Lavoro
ilGiuslavorista

Contratto di agenzia e indennità di fine rapporto: requisiti di esistenza e quantificazione. Note di credito e onere della prova per il diritto alla provvigione

18 Marzo 2025

La sentenza in commento del Tribunale di Torino si sofferma su due tematiche interessanti connesse alla disciplina del contratto di agenzia e più precisamente l’emissione di note di credito da parte del preponente e il diritto dell’agente alla provvigione e l’indennità di fine rapporto. Sul primo tema viene sottolineato l’obbligo per l’agente di dimostrare che il mancato buon fine dell’affare sia imputabile al preponente, non risultando all’uopo sufficiente la mera emissione di una nota di credito senza ulteriori specificazioni. Il diritto dell’agente all’indennità di fine rapporto viene poi analizzato in dettaglio con un’ampia disamina della più recente giurisprudenza in tema di requisiti di esistenza e quantificazione dell’indennità ex art. 1751 c.c. e di onere della prova a carico dell’agente, salva l’applicazione dei principi di prossimità o vicinanza dei mezzi di prova. Di rilievo è poi la verifica della sussistenza in concreto del requisito dei vantaggi sostanziali per la preponente derivanti dalla clientela apportata e sviluppata di cui all’art. 1751 c.c., dove il Tribunale ha richiamato giurisprudenza di merito che ne ha escluso la sussistenza laddove la cessazione del rapporto di agenzia si accompagni alla cessazione dell’attività aziendale. Presa di posizione quest’ultima che in termini generali può dare adito a qualche perplessità. È stata infine esclusa l’applicabilità delle previsioni dell’aec in tema di indennità suppletiva di clientela a fronte di una conforme espressa clausola contrattuale, senza tuttavia verificare se l’operatività dell’aec potesse dedursi altrimenti, come ad esempio dall’appartenenza delle parti alle associazioni stipulanti.

Massima

Nel contratto di agenzia l'emissione di note di credito non dimostra necessariamente la volontà del preponente e del terzo di non dare esecuzione al contratto; al fine di poter ottenere le relative provvigioni è per contro onere dell'agente dimostrare che le parti si erano effettivamente accordate per non dare esecuzione al contratto.

Ai sensi dell'art. 1751 c.c., per il riconoscimento dell'indennità di fine rapporto non è sufficiente che il recesso non sia imputabile all'agente, dovendo per contro sussistere tutte le altre condizioni di legge. L'onere della prova è a carico dell'agente, salvo per i temperamenti derivanti dall'applicazione del principio di prossimità o vicinanza alle fonti di prova. Il requisito della sussistenza di vantaggi sostanziali per il preponente, il cui onere probatorio grava sull'agente, è escluso laddove la cessazione del rapporto si accompagni alla cessazione dell'attività aziendale.

Il caso

La controversia tra origine dalla cessazione di un contratto di agenzia a tempo indeterminato, formalizzato con un contratto scritto avente efficacia retroattiva, dove tra i prodotti affidati all'agente i più significativi erano commercializzati dalla preponente in base a un contratto di distribuzione esclusiva per l'Italia, poi cessato in concomitanza con quello di agenzia.

Il contratto di agenzia era cessato a seguito di recesso ordinario con preavviso della preponente a cui era seguita una richiesta in via giudiziale dell'agente a titolo di provvigioni maturate e non corrisposte a fronte di note di credito emesse dal preponente in costanza di rapporto, indennità di mancato preavviso e indennità di fine rapporto, in via principale ex art. 1751 c.c. e in subordine, in base alla contrattazione collettiva di diritto comune, a titolo di indennità suppletiva di clientela, essendo già stato riconosciuto quanto accantonato nel fondo indennità di risoluzione del rapporto (FIRR) presso l'ENASARCO. La preponente precisava che i prodotti affidati all'agente erano diversi e che solo alcuni si riferivano al contratto di distribuzione esclusiva cessato, con la conseguenza che la loro eliminazione avrebbe costituito una mera modifica oggettiva e non certo una causa di risoluzione del rapporto. Veniva poi contestata la richiesta relativa all'indennità di mancato preavviso, stante la prosecuzione del rapporto per il relativo periodo. Veniva poi escluso il diritto all'indennità di fine rapporto, in funzione della presenza di un'espressa clausola contrattuale costituente una condizione risolutiva (art. 6), che subordinava l'efficacia del contratto alla vigenza dei contratti di distribuzione o licenza che autorizzavano la preponente a distribuire i prodotti sul territorio italiano. Veniva altresì contestata la sussistenza dei presupposti di esistenza e quantificazione dell'indennità di fine rapporto ex art 1751 c.c. ed ex aec e in particolare che l'agente avesse procurato nuovi clienti, così come che sussistessero vantaggi sostanziali derivanti al preponente dalla clientela apportata e sviluppata. In ordine alle provvigioni richieste in relazione alle note di credito emesse, si contestava l'assenza di prova dei relativi presupposti per il pagamento della provvigione.

Il Giudice del lavoro del Tribunale di Torino, ha risolto con una motivazione sintetica le questioni connesse alla richiesta di provvigioni sulle note di credito e all'indennità di mancato preavviso, respingendo le domande. Anche la domanda relativa all'indennità di fine rapporto è stata respinta, ma con una motivazione decisamente più articolata e incentrata sulla insussistenza dei requisiti di cui all'art. 1751 c.c. e sui relativi oneri probatori. È stato poi affrontato un tema centrale nella disciplina dell'indennità di fine rapporto costituito dai vantaggi sostanziali in capo al preponente derivanti dalla clientela apportata e sviluppata nell'ipotesi in cui venga meno la relativa attività aziendale o, come nel caso esaminato, la disponibilità dei prodotti a fronte della cessazione dei rapporti di distribuzione a monte in essere con il preponente.

La soluzione adottata lascia aperte alcune questioni e solleva perplessità, come meglio precisato nelle osservazioni. 

La questione

I temi più significativi oggetto della pronuncia in commento attengono da un lato alle note di credito emesse dal preponente in costanza di rapporto e alla possibilità per l'agente di richiedere il pagamento delle relative provvigioni e dall'altro alla questione economicamente più rilevante correlata alla cessazione di un contratto di agenzia e cioè l'indennità di fine rapporto e le condizioni relative all'esistenza e quantificazione del diritto.

Il primo argomento, relativo alle note di credito, si interseca con i temi più generali del diritto dell'agente alla provvigione qualora il contratto non abbia avuto regolare esecuzione e dell'onere della prova in ordine all'imputabilità al preponente del mancato buon fine.

Per l'indennità di fine rapporto, la questione classica correlata ai requisiti di esistenza e quantificazione del diritto all'indennità si arricchisce con la disamina del caso specifico in cui viene meno il contratto di distribuzione stipulato a monte dal preponente con il produttore, correlato alla validità di una condizione risolutiva prevista da una specifica clausola contrattuale che subordini l'esistenza del contratto di agenzia alla vigenza dei contratti di distribuzione e licenza stipulati dal preponente per la commercializzare dei prodotti oggetto del contratto. Come vedremo, il Tribunale ha ritenuto in linea di principio la nullità della predetta clausola quanto meno nell'interpretazione che escluda in via automatica il diritto dell'agente all'indennità di fine rapporto. Resta poi il tema dei criteri di esistenza e quantificazione dell'indennità, necessariamente vincolati alla sussistenza dei requisiti di cui all'art. 1751 c.c., nella cui valutazione il Tribunale si è riportato ad alcune pronunce di merito che escluderebbero l'esistenza del requisito dei vantaggi a favore del preponente qualora alla cessazione del rapporto di agenzia si accompagni la cessazione dell'attività aziendale. Conseguenza quest'ultima che solleva non poche perplessità.

Il Giudice ha infine escluso l'applicabilità degli accordi economici collettivi e in particolare delle disposizioni relative all'indennità suppletiva di clientela, in base a una valutazione fondata esclusivamente sulle previsioni contrattuali, senza apparentemente considerare i più generali criteri di applicabilità degli aec di diritto comune.

Le soluzioni giuridiche

Il Giudice del lavoro ha respinto la richiesta dell'agente di vedersi riconosciute le provvigioni sulle note di credito emesse dal preponente in costanza di rapporto, non ritendendo quindi illegittime le corrispondenti decurtazioni provvigionali effettuate dal preponente. L'agente riteneva infatti che la semplice emissione della nota di credito costituisse un'implicita ammissione del preponente in ordine al mancato perfezionamento dell'affare per inadempimento della stessa. È stata per contro accolta la tesi del preponente in base alla quale la nota di credito non è di per sé sola prova del fatto che l'affare non sia andato a buon fine per fatto imputabile al preponente, il cui onere probatorio grava per contro sull'agente, come confermato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. civ., sez. I, 15 febbraio 2025, n. 3851; Cass. civ., sez. II, 14 ottobre 2021, n. 28075). La Cassazione ha infatti precisato che alla base dell'emissione di una nota di credito possono sussistere una pluralità di ragioni, non necessariamente coincidenti con la volontà delle parti di non dare esecuzione al contratto, mentre il relativo onere probatorio gravava sull'agente. Stante la mancata allegazione e offerta di prova relativa alla mancata conclusione degli affari di cui alle note di credito per fatti imputabili al preponente, la richiesta è stata respinta.

La domanda relativa all'indennità sostitutiva del preavviso è stata invece respinta, stante la concessione dello stesso in misura pari a 9 mesi.

Sul tema principale relativo all'indennità di fine rapporto il Giudice del lavoro ha motivato la reiezione della domanda in maniera articolata riportandosi all'evoluzione della giurisprudenza di legittimità sul punto, richiamando una pronuncia del febbraio 2024 (Cass. civ., sez. II, 09 febbraio 2024 n. 3713) e ribadendo che ai sensi dell'art. 1751 c.c. il fatto costitutivo del diritto all'indennità di fine rapporto è la cessazione del contratto (salvi i fatti elencati nell'art. 1751 II comma c.c.) unitamente alla sussistenza delle condizioni di legge: che l'agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con quelli esistenti e che il preponente riceva ancora - dopo la cessazione del rapporto (in linea con la giurisprudenza sul punto della Corte di Giustizia) – vantaggi sostanziali, oltre alla rispondenza ad equità in base a una verifica in concreto valutando le sole circostanze del caso, intendendosi per tali tutti gli elementi ulteriori e diversi rispetto a quelli costituitivi che siano idonei a pervenire ad una adeguata quantificazione (Cass. 21337/29018; Cass. 15203/2010; Cass. 23996/2008).

In tema di onere della prova si è poi ribadito correttamente che lo stesso deve ritenersi gravare sull'agente, salvi i temperamenti derivanti dall'operatività del principio di vicinanza alle fonti di prova. In tema di criteri di quantificazione è stata richiamata la giurisprudenza (Cass. 23966/2008; Cass. 15203/2010; Cass. 15375/2017), anche derivante dalle pronunce della Corte di Giustizia, in base alla quale l'art. 17 della Direttiva 86/653 non prevede un calcolo da effettuarsi in maniera analitica, ma consente l'utilizzo di metodi di calcolo sintetici, anche valorizzando l'equità e prendendo quale punto di partenza il limite massimo di un'annualità media di provvigioni previsto dalla direttiva (principio quest'ultimo che appare opinabile).

Il Giudice ha poi esaminato la clausola contrattuale (art. 6) che stabiliva l'inesistenza del diritto dell'agente all'indennità laddove il preponente (come avvenuto nella fattispecie) avesse perso la possibilità di distribuire i prodotti (per la cessazione dei rapporti a monte di distribuzione o licenza in essere con i produttori), anche in funzione dell'assenza di vantaggi del preponente. La clausola è stata ritenuta nulla in quanto in contrasto con il principio di inderogabilità a svantaggio dell'agente delle previsioni di cui all'art. 1751 c.c., quanto meno nella misura in cui fosse interpretata nel senso di impedire all'agente di dimostrare che, nonostante l'avveramento di quanto ivi previsto, la società abbia continuato a percepire vantaggi sostanziali.

