Le procedure familiari nel codice della crisi e le recenti modifiche del Correttivo-ter
Giuliana Gianna
12 Marzo 2025
L’Autrice svolge una panoramica sulle procedure “familiari” di composizione della crisi da sovraindebitamento, già previste dall’art. 7-bis della l. n. 3/2012 e oggi dall’art. 66 del codice della crisi, recentemente modificato dal Correttivo-ter con interventi sia di carattere terminologico, sia di tipo procedimentale.
Introduzione
Sin dalla legge n. 3/2012, pur in assenza di una espressa previsione normativa, il “sovraindebitamento familiare” ha ricevuto ampio riconoscimento e contestuale tutela, come dimostrato dalla giurisprudenza di merito in materia.
Con il codice della crisi, la specificità della disciplina prevista dall'art. 66 c.c.i.i. ha sancito il riconoscimento formale del “sovraindebitamento familiare”, rappresentando una tra le più rilevanti novità che ha colmato alcune delle lacune della l. n. 3/2012. Prevedere la possibilità per i membri della stessa famiglia di attivare un'unica procedura di composizione della crisi, in caso di convivenza o nell'ipotesi di un'origine comune dell'esposizione debitoria, offre indubbiamente anche dei vantaggi sotto il profilo procedurale, non solo per il gestore della crisi, ma anche per il Tribunale adito.
Il Correttivo-ter ha riscritto parzialmente l'art. 66 c.c.i.i. e nel disciplinare i criteri di coordinamento nella scelta della procedura, in virtù dell'accesso da parte di più componenti dello stesso nucleo familiare, ha confermato la considerazione meramente pratica sulla quale si fonda la finalità del risanamento complessivo, che trova le sue radici nella giurisprudenza e nella sua funzione economico-sociale.
Il sovraindebitamento familiare nella legge n. 3/2012
La crisi da sovraindebitamento, coinvolgendo sempre più spesso i nuclei familiari, rappresenta non solo un problema sul piano economico, ma soprattutto su quello sociale.
Pur in assenza di una espressa previsione normativa, fatta eccezione per il debitore-consumatore, le start-up innovative e l'imprenditore agricolo, individuati come i destinatari delle procedure previste dalla legge n. 3/2012, tutti gli altri soggetti aventi titolo all'accesso a tali procedure sono stati ricavati, indirettamente, facendo riferimento ai soggetti cui «non è applicabile la legge fallimentare e a quelli per cui il ricorso alle procedure concorsuali è, per espressa previsione di legge, inibito».
Tuttavia, come testimonia la giurisprudenza di merito, la possibilità per i membri di una stessa famiglia di presentare un'unica istanza per l'accesso ad una delle procedure finalizzate alla risoluzione della crisi è stata pacificamente riconosciuta, in particolare laddove sia configurabile un'origine comune dell'indebitamento, come nel caso - ancora oggi piuttosto frequente - in cui i congiunti risultino coobbligati nella sottoscrizione del mutuo per l'acquisto della casa o di un finanziamento per i bisogni della famiglia.
In tali casi, è stata riconosciuta ai familiari la facoltà di presentare un solo ricorso per accedere ad uno degli istituti del sovraindebitamento, considerato che «appare del tutto ragionevole consentire ai coniugi di affrontare congiuntamente lo squilibrio finanziario correlato alla vita in comune, mostrandosi incongruo ed irragionevole, oltre che più complicato e costoso, pretendere che ciascuno fronteggi su binari paralleli quel medesimo squilibrio, magari all'insaputa o nell'inerzia dell'altro, soprattutto qualora il ceto creditorio sia composto da titolari di pretese riguardanti entrambi i componenti della famiglia» (cfr. Trib. Napoli Nord, 18 maggio 2018; Trib. Milano, 6 dicembre 2017).
