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La Corte costituzionale sulla legittimità della procedibilità d’ufficio del sequestro di persona in danno del coniuge

20 Febbraio 2025

Sono state sollevate questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 76 Cost., del comma sesto dell'art. 605 c.p. introdotto dalla c.d. Riforma Cartabia nella parte in cui non prevede la procedibilità a querela quando il sequestro di persona è commesso in danno del coniuge ovvero, in via subordinata, del coniuge non più convivente.

Massima

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 605, comma 6, c.p., aggiunto dall'art. 2, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 150/2022 (c.d. Riforma Cartabia, attuativa della legge delega n. 134/2021) sollevate in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione.

Il caso

Il Giudice per le indagini preliminari (G.i.p.) del Tribunale di Grosseto era chiamato a decidere, in giudizio abbreviato, della responsabilità dell'imputato per sequestro di persona aggravato, ai sensi dell'art. 605, comma 2, n. 1), c.p., perché commesso in danno del coniuge, nonché di altri delitti commessi con violenza sulla persona.

In particolare, l'imputato aveva, secondo l'accusa, aspettato la moglie (dalla quale era separato di fatto da alcuni mesi) fuori dall'abitazione del nuovo compagno della donna. L'imputato li aveva quindi minacciati con una pistola, costringendoli ad entrare in casa e - dopo aver chiuso la porta dell'abitazione - li aveva minacciati di morte e colpiti al capo con un casco. Dopo qualche minuto, la donna aveva convinto il coniuge a desistere e liberarli.

Nel corso del giudizio le persone offese avevano rimesso le querele presentate nei confronti dell'imputato, avendo questi risarcito i danni cagionati dalla propria condotta.

Il G.i.p., sul presupposto che l'ipotizzato sequestro di persona in danno del coniuge è reato procedibile d'ufficio ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 76 Cost., del comma sesto dell'art. 605 c.p. introdotto dalla c.d. Riforma Cartabia nella parte in cui non prevede la procedibilità a querela quando il sequestro di persona è commesso in danno del coniuge ovvero, in via subordinata, del coniuge non più convivente.

La questione

Secondo il G.i.p. la scelta del legislatore di conservare la procedibilità d'ufficio nel caso in cui ricorra l'aggravante prevista dal secondo comma, n. 1), dell'art. 605 c.p. sarebbe contraddittoria.

In particolare, il Giudice rimettente contesta la compatibilità dell'omessa previsione, anche per tale ipotesi, della procedibilità a querela con l'art. 3 Cost. adducendo molteplici argomentazioni:

  • l'incentivo alla riparazione dell'offesa attraverso una definizione bonaria della controversia (affermato nella relazione illustrativa alla c.d. Riforma Cartabia) ricorrerebbe a fortiori nel caso in cui i soggetti interessati siano “congiunti”;
  • le ipotesi di sequestro di persona “base” del primo comma, per cui è stata introdotta la procedibilità a querela, non sarebbero necessariamente caratterizzate da una minore offensività rispetto alle fattispecie aggravate;
  • la scelta normativa di mantenere la procedibilità d'ufficio per il sequestro di persona a danno del coniuge, poiché quest'ultimo potrebbe non essere libero nella determinazione di esercitare il diritto di querela, sarebbe asimmetrica rispetto alla disciplina introdotta dal legislatore delegato per il reato di lesioni personali aggravato per essere commesso nei confronti del coniuge, ove la novella legislativa prevede che il delitto sia perseguibile a querela della persona offesa;
  • la necessità di tutelare le persone esposte a rischio di condizionamento non sarebbe comunque ravvisabile nel caso in cui il coniuge non sia più convivente al momento della commissione del reato, come nel caso di specie.

La seconda questione sollevata dal G.i.p. attiene al contrasto con l'art. 76 Cost.

Nel dettaglio il legislatore delegato avrebbe attribuito rilevanza alla circostanza aggravante prevista dall'art. 605, comma 2, n. 1), c.p. violando la specifica prescrizione contenuta nella citata legge delega nella parte in cui prevedeva di estendere la procedibilità a querela a ulteriori specifici reati con pena edittale non superiore nel minimo a due anni senza tener conto delle circostanze. Invero, secondo il Giudice rimettente, quest'ultima parte riguardante i reati circostanziati sarebbe da intendersi come un divieto per il legislatore delegato di prevedere un regime di procedibilità differenziato tra la fattispecie “base” del delitto e le ipotesi aggravate.

Le soluzioni giuridiche

Come si è detto, la Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022) ha aggiunto il comma sesto all'art. 605 c.p., prevedendo che «nell'ipotesi prevista dal primo comma, il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che il fatto sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità». Con la Riforma è stata dunque introdotta la procedibilità a querela per l'ipotesi “base” di sequestro di persona.

La ratio dell'intervento normativo si può desumere dalla relazione illustrativa al d.lgs. n. 150/2022, in cui si afferma che l'estensione del regime di procedibilità a querela per determinati reati contro la persona è un incentivo alla definizione più celere dei procedimenti penali, anche mediante remissione di querela.

La Corte costituzionale ha esaminato, anzi tutto, l'asserito contrasto con l'art. 76 Cost.

Secondo il Giudice rimettente la scelta del legislatore delegato di conservare la procedibilità d'ufficio dell'ipotesi aggravata di sequestro di persona commessa in danno del coniuge sarebbe in contrasto con il criterio di delega (art. 1, comma 15,  lett. b), l. n. 134/2021) che stabilisce di «prevedere l'estensione del regime di procedibilità a querela di parte a ulteriori specifici reati contro la persona o contro il patrimonio nell'ambito di quelli puniti con pena edittale detentiva non superiore nel minimo a due anni; prevedere che ai fini della determinazione della pena detentiva non si tenga conto delle circostanze, facendo salva la procedibilità d'ufficio quando la persona offesa sia incapace per età o per infermità».

Più nello specifico il Giudice a quo riteneva che la parte in cui si impone di non prendere in considerazione le circostanze “ai fini della determinazione della pena detentiva” dovesse intendersi alla stregua di un divieto in capo al legislatore delegato di prevedere un regime di procedibilità differenziato (ovverosia d'ufficio) per le ipotesi di reato circostanziato rispetto a quello previsto per l'ipotesi base del singolo delitto.

La Corte ha dichiarato la questione non fondata, ritenendo non persuasiva l'ipotesi interpretativa formulata dal G.i.p. e considerandola non conciliabile con il tenore letterale della disposizione di cui all'art. 1, comma 15, lett. b), l.  n. 134/2021.

In particolare, la Corte afferma che la disposizione va intesa nel senso di consentire al legislatore di «estendere il regime di procedibilità a querela a tutte le fattispecie di reato – semplici o aggravate – per i quali la pena minima prevista per l'ipotesi non aggravata fosse contenuta entro il limite di due anni». Tanto premesso, spettava comunque al legislatore delegato la decisione sull'estensione della procedibilità a querela anche alle fattispecie circostanziate di reato.

Viene così affermata la non manifesta irragionevolezza della scelta del legislatore di introdurre il regime di procedibilità a querela per la fattispecie “base” di sequestro di persona previsto ai sensi del primo comma dell'art. 605 c.p. e di mantenere invece il previgente regime per i casi di sequestro aggravato, come nell'ipotesi in cui il delitto sia commesso in danno del coniuge.

La Corte è passata, poi, ad occuparsi del denunciato contrasto dell'omessa estensione della procedibilità a querela al sequestro di persona commesso in danno del coniuge con l'art. 3 Cost.

Le questioni sollevate sono suddivise in tre linee essenziali, che la Corte analizza, per giungere ad affermare la non manifesta irragionevolezza della scelta del legislatore delegato di mantenere la procedibilità d'ufficio del sequestro di persona commesso in danno del coniuge.

