Crisi d'impresa
IlFallimentarista

Il conflitto di interessi nel concordato preventivo

05 Marzo 2025

L’Autore si sofferma sulla disciplina del conflitto di interessi, con specifico riferimento alla formulazione dell’art. 109, comma 6, ultimo periodo, c.c.i.i. e sul momento in cui il Tribunale può rilevare la posizione di conflitto di un creditore, con incidenza sulla formazione delle classi e delle maggioranze.

Introduzione

La domanda di concordato, al fine di regolare la crisi d'impresa, viene confezionata dal solo debitore mentre i creditori ed i soci possono formulare esclusivamente proposte concorrenti nell'ambito del rigido percorso scandito dagli artt. 90,105, comma 3, 107, comma 1, 109, comma 2 e 120-bis, comma 5, c.c.i.i..

Nel procedimento unitario, con il deposito del ricorso ex art. 40, il debitore, imprenditore commerciale sopra soglia ed in stato di crisi o di insolvenza, formula quindi una domanda giudiziale nella quale esprime una proposta ai creditori che si realizza con il piano, il cui contenuto è precisato nell'art. 87 c.c.i.i., con suddivisione obbligatoria dei creditori in classi nell'ipotesi di concordato con continuità aziendale secondo quanto previsto dall'art. 85, comma 3, c.c.i.i.

Vi sono specifiche disposizioni che impongono al Tribunale verifiche in ordine alla corretta suddivisione dei creditori in classi ex art. 85, comma 2, c.c.i.i. per tutti i tipi di concordato, ed ex art. 85, comma 3, c.c.i.i. per il concordato in continuità, stante il collegamento della necessaria classazione ai fini del voto anche dei privilegiati ex art. 109, comma 5, c.c.i.i..

La cornice dei controlli da effettuarsi da parte del Tribunale nella fase di apertura del concordato preventivo è stata delineata con maggior dettaglio grazie al Correttivo-ter (d.lgs. n. 136/2024), con l'introduzione ad opera dell'art. 47, comma 1, della necessaria verifica rispetto alla corretta formazione delle classi per tutte le tipologie di concordato preventivo.

Come la giurisprudenza aveva ben individuato ancor prima dell'introduzione della modifica normativa, detta verifica non si limita, ex art. 47, comma 1, lett. b), c.c.i.i. alla corretta formazione delle classi, né l'esame del Tribunale può ritenersi circoscritto, oltre alla ritualità, alla manifesta inidoneità del piano alla soddisfazione dei creditori e alla conservazione dei valori aziendali per il concordato in continuità, in quanto occorre valorizzare le previsioni contenute nelle ulteriori norme della disciplina concordataria novellata, che consentono, sin dalla fase di ammissione, la tutela dei creditori e l'assenza di posizioni di abuso di diritto.

Tali verifiche solo apparentemente sono circoscritte al giudizio di omologazione ex art. 112, commi 1 e 2, c.c.i.i. atteso che appare corretto affermare che il concordato preventivo possa arrivare all'omologazione solo attraverso una prima fase di ammissione con pieno esercizio dell'eterotutela del Tribunale.

In tal senso, si può richiamare una pronuncia del Tribunale di Bari, con la quale si è affermato che le verifiche attribuite all'Autorità giudiziaria inquadrabili nel «vaglio di ritualità», devono essere estese ai fini dell'apertura della procedura ad aspetti che investono profili di legittimità sostanziale, «rendendosi così necessario, … esaminare i profili, propri del vaglio di ammissibilità, espressamente previsti dalla legge, tra cui anche la corretta formazione delle classi, anche con riferimento al rispetto dell'ordine delle prelazioni e al riconoscimento, per ciascun creditore, di un'utilità economicamente rilevante» (Trib. Bari 9 gennaio 2024, in DeJure. Sul punto v. anche Trib. Verona 13 marzo 2024 in dirittodellacrisi.it; Trib. Milano 5 febbraio 2024 e Trib. Siena 30 giugno 2023, entrambe in DeJure).

