Omologazione di concordato per cessione dei beni e nomina del liquidatore

11 Novembre 2011

Nel concordato per cessione dei beni la nomina del liquidatore non può competere alla società proponente, dal momento che il potere di revoca del liquidatore, riconosciuto al tribunale dal combinato disposto di cui agli artt. 182, comma 2, l. fall. e 37 l. fall., presuppone quello di nomina.
Massima

Nel concordato per cessione dei beni la nomina del liquidatore non può competere alla società proponente, dal momento che il potere di revoca del liquidatore, riconosciuto al tribunale dal combinato disposto di cui agli artt. 182, comma 2 e 37 l. fall., presuppone quello di nomina.

Il caso

Il tribunale di Catania esamina in sede di omologazione una proposta di concordato per cessio bonorum nella quale si individua il soggetto che nella fase esecutiva avrà l'incarico di liquidare i beni sul presupposto che la scelta e la nomina del liquidatore spettino alla società proponente.

La questione giuridica e la soluzione

Il Tribunale di Catania esamina la questione dell'ammissibilità dell'individuazione, da parte della stessa società proponente un concordato per cessione dei beni, della persona chiamata a liquidare i beni, previa disapplicazione della norma, contenuta dall'art. 182, comma 1, l. fall., che prevede che sia il tribunale a nominare un liquidatore giudiziale nel decreto di omologazione.
La soluzione del tribunale è negativa.
Il tribunale ben considera che la disciplina di cui all'art. 182 l. fall. è condizionata dalla possibilità che la proposta di concordato disponga diversamente, ma sottolinea come l'incipit normativo "se il concordato...non dispone diversamente" fosse presente anche nella disciplina del 1942, per escludere la possibilità di un'ingerenza della volontà del soggetto proponente nell'esercizio del potere di nomina del liquidatore da parte del tribunale.
La decisione viene motivata richiamando l'esistenza di un possibile conflitto di interessi insito nell'eventuale nomina da parte del debitore in concordato, ma soprattutto con la necessità che il potere di revoca del liquidatore, riconosciuto al tribunale dall'espresso richiamo che l'art. 182 opera all'art. 37 l. fall., presupponga una precedente nomina da parte dello stesso organo giurisdizionale.

