possano ostacolare la celere definizione delle questioni devolute al giudice del lavoro. Ciò diversamente dal rito ordinario di cognizione nel quale, per effetto dell'art. 268 c.p.c., come rimaneggiato dal d.lgs. n. 149/2022, l'intervento è proponibile sino al momento in cui il giudice fissa l'udienza di rimessione della causa in decisione. Per effetto di risalente pronuncia della Corte costituzionale (Corte cost, 29 giugno 1983, n. 193), la disposizione è stata dichiarata illegittima nella parte in cui, ove un terzo spieghi intervento volontario, essa non attribuisce al giudice il potere dovere di fissare, nel rispetto del termine a difesa di cui all'art. 415, comma 5 c.p.c., una nuova udienza, con facoltà delle parti originarie di depositare memoria difensiva non meno di dieci giorni prima di tale udienza e di disporre che a tali parti siano notificati il provvedimento di fissazione di udienza e la memoria dell'interveniente e, a quest'ultimo, il provvedimento di fissazione della nuova udienza. Ciò, secondo la Corte, trova fondamento nell'esigenza di offrire alle parti originarie garanzie analoghe a quelle predisposte dall'art. 420, comma 9 c.p.c. - per il caso di ingresso di un terzo nel processo per effetto di ordine di integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c. o chiamata per iniziativa di parte o iussu iudicis ex artt. 106 e 107 c.p.c. – nel caso di intervento volontario nel processo, indipendentemente dalla natura principale, autonoma o adesiva dello stesso. Occorre, dunque, attivare l'articolato meccanismo previsto dall'art. 420, comma 9 c.p.c., al fine di porre in condizioni le parti originarie, attraverso il differimento dell'udienza e la comunicazione dell'atto di intervento, di spiegare efficaci difese. In caso di omissione di tali adempimenti, le parti originarie, nel cui interesse gli stessi sono disposti, dovranno, a norma dell'art. 157 c.p.c., far valere la nullità derivante dalla mancata fissazione della nuova udienza nella prima difesa successiva al fatto o alla notizia di esso (Cass. civ., sez. lav., 4 ottobre 2004, n. 19834). Le soluzioni giuridiche In merito al termine di cinque giorni, decorrenti dal provvedimento giudiziale di fissazione di nuova udienza a seguito dell'intervento, per la notificazione alle parti originarie del provvedimento e della memoria dell'interveniente, oggetto del secondo motivo di ricorso, la Corte ne afferma la natura ordinatoria, in analogia con quanto individuato «in ipotesi similari», con particolare riferimento al termine di dieci giorni per la notifica del ricorso introduttivo del giudizio e del decreto di fissazione dell'udienza, ex art. 415, comma 4 c.p.c., avente pacificamente natura ordinatoria (Cass. civ., sez. lav., 7 maggio 2015, n. 9222). La Corte, a supporto della natura ordinatoria del termine, evoca il principio giurisprudenziale secondo cui l'inosservanza dell'art. 420, commi 9 e 11 c.p.c., «che prescrive al cancelliere o alla parte più diligente di notificare al terzo chiamato in causa il ricorso introduttivo, la costituzione del convenuto e l'ordine giudiziale di chiamata», non comporterebbe alcuna nullità, ma solo l'obbligo del giudice di fissare un nuovo termine per il compimento degli atti omessi (Cass. civ., sez. lav., 8 agosto 2000, n. 10456). Conclude, dunque, nel senso che il termine di cinque giorni previsto dall'art. 419 c.p.c., nel testo risultante dopo la sentenza additiva Corte cost. 29 giugno 1983, n. 193, per la notifica, in seguito all'intervento volontario del terzo, del provvedimento di fissazione di udienza e della memoria dell'interveniente, avrebbe natura ordinatoria e non perentoria. Osservazioni L'affermazione, nella pronuncia in commento, circa la natura ordinatoria e non perentoria del termine di cinque giorni, per l'attivazione, tramite notifica alle parti originarie dell'intervento e del decreto di differimento dell'udienza, del meccanismo finalizzato alla tutela del contraddittorio di tali parti, si fonda sull'individuazione della natura di termine processuale a carico di una parte o, quantomeno, sulla natura ambivalente di tale termine, della cui osservanza può essere onerata la cancelleria o la parte più diligente. La disciplina dei termini di cui agli artt. 152-154 c.p.c. e degli effetti della relativa qualificazione, in termini di prorogabilità dei medesimi e conseguenze della loro inosservanza, è limitata ai termini a carico delle parti processuali e non a quelli per il compimento di attività di amministrazione del processo da parte della cancelleria, la cui inosservanza non può certo dare luogo a conseguenze a carico delle parti del processo. Ebbene, l'assunto secondo cui il termine di cinque giorni di cui all'art. 419 c.p.c. (come risultante dalla pronuncia costituzionale additiva), sia un termine a carico della parte (o eventualmente a carico della parte) e non un termine appannaggio della cancelleria, desta perplessità. Va, difatti, rammentato che la Corte cost. 29 giugno 1983, n. 193 ha provveduto all'estensione, alla fattispecie di intervento volontario, della disciplina positiva prevista dall'art. 420, comma 9 c.p.c. per la chiamata del terzo su istanza di parte o ordine giudiziale. La norma appare, tuttavia, sistematicamente collocata nell'ambito di un articolo il cui comma 11 prevede che «a tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti provvede l'ufficio». Nulla impedisce al giudice, nell'esercizio del potere regolatorio del processo, di porre a carico delle parti un termine previsto per la cancelleria, anche al fine di sollevare l'ufficio da gravosi incombenti, dovendosi tuttavia precisare che, laddove ciò avvenga, va escluso che l'inosservanza dell'adempimento a cura delle parti possa dar luogo a conseguenze processuali a carico delle stesse, trattandosi di termine per la cancelleria, naturalmente sprovvisto di sanzioni processuali, oggetto di «traslazione» in capo alla parte diligente. |