In tale contesto normativo, già dalla fase di ammissione il Tribunale dovrà esaminare non solo che l'ordine delle prelazioni sia rispettato (art. 85, comma 4, c.c.i.i. norma che richiama l'art. 84, commi 5, 6 e 7, c.c.i.i.), ma dovrà valutare (anche con l'assistenza del commissario giudiziale, nominato fin dalla fase con riserva ex art. 44) che il piano in continuità rispetti le regole distributive dell'A.P.R. e della R.P.R, che sia quindi individuato il valore di liquidazione ex art. 87, comma 1, lett. c), c.c.i.i. e rispettato il principio cardine della finalità del concordato, ovvero il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale (art. 84, comma 1); il Tribunale dovrà verificare, infine, che i crediti assistiti da privilegio ex art. 2751-bis n. 1 c.c. siano soddisfatti nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione sul valore di liquidazione e sul valore eccedente il valore di liquidazione.

Brevi cenni sulla disciplina del conflitto d'interessi

La disciplina del conflitto d'interessi è contenuta nell'art. 109, comma 6, norma inserita solo nella disciplina del concordato preventivo e richiamata nel «PRO» dall'art. 64-bis, comma 7, nonché nel concordato nell'ambito della liquidazione giudiziale dall'art. 243, comma 5. La disposizione non è stata incisa dal Correttivo–ter, anche se probabilmente sarebbe stata auspicabile una sua integrazione, specie per l'ultima parte del comma 6.

L'art. 109, comma 6, riprende, nella prima parte, la casistica dell'art. 177 l. fall. disciplinando come impedimento al voto il conflitto d'interessi nei seguenti casi tipizzati:

  • il coniuge del debitore ed i suoi parenti e affini fino al quarto grado,
  • la società che controlla la società debitrice, le società da questa controllate e quelle sottoposte a comune controllo,
  • i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta di concordato.

Rispetto alla legge fallimentare il conflitto viene ora esteso, e quindi l'impedimento al voto previsto, anche per «il convivente di fatto del debitore, ovvero la parte dell'unione civile con il debitore».

La disposizione precisa, infine, come norma generale, che «sono inoltre esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze i creditori in conflitto d'interessi».

L'introduzione di quest'ultimo periodo è frutto degli interventi della Cassazione (Cass., sez. un., 28 giugno 2018, n. 17186; Cass., sez. I, 8 febbraio 2021, n. 2948).

In particolare, nel 2018 le Sezioni Unite avevano rilevato la mancanza nella legge fallimentare di una norma generale, analoga a quella di cui all'art. 2373 c.c. (nonché dell'art. 2479-ter c.c.) in materia di assemblea delle società, che disciplinasse il conflitto d'interesse dei creditori nel voto sulla proposta di concordato.

La Cassazione ha quindi affermato un principio di portata generale, per il quale il conflitto d'interessi di un soggetto è configurabile quando emerga «il contrasto di un suo interesse individuale con l'interesse comune dell'intera collettività, mentre non è necessario che quest'ultima costituisca un distinto soggetto o centro d'imputazione di situazioni giuridiche». La citata decisione delle Sezioni Unite definisce principio cardine del diritto privato quello dell'autonomia negoziale del singolo creditore, superabile solo con la prevalenza della maggioranza ove sia necessario realizzare un interesse comune. Il conflitto d'interessi è «un limite invalicabile nella compressione dell'autonomia privata, che non può essere, in ogni caso, inquinata da possibili interessi dei creditori votanti in conflitto con l'interesse generale della collettività dei creditori» (così R. Brogi, Il conflitto di interessi nel Codice della crisi, in Fall., 2023, 5, 599).

Inoltre, è opinione condivisa che «il principio di maggioranza sia compatibile con la tutela delle posizioni del singolo quando sia funzionale al perseguimento di un interesse della maggioranza. Se è vero ciò, non potrà essere consentito l'esercizio del diritto di voto al soggetto che sia portatore, con riferimento alla specifica delibera, di un interesse in conflitto con quello comune agli altri partecipanti alla votazione» (così G. D'Attorre, Le sezioni unite riconoscono (finalmente) il conflitto d'interessi nei concordati, in Fall., 8/9, 2018, 963).

