Presentazione non telematica degli atti che le parti compiono personalmente
26 Febbraio 2025
Massima L'articolo 111-bis, comma 4 c.p.p.: - non pare introdurre una deroga al divieto di impiego della posta elettronica certificata previsto dall'art. 87, comma 6-quinquies, d.lgs. n. 150/2022; - consente il deposito con modalità non telematiche, tra le quali può rilevare, ad esempio, il deposito dell'atto presso la cancelleria del giudice (cfr. art. 121 c.p.p.) o la segreteria del pubblico ministero (cfr. art. 153 c.p.p.), ovvero, proprio in tema di richiesta di interrogatorio avanzata dall'indagato all'esito della ricezione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, anche tramite differenti mezzi tecnici, quali il telegramma o la lettera raccomandata, purché la sua sottoscrizione risulti autenticata dal difensore o da altro pubblico ufficiale abilitato, sì da assicurare l'identificazione del soggetto privato legittimato a formulare l'istanza. Il caso Il Procuratore della Repubblica ricorre per cassazione avverso l'ordinanza del G.u.p. che ha dichiarato la nullità della richiesta di rinvio a giudizio di R.P. per mancato espletamento dell'interrogatorio richiesto personalmente dall'indagato, dopo la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari presentato, via pec ma all'indirizzo sbagliato. L'accusa censura l'atto del G.u.p. per abnormità funzionale. in quanto adottato in violazione della disciplina transitoria dettata dagli artt. 87 e 87-bis d.lgs. n. 150/2022, applicabile ratione temporis al caso in esame, disciplina che prevede quale unica modalità di presentazione della richiesta in esame il suo inserimento nel portale del processo telematico (PPT), con esclusione della possibilità di invio tramite posta elettronica certificata, restando, comunque, ferma, ai sensi dell'art, 111-bis, comma 4, c.p.p. la possibilità di deposito non telematico per gli atti che le parti compiono personalmente. Il vizio sarebbe integrato - secondo l'accusa - dal fatto che l'atto del giudice avrebbe determinato una indebita regressione del procedimento, richiedendo il compimento di un atto sulla base di una istanza inviata ad un indirizzo PEC diverso da quelli inseriti nel Registro generale degli indirizzi certificati (si tratta dell'indirizzo che nella pagina internet del sito della Procura , allegata in copia al ricorso, è indicato come destinato esclusivamente alle comunicazioni amministrative, diverso da quello, indicato nella medesima pagina, destinato, invece, alla presentazione "degli atti penali non depositabili nel Portale del processo penale telematico"), onerando gli Uffici della Procura del compito di monitorare costantemente tutte le istanze inviate agli indirizzi astrattamente riferiti al proprio Ufficio. A sostegno, il ricorrente richiama quanto esposto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 96 del 2022 in cui è stata dichiarata l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 153 c.p.p..(nella versione antecedente la riforma del 2022), sollevata in riferimento agli artt. 3,24, comma 2, e 111 della Costituzione: in particolare, la Corte costituzionale ha osservato che nel lasso temporale decorso dall'ordinanza di rimessione (2018) è intervenuto un mutamento del quadro normativo confliggente con la richiesta del giudice rimettente di introdurre nell'art. 153 c.p.p. la facoltà per il difensore di effettuare notifiche e comunicazioni al pubblico ministero via PEC, stante «la diversa scelta compiuta dal legislatore del 2020 di prevedere - quanto meno sino ai 31 dicembre 2022 - che memorie, documenti, richieste e istanze del difensore al pubblico ministero (compresa quella di interrogatorio dell'indagato ai sensi dell'art. 415-bis, comma 3, c.p.p.) siano depositati sul menzionato portale del processo penale telematico (PPPT), anziché - appunto - inviati mediante PEC.». La questione Come e in che modo la parte può procedere al deposito di atti con modalità non telematiche? Le soluzioni giuridiche La Cassazione riferendosi alla tradizionale categoria dell'abnormità dell'atto ormai individuata, pacificamente, dalle Sezioni Unite (cfr. Cass. pen., sez. un., n. 42603/2023, El Karti, Rv. 285213 - 02; Cass. pen., sez. un., n. 37502/2022, Scartini, Rv. 283552 – 01; Cass. pen., sez. un., n. 20569/2018, Ksouri, Rv. 272715; Cass. pen., sez. un., n. 25957/2009, Toni, Rv. 243590; Cass. pen., sez. un., n. 5307/2007, dep. 2008, Battistella, Rv. 238240; Cass. pen., sez. un., n. 26/1999, dep. 2000, Magnani, Rv. 215094; Cass. pen., sez. un., n. 17/1997, dep. 1998, Di Battista, Rv. 209603) con riferimento alle ipotesi in cui si realizza uno sviamento della funzione giurisdizionale con l'adozione di provvedimenti strutturalmente o funzionalmente estranei all'ordinamento, ha escluso la configurabilità, nel caso di specie, dell'abnormità tanto strutturale, quanto funzionale del provvedimento impugnato. La Corte rileva, innanzitutto, come la richiesta di interrogatorio è stata fatta personalmente dall'indagato ed inviata ad un indirizzo PEC diverso da quello deputato alla ricezione degli atti secondo una modalità che dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022 non è più consentita poiché l'art. 87 d.lgs. cit. prevede, infatti, al comma 6-bis che sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero sino al diverso termine previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e le tipologie di atti in esso indicati, il deposito di memorie, documenti, richieste e istanze indicati dall'articolo 415-bis, comma 3, c.p.p., nonché di altri atti specificamente indicati, ma non rilevanti nel caso in esame, negli uffici delle procure della Repubblica presso i tribunali avviene esclusivamente mediante deposito nel portale del processo penale telematico individuato con provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia e con le modalità stabilite nel medesimo provvedimento, anche in deroga al regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44. In secondo luogo, ricorda come per tali atti, il successivo comma 6-quinquies esclude la possibilità di invio dell'istanza tramite posta elettronica certificata, prevedendo espressamente che l'impiego di tale modalità di trasmissione "non produce alcun effetto di legge", di qui la mera inefficacia dell'atto. Ne discende che l'abnormità va esclusa anche in ragione del fatto che: i) la irregolare modalità di presentazione dell'istanza di interrogatorio non è sanzionata da nullità, dovendosene, tuttavia, valutare la sola efficacia; la regressione determinata dall'ordinanza impugnata non comporta alcuna stasi del procedimento, disponendo l'espletamento dell'interrogatorio da parte del Pubblico ministero al cui esito quest'ultimo potrà nuovamente assumere le sue determinazioni in merito all'esercizio dell'azione penale. Ma il passaggio dirimente della decisione appare quello nel quale la Corte osserva come il provvedimento rimesso alla sua attenzione abbia omesso di considerare quanto dispone l'art. 111-bis c.p.p., nella parte in cui consente, per gli atti che le parti compiono personalmente, come nel caso in esame, il deposito con modalità non telematiche tra le quali può rilevare: - il deposito presso la cancelleria del giudice (cfr. art. 121 c.p.p.) - il deposito presso la segreteria del pubblico ministero (cfr. art. 153 c.p.p.) - l'uso di mezzi tecnici diversi, quali il telegramma o la lettera raccomandata, purché la sua sottoscrizione risulti autenticata dal difensore o da altro pubblico ufficiale abilitato, sì da assicurare l'identificazione del soggetto privato legittimato a formulare l'istanza. Rileva, peraltro, il Collegio che la nullità dell'interrogatorio quale conseguenza della irrituale presentazione dell'istanza, prospettata dal Procuratore Generale nella sua requisitoria, appare, allo stato, disancorata da una specifica disposizione di legge e, sulla base degli elementi rappresentati nel ricorso, non configurabile in termini di nullità di ordine generale, trattandosi del compimento di un atto richiesto, sia pure irregolarmente, dall'indagato, che non appare lesivo delle prerogative della pubblica accusa né, ovviamente, del diritto di difesa (v., in tal senso, già, Cass. pen., sez. II, n. 41961/2024, Rv. 287166). Osservazioni La condivisibile decisione, al di là della questione affrontata, rappresenta l'ennesima indicazione giurisprudenziale che mantiene fede all'interpretazione dell'art. 111-bis comma 4 c.p.p. nella parte in cui, in linea con la recente circolare emessa dal Ministero della Giustizia , stabilisce una dovuta deroga all'impiego del deposito tramite il portale o l'invio telematico degli atti che, alla luce della indicata decisione, pare, ora, meglio puntualizzata onde consentire alle parti, un ulteriore ogni modo e forma per l'esercizio dei diritti, anche difensivi, che nel processo debbono trovare salvaguardia. |