Responsabilità civile
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Per le Sezioni Unite i mutui a tasso fisso con allegato piano di ammortamento “alla francese” non sono nulli, né altrimenti illegittimi

26 Febbraio 2025

Secondo le Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 29 maggio 2024, n. 15130), i mutui bancari a tasso fisso, con rimborso rateale del prestito regolato da un piano di ammortamento “alla francese” di tipo standardizzato tradizionale, non sono affetti da nullità parziale per mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione “composto” degli interessi debitori, per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti.

Il perimetro della questione trattata dalle Sezioni Unite

Sollecitate da un'ordinanza di rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. emessa dal Tribunale di Salerno il 19 luglio 2023, reputata ammissibile dalla Prima presidente della Corte di cassazione con ordinanza del 23 settembre 2023, le Sezioni Unite si sono pronunciate sui contratti di mutuo a tasso fisso e a rata costante cui sia allegato un piano di rimborso dal quale si evincono con chiarezza quante rate si pagano, a quali scadenze, quanta parte di ciascuna rata sia imputata a capitale e quanta a interessi, quale sia il debito residuo dopo il pagamento di ciascuna rata. Nell'ambito di questo perimetro, hanno affermato che tali mutui non sono nulli, né altrimenti illegittimi.

La restituzione delle somme date a mutuo e la corresponsione degli interessi. I piani di ammortamento 

La questione affrontata dalle Sezioni Unite è molto tecnica e la mancata comprensione di taluni suoi meccanismi può ingenerare problemi che una maggior chiarezza sui temi di fondo consente di evitare. Conviene pertanto premettere alcune considerazioni generali sulle modalità attraverso cui, in un contratto di mutui, si restituiscono nel tempo le somme prese in prestito e si corrispondono gli interessi che tali somme hanno generato.

Il contratto di mutuo è infatti un contratto di durata. Prestare 1 euro per richiederlo un secondo dopo è un non senso, poiché il bisogno che muove il mutuatario è proprio di godere, per un certo tempo, di una somma che non ha. Non c'è dunque mutuo se non è previsto un termine di restituzione della somma capitale prestata dal mutuante. Nella prassi dei mutui bancari, non si danno infatti mutui senza termine di durata.

Il contratto di mutuo è un contratto naturalmente oneroso. Se non è previsto altrimenti, una somma prestata produce interessi (art. 1815 c.c.). Poiché la banca è un'impresa, che presta denaro per ottenere maggior denaro in futuro, i mutui bancari sono sempre onerosi. Segue da ciò che il contratto che li regolamenta deve prevedere necessariamente non sono le modalità di restituzione del denaro prestato ma anche le modalità di corresponsione degli interessi pattuiti. Di regola questi piani prevedono la restituzione rateale del capitale, anche se nulla esclude la possibilità che il capitale sia restituito in unica soluzione con corresponsione periodica degli interessi (bullet) o che capitale e interessi siano restituiti tutti insieme alla scadenza convenuta (zero coupon bond).

La costruzione del piano di ammortamento dipende dalle esigenze del mutuatario. Il piano che risponde all'esigenza di pagare rate costanti (che può nascere ad esempio dal fatto che il mutuatario sa di poter contare su un flusso reddituale costante come lo stipendio o la pensione) prende nome di ammortamento alla francese. Il piano che risponde all'esigenza di pagare rate crescenti nel tempo (che può nascere ad esempio dal fatto che il mutuatario ritiene che i suoi redditi siano destinati a crescere) prende nome di ammortamento all'italiana. Ma nulla esclude che il mutuatario abbia altre esigenze, come ad esempio quella di pagare rate decrescenti, perché ad esempio, approssimandosi l'età pensionabile, sa già che la pensione contributiva sarà inferiore all'ultimo stipendio: a seconda del bisogno del mutuatario, insomma, il piano di rimborso cambia. Nella prassi bancaria, italiana e non solo, il metodo di ammortamento più diffuso è proprio quello a rata costante, cioè “alla francese”.

Si tratta, al postutto, di una pura faccenda di autonomia privata. Ovviamente l'autonomia privata ha dei limiti: il contratto dev'essere anzitutto meritevole di tutela (art. 1322 c.c.), lecito (art. 1343 c.c.), con oggetto determinato o almeno determinabile (art. 1346 c.c.). Un contratto bancario, con chiunque stipulato, incontra limiti ancora più stringenti, perché deve rispettare le regole di trasparenza previste dal VI titolo del TUB e, in particolare, deve esplicitare in modo chiaro i prezzi e le altre condizioni economiche (art. 117 TUB) e non può fare rinvio agli usi. Ai contratti bancari di mutuo stipulati con i consumatori si applicano poi regole speciali per i contratti di credito al consumo e per i contratti di credito finalizzati all'acquisto di immobili residenziali. In ogni caso, i contratti bancari con i consumatori soggiacciono, per quanto applicabile, alla disciplina generale dettata dal Codice del consumo

La questione che da anni si agita in giurisprudenza si può dunque riassumere chiedendosi se la modalità attraverso cui nei contratti bancari si costruiscono rate costanti nel tempo, cioè l'ammortamento alla francese, debordi o meno dai limiti dell'autonomia contrattuale. Sotto questo profilo, l'ordinanza del Tribunale di Salerno è esemplare, perché mette in discussione il piano di ammortamento alla francese sia sotto il profilo dei limiti generali all'autonomia contrattuale, dubitando della determinatezza/determinabilità dell'oggetto dei contratti di mutuo a rate costanti, sia sotto il profilo dei limiti speciali all'autonomia contrattuale in materia bancaria, dubitando della trasparenza dei contratti di mutuo a rate costanti. E anticipiamo subito che - rispetto al già ricordato perimetro d'indagine - esemplare è anche la risposta che, nella pronuncia qui in commento, le Sezioni Unite offrono ai suddetti quesiti, ovverosia che i contratti di mutuo a rate costanti e a tasso d'interesse fisso si muovono entro i limiti dell'autonomia privata. 

Acquisto ed esigibilità degli interessi

L'art. 820, comma 3, c.c., definisce gli interessi dei capitali come i frutti civili «che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia». Del problema di stabilire quando gli interessi entrano nel patrimonio del mutuante si occupa invece il successivo art. 821, comma 3, c.c., secondo cui «i frutti civili si acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto».

L'opzione del legislatore codicistico è dunque nel senso che gli interessi si “acquistano” giorno per giorno. Sul fatto che, in assenza di diverse regole pattizie, gli interessi possano essere pretesi de die in die la dottrina è però divisa. Tradizionalmente, una parte ritiene che gli interessi siano esigibili annualmente, mentre un'altra ritiene che siano esigibili di giorno in giorno. Tuttavia, una recente e minoritaria dottrina, proprio ragionando sull'ammortamento alla francese, ha di recente sostenuto che il debito da interessi, anche se matura giorno per giorno, diventa esigibile solo quando è diventato esigibile il capitale. Si tratta però di una tesi insostenibile in punto di diritto positivo, poiché in contrasto non solo con l'art. 1183 c.c., ma anche con l'art. 1820 c.c., dettato proprio in materia di mutuo. Dovrebbe infatti essere evidente che, se la scadenza degli interessi coincidesse con quella del capitale, il legislatore non avrebbe previsto la possibilità di risolvere il contratto di mutuo per il mero inadempimento dell'obbligazione di interessi. Se tanto, invece, è espressamente previsto è perché il legislatore presuppone che gli interessi scadano in un periodo in cui non è ancora scaduto il termine per il rimborso del capitale. D'altro canto, allargando la prospettiva, che la scadenza degli interessi prescinda dalla scadenza del capitale si evince pure dall'art. 2948, n. 4), c.c., dettato in materia di prescrizione, che accomuna tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi proprio agli interessi, che fungono dunque da archetipo normativo delle obbligazioni tipicamente a scadenza annuale o infrannuale. Ne segue che, sebbene accessorio al debito da restituzione di capitale, il debito da interessi, una volta sorto, è soggetto a una disciplina positiva diversa e autonoma da quella del debito principale. 

Della tesi minoritaria secondo cui scadenza del capitale e scadenza degli interessi dovrebbero coincidere, che è un po' il filo rosso che lega le varie critiche dottrinali ai piani di ammortamento alla francese, le Sezioni Unite hanno fatto giustamente strage, rilevando che proprio l'art. 1820 c.c. dimostra «che la scadenza degli interessi non coincide necessariamente con la scadenza del capitale. L'obbligazione degli interessi è definita come “accessoria” per indicare che il vincolo è genetico nel senso che dipende nella sua vicenda costitutiva dalla obbligazione principale ma, una volta venuta ad esistenza, si stacca dalla sua causa genetica e assume una propria autonomia».

Se è allegato il piano di rimborso, l'oggetto dei mutui con ammortamento alla francese è determinato

Sulla base di questi argomenti le Sezioni Unite, con ineccepibile argomentare, hanno escluso che l'omessa indicazione del regime di capitalizzazione composto degli interessi e l'omessa esplicitazione del metodo di ammortamento alla francese rilevino in termini di indeterminatezza e/o indeterminabilità del contratto e dunque importarne l'invalidità. Se il contratto di mutuo contiene le indicazioni proprie del tipo legale (art. 1813 ss. c.c.) - cioè «la chiara e inequivoca indicazione dell'importo erogato, della durata del prestito, della periodicità del rimborso e del tasso di interesse predeterminato» - l'oggetto è determinato.

Al cliente, a maggior ragione se consumatore (arg. ex art. 35 cod. cons.), si devono dare informazioni chiare e inequivoche. E tali sono certamente quelle contenute nei piani di ammortamento di regola allegati ai contratti di mutuo, i quali riportano una tabella dalla quale, con un semplice sguardo, emergono con immediatezza l'entità della rata fissa, la scomposizione di ciascuna rata in quota capitale e quota interessi, il debito residuo alla scadenza di ogni singola rata (cioè di quanto si abbatte, a ogni pagamento rateale, il capitale da restituire), la somma complessiva degli interessi da pagare fino alla scadenza contrattualmente convenuta del prestito. Come giustamente osservato dalle Sezioni Unite, non c'è un problema di determinabilità dell'oggetto contrattuale, poiché, se è allegato il piano di ammortamento, tutte le obbligazioni del mutuatario sono perfettamente determinate.

Nei mutui con ammortamento alla francese non ci sono costi occulti e non c'è anatocismo

Un altro profilo critico dei mutui con ammortamento alla francese riguarda gli asseriti costi occulti che deriverebbero dal regime di capitalizzazione composta che si utilizza quando il capitale si restituisce in rate costanti nel tempo con azzeramento periodico degli interessi, cioè quei costi di cui il cliente non ha percezione, con conseguente violazione dell'art. 117, comma 4 TUB, secondo cui «i contratti indicano il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati».

Anche questa tesi è giustamente respinta dalle Sezioni Unite, le quali osservano che la maggior quota di interessi complessivamente dovuta in presenza di ammortamento “alla francese” rispetto a quello “all'italiana” non è un prezzo ulteriore e occulto che rende il tasso d'interesse effettivo maggiore di quello dichiarato in contratto, ma la naturale conseguenza del fatto che chi opta per rate costanti nel tempo, pagando all'inizio rate più basse di quelle che pagherebbe se optasse per rate crescenti, restituisce più lentamente il capitale, sicché, del tutto fisiologicamente, dovrà pagare più interessi.

Dire che il mutuo alla francese è più oneroso del mutuo all'italiana e che dietro questa maggior onerosità si cela un costo occulto è quindi frutto di un equivoco, poiché è evidente che non basta guardare a quanti interessi si corrispondono per affermare che un mutuo è più oneroso di un altro. Un vecchio e insuperato adagio insegna infatti che il tempo è denaro. Chiunque intuisce che 100 euro di un dieci anni fa non sono 100 euro di oggi, né 100 euro oggi sono i 100 euro che dovrò ricevere tra 10 anni. Ritenere che l'onerosità si riferisca a quanti interessi si pagano sul capitale prestato, e che dunque per misurare la maggiore o minore onerosità si debbano mettere a confronto i montanti (cioè, tecnicamente, la somma di capitale e interessi), tradisce una regola fondamentale delle relazioni finanziarie, cioè che non si possono sommare brutalmente tra loro somme disponibili in tempi diversi.

La ragione è chiara e anche piuttosto intuitiva. Il potere d'acquisto del denaro cambia nel tempo e avere una somma in mano oggi vale più che averla in mano tra un anno o tra dieci anni. Il codice civile, sia là dove dispone che gli interessi sono i frutti civili dei capitali, sia là dove dispone che le somme di denaro liquide ed esigibili producono interessi di pieno diritto, fa suo quest'insegnamento in modo embrionale. La legislazione speciale più recente, introducendo il concetto di tasso annuo effettivo – TAE (che diventa poi TAEG con l'aggiunta di tutti i costi a qualunque titolo collegati al credito) in luogo del tasso annuo nominale - TAN, fa proprio l'insegnamento della matematica finanziaria in modo ben più consapevole.

Alla luce di ciò si può concludere che non è al montante che si deve guardare per comparare l'onerosità di due mutui, ma al TAEG: pertanto due mutui che, ceteris paribus (stesso capitale mutuato, stesso tasso annuo di interesse, stessa periodicità di rate, stessa durata complessiva), hanno lo stesso TAEG, sono egualmente onerosi, anche se in uno si corrispondono meno interessi.

Nei mutui con ammortamento alla francese, il problema dei costi occulti (cioè non dichiarati o comunque non emergenti dal regolamento contrattuale) non si pone dunque diversamente da come si pone negli altri mutui con restituzione rateale del capitale. È un problema di trasparenza contrattuale che si risolve verificando se, ex art. 117, comma 4 TUB, il TAEG esprima correttamente il tasso annuo effettivo globale del mutuo.