Osservazioni

Il problema prende le mosse, più in generale, dalla necessità di conciliare la disciplina dettata dall'art. 182 l. fall. con l'impronta negoziale che il concordato preventivo ha assunto dopo la riforma.
La valorizzazione della nuova ed accentuata natura privatistica assunta dall'istituto del concordato preventivo passa certamente attraverso il riconoscimento della possibilità che la proposta di concordato disponga diversamente (art. 182, comma 1, l. fall.).
La locuzione, per quanto effettivamente già presente nel testo della disciplina del 1942, assume ora un significato nuovo e diverso, non solo per la decisa attenuazione dell'aspetto pubblicistico della procedura concordataria, ma altresì in dipendenza del nuovo e più intenso (rispetto a prima) principio di atipicità del contenuto del piano concordatario.
Ne deriva che necessariamente l'applicazione della disciplina di cui all'art. 182 l. fall. deve ritenersi condizionata, oltre che all'ovvia circostanza che la proposta concordataria sia formulata nella sua forma più classica, quella per cessione dei beni, al fatto che il debitore non si sia preoccupato, nella sua proposta, di determinare (anche) le modalità attraverso cui procedere alla liquidazione dei beni ceduti ai suoi creditori.
Nei casi in cui il contenuto del piano concordatario si estenda a disciplinare anche la fase esecutiva del concordato, quindi, l'art. 182 non dovrebbe trovare spazio applicativo, o potrebbe trovarne uno, di carattere residuale, condizionato dai contenuti concreti della proposta.
Del resto la pratica giudiziaria rivela che sono frequenti i piani concordatari che contengono l'individuazione delle modalità e dei tempi delle vendite, dell'acquirente dei beni o dell'azienda, eventualmente vincolato da una proposta irrevocabile d'acquisto ad un determinato prezzo.
Con riguardo allo specifico profilo della nomina del liquidatore, non sono rari i casi in cui la proposta concordataria contenga la designazione del liquidatore, spesso coincidente con il legale rappresentante del debitore.
Già sotto il vigore della precedente disciplina, l'ammissibilità della previsione che a liquidare i beni fosse il debitore stesso era oggetto di discussione, stante l'incertezza sulla natura, privatistica o pubblicistica, della funzione di liquidatore giudiziario.
Oggi, tenuto conto della forte accentuazione dell'aspetto contrattuale del concordato, parte della dottrina considera addirittura auspicabile, per ragioni di speditezza, economia e funzionalità, che il debitore proponga ai creditori di liquidare da sé i beni loro ceduti.
Certamente l'esistenza di una proposta concordataria "vincolata", quanto al soggetto incaricato di liquidare i beni della società proponente, determina la necessità di rivalutare vari profili inerenti alle dinamiche tipiche della fase esecutiva del concordato per cessione dei beni.
Uno di tali profili è quello inerente al rapporto con il Commissario Giudiziale.
Ad evitare un cumulo di funzioni del tutto incompatibili le une con le altre, deve essere escluso in ogni caso, a prescindere cioè dalla soluzione offerta alla questione in esame, che le funzioni di liquidatore possano essere svolte dal commissario giudiziale.
Non v'è dubbio che quest'ultimo mantenga un generale potere di vigilanza sull'operato del liquidatore, oltre allo specifico compito di verificare che la liquidazione si svolga nel rispetto delle modalità dettate dal tribunale nel decreto di omologazione.
Nè vale ad escludere una permanenza del potere di vigilanza del commissario il fatto che l'art. 186 l. fall., innovando rispetto a prima, investa della legittimazione a chiedere la risoluzione del concordato il singolo creditore che sia rimasto insoddisfatto, e non più il commissario in funzione di organo di rappresentanza degli interessi generali della massa dei creditori.
In realtà, la soluzione al problema deve trovarsi nella certa non derogabilità della disposizione di cui all'art. 185 l. fall., norma di portata generale che investe il commissario di un potere di vigilanza sull'adempimento del concordato esercitabile in ogni caso.
Va quindi considerato certo che il potere di vigilanza del commissario possa, anzi debba, essere esercitato anche nei riguardi del liquidatore sociale o di altro soggetto che sia stato individuato, per lo svolgimento della liquidazione, nella proposta concordataria.
Piuttosto, l'indicazione del nominativo del liquidatore nella proposta concordataria potrebbe avere quale effetto quello di far ritenere non applicabile la norma in materia di revoca del liquidatore, norma richiamata dall'art. 182 con il rinvio all'art. 37 l. fall.