La Cassazione è poi tornata in argomento con una recentissima decisione (Cass., sez. I, 29 dicembre 2024, n. 34807), affermando che, anche nell'interesse della comunità involontaria dei creditori, il conflitto d'interessi è principio di portata generale e ha ribadito che esso «non riguarda, pertanto, solo i casi espressamente previsti dalla legge, ma tutte le ipotesi di esclusione dal voto per conflitto di interessi e, quindi, tutte le società creditrici correlate a società che versano in conflitto d'interesse senza essere creditrici».

Il conflitto di interessi che rileva ai fini della sterilizzazione del diritto di voto del creditore consiste quindi nel contrasto tra l'interesse del suddetto creditore e l'interesse degli altri creditori votanti come comunità disomogenea, che solo in parte può avere un interesse comune.

La ratio è quella di evitare che i creditori che vengano a trovarsi in una situazione di conflitto rispetto alla collettività influenzino con il loro voto il risultato deliberativo (v. M. Fabiani, S. Leuzzi, Il controllo giudiziale nei concordati – La ristrutturazione trasversale, in dirittodellacrisi.it, 18 dicembre 2024; v. altresì D. Burroni, Il voto, in Crisi e insolvenza dopo il Correttivo-ter, Commentario diretto da M. Irrera, S. Cerrato, Bologna, 2024, 1795).

Nel concordato preventivo l'interesse comune a tutti i creditori è quello di massimizzare il patrimonio del debitore, al fine di minimizzare la perdita del proprio credito.

Ogni creditore, al fine di realizzare nella misura massima il proprio credito, è portatore quindi di un interesse rispetto agli altri creditori, per apprendere le risorse del concordato anche «in luogo degli altri creditori» (così Cass., sez. I, 29 dicembre 2024, n. 34807, cit.).

L'espressione «homo homini lupus» in relazione alla posizione del creditore nel concordato è stata ben richiamata dalla Cassazione nel 2011 (Cass., sez. I, 10 febbraio 2011, n. 3274). Nel dicembre 2024 (Cass., sez. I, 29 dicembre 2024, n. 34807, cit.), la Suprema Corte ha affermato che «tutti i creditori – per utilizzare una espressione propria di altri conflitti – certant de damno vitando, nel senso che concorrono a diverso titolo sulle risorse del debitore (nel fallimento secondo le regole della responsabilità patrimoniale, nel concordato in funzione della allocazione delle risorse come indicato in proposta)» e nel rispetto delle regole distributive ex art. 84, commi 6 e 7, c.c.i.i.. Ogni creditore, quindi, cerca di minimizzare il danno subito a causa della crisi o insolvenza del debitore, il quale a sua volta cerca la regolazione della propria crisi attraverso uno strumento previsto dal codice della crisi. Il conflitto tra creditori che appartengono a una comunità involontaria (generata dall'insolvenza del debitore) «è endemico ed è proprio della distribuzione delle scarse fonti concordatarie rispetto agli impieghi dei crediti (distribuzione diversificata per classi o per categorie di creditori). La comunità dei creditori si raccoglie allora attorno a un caposaldo: ottenere il più ampio soddisfacimento dei crediti nel più breve tempo di realizzo».

L'interesse del creditore votante per essere sterilizzato deve essere volto e funzionale «a contrastare l'interesse comune dei creditori alla massimizzazione del sacrificio patrimoniale del debitore», atteso che, laddove il voto di detto creditore concorresse alla formazione delle maggioranze, al fine di minimizzare il sacrificio del debitore, potrebbe condizionare le sorti del concordato, in contrasto con l'interesse della collettività dei creditori al massimo soddisfacimento. Ciò travolgerebbe la già debole (nei concordati in continuità) prevalenza della maggioranza anche per l'applicazione della ristrutturazione trasversale al fine di realizzare il risultato di mercato (soddisfacimento dei creditori e salvaguardia della continuità).

