Responsabilità civile
RIDARE

Responsabilità per cose in custodia e danno per lesione del diritto alla salute

La Redazione
07 Marzo 2025

Tizia chiamava in causa Caio, lamentando danni al soffitto e alle pareti di un balcone cagionati da infiltrazioni acqua provenienti dall’immobile sovrastante di proprietà giustappunto di Caio. Ravvisava la sussistenza di una responsabilità da cose in custodia e chiedeva la condanna alla riparazione dei danni, alla sistemazione definitiva dei difetti per evitare nuove infiltrazioni e al risarcimento dei danni subiti.

Il provvedimento di prime cure in cui veniva dichiarata carenza di legittimazione passiva del condominio e condannato Caio al risarcimento del danno, veniva appellato in via principale da quest'ultimo sulla considerazione che la fonte delle infiltrazioni era un lastrico solare comune, non un balcone di sua esclusiva proprietà, in via incidentale veniva invece impugnato da Tizia (che lamentava la mancata pronuncia di condanna all'eliminazione delle cause delle infiltrazioni) e dal Condominio.

Per quanto qui di interesse, ricorreva in cassazione Tizia  - il cui appello incidentale veniva rigettato – denunciando tra i motivi (tutti non accolti) la mancata indicazione, nella sentenza gravata, delle ragioni di fatto della decisione e la omessa motivazione sul rigetto della pretesa risarcitoria circa la «violazione del diritto alla salute, quale diritto soggettivo individuale, assoluto e fondamentale della persona umana, comprensivo della pretesa ad abitare in un ambiente di vita accettabile». Rilevava la nullità della sentenza per motivazione apparente e ad ogni modo al di sotto del c.d. minimo costituzionale, in violazione dell'art. 132 c.p.c., art. 111 Cost., in relazione all'art. 360, comma 1, num. 4, c.p.c. 

La Suprema Corte nel rigettare il ricorso evidenzia come lo stesso non chiarisce quando e come sia stata formulata l'istanza di ristoro del danno per lesione del diritto alla salute: «la natura del pregiudizio non patrimoniale, ontologicamente differente da quello subito dall'immobile di asserita proprietà, ne esigeva una espressa e puntuale allegazione» assente in primo grado. E ancora: «la sentenza di primo grado aveva disposto in favore della odierna ricorrente soltanto il risarcimento del danno ascrivibile al costo per il ripristino del cespite, sicché la domanda risarcitoria per il danno alla salute (ove pure per ipotesi dispiegata in prime cure) avrebbe dovuto costituire motivo di appello incidentale…». Tizia invece – come narrato in ricorso – lo proponeva unicamente per ottenere la condanna di Caio alla “sistemazione definitiva dei difetti per cui è causa, onde evitare il verificarsi di nuove infiltrazioni”.

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