La valutazione positiva circa l'ammissibilità del ricorso proposto congiuntamente da due coniugi poggia sulla circostanza che la legge n. 3/2012 – nel solco dell'esperienza degli altri paesi dell'Unione europea – nasce per dare rimedio al quadro reale delle famiglie sovraindebitate e la mancata espressa previsione non ostacola un'interpretazione estensiva del concetto di “debitore” di cui all'art. 6 così da comprendere i singoli componenti della famiglia che complessivamente versi nella situazione di crisi rappresentata dalla norma.
Possono senz'altro ritenersi legittimati ad accedere agli strumenti disciplinati dall'art. 6 l. n. 3/2012 gli enti lato sensu collettivi, quindi le famiglie, in quanto i relativi componenti corrispondono alla qualifica di debitori civili sovraindebitati, tanto più che «per ragioni di economia processuale si deve ritenere che il concetto di "consumatore" di cui all'art. 6, secondo comma, lett. b) l. n. 3/2012 possa considerarsi riferito non solo al singolo debitore, ma anche ai componenti di una famiglia che si trovi in una situazione che non consenta l'adempimento delle obbligazioni da essa contratte, e che, pertanto, marito e moglie possano, laddove gran parte dell'indebitamento sia comune, contestualmente presentare un'istanza volta ad aver accesso, ai sensi di detta legge, ad una delle procedure di composizione della crisi, in particolare a quella di liquidazione dei beni ex artt. 14 ter e sgg.; ciò in quanto risulta incongruo, oltre che complicato e costoso, che ciascuno dei coniugi debba fronteggiare su binari paralleli, separatamente l'uno dall'altro, il disquilibrio finanziario che risulti frutto di scelte fatte, peraltro in regime di comunione legale, nell'ambito della vita in comune» (cfr. Trib. Mantova, 8 aprile 2018).
Con il successivo inserimento dell'art. 7-bis- con il quale è stato espressamente previsto che «I membri della stessa famiglia possono presentare un'unica procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un'origine comune» - la legge n. 3/2012 ha anticipato la previsione contenuta nell'art. 66 del d.lgs. n. 14/2019, introducendo una disciplina innovativa con riferimento alle procedure familiari: trattandosi di procedure collegate, sia nei casi in cui i soggetti sovraindebitati siano familiari conviventi, sia quando la situazione di crisi del gruppo familiare abbia un'origine comune, si è voluto privilegiare il trattamento contestuale della gestione del sovraindebimento atteso che la difficoltà di uno dei componenti della famiglia inevitabilmente si riflette negativamente sull'intero nucleo familiare.
Le procedure familiari nel codice della crisi
L'importanza che riveste l'istituto della famiglia, tenuto conto della circostanza che le persone si indebitano spesso per sostenere l'attività dei propri congiunti, ha indotto il legislatore a prevedere, con l'art. 66 c.c.i.i., norme specifiche al fine di procedere unitariamente alla ristrutturazione dei debiti di più familiari tutti sovraindebitati.
Come noto, è proprio nell'ambito familiare che le sorti del debito sono destinate a produrre i loro effetti, con riflessi sulla sfera affettiva oltre che economica, così coinvolgendo tutti i soggetti strettamente collegati al singolo debitore non solo quando l'obbligazione sia solidalmente assunta da più soggetti familiari, ma anche nell'ipotesi in cui un soggetto garantisca per i debiti già assunti da un altro.
Al fine di comporre la crisi, la nuova disciplina regola il sovraindebitamento familiare, sia mediante la possibilità di presentare un unico progetto unitario di risoluzione ovvero mediante la trattazione unitaria delle procedure singolarmente attivate dai componenti del medesimo nucleo familiare, grazie ad apposite previsioni di coordinamento.
La norma, tuttavia, accorda una facoltà e non un obbligo, per cui deve ritenersi legittima la proposizione di separate istanze.
Ed infatti l'art. 66 prevede al primo comma che «I membri della stessa famiglia possono presentare un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un'origine comune».
Sotto il profilo soggettivo sono previsti due ambiti di applicabilità, alternativi tra loro, rappresentati dalla circostanza per cui i debitori siano familiari conviventi o la situazione di sovraindebitamento presenti un'origine comune.
Lo scopo di considerare la famiglia in senso ampio è quello di addivenire al risanamento complessivo degli indebitamenti delle famiglie, nel cui ambito, le esposizioni passive dei singoli finiscono per sovrapporsi e influenzarsi al punto tale da condizionarsi reciprocamente.
Lo strumento di accesso al sovraindebitamento familiare rimane quello della proposizione di un'unica domanda a condizione che sussistano le condizioni, alternative fra loro, come evincibile dalla disgiuntiva «o» che figura nel testo della norma:
la convivenza: la circostanza che i familiari coabitino consente, anche a prescindere dalla contitolarità di beni o dalla condivisione di debiti, l'utilizzo di uno strumento cui è quantomeno connessa una riduzione di costi;
l'origine comune dell'indebitamento o la radice comune del debito, anche in assenza di vita in comune, permette una trattazione processuale unitaria della relativa vicenda.
Quanto al coordinamento tra le diverse procedure, l'art. 66 prevede espressamente che «quando uno dei debitori non è un consumatore, al progetto si applicano le disposizioni in materia di concordato minore».
In tali casi, in cui è necessaria non solo una gestione ma soprattutto una soluzione unitaria del problema, è possibile presentare un unico progetto di risoluzione della crisi ed è previsto che «nel caso in cui siano presentate più richieste di risoluzione della crisi da sovraindebitamento riguardanti membri della stessa famiglia, il giudice adotta i necessari provvedimenti per assicurarne il coordinamento. La competenza appartiene al giudice adito per primo».
Seppur non espressamente disciplinata, la possibilità di presentare una procedura familiare anche nell'ipotesi di liquidazione controllata è stata ritenuta ammissibile dalla giurisprudenza «in applicazione del disposto dell'art 66, c. 1 CCI sulle c.d. procedure familiari. La norma, infatti, è oggi collocata nel CCI tra le disposizioni di carattere generale in tema di sovraindebitamento che, come chiarito dal disposto dell'art. 65, c. 1 CCI, comprendono non solo il concordato minore e la ristrutturazione dei debiti del consumatore, ma anche la liquidazione controllata del soggetto sovraindebitato. Pertanto, deve ritenersi che con il CCI l'applicazione delle disposizioni di cui all'art 66 sulle procedure familiari anche alla liquidazione controllata sia oggi oggetto di espressa previsione di legge, proprio in quanto la norma costituisce previsione di carattere generale applicabile a tutte le procedure di sovraindebitamento, ivi compresa la liquidazione controllata» (cfr. Trib. Verona, 6 ottobre 2022; Trib. Ferrara 16 dicembre 2022).
Tuttavia, pur risultando pacifica l'ammissibilità di una proposta unitaria familiare, nella prassi si è registrata quasi immediatamente la necessità di aprire diverse procedure di liquidazione controllata, tante quante i singoli soggetti del nucleo familiare istante, attesa la necessità di mantenere distinte le masse attive e passive dei componenti, secondo quanto previsto dal comma 3 dell'art. 66.
Basti pensare al diverso numero di ruolo attribuito alla procedura al momento dell'iscrizione a ruolo del ricorso introduttivo (che segue il rito del procedimento unitario) rispetto a quello assegnato, una volta dichiarata con sentenza l'apertura della procedura, come avviene in particolare nel caso della liquidazione controllata, considerato che ai sensi dell'art. 270 «la sentenza produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili».
Di conseguenza alle incombenze di cui agli artt. 272 e ss. il liquidatore dovrà provvedere separatamente curandosi di specificare ai creditori titolari di crediti comuni che essi hanno l'onere di insinuarsi in entrambe le procedure interessate (cfr. Trib. Modena, 31 marzo 2023).
Il Terzo Correttivo e le modifiche all'art. 66 c.c.i.i.
Il Correttivo-ter del Codice della crisi ha modificato l'articolo 66 con interventi sia di carattere terminologico, al fine di allinearne le disposizioni a quelle del procedimento unitario, sia di tipo procedimentale, per la risoluzione delle questioni applicative sorte in sede di prima applicazione.
In particolare, il Correttivo integra il comma 1 dell'art. 66 esplicitando la natura dell'applicazione alternativa e non cumulativa del prerequisito soggettivo della procedura.
A tal fine è rimasta invariata la platea dei soggetti che, oltre al coniuge, vengono considerati membri della stessa famiglia, ossia «i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, nonché le parti dell'unione civile e i conviventi di fatto di cui alla legge 20 maggio 2016, n. 76».
La non cumulabilità dei due presupposti privilegia la trattazione unitaria della crisi familiare e l'interesse che sopravvive anche in ipotesi di scioglimento del vincolo coniugale.
In tal senso, la giurisprudenza di merito ha ritenuto ammissibile la procedura familiare nell'ipotesi di coniugi legalmente separati (Trib. Forlì, 19 gennaio 2024) configurandosi in tal caso «un intreccio causale del sovraindebitamento» che giustifica, anche per evidenti ragioni di economia processuale e non solo, l'ammissibilità della domanda ex art. 66 mentre non ha ritenuto ammissibile la procedura familiare nell'ipotesi di coniugi divorziati (Trib. Bologna, 19 novembre 2024) sulla constatazione che «i debitori non fanno più parte dello stesso nucleo familiare» e che «a seguito della cessazione dell'unione matrimoniale, oltre a venir meno la convivenza (come risulta del resto dalla circostanza che i ricorrenti vivono in regioni diverse), non ricorrono più i presupposti di cui all'art. 66, II comma, CCI. Non va inoltre trascurato che i figli della coppia sono ormai adulti ed economicamente autosufficienti, cosicchè non è neppure configurabile la sopravvivenza di un rapporto familiare “di fatto” basato su una relazione di frequentazione per le esigenze di educazione e cura dei figli e di esercizio congiunto della potestà genitoriale. Per tali ragioni, pur essendo l'origine del sovraindebitamento comune, non ricorrono i presupposti per la trattazione unitaria delle domande di apertura della liquidazione controllata».
Pertanto, rimasti invariati i commi 2, 3 e 4, le uniche modifiche riguardano i commi 1 e 5: la nuova formulazione del comma 1 («I membri della stessa famiglia possono presentare un'unica domanda di accesso ad una delle procedure di cui all'articolo 65, comma 1, quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un'origine comune») utilizza una terminologia più aderente alla natura processuale della disposizione che rimanda al procedimento unitario, parlando di «unica domanda di accesso» piuttosto che di «unico progetto», dizione che attiene al contenuto della domanda più che alla forma dell'atto di instaurazione della procedura.
Nel secondo periodo del comma 1 viene precisato, in coerenza con la natura e funzione della procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, che se uno dei debitori appartenenti alla stessa famiglia non è un consumatore tale procedura non può essere utilizzata («Quando uno dei debitori non è un consumatore, non si applicano le disposizioni della sezione II del presente capo, ad eccezione dell'articolo 67, comma 5»). Orbene, tacendo sulla tipologia della procedura da preferire, il legislatore ha implicitamente rimesso ogni valutazione agli istanti e soprattutto all'OCC che tramite il gestore incaricato potrà individuare il migliore percorso di risoluzione della crisi rispetto al singolo caso optando tra concordato minore e liquidazione controllata.
È inoltre chiarito, con l'inserimento di un ultimo periodo al primo comma dell'art. 66 («La domanda di apertura della liquidazione controllata può essere proposta anche se uno o più debitori si trovano nelle condizioni previste dall'articolo 283, se per almeno uno di essi sussistono i presupposti di cui all'articolo 268, comma 3, quarto periodo»), che è possibile per i membri della stessa famiglia accedere alla liquidazione controllata anche se uno o più componenti si trovano nelle condizioni di incapienza previste dall'articolo 283 ai fini dell'esdebitazione del sovraindebitato incapiente. Quest'ultima modifica si è resa necessaria dalla scelta, compiuta nell'ambito dell'articolo 268, comma 3, di consentire l'apertura della liquidazione controllata su istanza del creditore nei confronti del debitore incapiente soltanto quando questi non sollevi la relativa eccezione entro la prima udienza, e di legare l'apertura della liquidazione in caso di istanza del debitore all'attestazione dell'OCC che è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori, anche mediante esercizio di azioni giudiziarie.
Se la convivenza costituisce il substrato in cui si verificano più facilmente ipotesi di insolvenza, la causa comune dell'indebitamento configura un collante tale da suggerire soluzioni unitarie di superamento anche tra familiari non conviventi.
Altra parziale modifica introdotta dal Correttivo-ter riguarda il comma 5, dedicato alla liquidazione del compenso degli OCC prevedendo, rispetto al passato, che «La liquidazione del compenso dovuto all'organismo di composizione della crisi è ripartita tra i membri della famiglia in misura proporzionale all'entità dell'attivo di ciascuno». Come segnalato dagli operatori, la proporzionalità rispetto ai debiti può portare a compensi del tutto sproporzionati rispetto all'esito della procedura (leggasi all'attivo ricavato), a discapito dei creditori, e può peraltro non incentivare gli organismi ad una più efficiente azione volta all'acquisizione di attivo.
In definitiva, quando uno dei debitori di cui all'art. 2, comma 1, lett. e), non è un consumatore, al progetto unitario si applicano le disposizioni:
del concordato minore, ex art. 74, e ss., c.c.i.i., quando ricorrono le condizioni soggettive (familiari conviventi o debitoria comune);
della liquidazione controllata, ex art. 268, c.c.i.i., anche se uno o più debitori si trovano nelle condizioni previste per l'esdebitazione, ex art. 283 c.c.i.i., se per almeno uno di essi sussistono i presupposti di cui all'articolo 268, comma 3, quarto periodo, per il quale l'OCC attesti che non è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori neppure mediante l'esercizio di azioni giudiziarie.
La portata della norma di cui all'art. 66 ha carattere generale e, come chiarito dall'art. 65 c.c.i.i., si applica non solo al concordato minore e alla ristrutturazione dei debiti del consumatore, ma anche alla liquidazione controllata del sovraindebitato.
La persona fisica qualificabile come consumatore non può accedere al concordato minore, ma solo al piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore, che è invece precluso a tutti gli altri soggetti che si trovino in stato di sovraindebitamento ex art. 2, comma 1, lett. c) c.c.i.i. L'unica procedura a cui possono accedere indistintamente tutti i suddetti soggetti è, invece, la liquidazione controllata.
Nel caso in cui siano presentate più richieste, l'art. 66, comma 4, prevede che il Giudice adotti i necessari provvedimenti per assicurarne il coordinamento e la competenza appartiene al Giudice adito per primo.
Si avrà un unico OCC che presenterà la domanda e costituirà un punto di riferimento unitario anche per le attività inerenti all'esecuzione del piano di ristrutturazione dei debiti o del concordato minore mentre nell'ipotesi di liquidazione controllata, pur risultando possibile la conferma dell'OCC-gestore in qualità di liquidatore per tutte le procedure che dovessero risultare aperte, tuttavia tale nomina sarà suscettibile di mancata conferma così optando per un liquidatore diverso qualora il Tribunale lo ritenga opportuno «posto che questi è stato già nominato liquidatore nella procedura di liquidazione controllata della figlia del ricorrente e che vi sono situazioni di potenziale conflitto d'interesse, in ragione delle possibili azioni di regresso del padre nei confronti della figlia per le garanzie di firma prestate» (Trib. Lucca, sent.n.108 del 20 dicembre 2023).
In definitiva, il Correttivo-ter ha riscritto solo parzialmente l'art. 66 e nel disciplinare i criteri di coordinamento nella scelta della procedura, in virtù dell'accesso da parte di più componenti dello stesso nucleo familiare, ha confermato la considerazione meramente pratica sulla quale si fonda la finalità del risanamento complessivo, che trova le sue radici nella giurisprudenza e nella sua funzione economico-sociale.
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