Nell'ipotesi di proposte concorrenti è evidente che il creditore proponente ha un interesse comune con il debitore, ovvero quello del minimo esborso; in tal senso è intervenuto l'art. 109, comma 7, c.c.i.i. che ha risolto l'ipotesi di conflitto d'interessi con il classamento ad hoc e ha previsto che «il creditore che propone il concordato ovvero le società da questo controllate, le società controllanti o sottoposte a comune controllo, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, del codice civile possono votare soltanto se la proposta ne prevede l'inserimento in apposita classe» (in tal senso si veda l'intervento critico di G. Bozza, Quel pasticciaccio brutto del voto nelle proposte plurime di concordato, in dirittodellacris.iti, 10 dicembre 2024, che evidenzia l'immanente conflitto di interessi nell'espressione del voto e nelle regole distributive per la formazione delle maggioranze).

L'art. 85, comma 2, c.c.i.i. estende la necessaria classazione anche alle parti correlate con i creditori proponenti il concordato.

Diritto di voto e conflitto d'interessi sono strettamente collegati. Quando il creditore ha un interesse comune con il debitore al minimo esborso, in contrapposizione con gli altri creditori, è evidente il conflitto d'interessi e il suo voto va sterilizzato e non solo classato.

Più problematico, invece, individuare un interesse «proprio» del creditore che sconfini nel conflitto d'interessi (che non sia quello del minimo esborso), e che dovrebbe qualificarsi come «interesse particolare» con carattere obiettivo e non come mero atteggiamento psicologico. Ciò si riscontra «quando il creditore sia portatore per conto proprio o di terzi di un interesse ad un vantaggio particolare da conseguirsi mediante il concordato, non condiviso dagli altri creditori e fondato su una situazione esterna del creditore; questo interesse deve essere valutato in concreto, in relazione alla specifica proposta di concordato, deve essere preesistente rispetto alla proposta e più consistente non solo in un incremento di utilità ma anche nel tentativo di riuscire ad evitare un sacrificio» (così G. D'Attorre, Le sezioni unite riconoscono (finalmente) il conflitto d'interessi nei concordati, cit.).

L'art. 84, comma 3, c.c.i.i. per il concordato in continuità, prevede che il debitore indichi per ciascun creditore «l'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile» e detta utilità può consistere anche «nella prosecuzione o rinnovazione di rapporti contrattuali con il debitore o con il suo avente causa» e quindi non un soddisfacimento in the money, come valore monetario. In quest'ultima fattispecie rileverebbe un effettivo interesse proprio del creditore ma in questo caso il favor del legislatore nella continuità aziendale, trasposto in una specifica norma, comporta l'esclusione del conflitto d'interessi.

Tuttavia, l'individuazione del conflitto d'interessi non appare facile in concreto.

Si veda, ad esempio, quanto recentemente affermato dal Tribunale di Siracusa (Trib. Siracusa 25 settembre 2024, in DeJure) in tema di ammissione al voto del professionista che ha assistito la società nella procedura concorsuale; secondo il giudicante «lo svolgimento di una prestazione d'opera nei confronti della società sottoposta a una procedura concorsuale non costituisce una situazione di conflitto di interessi tale da legittimare l'esclusione dal voto, ai sensi dell'art. 109, comma 6. È da escludersi che dal singolo rapporto professionale possa derivare un vantaggio particolare per il singolo a discapito degli altri creditori, dal momento che l'ammontare del compenso del professionista è stabilito in misura fissa ed in modo indipendente dall'esito della procedura e non può essere considerato rilevante, per questi scopi, un'ipotetica ripercussione dell'esito della votazione sul prestigio professionale di tali creditori, dal momento che il mancato successo del concordato non riflette necessariamente le competenze dei professionisti che hanno assistito la debitrice» (contra, invece, Trib. Verona, 13 marzo 2024, cit.). Si veda, altresì, altra recente decisione del Tribunale di Verona, resa in una fattispecie di omologazione di accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa ex artt. 57 e 61 c.c.i.i. (Trib. Verona 12 dicembre 2024, in dirittodellacrisi.it); in detta pronuncia il Tribunale ha riconosciuto che gli advisors della ricorrente, in relazione ai crediti privilegiati corrispondenti al 25% del compenso non coperto da prededuzione ex art. 6, sono portatori di un «interesse differenziale rispetto a quello degli altri professionisti, tale da escludere un interesse economico omogeneo» e quindi vanno inseriti in una specifica classe, avendo un interesse proprio.