Non pare tuttavia che tale argomento, posto a sostegno della tesi recepita nella pronuncia oggetto di commento, sia decisivo, ben potendo tale conseguenza essere compatibile con l'eventualità in cui le modalità della liquidazione (ivi compresa l'indicazione del soggetto incaricato di effettuarla), siano definite nella proposta concordataria.
I poteri del liquidatore trovano infatti un limite fisiologico nella loro funzionalità all'incarico conferitogli dal tribunale o (per il caso in cui la designazione sia imputabile al debitore) al mandato che gli viene assegnato.
Per questo, nel dettare le specificazioni necessarie per orientare l'attività liquidatoria e garantire che essa sia coerente con l'interesse dei creditori, il decreto di omologa deve tener conto anche di eventuali modalità esecutive che discendano dal contenuto della proposta concordataria.
I poteri del liquidatore di nomina giudiziale risultano invece condizionati in modo penetrante dal richiamo operato dall'art. 182 l. fall. alle norme sulla liquidazione fallimentare.
Vi sono infine ulteriori profili che meritano di essere evidenziati, in quanto comuni sia all'ipotesi in cui il liquidatore sia scelto dal proponente, sia alla fattispecie prevista dall'art. 182 l. fall.
Si allude in primis alla necessità che l'organo liquidatorio elabori di un programma.
Il mancato richiamo dell'art. 182 all'art. 104 ter l. fall. esclude in radice che possa considerarsi obbligatorio che il liquidatore rediga un programma della liquidazione.
Tuttavia ciò non esclude che la predisposizione di un piano di liquidazione possa essere opportuna e funzionale ad una miglior gestione della fase esecutiva del concordato.
Altro aspetto "trasversale" inerisce alla ripartizione dell'attivo conseguente all'attività liquidatoria, o eventualmente recuperatoria: essa va effettuata dal liquidatore senza alcun vincolo derivante dalla situazione debitoria così come verificata dal commissario giudiziale in vista dell'adunanza dei creditori e ai fini del calcolo della maggioranza.
Come noto, infatti, il concordato non determina mai alcun consolidamento o cristallizzazione del passivo e delle cause di prelazione, che pertanto il liquidatore avrà il potere di ridefinire.
Eseguito il riparto, con formalità non necessariamente coincidenti con l'iter previsto dagli artt. 110 ss. l. fall., norme queste ultime che l'art. 182 non richiama, il liquidatore ha l'obbligo di rendere il conto della sua gestione; anche tale obbligo va considerato operativo sia nell'ipotesi in cui a liquidare sia un organo individuato dalla società proponente il concordato, sia nel caso in cui il liquidatore sia di nomina giudiziale.
L'espresso richiamo all'art. 116 l. fall. chiarisce i dubbi del passato, sia quanto ai soggetti destinatari della rendicontazione, che oggi devono ritenersi i creditori, oltre che il debitore, sia quanto al procedimento da seguire per il caso di contestazioni inerenti alla gestione del liquidatore, che in mancanza di accordo sulle medesime rendono necessaria la cd. causa di rendiconto, sulla quale potrà o meno innestarsi una causa di responsabilità per danni.
Le responsabilità configurabili in capo al liquidatore vanno qualificate, nel caso in cui egli sia nominato nella proposta del debitore, come contrattuali nei confronti del debitore ed extracontrattuali nei riguardi dei creditori e di eventuali terzi soggetti che lamentino danni causati dallo svolgimento del suo compito.
Nella diversa ipotesi in cui il liquidatore sia di nomina giudiziale, la responsabilità è di natura aquiliana nei confronti di tutti i potenziali danneggiati.
Dopo l'approvazione del rendiconto, il liquidatore matura il diritto al compenso, la cui entità potrà essere predeterminata già nella proposta concordataria, nell'ipotesi in cui a liquidate i beni sia stato un soggetto designato dal debitore.
Nel caso contrario, e nei casi di nomina giurisdizionale del liquidatore, il compenso verrà liquidato dal tribunale.
L'espresso richiamo all'art. 39 l. fall. non lascia dubbi in merito al fatto che il compenso vada quantificato sulla base dei parametri normativi dettati per il curatore, non quindi sulla base della tariffa professionale della categoria di appartenenza.
Quanto infine alle responsabilità penali, esse paiono riconducibili ad ipotesi di reato proprio solo nel caso di nomina giudiziale, e ciò per il richiamo operato dall'art. 182 l. fall. alle norme inerenti al curatore, da cui verosimilmente discende la configurabilità di tutte le ipotesi di reato proprio caratterizzate dalla detta qualità del soggetto attivo.

