Mutuo con contestuale costituzione delle somme mutuate in deposito o in pegno irregolari: la parola alle Sezioni Unite
25 Marzo 2025
Massima Di seguito, il principio di diritto enunciato dalla pronuncia in commento: «Il contratto di mutuo integra titolo esecutivo a favore del mutuante in tutti i casi in cui la somma mutuata sia stata effettivamente, quand'anche con mera operazione contabile, messa a disposizione del mutuatario e questi abbia assunto l'obbligazione - univoca, espressa ed incondizionata - di restituirla. Pertanto, costituisce valido titolo esecutivo, di per sé solo e senza che occorra un nuovo atto pubblico o scrittura privata autenticata che attesti l'erogazione dell'avvenuto svincolo, anche quando vi sia contestualmente pattuizione di costituzione della somma mutuata in deposito o pegno irregolari e assunzione dell'obbligazione della mandante di svincolarla direttamente al verificarsi di quanto convenuto». Il caso Le Sezioni Unite della Cassazione si sono pronunciate - a seguito di ricorso proposto ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c. dal Tribunale di Siracusa - su una questione di grande interesse. In considerazione della particolare natura e funzione del rinvio pregiudiziale svolto ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c., ben poco è dato conoscere circa le circostanze in fatto che hanno dato origine alla pronuncia in commento: si evince che veniva in rilievo un procedimento di reclamo attivato da una mutuataria che chiedeva la riforma della pronuncia resa dal giudice singolo del Tribunale di Siracusa che aveva respinto, in sede di opposizione a precetto proposta ai sensi dell'art. 615, comma 1, c.p.c., l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, proposta dalla mutuataria sul presupposto della assenza di un valido titolo esecutivo. Il Collegio del Tribunale di Siracusa, assegnatario del reclamo proposto ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c., aveva sollevato il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione, ravvisando, evidentemente, la sussistenza dei presupposti che legittimano l'emissione di ordinanza di rinvio pregiudiziale. Il primo presidente della Corte, con provvedimento del 10 ottobre 2024, aveva ritenuto ammissibile tale rinvio, assegnando la questione proposta alle Sezioni Unite per l'enunciazione del principio di diritto. La questione Diverse le questioni esaminate nella pronuncia delle Sezioni Unite in commento. Tre delle questioni si incentravano sulla ammissibilità del proposto rinvio, sia sotto il profilo della mancata instaurazione, da parte del Tribunale di Siracusa, in composizione collegiale, del contraddittorio in merito alla sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 363-bis c.p.c., sia sotto il profilo della possibilità di sollevare rinvio pregiudiziale laddove la Corte si sia già pronunciata sulla medesima questione oggetto del ricorso, sia, infine, con riguardo alla possibilità per il Collegio in sede di reclamo cautelare di disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione ai sensi dell'anzidetta norma. La questione centrale che veniva sottoposta all'esame delle Sezioni Unite era quella, stando al contenuto della stessa ordinanza di rimessione resa dal Tribunale di Siracusa, di stabilire se sia suscettibile di essere utilizzato in sede esecutiva un contratto di mutuo nel quale sia stata concessa ed effettivamente erogata una somma al mutuatario prevedendo, al contempo, nel medesimo atto negoziale, che la somma in questione venga restituita al mutuante sotto forma di deposito o pegno irregolare, con l'intesa che verrà nuovamente svincolata al verificarsi di determinate condizioni. Le soluzioni giuridiche La sentenza in commento, innanzitutto, sgombra il campo da alcune questioni preliminari. Osserva, così, che sebbene l'art. 363-bis c.p.c. prescriva che il giudice del merito emetta l'ordinanza di rinvio pregiudiziale solo dopo aver ascoltato le parti costituite, una tale necessità del preventivo contraddittorio non è di ostacolo alla ammissibilità del ricorso, dal momento che, sia pure in modo differito, il contraddittorio può ritenersi instaurato proprio dinanzi alla Corte di Cassazione, in conformità a quanto previsto dal quarto comma della norma in questione. Neppure deve ritenersi, ad avviso della Corte, che sia di ostacolo alla proponibilità della ordinanza di rinvio pregiudiziale la circostanza che sulla questione oggetto del rinvio la Cassazione si sia già pronunciata: si afferma, infatti, nella sentenza Cass. civ., sez. un., 6 marzo 2025, n. 5968, che il primo comma dell'art. 363-bis c.p.c. prescrive, quale presupposto per l'applicazione del particolare procedimento previsto in detta norma, che si tratti di questione ancora «non risolta» dalla Cassazione, dovendo allora ritenersi che la circostanza che una pronuncia di una sezione della Corte si sia già espressa sulla medesima questione oggetto di rinvio non implichi la necessaria risoluzione della fattispecie in esame. Superabili, per la Corte, anche i dubbi sulla possibilità per il Collegio assegnatario del reclamo ex artt. 669-terdecies c.p.c. di sollevare questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di Cassazione, «attesa la funzione nomofilattico-deflattiva del rinvio pregiudiziale e la sua proponibilità da parte di qualsiasi giudice innanzi al quale sia pendente un procedimento regolato dal c.p.c. e dalle leggi collegate, sia esso contenzioso, non contenzioso, camerale, esecutivo o cautelare» (si veda la pronuncia in commento). Venendo all'esame della questione interpretativa oggetto del rinvio pregiudiziale, la Cassazione risolve la stessa con alcuni passaggi motivazionali dei quali è bene dare conto. Viene, innanzitutto, circoscritto l'ambito della questione sottoposta all'esame delle Sezioni Unite: il caso in esame riguarda un contratto di mutuo nel quale le somme oggetto di finanziamento sono entrate nella disponibilità del mutuatario (poco importa, poi, osserva la Corte, se si tratti di vera e propria consegna, ovvero di una disponibilità soltanto giuridica delle stesse), ma siano state contestualmente retrocesse al mutuante, in deposito o pegno irregolari, nell'attesa del verificarsi di determinate condizioni funzionali al definitivo svincolo della somma in favore del mutuatario. Rispetto ad una fattispecie così ricostruita, segnala la Corte nella pronuncia che si annota, non può non tenersi conto della recente sentenza Cass. civ., sez. III, 3 maggio 2024, n. 12007, mediante la quale la Cassazione aveva ritenuto che in presenza di una siffatta ipotesi non potesse ravvisarsi un contratto suscettibile di essere posto in esecuzione, se non previa dimostrazione, mediante la produzione di atto pubblico o scrittura privata autenticata, di documentazione idonea a dimostrare l'effettivo svincolo della somma in favore del mutuatario. La pronuncia in commento si propone di riconsiderare le conclusioni alle quali era pervenuta la sentenza Cass. civ., sez. III, 3 maggio 2024, n. 12007. Osserva, così, come certamente, in un caso come quello in esame, non venga in rilievo una ipotesi di mutuo condizionato, dal momento che il contratto di mutuo risulta perfezionato in ogni sua parte, atteso che la somma oggetto di finanziamento è certamente entrata nella disponibilità del mutuatario. Ad avviso della Cassazione, la restituzione della somma mutuata al mutuante si atteggia come il frutto di una pattuizione accessoria al contratto di mutuo, non potendo, tuttavia, reputarsi in grado di incidere sull'obbligazione restitutoria gravante sul mutuatario per effetto del perfezionamento del contratto di mutuo, dovendo allora concludersi che nel presente caso sia comunque configurabile l'esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile in capo all'istituto mutuante, fatta salva l'ipotesi nella quale dal titolo si evinca che l'obbligo restitutorio è stato espressamente escluso fino al momento del verificarsi delle condizioni dedotte in contratto per lo svincolo delle somme. Deve allora concludersi, afferma Cass. civ., sez. un., 6 marzo 2025, n. 5968, che «il contratto di mutuo che stabilisce la contestuale costituzione in deposito (o in pegno) irregolare della somma messa a disposizione del mutuatario - e che prevede l'obbligazione della mutuante di svincolarla direttamente al verificarsi di quanto a tal fine convenuto tra le parti - è di per sé idoneo a fondare l'esecuzione forzata», senza alcuna necessità di documentare, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, l'avvenuto svincolo delle somme in favore del mutuatario. Osservazioni Si accennava in precedenza come la pronuncia in commento intervenga su una questione di grande interesse. Non è affatto infrequente, infatti, che il contratto di mutuo venga predisposto proprio nella forma oggetto di esame da parte della Corte di cassazione, ossia con la previsione di una erogazione delle somme che avviene contestualmente alla stipula del contratto (in tal modo facendo salvo il requisito della realità che deve connotare il contratto di mutuo); somma, tuttavia, che viene contestualmente costituita in deposito (o pegno) irregolare, da parte del mutuatario, fino al verificarsi di determinate condizioni, con l'accordo che la stessa verrà definitivamente svincolata, da parte del mutuante, al verificarsi di tali condizioni, integrate per lo più dal consolidamento dell'ipoteca sul bene posto a garanzia del finanziamento. La pronuncia in questione mira, allora, a stabilire se un contratto di mutuo così articolato sia suscettibile di essere posto in esecuzione, ovvero se si imponga, in vista dell'esecuzione coattiva dello stesso, l'integrazione dell'atto di mutuo con ulteriore documentazione attestante l'avvenuto svincolo delle somme. Si potrebbe così affermare, sia pure con qualche approssimazione, che la pronuncia in commento si inscriva nell'ampia elaborazione giurisprudenziale mirante a stabilire i connotati che deve assumere un contratto di mutuo per poter essere considerato titolo esecutivo ai sensi dell'art. 474 c.p.c. Sono diverse, così, le pronunce di legittimità nelle quali si evidenzia come un contratto di mutuo in tanto possa essere considerato come titolo esecutivo in quanto dal contenuto dello stesso emerga l'esistenza di pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza al mutuatario la disponibilità giuridica della somma mutuata. Del resto, anche un atto pubblico (o una scrittura privata autenticata) dal quale non emerga evidenza di tale immediata trasmissione della disponibilità delle somme al mutuatario può rivestire i caratteri propri del titolo esecutivo, purché lo stesso sia integrato mediante la produzione di altra documentazione, costituita da atto di erogazione e quietanza, sempre che la stessa rivesta la medesima forma utilizzata per il contratto di mutuo (Cass. civ., sez. III, 27 agosto 2015, n. 17194 e Cass. civ., sez. III, 5 marzo 2020, n. 6174 nonché, più di recente, Cass. civ., sez. III, 3 gennaio 2023, n. 52). La Cassazione, peraltro, si era occupata anche di un caso come quello da ultimo portato all'esame delle Sezioni Unite e definito con la pronuncia Cass. civ., sez. un., 6 marzo 2025, n. 5968. In particolare, la stessa a più riprese aveva ritenuto che in presenza di un contratto di mutuo nel quale fosse attestata l'avvenuta trasmissione della somma mutuata nella disponibilità del mutuatario e la contestuale costituzione di tali somme in un deposito cauzionale infruttifero si fosse comunque in presenza di un titolo esecutivo, dovendo escludersi che un tale meccanismo contrattuale integrasse una ipotesi di traditio solo fittizia o simulata (Cass. civ., sez. III, 22 marzo 2022, n. 9229; nel medesimo senso si era pronunciata anche Cass. civ., sez. I, 27 ottobre 2017, n. 25632). In un quadro così sinteticamente ricostruito va ad inserirsi, allora, la pronuncia Cass. civ., sez. III, 3 maggio 2024, n. 12007, menzionata anche nella sentenza in commento e che ne costituisce, in qualche modo, un antefatto non trascurabile. In tale sentenza, la Cassazione si occupava dell'ipotesi nella quale le somme mutuate vengano poste nella disponibilità del mutuatario ma siano immediatamente da questi ritrasferite alla banca mutuante in un deposito infruttifero, fino al verificarsi di determinate condizioni. In questa ipotesi, affermavano i giudici di legittimità, non poteva negarsi il perfezionamento del contratto di mutuo, dal momento che risultava documentata la trasmissione delle somme oggetto di finanziamento nella disponibilità del mutuatario. Tuttavia, si osservava, in considerazione della avvenuta restituzione delle somme alla banca mutuante non poteva in alcun modo ravvisarsi l'attualità di una obbligazione restitutoria in capo al mutuatario, dal momento che, a rigore, unica obbligazione restitutoria nascente dal contratto così congegnato era quella facente capo all'istituto mutuante. Pertanto, un tale contratto avrebbe potuto essere efficacemente utilizzato come titolo esecutivo solo in presenza di documentazione, nelle forme dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata, comprovante l'avvenuto svincolo delle somme in favore del mutuatario. La pronuncia Cass. civ., sez. un., 6 marzo 2025, n. 5968 mira, allora, a dirimere la questione da ultimo evidenziatasi: lo fa con pochi, ma condivisibili, passaggi motivazionali. Posto che un meccanismo contrattuale come quello in esame non integra una ipotesi di mutuo condizionato, venendo anzi in rilievo un contratto di mutuo perfetto in ogni sua parte, ivi compreso il carattere reale dello stesso, la sentenza in commento evidenzia come la costituzione delle somme in deposito (o pegno) irregolare costituisca il frutto di una autonoma pattuizione, accessoria a quella principale, come tale non idonea a scalfire in alcun modo l'obbligazione restitutoria sorta, per effetto del contratto di mutuo, in capo al mutuatario, fermo restando, si premura di precisare la Corte, che le eventuali criticità concernenti il mancato, ritardato o parziale svincolo delle somme da parte della mutuante all'esito del verificarsi delle condizioni contrattualmente pattuite, ben potranno essere fatte valere dalla mutuataria in sede di opposizione all'esecuzione. Riferimenti Per approfondimento v. anche R. METAFORA, Il contratto di mutuo condizionato non è un titolo esecutivo, in IUS Processo civile, 15 luglio 2024, a commento di Cass. civ., sez. III, 3 maggio 2024, n. 12007. |