Ammissibile l’opposizione a decreto penale trasmessa ad indirizzo PEC non censito nell’elenco della DGSIA
13 Marzo 2025
Massima L'opposizione a decreto penale di condanna trasmessa ad un indirizzo di posta elettronica non ricompreso nell'elenco allegato al provvedimento del Direttore generale di DGSIA (Direzione generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia), contenente l'individuazione degli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui all'art. 87-bis del d.lgs. n. 150/2022, non può essere dichiarata inammissibile se - escluso l'obbligo di trasmissione - nel termine di decadenza, l'atto è comunque ricevuto dall'ufficio e trasmesso al giudice dell'impugnazione. Il caso Con ordinanza del 26/06/2024, il Gip del Tribunale di Latina ha dichiarato inammissibile l'opposizione proposta avverso il decreto penale di condanna emesso dallo stesso G.i.p., in quanto non inviata all'indirizzo PEC dell'ufficio giudiziario dedicato a ricevere le impugnazioni. Avverso tale provvedimento è stato proposto ricorso per cassazione. Con il primo motivo, è stata dedotta la violazione degli artt. 461 c.p.p., 87-bis d.lgs. n. 150/2022 e 591 c.p.p. per avere il giudice dichiarato inammissibile l'opposizione al decreto penale di condanna sul presupposto che tale atto costituirebbe un mezzo di impugnazione, con conseguente estensione allo stesso delle cause di inammissibilità previste dall'art. 591 c.p.p. e dall'art. 87-bis, comma 7, d.lgs. n. 150/2022. Secondo il ricorrente, l'opposizione non sarebbe equiparabile ad una impugnazione e, pertanto, non troverebbero applicazione le relative cause di inammissibilità tra cui quella che ricorre quando l'atto è depositato in via telematica ad un indirizzo PEC del giudice non ricompreso nell'elenco allegato al provvedimento del direttore generale dei servizi informatici del Ministero della Giustizia previsto dall'art. 87-bis, comma 1, d.lgs. n. 150/2022. Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione delle medesime norme dapprima citate in relazione all'art. 24 e 111 della Costituzione, per avere il Gip dichiarato inammissibile l'opposizione al decreto penale di condanna, sebbene fosse stata presentata nei termini, omettendo di fare di tali norme un'interpretazione orientata al diritto di difesa, al diritto al contraddittorio ed ai principi di conservazione dell'impugnazione e del raggiungimento dello scopo. In via subordinata, ha chiesto di sollevare questione di costituzionalità del richiamato art. 87-bis perché in contrasto, in particolare, con il diritto di difesa. Al riguardo, il ricorrente ha sottolineato che anche la Corte di cassazione, nel confrontarsi con le nuove cause di inammissibilità introdotte a seguito dell'introduzione del deposito telematico degli atti penali, ha ripudiato qualsiasi rigido formalismo. L'unico dato rilevante riguarderebbe la tempestività della presentazione dell'atto. Nel caso di specie, l'opposizione è stata inviata nel termine previsto dalla legge, per giunta non ad un soggetto diverso, ma proprio a quello deputato a riceverla secondo quanto prevede l'art. 461 c.p.p., cioè alla cancelleria del giudice che ha emesso il decreto (sebbene l'indirizzo PEC di tale ufficio non fosse ricompreso tra quelli che, in base al provvedimento del direttore generale del Ministero dapprima citato, sono deputati a ricevere gli atti di impugnazione). La questione L'art. 87-bis, comma 7, lett. c), cit. dispone che, fermo restando la disciplina delle cause di inammissibilità dell'impugnazione disciplinate dall'art. 591 c.p.p., nel caso di proposizione dell'atto a mezzo PEC, l'impugnazione è inammissibile anche «quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato». Questa causa di inammissibilità si applica anche all'opposizione al decreto penale di condanna? Le soluzioni giuridiche Il primo motivo è stato ritenuto fondato perché, in relazione all'atto di opposizione al decreto penale di condanna, l'art. 461, comma 1, c.p.p. richiama esclusivamente le modalità di presentazione dell'atto di impugnazione, previste dall'art. 582 c.p.p. e non anche la forma dell'impugnazione e i requisiti di ammissibilità previsti dall'art. 581 c.p.p. All'estensione della disciplina delle impugnazioni, pertanto, osta il principio di tassatività delle cause di inammissibilità, mentre l'equiparazione dell'opposizione all'atto di impugnazione va operata in quanto compatibile con il principio del favor oppositionis (così come affermato da Cass. pen., sez. V, 9 gennaio 2024, n. 4613, in CED Cass. n. 285978 – 01). Non si può considerare inammissibile, pertanto, l'opposizione depositata telematicamente presso un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato nel decreto del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui all'art. 87-bis, comma 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non trovando applicazione la causa di inammissibilità prevista dal comma 7 della stessa disposizione perché: a) tale disposizione non prevede l'estensione della sua applicazione all'opposizione a decreto penale; b) l'art. 87-bis, comma 6, cit., stabilisce espressamente l'estensione all'opposizione al decreto penale di condanna delle sole disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 della stessa norma; b) l'art. 461, comma 4, c.p.p. indica esplicitamente i casi in cui l'opposizione può essere dichiarata inammissibile, tra cui non rientra quello in esame. La causa di inammissibilità prevista dall'art. 87-bis, comma 7, lett. c) d.lgs. n. 150/2022, invero, ripropone, nella sostanza, il disposto dell'art. 24, comma 6-sexies, lett. e), d.l. n. 137/2020. Pronunciandosi sulle diverse cause di inammissibilità previste da tale ultima norma, la Corte di cassazione ha privilegiato un approccio che ripudia un rigido formalismo e che risponde alla necessaria verifica della tutela dei valori che le prescrizioni formali introdotte intendono presidiare da individuarsi nella certezza dell'identificazione del mittente per mezzo della identità digitale delineata dall'indirizzo PEC attribuito al difensore ed all'autenticità della sottoscrizione (Cass. pen., sez. VI, n. 40540/2021, in CED Cass. n. 282306; Cass. pen., sez. VI, n. 40540/2021; Cass. pen., sez. I, n. 2784/2021, dep. 2022, in CED Cass. n. 282490; Cass. pen., sez. I, n. 41098/2021, in CED Cass. n. 282151). Utili indicazioni sul tema della latitudine delle cause di inammissibilità delle impugnazioni, e non solo dell'opposizione a decreto penale di condanna, correlate al luogo - materiale o virtuale - di deposito, si rinvengono nella sentenza delle Sezioni unite n. 1626/2020, dep. 2021, Bottari, in CED Cass. n. 280167. Pur pronunciandosi in materia di impugnazioni cautelari, le Sezioni unite hanno aderito ad un approccio di tipo sostanzialistico, rimarcando come solo l'inosservanza del termine di presentazione ne determina, in realtà, l'inammissibilità. Il luogo di presentazione rileva solo ai fini della verifica della tempestività dell'impugnazione, con la conseguenza che il ricorso depositato presso una cancelleria diversa, ancorché le formalità connesse alla presentazione siano le stesse, rimane privo di effetti se nel termine, previsto a pena di decadenza, non perviene anche nella cancelleria legalmente individuata. Se tale condizione si avvera, tuttavia, non vi sono ragioni sostanziali per negare la validità dell'impugnazione, in quanto può ritenersi raggiunta la finalità del ricorrente di attivare il sistema impugnatorio. In altri termini - escluso l'obbligo di trasmissione dell'impugnazione al giudice competente – non può essere dichiarata inammissibile l'impugnazione che, entro il termine di decadenza della sua proposizione, abbia comunque raggiunto il suo scopo. L'impugnazione, trasmessa ad un indirizzo di posta elettronica non censito nell'elenco allegato al provvedimento del Direttore generale di DGSIA di cui all'art. 87-bis d.lgs. n. 150/2022 (e, prima, all'art. 24, comma 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176), non può essere dichiarata inammissibile se, nel termine, l'atto è comunque ricevuto dall'ufficio trasmesso al giudice dell'impugnazione. La soluzione esegetica accolta si allinea alla più recente giurisprudenza europea in tema di diritto di accesso alla giustizia, ai sensi dell'art. 6 CEDU, nella declinazione espressa nella sentenza della Corte di Strasburgo n. 55064 del 28/10/2021, Succi c. Italia. In questa decisione, la Corte europea ha ripudiato l'acritico ossequio al mero formalismo disfunzionale e contrastante con altre norme, invitando a considerare l'impianto complessivo del sistema in cui la norma stessa è chiamata ad interagire. La Corte di cassazione ha ritenuto fondato anche il secondo motivo di ricorso, ravvisando un evidente mancato rispetto del diritto di difesa, perché, nonostante l'atto di opposizione fosse stato inviato alla cancelleria del giudice competente, il ricorrente non ha potuto esercitare il diritto costituzionalmente garantito di difendersi pienamente tramite il contraddittorio tra le parti. A differenza di un atto di appello o di un ricorso per cassazione, infatti, l'opposizione è il solo mezzo che consente all'opponente di instaurare un contraddittorio, ponendo in essere per la prima volta la difesa. È in ciò che si concretizza il