Appello notificato via PEC ma depositato in giudizio solo in formato PDF, senza i file telematici originali: improcedibile?
12 Marzo 2025
L'omesso deposito degli originali telematici, di per sé, non può invalidare la notifica se questa ha raggiunto il suo scopo e ha garantito il pieno esercizio del diritto di difesa. Così, la Suprema Corte continua a ribadire l'importanza di un approccio sostanziale nell'interpretazione delle formalità processuali – dopo i pesanti richiami della Corte EDU contro i formalismi eccessivi – orientando ulteriormente il sistema verso il principio di strumentalità delle forme (da ultimo, Cass. civ., sez. I, 25 ottobre 2024, n. 27677). La vicenda processuale riguarda un appello notificato tramite PEC, ma, nella fase di costituzione in giudizio, sono state depositate soltanto copie in formato PDF degli atti notificati e delle ricevute di consegna, senza presentare i file originali. Più precisamente, i due ricorrenti avevano depositato le relate di notifica della citazione in appello in formato PDF e le ricevute di consegna dell'atto ai due convenuti e ai loro difensori, dalle quali si evinceva che tale notifica era avvenuta tramite PEC a norma della l. n. 53/1994; gli appellati, nel costituirsi, avevano depositato le relate di notifica dell'atto d'appello e copia del messaggio PEC in formato PDF, indicanti anche la data e l'orario, senza contestare la regolarità della medesima notifica. La Corte d'appello ha però interpretato l'omesso deposito degli originali telematici alla stregua di un difetto formale che comprometteva la validità della notifica, dichiarando così l'appello improcedibile. Secondo il giudice di secondo grado, l'assenza degli originali telematici impediva una verifica di conformità dell'atto notificato e costituiva una violazione delle regole processuali, tale da giustificare l'improcedibilità. Gli appellanti hanno presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il difetto di notifica fosse comunque sanato, dal momento che l'atto era stato ricevuto dagli intimati, che si erano costituiti in giudizio senza eccepire vizi di forma. La Corte di Cassazione, accogliendo la prospettiva esegetica dei ricorrenti ha accolto l'impugnazione, richiamando il principio della strumentalità delle forme, secondo il quale le formalità processuali devono essere funzionali al raggiungimento dello scopo dell'atto, senza diventare un ostacolo alla tutela dei diritti. Il principio di strumentalità delle forme, fondato sugli artt. 156 e 157 c.p.c., è stato interpretato dalla Cassazione come un argine al formalismo eccessivo. La Suprema Corte ha sottolineato che le formalità processuali servono solo come strumenti per garantire che l'atto raggiunga il suo destinatario e ne rispetti i suoi diritti. Poiché gli appellati avevano ricevuto l'atto di appello senza sollevare contestazioni, la mancanza dell'originale telematico non era tale da impedire la realizzazione dello scopo dell'atto stesso. Il deposito dei file originali è richiesto, infatti, per garantire la conformità della notifica, ma in assenza di contestazioni da parte del destinatario, questo obbligo non deve trasformarsi in un vincolo assoluto. Tra i principi affermati dalla Suprema Corte emerge il ruolo sanante della costituzione della parte appellata nel caso di vizi formali via PEC. Questo principio rappresenta una tutela per l'efficacia e la semplicità del processo, valorizzando il comportamento processuale della parte ricevente che non solleva eccezioni rispetto alla regolarità formali. La Cassazione, quindi, ha sottolineato che, se un atto notificato raggiunge il destinatario e viene accettato senza contestazioni, i difetti formali dell'atto non possono compromettere il procedimento. L'assenza di contestazioni formali da parte del destinatario è in grado di dimostrare che il diritto alla difesa è stato pienamente rispettato. In questo modo, un atto notificato via PEC, anche se privo dei file telematici originali, non perde la sua validità se il destinatario non ne contesta la regolarità, ma anzi la ratifica accettandolo come conforme. L'ordinanza si inserisce in una giurisprudenza consolidata della Cassazione, che negli ultimi anni ha spesso valorizzato la strumentalità delle forme