La Cassazione ha compreso perfettamente il tema, mostrando piena contezza della materia su cui la sentenza è destinata a incidere là dove ha osservato che la maggior quota di interessi complessamente dovuti in presenza di ammortamento “alla francese” rispetto a quello “all'italiana” non costituisce «un prezzo ulteriore e occulto che rende il tasso d'interesse effettivo maggiore di quello nominale (TAN) e del TAEG dichiarati nel contratto» e che «il maggior carico di interessi derivante dalla tipologia di ammortamento in questione non deriva da un fenomeno di moltiplicazione in senso tecnico degli interessi che non maturano su altri interessi e non si traduce in una maggiore voce di costo, prezzo o esborso da esplicitare nel contratto, non incidendo sul TAN e sul TAEG, ma costituisce il naturale effetto della scelta concordata di prevedere che il piano di rimborso si articoli nel pagamento di una rata costante (inizialmente calmierata) e non decrescente».

L'ordinanza di rimessione non ha direttamente sollevato il problema dell'anatocismo, ma l'ha evocato facendo perno sul regime di capitalizzazione composta utilizzato nell'ammortamento alla francese. E in effetti l'anatocismo è il vero elefante nella stanza nel dibattito oggi arricchito dall'intervento delle Sezioni Unite: le quali, intendendo in modo coerente con lo scopo nomofilattico del rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c., hanno preso posizione anche su quest'argomento, osservando che la questione se «gli interessi (non scaduti) generino ulteriori interessi è comunque ineludibile»: questione che hanno risolto nel senso che  «il metodo alla francese è costruito in modo tale che ad ogni rata il debito per interessi si estingue a condizione ovviamente che il pagamento sia avvenuto nel termine prestabilito. È, perciò, anche solo astrattamente inipotizzabile che siffatto ammortamento sia fondato su un meccanismo che trasforma l'obbligazione per interessi… in base di calcolo di successivi ulteriori interessi».

In conclusione

La sentenza delle Sezioni Unite merita un plauso perché, avendo compreso la rilevanza del tempo nel diritto degli affari, si è fatta carico di replicare ai vari tentativi di contestare la legittimità in astratto dell'ammortamento alla francese, ribadendo con enfasi che i piani di rimborso a rata costante sono figli di una “regola negozialmente assunta” valida e meritevole di tutela.

A riprova della correttezza di quest'esito basta del resto chiedersi cosa accadrebbe se tutti i mutui con ammortamento alla francese fossero invalidi. Si tratta di un interrogativo che i critici dell'ammortamento alla francese non si sono mai posti. Risulta dunque utile chiedersi cosa accadrebbe se questa tipologia di mutui fosse “eliminata” dal mercato dei prestiti bancari. La risposta è agevole: il consumatore non troverebbe più un prodotto di cui mostra invece di avere grande bisogno. Addirittura, nella già criticata prospettiva di chi ritiene che gli interessi possano essere esatti solo alla scadenza del capitale, sarebbe costretto a contrarre solo mutui in cui interessi e capitale si restituiscono tutti insieme alla fine, cioè zero coupon bond. Tanti consumatori non “comprerebbero” più il “prodotto mutuo” perché non troverebbero quello più congeniale (cioè più sostenibile). Il mercato del credito inevitabilmente si contrarrebbe, con intuibili conseguenze sul sistema non solo economico ma anche sociale (basti pensare al ruolo dei mutui fondiari nell'acquisto della casa d'abitazione).

Riferimenti (Bibliografia)

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  • A. Quintarelli, Leibniz e il mutuo feneratizio con ammortamento “alla francese” a rata fissa, in Il Caso.it, 30 aprile 2020, 25, Id., Ancora sul mutuo con ammortamento francese a rata costante e sull’anatocismo: le regole del diritto e della matematica finanziaria, ivi, 17 settembre 2021, 2-3.
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  • G. Mucciarone, Ammortamento alla francese: meritevolezza e trasparenza, in BBTC, 2023, I, 601.
  • R. Natoli, L’ammortamento “alla francese”: una questione di trasparenza, in BBTC, 2023, I, 201.
  • M. Semeraro, Alle Sezioni Unite l’ammortamento alla francese: molti equivoci e un fondo di verità, in Dialoghi di diritto dell’economia, ottobre 2023.
  • D. Carlomagno, L’ammortamento alla francese verso l’esame delle Sezioni Unite, fra la matematica ed il diritto, ivi, gennaio 2024.
  • T. Di Marcello, Il mutuo con ammortamento “alla francese” tra norme attuali e prospettive future, ivi, febbraio 2024.

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