Per l'ottenimento dell'indennità ex art. 1751 c.c. l'agente deve tuttavia essere in grado di dimostrare la sussistenza dei requisiti di cui all'art. 1751 c.c., ritenuti sussistenti dal Giudice per l'incremento e sviluppo del fatturato, ma non per la persistenza di vantaggi sostanziali in capo al preponente. Il Giudice ha osservato che una precedente giurisprudenza di merito (Trib. Ferrara 02 maggio 2005; Trib. Torino sez. lav. 23 dicembre 2009, n. 5001) aveva escluso l'esistenza di vantaggi sostanziali in caso di cessazione dell'attività aziendale e che nella fattispecie, sarebbe stato onere dell'agente allegare e provare che al termine del contratto di distribuzione, i clienti avrebbero proseguito ad approvvigionarsi dal preponente seppure per prodotti differenti. Dopo aver citato alcune pronunce che confermavano l'essenzialità del requisito dei vantaggi sostanziali (Cass. 273/2019; Cass. 1484/2014 e App. Torino, sez. lav. 08 giugno 2022, n. 339) la domanda è stata quindi respinta. Da ultimo, anche la domanda relativa al pagamento dell'indennità suppletiva di clientela non ha trovato accoglimento a fonte di una previsione contrattuale che escludeva espressamente l'applicabilità della tutela prevista dagli aec. Il Giudice ha citato a supporto giurisprudenza di Cassazione (Cass. 28 ottobre 2021, n. 30487 e Cass. 30 novembre 2011, n. 25607) senza tuttavia apparentemente verificare se vi fosse la possibilità di ritenere gli aec di diritto comune comunque applicabili.

Osservazioni

La prima delle soluzioni adottate dalla pronuncia in commento in tema di diritto alle provvigioni in relazione a note di credito emesse dal preponente in costanza in rapporto appare in linea di principio condivisibile, non potendosi giustamente ritenere che la semplice emissione di una nota di credito di per sé implichi necessariamente il mancato perfezionamento dell'affare per fatto imputabile al preponente e/o per un accordo intervenuto tra le parti per non dare esecuzione al contratto. Ciò nonostante, il Giudice, pur rilevando l'assenza di deduzione e offerta di prova da parte dell'agente, avrebbe potuto quanto meno menzionare il principio di prossimità o vicinanza delle fonti di prova per cercare almeno in parte di sgravare l'agente dall'assolvimento di un onere probatorio decisamente significativo, stante la normale estromissione dell'agente dal processo decisionale correlato all'emissione delle note di credito, di norma appannaggio esclusivo del preponente.

Certamente condivisibile è poi quanto meno una parte dell'articolato iter argomentativo esposto in motivazione che, attraverso una serie di passaggi, ha ripercorso l'evoluzione giurisprudenziale italiana concernente i criteri di esistenza e quantificazione dell'indennità di fine rapporto, che costituiscono l'elemento più interessante della sentenza in commento (cfr. sul punto per approfondimenti A. Venezia – R. Baldi, Il contratto di agenzia. La concessione di vendita. Il franchising, XI ed Milano Giuffrè 2023, p. 333 e ss. e part. p. 389 e ss.).

Il Giudice, riportandosi alla più recente giurisprudenza ha infatti correttamente ribadito la necessità, ai fini del riconoscimento dell'indennità di fine rapporto ex art. 1751 c.c.non soltanto della cessazione del rapporto (in ipotesi su iniziativa del preponente con un recesso ordinario) ma anche della sussistenza dei requisiti di legge e più precisamente dell'apporto e sviluppo di clientela, della rispondenza ad equità tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto e soprattutto della sussistenza di vantaggi sostanziali per il preponente successivi alla cessazione del rapporto e derivanti dalla clientela apportata e sviluppata. L'onere di dimostrare la sussistenza dei requisiti di cui all'art. 1751 c.c. e dunque di dedurne l'esistenza e di offrirne la prova, è stata correttamente posta carico dell'agente con i necessari temperamenti derivanti dal principio di prossimità o vicinanza delle fonti di prova. Temperamenti da applicarsi a mio avviso in particolare in relazione al requisito dei vantaggi sostanziali successivi alla cessazione del rapporto, che per definizione dovrebbero essere noti soprattutto al preponente, mentre l'agente ormai estromesso dal rapporto di collaborazione, ben difficilmente potrà fornirne la prova. Suppliscono a questo proposito i mezzi istruttori dell'ordine di esibizione delle scritture contabili e della CTU che possono fornire un utile contributo per la verifica del mantenimento in capo alla preponente della clientela apportata e/o sviluppata dall'agente (cfr. sul punto Cass. 10 luglio 2024, n. 18942).

Nella fattispecie oggetto della pronuncia si è però verificata una circostanza particolare costituita dal venir meno del rapporto a monte di distribuzione tra preponente e produttore di una parte significativa dei beni affidati all'agente, con la conseguente potenziale operatività di una clausola contrattuale che escludeva in questa ipotesi il diritto dell'agente all'indennità di fine rapporto proprio per il venir meno del requisito dei vantaggi sostanziali del preponente successivi alla cessazione del contratto a fronte dell'indisponibilità dei prodotti sino ad allora commercializzati dal preponente. Il Giudice, con una motivazione condivisibile, ha però ritenuto inefficace la pattuizione contrattuale poiché in contrasto con l'inderogabilità assoluta a svantaggio dell'agente del disposto di cui all'art 1751 c.c.

La nullità della clausola non ha tuttavia fatto venir meno la necessità per l'agente di dedurre e dimostrare la persistenza di vantaggi in capo al preponente e proprio la mancata dimostrazione di questo requisito ha determinato la reiezione della domanda.

In proposito il Giudice ha correttamente affermato che, pur in assenza dei prodotti, l'agente avrebbe ciò nonostante potuto dedurre e offrirsi di dimostrare che la clientela aveva comunque continuato ad approvvigionarsi dal preponente seppure di prodotti differenti. Anche in questo caso tuttavia si sarebbe potuto fare applicazione del principio di vicinanza della prova per alleviare l'onere probatorio, altrimenti proibitivo, a carico dell'agente.

Nell'esame del tema dei vantaggi sostanziali, il Giudice ha poi menzionato alcune pronunce di merito (Trib. Ferrara 02 maggio 2005; Trib. Torino sez. lav. 23 dicembre 2009, n. 5001) che, per l'ipotesi di cessazione del contratto di agenzia concomitante alla cessazione dell'attività aziendale avevano escluso la sussistenza di vantaggi sostanziali per il preponente con la conseguente reiezione di domande tese all'ottenimento dell'indennità di fine rapporto. Il Giudice si è limitato ad enunciare il principio, senza dedurne particolari conseguenze, ma ciò nonostante è opportuno sottolineare l'opinabilità di una simile soluzione che escluda in radice il diritto dell'agente all'indennità, considerando che le motivazioni della cessazione dell'attività aziendale possono essere molteplici, mentre non può escludersi in linea di principio che i vantaggi siano necessariamente assenti, così come che non possa configurarsi un'eventuale responsabilità del preponente in ordine alla cessazione dell'attività aziendale con il conseguente potenziale contrasto con la natura inderogabile del disposto di cui all'art.1751 c.c. e con i principi generali di equità che pure ispirano la norma.

Anche in ordine ai criteri di quantificazione, pur essendo coerente con la giurisprudenza della Corte di Giustizia (Corte di Giustizia 23 marzo 2006, causa C – 465/04) il richiamo effettuato all'art. 17 della Direttiva che non prevede un calcolo da effettuarsi in maniera analitica, ma consente l'utilizzo di metodi di calcolo sintetici, anche valorizzando l'equità, non altrettanto è a dirsi in ordine al punto di partenza nella quantificazione dell'indennità che coinciderebbe con il limite massimo di un'annualità media di provvigioni previsto dalla direttiva. In realtà quest'ultimo, anche secondo la Corte di Giustizia (Corte di Giustizia 26 marzo 2009, causa C 348/07) appare costruito più come un limite che come un criterio di quantificazione, anche se la giurisprudenza italiana pare essere di diverso avviso.

Infine è stata esclusa la possibilità di applicazione dei criteri di esistenza e quantificazione dell'indennità di fine rapporto così come previsti dalla contrattazione collettiva di diritto comune, con reiezione della domanda subordinata di pagamento dell'indennità di clientela. In motivazione il Giudice ha richiamato una pattuizione contrattuale che escludeva espressamente l'applicabilità degli aec di diritto comune, ma non pare aver verificato altresì se vi fossero o meno ulteriori indici di operatività automatica delle previsioni degli aec, quali ad esempio l'iscrizione delle parti e/o del preponente alle associazioni stipulanti. 

La pronuncia appare complessivamente di interesse soprattutto in ordine ai requisiti di esistenza dell'indennità ex art. 1751 c.c. ferme le perplessità sopra precisate in ordine ai vantaggi sostanziali, dei quali tuttavia è stata confermata correttamente la necessità di valutazione dopo la cessazione del rapporto.

Riferimenti

A. Venezia – R. Baldi, Il contratto di agenzia. La concessione di vendita. Il franchising, Giuffrè Francis Lefebvre, XI ed., 2023

F. Toffoletto, Il contratto d’agenzia, Giuffré 2012

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.