Se l'interesse proprio del creditore, in buona fede e con diritto ad esprimersi sulla proposta anche a tutela del suo credito, non incide al ribasso sul soddisfacimento degli altri creditori ma si possa qualificare come esterno e comunque non vi sia la lesione delle regole distributive, una sua corretta classazione potrebbe essere sufficiente per non inquinare la maggioranza.

Il momento temporale in cui valutare la sussistenza del conflitto d'interessi

Se il controllo delle classi da parte del Tribunale viene effettuato già al fine di procedere (o meno) all'apertura del concordato preventivo ex art. 47 c.c.i.i., posto che la formazione delle classi incide sugli aventi diritto al voto e sulla formazione della maggioranza, consegue che anche la verifica del conflitto di interessi ex art. 109, commi 6 e 7, pur disciplinata nell'ambito dell'esercizio del diritto di voto, non possa essere limitata all'iter complesso della sola votazione (art. 107 e 108 c.c.i.i.) o alla verifica in sede di omologazione ex art. 112, comma 1, lett. b), c.c.i.i. che prescrive espressamente un controllo sulla votazione e quindi su eventuali esclusioni dal voto di creditori non computabili nelle maggioranze in quanto in conflitto d'interessi (eccetto la presunzione assoluta della prima parte dell'art. 109, comma 6, c.c.i.i.).

I poteri di verifica dell'autorità giudiziaria in punto di conflitto d'interessi si potranno realizzare, viceversa, in ogni fase del procedimento, come bilanciamento eteronomo del Tribunale.

In tal senso anche la dottrina concorda che il controllo di esistenza del conflitto d'interessi dovrebbe essere effettuato in ogni fase della procedura, in particolare fin dall'apertura e non soltanto in sede di omologazione, come invece prescritto dall'art. 112, comma 1, c.c.i.i. (così P.G. Cecchini, Il dilemma del conflitto di interessi: voto negato o classato?, in dirittodellacrisi.it, 30 ottobre 2023).

Si segnala, tuttavia, come la giurisprudenza più recente, anche se per il vero pronunciatasi su fattispecie disciplinate ancora dalla legge fallimentare, abbia evidenziato che il conflitto d'interessi del creditore nell'esercizio del diritto di voto vada rilevato nel momento dell'espressione e non al tempo dell'apertura della procedura concorsuale medesima (Cass., sez. I, 29 dicembre 2024, n. 34807, cit.; App. Brescia 9 febbraio 2024, confermata da Cass., sez. I, 29 dicembre 2024, n. 34807, cit.).

Si può condividere il postulato, posto che solo con l'esercizio del voto il creditore manifesta quel contrasto tra il suo interesse e quello degli altri creditori votanti, realizzandosi quindi il conflitto e la eventuale necessità di sterilizzarlo con esclusione dal voto.

In assenza di voto il conflitto non emergerebbe (se non nell'ipotesi di un interesse in conflitto anche nel caso di voto negativo), anche con riferimento alle regole dell'approvazione dei creditori all'interno di ciascuna classe, ove il quorum si forma con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei crediti ammessi al voto ovvero, se non raggiunta, con il voto favorevole di almeno i due terzi dei creditori votanti, purché questi rappresentino almeno la maggioranza dei creditori ammessi al voto. In tal senso, potrebbe rilevare anche il conflitto d'interessi del creditore che esprima voto negativo, nell'ipotesi in cui il medesimo sia determinante per raggiungere le soglie costitutive del voto nella singola classe.