Conclusioni

Considerando e valorizzando, così come sopra esposto, la locuzione contenuta dal testo dell'art. 182 l. fall.: "salvo che il concordato non disponga diversamente", il sistema sembrerebbe oggi costruito con una netta distinzione tra l'ipotesi in cui a liquidare sia chiamato un soggetto designato dal debitore, nella quale è certo che il liquidatore sia titolare di un mandato conferitogli da un soggetto privato, dall'ipotesi in cui, nulla prevedendo sul punto specifico la proposta concordataria, il liquidatore venga nominato dal tribunale, in ossequio a quanto previsto dall'art. 182 l. fall.
Non v'è dubbio, peraltro, che l'adesione alla tesi recepita dalla pronuncia in commento sia in concreto più funzionale all'esigenza di evitare indubbi inconvenienti derivanti da una possibile scelta impropria operata dal soggetto che propone il concordato.
Va evidenziato che le prassi di alcuni tribunali, muovendo dalla premessa secondo cui l'indicazione del liquidatore da parte del proponente abbia come destinatario il tribunale e non già i creditori, integrano una sorta di mediazione tra le esigenze di coerenza sistematica e quelle di efficienza, subordinando la nomina (giudiziale) dello stesso soggetto che sia stato individuato nella proposta di concordato ad un vaglio giurisdizionale inteso ad evitare che la gestione della liquidazione sia affidata a soggetti non idonei per incompetenza, conflitto di interessi od altro peculiare motivo.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Sui profili problematici generali inerenti alla figura del liquidatore giudiziale cfr. Filocamo, sub art. 182, in Ferro (a cura di), La legge fallimentare. Commentario teorico-pratico, Padova, 2007, 1398.
Prima della riforma del diritto fallimentare Trib. Torino, 21 gennaio 1991, in Fall., 1991, 761, escludeva che a liquidare potesse esser un soggetto diverso dal liquidatore giudiziale; altre pronunce, al contrario, riconoscevano la possibilità di nomina, oltre che dell'imprenditore stesso, di un socio o anche di un creditore; così Trib. Roma, 3 luglio 1996, in Dir. fall., 1999, II, 367; Trib. Como, 15 dicembre 1988, in Fall., 1989, 759.
Quanto alla non cumulabilità delle funzioni tra Commissario giudiziale e liquidatore, cfr. Rago, Il nuovo concordato preventivo. L'esecuzione del concordato preventivo, in Fall., 2006, 1100.
Il cumulo delle funzioni è stato tuttavia frequentemente ammesso dalla giurisprudenza di merito: v. Trib. Montepulciano, 5 febbraio 1988, in Dir. fall., 1990, II, 247; Trib. Bologna, 1° giugno 1987, ivi, 1989, II, 165; Trib. Macerata, 19 gennaio 1987, in Fall., 1987, 647, e da ultimo, già sotto il vigore della normativa riformata, Trib. Taranto, 28 settembre 2005, in Dir. fall., 2006, II, 140.
Il problema della possibile non revocabilità ex art. 37 l. fall., da parte del Tribunale, del liquidatore che non sia di nomina giurisdizionale è affrontato in Fabiani e Nardecchia, Formulario commentato della legge fallimentare, Milano, 2007, 1754.
Sulla diversità dei limiti ai poteri del liquidatore, a seconda che sia di nomina giudiziale o scelto dal proponente: Cass., 18 dicembre 1978, n. 6042, in Giur. comm. 1980, II, 210.
Sul problema dei parametri di riferimento per la liquidazione del compenso del liquidatore giudiziale cfr. Bozza, La liquidazione del compenso al liquidatore giudiziale nel concordato preventivo con cessione dei beni, in Fall., 1990, 286.
Quanto alla necessità che il liquidatore rediga un programma di liquidazione, prima del D. Lgs. 169/2007, Trib. Salerno, 3 giugno 2005, in Fall., 2005, 1297, ha disposto che «il liquidatore dovrà predisporre un piano generale di liquidazione ed esporlo entro sessanta giorni al commissario giudiziale, il quale lo trasmetterà con un proprio parere al giudice delegato il quale, in caso di valutazione positiva, lo sottoporrà al comitato dei creditori»; più recentemente il Tribunale di Milano, con la sentenza 19 marzo 2009, inedita, ha sostenuto che il mancato richiamo all'art. 104 ter non sia ostativo al dovere del liquidatore di predisporre un piano delle attività liquidatorie, con specifica indicazione di modalità e tempi delle stesse.
Sulla configurabilità della qualifica di pubblico ufficiale del liquidatore giudiziale, la giurisprudenza è sostanzialmente concorde; in senso contrario cfr. App. Torino, 15 dicembre 1986, in Giur. comm., 1987, II, 772.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario