Oltre Eurofood: caso Interedil, prevalenza diritto UE e rafforzata presunzione di coincidenza del COMI con sede statutaria

19 Dicembre 2011

La nozione di «centro degli interessi principali» del debitore (“COMI”), di cui all'art. 3, n. 1, del Regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relativo ad alcuni aspetti delle procedure d'insolvenza, deve essere interpretata - in assenza di una specifica definizione contenuta all'interno del regolamento - con esclusivo riferimento al diritto dell'Unione, privilegiandosi il luogo dell'amministrazione principale della società debitrice, determinabile sulla base di elementi oggettivi e riconoscibili dai terzi.
Massima

La nozione di «centro degli interessi principali» del debitore (“COMI”), di cui all'art. 3, n. 1, del Regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relativo ad alcuni aspetti delle procedure d'insolvenza, deve essere interpretata - in assenza di una specifica definizione contenuta all'interno del regolamento - con esclusivo riferimento al diritto dell'Unione, privilegiandosi il luogo dell'amministrazione principale della società debitrice, determinabile sulla base di elementi oggettivi e riconoscibili dai terzi.

Qualora gli organi direttivi e di controllo di una società si trovino presso la sua sede statutaria e le decisioni di gestione siano assunte, in maniera riconoscibile dai terzi, in tale luogo, la presunzione - introdotta dalla predetta disposizione - di coincidenza del centro degli interessi principali con il luogo in cui si trova la sede statutaria, non è superabile. Laddove, invece, il luogo dell'amministrazione principale non si trovi presso la sua sede statutaria, la presenza di attivi sociali nonché l'esistenza di contratti relativi alla loro gestione finanziaria in uno Stato membro diverso da quello della sede statutaria di tale società possono essere considerati sufficienti a superare tale presunzione, ma solo a condizione che una valutazione globale di tutti gli elementi rilevanti consenta di stabilire che, in maniera riconoscibile dai terzi, il centro effettivo di direzione e di controllo della società stessa, nonché della gestione dei suoi interessi, è situato in tale diverso Stato membro.

Nel caso di trasferimento della sede statutaria di una società debitrice da un Paese ad altro Paese dell'Unione prima della proposizione di una domanda di apertura di una procedura d'insolvenza, il COMI di tale società si presume trovarsi presso la nuova sede statutaria, salvo prova contraria.
La nozione di «dipendenza» ai sensi dell'art. 3, n. 2, del Regolamento deve essere interpretata nel senso che essa richiede la presenza di una struttura implicante un minimo di organizzazione e una certa stabilità ai fini dell'esercizio di un'attività economica. La mera presenza di singoli beni o di conti bancari non corrisponde, in linea di principio, a tale definizione.

il caso

Una società a responsabilità limitata italiana con sede a Monopoli (Bari) trasferisce la propria sede statutaria a Londra (Regno Unito), senza dare comunicazione di tale trasferimento al registro delle imprese italiano. Contemporaneamente, la società viene cancellata dal registro delle imprese dello Stato italiano e iscritta nel registro delle società del Regno Unito con la dicitura «FC» («Foreign Company»). Nonostante il trasferimento, la società resta titolare in Italia di beni immobili, e mantiene in essere un contratto di affitto relativo a due complessi alberghieri e un contratto stipulato con un istituto bancario.
Nel giudizio promosso innanzi al Tribunale di Bari per la dichiarazione di fallimento, la ricordata società contesta la giurisdizione del Tribunale adito.
Nonostante l'avvenuta promozione, da parte della società debitrice, di un regolamento preventivo di giurisdizione dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione finalizzato ad accertare la competenza giurisdizionale del giudice inglese, il Tribunale di Bari riconosce la propria giurisdizione e dichiara il fallimento della resistente.
Nell'ambito del giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, e a seguito del rigetto del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione da parte della Suprema Corte di Cassazione e del riconoscimento, da parte della medesima, della giurisdizione del giudice italiano, il Tribunale di Bari sospende il procedimento di opposizione citato, nutrendo dubbi quanto alla fondatezza dell'interpretazione adottata dalla Corte Suprema di Cassazione e propone ricorso pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea.

Le questioni giuridiche e la soluzione

La Corte di Giustizia si è anzitutto soffermata sulla determinazione del senso e della portata di una disposizione normativa del diritto dell'Unione, affermando che i termini di una disposizione - la quale non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri - devono essere oggetto, nell'intera Unione, di un'autonoma ed uniforme interpretazione, tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa in questione. Pertanto, le nozioni di COMI e di dipendenza vanno interpretate in maniera autonoma rispetto all'interpretazione desumibile dalle leggi dei singoli Paesi dell'Unione Europea.
In merito alla nozione di COMI, la Corte sostiene che il legislatore dell'Unione tende a privilegiare il luogo dell'amministrazione principale della società, da individuare in base a criteri obiettivi e riconoscibili dai terzi per garantire la certezza del diritto e la prevedibilità dell'individuazione del giudice competente ad aprire la procedura di insolvenza principale. Detti criteri risultano soddisfatti qualora gli elementi materiali presi in considerazione per stabilire il luogo in cui la società debitrice gestisce abitualmente i suoi interessi siano stati oggetto di una pubblicità o, quanto meno, siano stati circondati da una trasparenza sufficiente a far sì che i terzi - vale a dire, segnatamente, i creditori della società stessa - ne abbiano potuto avere conoscenza.
Pertanto, e scendendo sul piano concreto delle modalità e dei limiti in cui può trovare applicazione la presunzione introdotta dall'art. 3, n. 1, seconda frase del Regolamento, la Corte di Giustizia afferma che :

a) laddove gli organi direttivi e di controllo di una società, sulla base di elementi obiettivi e riconoscibili da terzi, si trovino presso la sua sede statutaria e le decisioni di gestione di tale società siano assunte in detto luogo, la presunzione deve trovare piena applicazione;

b) qualora, invece, gli organi direttivi e di controllo non si trovino presso la sede statutaria, la ricordata presunzione può essere superata ove sia possibile determinare l'esistenza di una situazione reale diversa da quella che si presume corrispondere alla collocazione presso detta sede statutaria.

A tal fine, tra gli elementi fattuali da prendere in considerazione vi sono, segnatamente, tutti i luoghi in cui la società debitrice eserciti un'attività economica e quelli in cui detenga beni, a condizione che tali luoghi siano visibili ai terzi. La valutazione va svolta globalmente, tenendo conto delle circostanze peculiari di ciascuna situazione. Pertanto, la localizzazione in uno Stato membro diverso da quello della sede statutaria di beni immobili appartenenti alla società debitrice, con riferimento ai quali quest'ultima abbia concluso contratti di affitto, nonché l'esistenza, in questo stesso Stato membro, di un contratto stipulato con un istituto finanziario, possono:

a) essere considerate elementi obiettivi e, tenuto conto della pubblicità che esse possono presentare, riconoscibili dai terzi;

b) ma possono essere considerate elementi sufficienti a superare la presunzione introdotta dal legislatore dell'Unione solo a condizione che una valutazione globale di tutti gli elementi rilevanti consenta di concludere che, in maniera riconoscibile dai terzi, il centro effettivo di direzione e di controllo della società stessa, nonché della gestione dei suoi interessi, è situato in tale altro Stato membro.

Nell'eventualità in cui, alla data della proposizione della domanda di avvio della procedura d'insolvenza, la società debitrice sia stata cancellata dal registro delle società e abbia cessato ogni attività, il COMI del debitore si presume trovarsi presso la nuova sede statutaria, a meno che si dia prova che il COMI non ha seguito il cambiamento di sede statutaria.
Anche la nozione di «dipendenza» ai sensi dell'art. 3, n. 2, del Regolamento - quale presupposto per l'apertura di una procedura secondaria d'insolvenza - richiede adeguati elementi di riconoscibilità esteriore. Occorre quindi la presenza di una struttura implicante un minimo di organizzazione e una certa stabilità ai fini dell'esercizio di un'attività economica. La mera presenza di singoli beni o di conti bancari non corrisponde, in linea di principio, a tale definizione. Per garantire dunque la certezza del diritto ed un elevato grado di prevedibilità quanto ad individuazione dei giudici competenti anche con riferimento all'esistenza di una dipendenza, essa deve essere valutata, al pari della localizzazione del COMI, sulla base di elementi oggettivi e riconoscibili dai terzi.

Osservazioni

La sentenza in commento, dopo aver premesso che il diritto dell'Unione osta a che un giudice nazionale sia vincolato da una norma di procedura nazionale ai sensi della quale egli debba attenersi alle valutazioni svolte da un giudice nazionale di grado superiore, qualora risulti che le valutazioni svolte dal giudice di grado superiore non siano conformi al diritto dell'Unione come interpretato dalla Corte, con la conseguenza che un giudice di merito italiano ben può decidere della competenza giurisdizionale anche in modo diverso da quanto abbia fatto la Suprema Corte di Cassazione, puntualizza ulteriormente alcuni criteri in tema d'interpretazione delle norme dell'Unione ribadendo i seguenti principi di carattere generale:

a) quello di autonomia strutturale del regolamento e di uniformità nella sua interpretazione, che impongono un'interpretazione dei concetti in esso espressi autonoma, svincolata dalle normative nazionali, in considerazione del loro carattere di autosufficienza, trovando nel regolamento, oltre che nei suoi principi ed obiettivi, la loro più appropriata definizione;

b) quello che afferma l'importanza - nell'esame delle disposizioni del regolamento - delle esigenze comuni di certezza del diritto e di prevedibilità, al fine di garantirne un'applicazione uniforme, nel rispetto del principio di uguaglianza, per il buon funzionamento del mercato interno all'Unione Europea.
Con specifico riguardo, poi, al regolamento in esame, la sentenza evidenzia, ai fini interpretativi:

- la prevalenza dell'interesse dei creditori, al fine di consentire loro, ex ante, di valutare il rischio prevedibile, nel decidere se e a quali condizioni concludere transazioni economiche con un'impresa;

- la rilevanza delle nozioni di COMI e di dipendenza per l'individuazione dei giudici competenti, in caso di insolvenza di imprese operanti in diversi paesi dell'Unione Europea.