diritto di accesso alla giustizia che trova la sua tutela nell'art. 6 Cedu. A tal riguardo, la Corte europea, nel riconoscere un pieno "diritto a un Tribunale", ne ammette specifiche limitazioni anche per le impugnazioni (Corte EDU del 15 settembre 2016, Requ. n. 32610/07 - caso Trevisanato c. Italia), purché tali restrizioni non abbiano come conseguenza quella di limitare l'accesso alla giustizia in una maniera o a un punto tali che il diritto risulti pregiudicato nella sua stessa sostanza. Le limitazioni al diritto di accesso alla giustizia, inoltre, sono conformi all'art. 6 CEDU solo se perseguono uno scopo legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito (caso Guérin c. Francia del 29 luglio 1998, Recueil 1998 - V, par. 37), tenuto conto del processo complessivamente condotto nell'ordinamento giuridico interno. Nel caso di specie, come già evidenziato, l'atto di opposizione al decreto penale di condanna, in ragione della sua particolare natura, è il solo mezzo che consente all'opponente di instaurare un contraddittorio e porre in essere per la prima volta la difesa. Dichiararlo inammissibile in casi come quello in esame, pertanto, lede certamente il diritto al contraddittorio, annullando il diritto di difesa. Osservazioni 1. Appare opportuno premettere che il d.m. 27/12/2024, n. 206, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30/12/2024 ha modificato l'art. 3 deld.m. 29/12/2023 n. 217 che prevede le “Regole tecniche riguardanti il deposito, la comunicazione e la notificazione con modalità telematiche degli atti e documenti, la consultazione e gestione dei fascicoli informatici nei procedimenti penali e civili”. All'art. 1, comma 1, il nuovo decreto ministeriale ha stabilito la regola generale del deposito di atti, documenti, richieste e memorie da parte dei soggetti abilitati interni ed esterni esclusivamente con modalità telematiche, ai sensi dell'art. 111-bis c.p.p. nei seguenti uffici penali: a) Procura della Repubblica presso il tribunale ordinario; b) procura europea; c) sezione del giudice per le indagini preliminari del tribunale ordinario; d) tribunale ordinario; e) procura generale presso la Corte d'appello, limitatamente al procedimento di avocazione. Rispetto a questa regola, però, sono previste rilevanti deroghe, con la istituzione di un regime di “doppio binario”. L'art. 1, comma 2, infatti, consente il deposito anche in forma analogica fino al 31/12/ 2025 nei seguenti uffici: a) Procura della Repubblica presso il tribunale ordinario; b) procura europea; c) sezione del giudice per le indagini preliminari del tribunale ordinario. In tali uffici, «il deposito da parte dei soggetti abilitati interni di atti documenti richiesti e memorie … può avere luogo anche con modalità non telematiche». La possibilità del deposito con modalità non telematiche da parte dei soggetti abilitati interni, tuttavia, non opera per gli atti, documenti e richieste che riguardano:
L'art. 1, comma 3, poi, prevede un sistema di doppio binario fino al 31/12/2025 anche negli uffici giudiziari: c) sezione del giudice per le indagini preliminari del tribunale ordinario; d) tribunale ordinario. La possibilità dell'impiego della modalità non telematica, però, riguarda soltanto il deposito, sia da parte dei soggetti abilitati interni, sia da parte dei soggetti abilitati esterni di atti documenti e richieste e memorie nei procedimenti regolati da libro IV del c.p.p. (misure cautelari) e in quelli relativi all'impugnazione in materia di sequestro probatorio. All'art. 1, comma 4, quindi, è previsto che fino al 31/03/2025 può avere luogo con modalità non telematica:
Provando a sintetizzare:
La questione affrontata dalla sentenza illustrata, pertanto, non è più attuale, perché, a partire dall'1/1/2025, il deposito dell'opposizione al decreto penale di condanna deve necessariamente avvenire tramite il mezzo telematico e, segnatamente, il portale. 2. L'art. 87-bis, comma 1, d.lgs. n. 150/2022, invero, ha consentito il deposito a mezzo PEC, già disciplinato dall'art. 24 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, per tutti gli atti processuali diversi da quelli previsti dall'art. 87, comma 6-bis, d.lgs. n. 150/2022 e da quelli indicati ex art. 87, comma 6-ter, d.lgs. n. 150/2022 - cioè diversi dagli atti per i quali si deve ricorrere esclusivamente al deposito nel portale del processo penale - fino al momento in cui, con l'entrata in vigore dei regolamenti indicati dall'art. 87 d.lgs. n. 150/2022, sarà pienamente operativo il nuovo processo penale telematico (e, dunque, si potrà ricorrere al sistema di deposito degli atti previsto dall'art. 111-bis c.p.p.). Il decreto ministeriale illustrato in precedenza per il procedimento per decreto penale di condanna impone dal 1/01/2025 di ricorrere al portale del processo penale, superando la possibilità di adoperare la PEC. 3. Nonostante che la questione affrontata dalla sentenza illustrata non sia più attuale, la decisione si segnala per diverse ragioni. La Corte di cassazione, in primo luogo, ha ribadito le peculiarità della opposizione a decreto penale rispetto all'impugnazione. L'opposizione, in particolare, è il solo mezzo che consente all'opponente di instaurare un contraddittorio, ponendo in essere per la prima volta la difesa. Tale profilo ne segna la distinzione di fondo rispetto ai mezzi di impugnazione. Esclusa la sovrapponibilità di opposizione ed impugnazione, non è possibile estendere alla prima della disciplina delle cause di inammissibilità dell'impugnazione. L'art. 461, comma 1, c.p.p., del resto, richiama esclusivamente le modalità di presentazione dell'atto di impugnazione previste dall'art. 582 c.p.p. e non anche la forma dell'impugnazione e i requisiti di ammissibilità previsti dall'art. 581 c.p.p. (Cass. pen., sez. V, n. 4613/2024, in CED Cass. n. 285978 – 01). L'art. 87-bis, comma 6, d.lgs. n. 150/2022, poi, stabilisce espressamente l'estensione all'opposizione al decreto penale di condanna delle sole disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5, ma non del comma 7, della stessa norma. Ne consegue che la causa di inammissibilità dell'impugnazione, che ricorre «quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato», non si estende all'opposizione a decreto penale di condanna. 4. La sentenza, peraltro, afferma un principio generale sul favor impugnationis certamente applicabile anche al deposito a mezzo PEC di atti di impugnazione diversi dall'opposizione al decreto penale. In particolare, la Corte di cassazione ha affermato che l 'impugnazione, trasmessa ad un indirizzo di posta elettronica non censito nell'elenco allegato al provvedimento del Direttore generale di DGSIA di cui all'art. 87-bis d.lgs. n. 150/2022 (e, prima, all'art. 24, comma 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176), non può essere dichiarata inammissibile se, nel termine, l'atto è comunque ricevuto dall'ufficio trasmesso al giudice dell'impugnazione. Va precisato, però, che la sentenza ha escluso l'obbligo di trasmissione dell'impugnazione al giudice competente, limitandosi ad affermare che l'impugnazione non può essere dichiarata inammissibile se, entro il termine di decadenza della sua proposizione, abbia comunque raggiunto il suo scopo, cioè abbia raggiunto il giudice competente Per raggiungere tale risultato interpretativo, la Corte ha richiamato l'orientamento della Corte EDU in tema di legittimità dei limiti all'accesso alla giustizia. La norma convenzionale consente di ritenere validi tali limiti solo se perseguono uno scopo legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito. Soprattutto, la Corte di cassazione ha affermato che vada privilegiato un approccio che ripudia un rigido formalismo e che risponde alla necessaria verifica della tutela dei valori che le prescrizioni formali introdotte intendono presidiare da individuarsi. Tali valori sono stati individuati nella certezza dell'identificazione del mittente per mezzo della identità digitale delineata dall'indirizzo PEC attribuito al difensore e dell'autenticità della sottoscrizione (Cass. pen., sez. VI, n. 40540/2021, in CED Cass. n. 282306; Cass. pen., sez. VI, n. 40540/2021; Cass. pen., sez. I, n. 2784/2021, dep. 2022, in CED Cass. n. 282490; Cass. pen., sez. I, n. 41098/2021, in CED Cass. n. 282151). Sul punto, peraltro, va sottolineato che, in sede di riscrittura delle cause di inammissibilità dell'impugnazione inviata a mezzo PEC ad opera dell'art. 87-bis, comma 7, d.lgs. n. 150/2022, non è stato più previsto il mancato impiego dell'indirizzo di posta elettronica intestato al difensore (oltre alla mancata sottoscrizione degli allegati all'impugnazione). La norma da ultimo citata, innovando in modo significativo sul punto la disciplina delle cause di inammissibilità, ha limitato la sanzione di inammissibilità al solo caso in cui «l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel registro generale degli indirizzi elettronici di cui al comma 1» della stessa norma. È dunque consentito l'invio da un indirizzo pec, presente del registro, ancorché non appartenente al difensore che ha sottoscritto in modo digitale l'atto. È sufficiente riscontrare la validità della sottoscrizione digitale del difensore che permette di attribuire con certezza l'atto allo stesso. |