Il danno non patrimoniale nella nuova Direttiva europea sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi («PLD»)
05 Febbraio 2025
Premessa Cambia, dopo quarant'anni, il quadro giuridico europeo che regola la responsabilità per danno da prodotti difettosi. La “storica” direttiva 85/374/CEE ha rappresentato uno strumento efficace e importante ma, con il passare del tempo, ha iniziato a esibire le prime rughe, quanto a dire limiti e difficoltà a far fronte a nuovi fenomeni sociali: primi tra tutti, gli sviluppi legati alle nuove tecnologie, compresa l'intelligenza artificiale (IA), i nuovi modelli imprenditoriali dell'economia circolare, le nuove catene di approvvigionamento globali. Tutte le novità sopravvenute sono state, in questi ultimi anni, fonti di incoerenze e di incertezza giuridica, specialmente in relazione al significato del termine «prodotto». Principale punto nevralgico del vecchio quadro giuridico le domande di risarcimento del danno in relazione alle nuove tecnologie: in questo “limbo”, l'applicazione della direttiva 85/374/CEE ha dimostrato che per il danneggiato è difficile ottenere il risarcimento del danno, soprattutto a causa della difficoltà di raccogliere elementi di prova per dimostrare la responsabilità, tenuto conto della crescente complessità tecnica e scientifica. Cambia, quindi, la Direttiva perché, frattanto, è invero cambiata la società tutta. Contesto: il pacchetto di Direttive per reagire alla nuova era digitale Il 28 settembre 2022, la Commissione europea ha adottato due proposte di Direttiva intese ad adeguare le norme in materia di responsabilità del produttore all'era digitale, all'economia circolare e all'impatto delle nuove tecnologie. In primo luogo, ha proposto di ammodernare le norme vigenti in materia di responsabilità oggettiva dei fabbricanti per prodotti difettosi (dalle tecnologie intelligenti ai prodotti farmaceutici). In secondo luogo, ha proposto, per la prima volta, un'armonizzazione mirata delle norme nazionali in materia di responsabilità per l'intelligenza artificiale (IA), agevolando l'ottenimento di risarcimenti da parte di chi ha subito danni connessi all'utilizzo di sistemi di IA. Si tratta delle seguenti proposte:
Il negoziato sulla proposta AILD è ancora in corso. Il negoziato sulla PLD si è concluso con successo e la proposta è Legge dell'Unione: Direttiva (UE) 2024/2853 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2024, sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi, che abroga la direttiva 85/374/CEE del Consiglio. Gli obiettivi presi di mira dalla “PLD” sono i seguenti:
La PLD dovrà essere trasposta dagli Stati Membri entro il 9 dicembre 2026. Il regime del risarcimento del danno Il quadro giuridico UE vigente – ossia la Direttiva 85/374/CEE – regola il risarcimento del danno non patrimoniale con l'art. 9 che racchiude un regime di ampio respiro: sulla base dello strumento normativo UE sono risarcibili il danno da morte, il danno da lesioni personali e restano ferme le disposizioni nazionali relative ai “danni morali” (non-material damage, secondo la versione inglese). Nel contesto di riferimento (siamo negli anni '80) questa normativa non poneva particolari problemi atteso che, almeno quanto all'ordinamento italiano, la genesi del danno non patrimoniale, come inteso oggi, era ancora nella fase embrionale e si apprestava ad intraprendere un lungo cammino che avrebbe portato a una modifica del diritto positivo e a un vero e proprio movimento sismico della giurisprudenza. Tutto diverso con il negoziato aperto nel 2022 su uno sfondo profondamente mutato quanto alla «cultura del danno non patrimoniale», elemento tuttavia estremamente rilevante per raggiungere una parte importante degli obiettivi della Direttiva: garantire regole certe nel mercato unico europeo a favore delle imprese, danni inclusi. La scelta politica del Legislatore europeo è, infatti, quella di attivare l'art. 114 TFUE (ex art. 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, ex art. 100 del Trattato che istituisce la Comunità economica europea) con l'obiettivo di «armonizzare le norme nazionali per promuovere la libera circolazione delle merci, creando così condizioni di parità per le imprese nel mercato interno e di garantire la protezione dei consumatori». Su questa linea, la nuova Direttiva - Direttiva (UE) 2024/2853 - si “spinge” oltre quanto al tasso di armonizzazione e include norme di dettaglio anche riguardo al risarcimento del danno. Bene precisare che «ciò che non sta nella Direttiva non è coperto dalla Direttiva»: il livello di ambizione nell'armonizzazione è, infatti, elevato, come conferma la norma generale di cui all'art. 3 («Salvo altrimenti disposto dalla presente direttiva, gli Stati membri non mantengono o adottano nel loro diritto nazionale disposizioni divergenti da quelle stabilite dalla presente direttiva, incluse disposizioni più rigorose o meno rigorose, per garantire ai consumatori e ad altre persone fisiche un livello di tutela diverso»). Il regime giuridico che ospita le regole armonizzate per il risarcimento del danno sono contenute negli artt. 5 e 6 della Direttiva, rispettivamente rubricati «Diritto al risarcimento» (art. 5) e «Danno» (art. 6). La norma di cui all'art. 5 riconosce la situazione giuridica soggettiva oggetto di tutela («il diritto al risarcimento») e il legittimato attivo a richiedere il ristoro; l'art. 6 enuclea i danni risarcibili. Con riferimento alla prima disposizione, la normativa UE prevede che gli Stati Membri debbano provvedere «affinché la persona fisica che ha subito un danno cagionato da un prodotto difettoso (“danneggiato”) abbia diritto al risarcimento in conformità della direttiva». Il diritto al risarcimento può essere richiesto anche da:
La PLD, pertanto, si applica solo alle “persone fisiche” e non anche alle persone giuridiche (n.b. la AILD, invece, si applica anche gli enti). L'art. 6 si concentra sui tipi di danni. Si tratta di una disposizione estremamente importante perché, come detto, il livello ambizioso di armonizzazione fa sì che solo le voci di danno incluse nell'art. 6 possano essere risarcibili. I danni risarcibili La PLD tipizza le voci di danno risarcibile. Una prima voce di posta risarcitoria ammessa dallo strumento è il danno patrimoniale, sub specie di danneggiamento o distruzione di qualsiasi bene oppure distruzione o corruzione di dati (non usati ai fini professionali). L'art. 6 legittima, poi, la pretesa risarcitoria anche per i danni non patrimoniali. In questo caso, tuttavia, il danno risarcibile è identificato nelle sole ipotesi della morte e delle lesioni personali, «compresi i danni psicologici riconosciuti da un punto di vista medico» (art. 6, par. 1). Per vero, l'art. 6, par. 2 prevede che «il diritto al risarcimento possa coprire anche "le perdite immateriali derivanti dal danno di cui al paragrafo 1 del presente articolo, nella misura in cui possono essere risarcite in base al diritto nazionale"»: questa disposizione, insomma, ammette il risarcimento anche di tutti i danni non patrimoniali, purché «derivanti dal paragrafo 1». Ciò vuol dire che l'architettura dell'art. 6 prevede che, in ogni caso, il danno non patrimoniale possa essere risarcito solo se accompagnato dall'evento “morte” o “lesioni”. Resta escluso, quindi, il danno non patrimoniale “scollegato” da un evento lesivo biologico o dalla morte, come, ad esempio, le mere sofferenze psicologiche subite dalla vittima dal fatto illecito (danno morale). In altri termini, la Direttiva non può essere utilizzata come strumento per risarcire pregiudizi non correlati alla salute o al bene della vita ad onta dei sistemi giuridici, come quello italiano, che ammettono la liquidazione del «danno non patrimoniale, anche se non correlato a un danneggiamento della salute (…) purché l'illecito vada a ledere diritti garantiti dalla Costituzione» (ex multis, Cass. civ., sez. III, 27 marzo 2018, n. 7513). Proprio per non “spezzare” i sistemi risarcitori nazionali, quanto alla protezione delle vittime di danni non patrimoniale, la Direttiva prevede, tuttavia, un'ancora di salvataggio. Si tratta di una addenda non prevista dalla proposta originaria della Commissione ed inserita a seguito dello svolgimento dei negoziati, su particolare “spinta” di quegli Stati Membri (come l'Italia) che volevano evitare rischi di tutela minorata quanto alle possibili voci di danno risarcibili a livello nazionale. Il Considerando n. 24, pertanto, espressamente “apre” alla tutela per via nazionale: «la presente direttiva non dovrebbe pregiudicare il diritto al risarcimento di qualsiasi danno, anche immateriale, nell'ambito di altri regimi di responsabilità». Ciò si riflette nell'art. 6, par. 3 della Direttiva: «il presente articolo fa salva la legislazione nazionale relativa al risarcimento dei danni a titolo di altri regimi di responsabilità». Il doppio binario Il sistema delineato dalla Direttiva, in tema di risarcimento dei danni non patrimoniali, prevede, dunque, il regime del cd. doppio binario: il danneggiato ha titolo per esercitare, congiuntamente e in regime di cumulo, sia l’azione europea per i danni coperti dalla Direttiva sia l’azione prevista dal diritto italiano per i danni non coperti dalla Direttiva. Quindi, un’eventuale fattispecie illecita plurioffensiva consentirà al danneggiato di proporre domanda giudiziale ex artt. 5 e 6 PLD (come recepiti dal Legislatore) e domanda giudiziale – ad esempio – ex artt. 2043, 2059 c.c. Ben vero che le due azioni possono seguire regimi di responsabilità diversi ma, nell’ipotesi del cumulo processuale, la trattazione congiunta e promiscua scema i rischi di problemi in concreto per l’autorità giudiziaria o il danneggiato. Conclusioni La nuova Direttiva europea ripropone, ai tempi dell’era digitale, il difficile equilibrio tra due interessi significativi in gioco, entrambi rilevanti per il mercato unico europeo: da un lato, la protezione delle vittime mediante sistemi risarcitori adeguati e, dall’altro, la previsione di standard economici chiari e univoci per le imprese. Con il nuovo strumento si fa avanti una nuova densa stagione di armonizzazione che lascia sempre meno discrezionalità ai livelli nazionali puntando a regole uniformi in tutto lo spazio europeo. Il “balzo” in avanti del Legislatore europeo si registra, in particolare, là dove viene, oramai, infranto il dogma della intangibilità dei diritti sostanziali nazionali, vuoi che si tratti di diritto civile, vuoi che si tratti di diritto penale. A questo corrisponde anche un utilizzo sempre più innovativo delle basi giuridiche previste dai Trattati, mediante interpretazioni estensive, spesso in bilico tra principio di sussidiarietà e principio di proporzionalità. Ciò che è certo è i giudici e gli avvocati nazionali sono sempre più, ormai, innanzitutto, giudici e avvocati “europei”. |