Responsabilità civile
RIDARE

Responsabilità medica: errore in iure commesso sulla prova controfattuale e motivazione apparente

La Redazione
04 Febbraio 2025

Gli eredi di Tizio avevano convenuto in giudizio l'Azienda Sanitaria Provinciale – odierna controricorrente – per chiedere il risarcimento danni subiti per il decesso del loro congiunto avvenuto dopo più di cinque ore di attesa presso il pronto soccorso (era stato inquadrato come codice verde) a causa della disseccazione della aorta non diagnosticata né contrastata. Lamentavano in particolare la violazione dell'art. 2043 c.c. rilevante ex art. 360 commi 1 e 3 c.p.c. e dei precetti sugli oneri probatori ex art. 2697 c.c.

I Supremi Giudici accogliendo il ricorso in relazione all'ottavo motivo - assorbiti i restanti -, sottolineano che le statuizioni della Corte territoriale si traducono nel caso specifico «oltre che nell'errore in iure commesso in ordine alla prova controfattuale posta in contrasto con le acquisite risultanze peritali, in un ulteriore vizio della sentenza, in quanto fondata su una motivazione apparente e perplessa».

Nel caso di specie infatti il trattamento chirurgico complesso ma avente una rilevante probabilità di riuscita, «con sopravvivenza del 75% dei pazienti sottoposti, secondo i CTU entro le prime 24 ore, avrebbe dovuto condurre il giudice d'appello a chiedersi se, anziché mantenere il ricoverato in attesa per circa cinque ore e venti (dal momento del suo ingresso al pronto soccorso al momento dell'aggravamento irreversibile), nonostante la pertinenza del dolore toracico da quegli accusato, la struttura sanitaria ove avesse tempestivamente indagato le cause dei sintomi del paziente, accertando la sussistenza della dissezione aortica in atto, il problema della mancanza dei mezzi per l'eventuale trattamento chirurgico, ove pure esistente, sarebbe stato o meno superabile con il tempestivo trasferimento del paziente nel lasso di tempo considerato».

La stessa Corte d'appello aveva evidenziato che per quanto ritenuto dai CTU d'ufficio, «raggiungendo X in elisoccorso “era possibile più probabile che non” scongiurare il decesso mediante l'esecuzione dell'intervento chirurgico» e ancora che «la prova controfattuale dell'esistenza del nesso di causalità tra omessa diagnosi e danno subito (o meglio aggravamento catastrofale del danno alla salute già esistente) non può dirsi raggiunta con la necessaria soglia di probabilità richiesta».

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