processuali, confermando che il rispetto dei formalismi deve sempre essere interpretato come funzionale alla realizzazione dei diritti. In definitiva, l'omesso deposito degli originali o duplicati telematici dell'atto d'impugnazione e della relativa notificazione non può determinare l'improcedibilità dell'appello, atteso che il destinatario della notifica telematica, venuto in possesso dell'originale dell'atto, risulta in grado di effettuare direttamente la verifica di conformità, dovendosi privilegiare il principio di "strumentalità delle forme" processuali senza vuoti formalismi, alla luce del rilievo attribuito dagli artt. 6 CEDU, 47 della Carta UE e 111 Cost. all'effettività dei mezzi di azione e difesa in giudizio, configurati come diretti al raggiungimento di una decisione di merito. Si richiamano, all'uopo, i precedenti arresti:
Con l'ordinanza Cass. civ., sez. I, 25 ottobre 2024, n. 27677, la Corte di Cassazione ha ribadito la centralità del principio di strumentalità delle forme processuali, consolidando una linea giurisprudenziale che privilegia la sostanza sulla forma quando questa non compromette il diritto di difesa del destinatario dell'atto. Tale orientamento è in linea con le recenti riforme del processo civile, orientate a snellire le formalità e a limitare il numero di impugnative basate su mere questioni formali. Questa decisione rappresenta una conferma che l'obiettivo ultimo del processo è la tutela effettiva dei diritti, senza eccessivi formalismi, se questi non sono strettamente necessari. La lotta agli inutili formalismi che ancora costellano il processo telematico - più attenta alle forme (non ai formalismi) della tutela dei diritti e al raggiungimento dello scopo – trova un argine non solo nel richiamato orientamento di legittimità ma anche nella giurisprudenza della Corte EDU. La Corte di Strasburgo, infatti, nella sentenza del 23 maggio 2024, sul caso Patricolo e altri ha esaminato diversi ricorsi contro l'Italia relativi a dichiarazioni di improcedibilità della Corte di cassazione perché i ricorrenti non avevano depositato in cancelleria la relazione di notificazione delle decisioni che volevano impugnare in conformità ai requisiti formali e ai termini previsti dalla legge. La Corte, in particolare, accoglie alcuni dei ricorsi italiani che le sono pervenuti basandosi sul criterio del “formalismo eccessivo”, dichiarando la violazione nei relativi casi dell'art. 6, par. 1, CEDU. Essa ribadisce infatti che, nell'applicare le norme procedurali, i tribunali nazionali devono evitare il formalismo eccessivo che è contrario all'obbligo di assicurare il diritto concreto ed effettivo di accesso a un tribunale. Tale diritto, ritiene la Corte richiamando propri precedenti, è compromesso quando le norme non servono più a conseguire i fini della certezza del diritto e della retta amministrazione della giustizia e formano una specie di barriera che impedisce ai litiganti di ottenere una determinazione nel merito della causa da parte di un tribunale competente. I tribunali interni devono evitare il formalismo eccessivo tenendo conto degli ostacoli pratici che i ricorrenti possono incontrare nell'utilizzo delle nuove tecnologie. Nell'attuale contesto di crescente digitalizzazione della giustizia degli Stati contraenti, le nuove tecnologie dovrebbero essere utilizzate come strumenti per migliorare l'accesso effettivo e concreto alla giustizia e dovrebbe esservi la supervisione dei giudici sulla loro messa in opera in modo da garantire i diritti procedurali delle parti. In definitiva, La Corte EDU, nel rammentare anzitutto il parere n. 14 (2011) del Consiglio consultivo dei giudici europei (CCJE) sulla giustizia e le tecnologie dell'informazione (IT), mette in guardia: «Le IT dovrebbero essere uno strumento o un mezzo per migliorare l'amministrazione della giustizia, per facilitare l'accesso degli utenti ai tribunali e per rafforzare le garanzie stabilite dall'articolo 6 CEDU: accesso alla giustizia, imparzialità, indipendenza del giudice, equità e ragionevole durata dei processi (…) Le IT non devono diminuire i diritti procedurali delle parti. I giudici devono stare attenti a tali rischi in quanto spetta loro la responsabilità di assicurare la tutela dei diritti delle parti». |