Con riguardo, poi, alla determinazione del COMI, la sentenza ribadisce anche l'importanza dello stato di fatto esistente alla data di presentazione dell' apertura della procedura di insolvenza.
In sostanza, è fattore idoneo ad integrare il criterio di collegamento territoriale la contiguità cronologica del suo radicamento rispetto all'inizio del procedimento prefallimentare. Di conseguenza è la localizzazione del centro degli interessi principali del debitore alla data di proposizione della domanda di apertura di una procedura d'insolvenza a rilevare per l'individuazione della giurisdizione competente. Sono, perciò, i giudici dello Stato membro nel cui territorio si trova la nuova sede che, in linea di principio, divengono competenti ad aprire una procedura di insolvenza principale, a meno che la presunzione introdotta dall'art. 3, n. 1, del Regolamento non sia superata dalla prova che il centro degli interessi principali non ha seguito il cambiamento di sede statutaria.

Conclusioni

La sentenza in esame si presenta di grande interesse in quanto:

a) porta alle sue estreme conseguenze il principio di prevalenza del diritto comunitario, statuendo che esso s'impone direttamente al giudice nazionale di merito anche a dispetto delle eventuali pronunce rese dai giudici superiori, ed anche quando questi ultimi - come è a dirsi in Italia per la Suprema Corte di Cassazione - siano affidatari di un potere esclusivo di individuazione o di risoluzione di conflitti nella materia della giurisdizione;

b) conferma la rilevanza, nell'interpretazione del COMI, del luogo reale dell'amministrazione principale della società, ma nei limiti in cui è accertabile da terzi, con un conseguente rafforzamento indiretto degli effetti probatori della presunzione di corrispondenza della sede principale con la sede statutaria;

c) individua, per la prima volta, alcuni elementi obiettivamente accertabili che consentono di superare la suddetta presunzione;

d) si sofferma, per la prima volta, sugli effetti del trasferimento della sede legale di una società debitrice in un diverso paese dell'Unione Europea, prima della presentazione della domanda di apertura di una procedura di insolvenza.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Il principio di autonomia ed uniformità dell'interpretazione della normativa comunitaria espresso nella sentenza in commento dalla Corte di Giustizia conferma un costante orientamento (v., in particolare, sentenza 29 ottobre 2009, causa C 174/08, N. C. D., punto 24 e giurisprudenza citata).
Sulla nozione di COMI, la sentenza della Corte di Giustizia UE 2 maggio 2006, causa C 341/04, Eurofood IFSC ha affermato che il COMI di una società controllata non coincideva con la sede legale della medesima. La Corte aveva ritenuto necessario dimostrare che la controllata non svolgesse alcuna attività sul territorio dello stato membro in cui si trovava la sede statutaria, a nulla rilevando che le scelte gestionali fossero o potessero essere controllate dalla società madre, stabilita in altro stato membro. L'interpretazione adottata dalla Corte di Giustizia trova conferma in numerose pronunce adottate da giudici nazionali, fra le quali, ad esempio, Trib. Milano 26 luglio 2011, in Il Caso.it. Per altre pronunce di merito si consulti il sito Insolvencycases.eu.
Sugli effetti del trasferimento della sede sociale da un paese dell'Unione Europea ad un altro paese, successivamente alla proposizione di una domanda di apertura di una procedura d'insolvenza, ma anteriormente all'apertura della procedura medesima si veda la sentenza della Corte di Giustizia 17 gennaio 2006, causa C 1/04, S. S., Racc. pag. I 701, punto 29. Sugli effetti del trasferimento del COMI prima della proposizione di una domanda di apertura di procedura d'insolvenza, v. High Court of Justice di Leeds, Chancery Division Company Court in data 20 maggio 2004, nel caso Ci3net.com Inc.
Per la bibliografia italiana, si veda, da ultimo, De Cesari, Montella, Insolvenza transfrontaliera e giurisdizione italiana. Competenza internazionale e riconoscimento delle decisioni, Milano, 2009 e bibliografia ivi citata. Con riguardo alla bibliografia straniera relativa al Regolamento n. 1346 si consultino soprattutto Virgos, Schmit, Report on the Convention on Insolvency Proceedings, Council of the European Union, Document no. 6500/96/EN; Fletcher, Insolvency in Private International Law, Oxford, 2005; