Trattazione scritta e rito del lavoro alla luce del Correttivo: una definitiva consacrazione?
Antonio Lombardi
26 Marzo 2025
il contributo analizza il rapporto e le implicazioni dell'applicazione della trattazione scritta ex art. 127-ter c.p.c. così come modificata dal Correttivo al rito del lavoro
L'evoluzione dell'istituto della trattazione scritta
La trattazione scritta o cartolare, quale modalità di celebrazione del procedimento giurisdizionale alternativa alla tradizionale modalità di trattazione in presenza, compare nel nostro ordinamento per effetto della legislazione del periodo emergenziale Covid-19, risultando introdotta dall'art. 83, comma 7, lett. h), d.l. n. 18/2020 (conv. in l. n. 27/2020), al fine di garantire la prosecuzione delle attività giudiziarie assicurando, al contempo, il contenimento delle presenze presso gli uffici giudiziari.
Nella versione dell'art. 221, comma 4, d.l. n. 34/2020 (c.d. “Decreto Rilancio”), giunge sino alla cessazione del periodo emergenziale (31 dicembre 2022) venendo stabilmente incastonata nell'armamentario processualcivilistico, per effetto della c.d. riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022) che, attraverso la diade degli artt. 127-bis e 127-ter c.p.c., effettivi dal 1° gennaio 2023, prevede la possibilità di celebrare i procedimenti davanti al Tribunale, alla Corte d'appello e alla Corte di cassazione, anche in collegamento da remoto mediante connessione telematica o con modalità scritte o cartolari.
L'originaria versione codicistica dell'istituto appare profondamente stravolta nei tratti fisionomici rispetto a quella vigente nel periodo emergenziale.
Il campo di applicazione della trattazione scritta c.d. codicistica è ampliato alle fasi procedimentali che contemplino la presenza dei difensori, delle parti, del pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice, in evidente discontinuità con la disposizione di cui all'art. 221, comma 4, d.l. n. 34/2020 che escludeva la possibilità di disporla per adempimenti che prevedessero la presenza dei soli «soggetti diversi dai difensori delle parti».
In merito all'iniziativa in ordine alle modalità di trattazione, essa può provenire d'ufficio dal giudice o seguire alla richiesta di una o più parti, con la precisazione che, facendone richiesta tutte le parti costituite, il giudice è tenuto a disporre la sostituzione dell'udienza, già fissata con altre modalità, con il deposito di note scritte, dovendosi comunemente interpretare il presente indicativo utilizzato («l'udienza è sostituita»), alla stregua di vincolo, a carico del giudice, a disporre in conformità.
Si registra, inoltre, la facoltà di opposizione in capo alle parti rispetto alla determinazione organizzativa del giudice di disporre la trattazione cartolare - in via originaria o convertendo la trattazione prevista con diverse modalità - dovendosi distinguere l'ipotesi in cui l'opposizione provenga da una sola parte – evenienza in cui il giudice ha facoltà di conservare la modalità cartolare di trattazione – da quella in cui il dissenso provenga da tutte le parti costituite – dovendo, in tal caso, il giudice disporre «in conformità» all'opposizione.
L'esercizio di facoltà e prerogative processuali avrà luogo mediante deposito di note scritte di trattazione nel termine perentorio fissato dal giudice, avendo cura che, tra la comunicazione del provvedimento che dispone la trattazione e la scadenza del termine perentorio, le parti dispongano di almeno quindici giorni. Tale termine, ricorrendo particolari ragioni di urgenza, delle quali il giudice dovrà dare atto nel provvedimento, può essere abbreviato.
Il termine per il deposito delle note di trattazione è, diversamente da quanto previsto nella precedente versione, espressamente qualificato come perentorio, con la conseguenza che la sua inosservanza determina, a seconda della tipologia dell'adempimento, decadenze processuali o inutilizzabilità.
Il contenuto delle note di trattazione è, analogamente a quanto previsto nell'art. 221, comma 4, limitato alle sole istanze e conclusioni.
Ulteriore novità è rappresentata dalla circostanza che il giorno di scadenza delle note sia espressamente considerato « data di udienza a tutti gli effetti » — mentre, nel sistema precedente, il termine di scadenza delle note doveva precedere l'udienza cartolare o fittizia — e che, dalla scadenza di tale termine, il giudice abbia trenta giorni per provvedere — quando, nel sistema precedente, il verbale dell'udienza cartolare costituiva il luogo elettivo del provvedimento che, eventualmente, poteva anche essere una riserva, nel caso in cui avesse ritenuto di non provvedere contestualmente.
Il rinvio pregiudiziale interpretativo ex art. 363-bis c.p.c.
Il frammentario quadro interpretativo, scaturito dalla formulazione originaria dell'art. 127-ter c.p.c. ha indotto la sezione lavoro della Cassazione a rimettere al Primo presidente la questione interpretativa, da devolvere alle Sezioni Unite ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c. avente a oggetto la compatibilità tra trattazione scritta e rito del lavoro, in ragione del suo elevato rilievo nomofilattico, dell'impatto su un numero assai elevato di processi pendenti, della trasversalità della questione, potenzialmente estensibile a fattispecie processuali caratterizzate da analogia strutturale, quali il rito locatizio, l'opposizione a ordinanza ingiunzione o il modello decisorio ex art. 281-sexies c.p.c.
La pronuncia di rimessione richiama i due contrapposti orientamenti, sintetizzando gli argomenti a sostegno dell'uno e dell'altro.
A favore della compatibilità tra l'art. 127-ter c.p.c. e il rito del lavoro militerebbero argomenti di natura sistematica, quale l'assenza di esplicite disposizioni di segno contrario e la collocazione della disposizione nell'ambito del Libro I del codice, recante le Disposizioni generali, nel Titolo dedicato agli atti processuali e alla disciplina delle udienze, certamente applicabile al processo del lavoro. In senso contrario, per altro, non potrebbe essere richiamato il principio di pubblicità delle udienze ai sensi dell'art. 128 c.p.c., stante l'ampia derogabilità del medesimo.
La Corte remittente rimanda, inoltre, ai principi enunciati dalla Corte costituzionale, che ha da tempo affermato che la trattazione orale non costituisce connotato indefettibile del contraddittorio e, quindi, del giusto processo, potendo essere surrogata da difese scritte, nell'ottica della semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile.
Il pieno rispetto del principio del contraddittorio, quale espressione del diritto di difesa ex art. 24 Cost. sarebbe, inoltre, garantito dalla possibilità di sostituire l'udienza con le note di trattazione soltanto per tipologie di cause e fasi processuali in cui non risulti necessaria l'interlocuzione orale, nonché dalla facoltà di opposizione delle parti che, laddove non esercitata, costituirebbe tacita rinuncia preventiva alla possibilità di far valere qualsivoglia nullità.
Per altro, l'originaria struttura del processo del lavoro, articolato nell'unica udienza di discussione e ispirato ai principi di oralità, immediatezza e concentrazione costituirebbe, nella prevalente applicazione pratica, poco più che un simulacro, risultando ampiamente derogato dalla prassi e da innovazioni legislative (si pensi all'art. 1, comma 51, l. n. 92/2012), che hanno introdotto importanti deroghe a tali principi, anche con riferimento a fasi nevralgiche, quale quella decisoria.
Sul versante opposto, nella direzione dell'inapplicabilità dell'istituto al processo del lavoro, si riportano argomenti sistematici, che evidenziano l'incompatibilità strutturale con le cadenze temporali che nel rito speciale disciplinano la costituzione del convenuto, che precludono la manifestazione di opposizione a tale modalità di trattazione.
Logicamente contradditorie appaiono, poi, la modalità dello scambio di note e il compimento di attività che presuppongono la contestuale interlocuzione tra i protagonisti del processo, quali l'interrogatorio libero e il tentativo di conciliazione.
Quanto, poi, alla fase decisoria, il tipico contenuto delle note di trattazione scritta, contenenti «sole istanze e conclusioni», appare incompatibile con lo svolgimento di argomentazioni difensive, tipiche dell'udienza di discussione, in contesto dialogico e stretto contatto con il giudice percipiente. La possibilità di depositare la sentenza nel termine di trenta giorni, inoltre, confliggerebbe con la caratteristica essenziale del processo del lavoro, rappresentata dall'assenza di soluzione di continuità tra la discussione della causa, la deliberazione della sentenza, e la pubblicazione in udienza attraverso la lettura del dispositivo o della motivazione contestuale.
Anche il principio di pubblicità delle udienze, exart. 128 c.p.c., costituirebbe ostacolo difficilmente sormontabile, attesa la possibilità di derogarvi, ai sensi del 1° comma, soltanto per ragioni di sicurezza, ordine pubblico e buon costume, e non di migliore efficienza organizzativa.
Le modifiche apportate dal Correttivo Cartabia
In pendenza di rinvio pregiudiziale interpretativo è intervenuto il correttivo alla riforma Cartabia, per effetto del d.lgs. n. 164/2024 che, tra l'altro, interviene sostanzialmente sull'istituto della trattazione scritta, ponendo nuovi interrogativi circa la compatibilità dell'istituto con il rito del lavoro.
Il campo di applicazione risulta significativamente ristretto, essendo preclusa la sostituzione dell'udienza con il deposito di note scritte anche nei casi in cui lapresenza personale delle parti non costituisca espressione di una facoltà, ma di un vero e proprio onere processuale, essendo «prescritta dalla legge o disposta dal giudice». Va, in tal proposito rammentato, come nell'udienza di discussione del rito del lavoro, ai sensi dell'art. 420, comma 1, c.p.c., «la mancata comparizione personale delle parti» costituisce «comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio», ovvero autentica espressione di un onere processuale, valutabile ai fini della regolamentazione delle spese di lite.
Ulteriore innovazione concerne l'aspetto della pubblicità dell'udienza che, da un lato, non risulta di per sé preclusiva della conversione o disposizione dell'udienza da remoto ma, al contempo, rende vincolante l'opposizione di una sola delle parti. Risulta, difatti, modificato l'art. 128 c.p.c., che prevede quale deroga alla pubblicità dell'udienza anche la determinazione di disporre la trattazione scritta ma, sia in tale norma che nell'art. 127-ter c.p.c., si prevede che l'opposizione di una sola parte sia sufficiente a imporre il ripristino delle modalità di trattazione orale della causa, in presenza o da remoto ai sensi dell'art. 127-bis c.p.c.
Fondamentale, come si vedrà, appare l'inciso, in seno all'art. 127-ter, comma 5 c.p.c., secondo cui «il provvedimento depositato entro il giorno successivo alla scadenza del termine si considera letto in udienza», fictio iuris che, in tutta evidenza, ammicca alla possibilità di utilizzazione dell'istituto anche nelle fasi decisionali caratterizzate dai principi di pubblicità e immediatezza e da meccanismi di contestualità della pubblicazione della decisione, quali l'art. 281-sexies c.p.c. (decisione a seguito di trattazione orale), l'art. 281-terdecies c.p.c. (decisione nel rito semplificato di cognizione) e, per l'appunto, l'art. 429 c.p.c., relativo al rito del lavoro, che contempla il duplice e alternativo meccanismo di decisione con motivazione contestuale, all'esito della discussione, o di pubblicazione del dispositivo, con riserva di deposito delle motivazioni, «in caso di particolare complessità della controversia».
Non risultano, invece, toccati dal Correttivo il contenuto delle note di trattazione che, in evidente antinomia con l'apertura alla fase decisionale c.d. immediata, continua a essere limitato alle sole istanze e conclusionie il meccanismo di inerzia delle parti nel deposito delle note di trattazione, che dà luogo all'applicazione degli artt. 181-309 c.p.c., con concessione di un nuovo termine per il deposito di memorie o fissazione di udienza e, in caso di perdurante inerzia, adozione di ordine di cancellazione della causa dal ruolo ed estinzione del processo.
In conclusione
In attesa della presa di posizione della Cassazione, investita in sede di rinvio pregiudiziale della questione di compatibilità tra l'istituto in commento e il processo del lavoro, sia pure su una versione dell'istituto diversa da quella attuale, appare preferibile affrontare la questione con un approccio c.d. atomistico che, rifuggendo dalle aprioristiche prese di posizione di chi ravvisa l'insuperabile incompatibilità dell'istituto con i principi che fondano il processo del lavoro, analizzi la questione rispetto a ciascuna delle fasi e degli adempimenti tipici.
La restrizione del campo applicativo apportata dal d.lgs. n. 164/2024, con eliminazione dei passaggi in cui la presenza personale delle parti sia prescritta dalla legge o disposta dal giudice sembra ritagliata sartorialmente per escludere la prima udienzadi trattazione exart. 420 c.p.c. nella quale la presenza personale delle parti risulta fondamentale all'assunzione del libero interrogatorio e all'esperimento del tentativo di conciliazione.
Nelle controversie (si pensi al previdenziale o al pubblico impiego), nelle quali, per prassi comune, non si registra la presenza personale delle parti, al di là dell'astratta assoggettabilità alla disciplina dell'art. 420, comma 1 c.p.c., residuano comunque perplessità di ordine strutturale, che inducono a concludere per l'inapplicabilità dell'art. 127-ter c.p.c.
Da un canto, difatti, la norma prevede l'assegnazione, nel provvedimento che dispone la trattazione scritta, di un termine perentorio non inferiore a quindici giorni per il deposito delle note, che mal si concilia con il disposto dell'art. 416, comma 1, c.p.c., che assegna al convenuto un termine decadenziale di dieci giorni prima dell'udienza per costituirsi. Nel caso in cui si disponga la sostituzione dell'udienza exart. 420 c.p.c., con provvedimento successivo al decreto di fissazione di udienza, il convenuto potrebbe non essere ancora costituito e, pertanto, non avere contezza della diversa modalità processuale disposta dal giudice, quantomeno sino al momento della costituzione, non potendosi avvalere della facoltà di opposizione. Il ricorrente, dal canto suo, non godrebbe di un termine effettivo di almeno quindici giorni, venendo a conoscenza delle argomentazioni difensive, e delle eventuali eccezioni e domande del convenuto, soltanto all'atto della costituzione dello stesso.
Occorrerebbe, dunque, con meccanismo alquanto farraginoso, assumere un provvedimento di conversione che contempli la concessione di un termine per il deposito di note di trattazione avente scadenza successiva alla data dell'udienza che, risulterebbe, a tal fine, automaticamente differita.
Quanto alla fase istruttoria, il giudice potrebbe avvalersi dell'istituto al fine di concedere termine per precisare e sintetizzare l'articolato istruttorio che, tuttavia, per i noti principi di circolarità degli oneri e di anticipazione delle preclusioni istruttorie risulta già compiutamente delineato negli atti introduttivi.
Posta l'ovvia esclusione della possibilità di assumere i mezzi di prova tipici (interrogatorio formale, giuramento, testimoni) con modalità cartolari, residua la possibilità di utilizzare il mezzo per la prestazione del giuramento del CTU, anche in sede di ATP previdenziale exart. 445-bis c.p.c., tenuto, tuttavia, conto del fatto che l'art. 193, comma 2, c.p.c., come riformulato dal d.lgs. n. 149/2022, già prevede la facoltà di sostituzione dell'udienza di comparizione per il giuramento del consulente tecnico d'ufficio con una dichiarazione, sottoscritta dal consulente con firma digitale, recante il giuramento.
Venendo, infine, alla fase decisoria, se da un lato l'introduzione della fictio iuris secondo cui il provvedimento depositato entro il giorno successivo alla scadenza del termine si intende letto in udienza appare un'evidente apertura all'uso della trattazione scritta nella fase decisoria laburistica, la perseveranza nell'indicare il contenuto delle note di trattazione, alla stregua di «sole istanze e conclusioni», rende l'istituto praticabile soltanto laddove vi sia una espressa richiesta delle parti o l'espresso assenso all'iniziativa assunta dal giudice, deliberatamente abdicando allo sviluppo di argomentazioni difensive, che non possono trovare albergo nelle note di trattazione, destinate alla propalazione delle sole istanze e conclusioni.
Resta, per altro, da valutare se l'inciso finale del comma 5 imponga di depositare la decisione contestuale o il dispositivo di sentenza entro il giorno successivo alla scadenza del termine o se residui, quale facoltà addizionale, espressione di un modulo decisorio alternativo, la possibilità di deposito della sentenza nei trenta giorni successivi alla scadenza del termine, ai sensi del comma 3.
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L'evoluzione dell'istituto della trattazione scritta