Nel concordato in continuità vi è però un legame tra la necessaria suddivisione in classi e l'espressione del voto particolare dei creditori muniti di diritto di prelazione ex art. 109, comma 5, c.c.i.i.; tale ultima norma, come noto, prevede che detti creditori non votino se soddisfatti in denaro, integralmente, entro centottanta giorni dall'omologazione (trenta giorni per i crediti assistiti dal privilegio di cui all'articolo 2751-bis, n. 1, c.c.), e purché la garanzia reale che assiste il credito ipotecario o pignoratizio resti ferma fino alla liquidazione, funzionale al loro pagamento, dei beni e diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, prevedendo altresì, in caso contrario, il diritto di voto per la parte incapiente e l'autonoma classazione.

Anche per tale previsione il controllo sulla corretta formazione delle classi nella fase di apertura della procedura non può prescindere da una eventuale segnalazione da parte del Tribunale di un potenziale conflitto di interessi, senza che rilevi come condizione di ammissibilità della fase di apertura.

Ciò anche nell'interesse del debitore ricorrente in buona fede ex art. 4, comma 1.

Il debitore costruisce la proposta ed il piano e predispone quindi le classi osservando i criteri di cui all'art. 2, comma 1, lett. r), c.c.i.i. (ovvero creditori che hanno posizione giuridica e interessi economici omogenei) e di cui ai principi espressi dalla Cassazione (Cass., 16 aprile 2018, n. 9378) e può modificare il piano e la proposta solo nel termine di 20 giorni prima dell'inizio delle votazioni ex art. 105.

La decisione del Giudice Delegato in punto di conflitto d'interessi potrebbe essere anticipata con il provvedimento di cui all'art. 107, comma 7, c.c.i.i. da rendersi 2 giorni prima del voto, sull'ammissione o non ammissione provvisoria al voto, posto che il commissario giudiziale, con le sue rettifiche ex art. 107, comma 3, c.c.i.i. depositate 15 giorni prima del voto, non è il soggetto deputato ad ammettere (o meno) provvisoriamente al voto (sia i crediti in conflitto d'interessi che quelli contestati), ma è solo con riferimento all'elenco dei crediti ammessi o non ammessi al voto dal G.D. che si può aprire il subprocedimento diretto a formalizzare le contestazioni in ordine alla sussistenza del diritto di voto (v. Cass., sez. I, 24 dicembre 2024, n. 34372). In questo caso, sarebbe comunque già decorso il termine di 20 giorni per la modifica del piano e della proposta, senza che sia possibile una regressione del procedimento.

Laddove il conflitto d'interessi fosse verificato solo in sede di omologazione, anche la costruzione del piano e delle classi, pur nel rispetto dei criteri di legittimità, potrebbe subire significative modifiche da tale giudizio, tali da inficiare anche un'ipotesi di ristrutturazione trasversale, già impostata o ipotizzata correttamente.

Conclusioni

L'interesse per la formazione delle classi come scelta del debitore ed il voto in conflitto d'interessi all'interno delle stesse è un tema di particolare rilievo, in quanto può influenzare la formazione del consenso nelle varie classi e quindi il principio di maggioranza, messo già a dura prova nel concordato in continuità.

La verifica delle classi da parte del Tribunale può essere qualificata come controllo di legittimità, come sopra esposto, controllo ora anticipato ex art. 47, comma 1, c.c.i.i. con il Correttivo–ter, alla fase di apertura del concordato.

Appare quindi evidente, come la corretta formazione delle classi, dove si annida e si realizza il conflitto di interessi, sia determinante ai fini del voto.

La causa del concordato è la regolazione della crisi nell'osservanza delle regole anche distributive e con un controllo di legittimità della volontà e della buona fede e correttezza delle parti (debitore e creditori), da cui il necessario ed opportuno controllo eteronomo del Tribunale in tutte le fasi della procedura, sia dove il conflitto d'interessi «al ribasso» comporti una sterilizzazione del voto, sia ove l'alternativa della classazione consenta il pieno esercizio del diritto del creditore in buona fede ad esprimere il suo consenso.

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