  • Anzi tutto, il Giudice a quo censurava la contraddittorietà intrinseca della scelta legislativa (così riferendosi al nuovo comma sesto dell'art. 605 c.p.) argomentando che l'incentivo alla riparazione dell'offesa, di cui alla relazione illustrativa della Riforma Cartabia, ricorrerebbe a maggior ragione nel caso in cui i soggetti interessati siano congiunti. Ciò anche a garanzia del valore di rango costituzionale dell'unità familiare riconosciuto dall'art. 29 Cost.

La Corte costituzionale riconduce, per contro, la legittimità della scelta del Governo di conservare il previgente regime di procedibilità per l'ipotesi di sequestro commesso in danno del coniuge, alla necessità di tutelare la vittima quando il delitto avviene nell'ambito delle relazioni familiari.

Perché – spiega la Corte – si tratta di un contesto in cui la persona offesa è strutturalmente esposta al rischio di subire pressioni finalizzate a farla tacere sulle violenze subite o a ritrattare le accuse in un secondo momento. In altre parole, nelle relazioni familiari chi patisce le condotte penalmente rilevanti non sarebbe libero nel determinarsi a presentare querela nei confronti del coniuge ovvero di proporre la remissione successivamente.

  • In secondo luogo, il Giudice rimettente riteneva che la decisione di mantenere la procedibilità d'ufficio per il sequestro di persona a danno del coniuge non fosse coerente con la scelta dello stesso legislatore di rendere perseguibile a querela il delitto “base” di sequestro di persona e il reato di lesioni personali aggravate (perché commesse in danno del coniuge).

Criticava, in particolare, la intrinseca contraddittorietà della soluzione normativa adottata dal legislatore delegato, sostenendo che l'ipotesi “base”del primo comma (per cui è stata introdotta la procedibilità a querela) non sarebbe necessariamente caratterizzata da una minore offensività rispetto alle fattispecie aggravate.

La Corte costituzionale, richiamando due precedenti decisioni (C. cost., n. 220/2015; C. cost., n. 2016/2024), chiarisce che la gravità di un reato costituisce solo uno dei criteri che devono orientare il legislatore delegato nel decidere sulla procedibilità del singolo delitto.

Il Giudice a quo rimproverava, inoltre, alla Riforma Cartabia la contraddittorietà, per aver mantenuto inalterato il regime previgente di procedibilità con riguardo al sequestro di persona in danno del coniuge, ma al contempo aver previsto che le lesioni personali aggravate siano perseguibili a querela del coniuge.

Sul punto la Corte, con motivazioni ampiamente condivisibili, afferma che, laddove si dovesse dirimere una questione di disparità di trattamento, questa dovrebbe essere risolta in senso opposto da quello prospettato dal Giudice rimettente.

In altre parole, il regime di procedibilità d'ufficio dovrebbe essere esteso, piuttosto, anche al reato di lesioni personali commesse nei confronti del coniuge, rispondendo entrambi i reati alla medesima ratio di tutela della vittima nel contesto delle relazioni familiari.

  • In terzo luogo e in via subordinata il G.i.p. censurava la mancata previsione della procedibilità a querela quando il fatto sia commesso nei confronti del coniuge non più convivente.

Anche in quest'ultimo caso la soluzione legislativa viene dalla Corte giustificata in chiave di tutela del soggetto vulnerabile. Così si spiega la scelta della Riforma di stabilire la procedibilità d'ufficio anche quando la convivenza tra i coniugi sia venuta meno. Invero, la persona offesa dal reato potrebbe continuare a subire pressioni dal coniuge malgrado la relazione sia ormai giunta al termine.

In conclusione, la Corte costituzionale conferma la legittimità della Riforma nella parte in cui mantiene il regime di procedibilità d'ufficio per il reato di sequestro di persona in danno del coniuge (anche non più convivente). L'esigenza di tutelare le vittime del reato nel contesto delle relazioni familiari, poiché maggiormente esposte a condotte sopraffattorie, ha determinato il legislatore delegato a conservare il previgente regime di procedibilità.

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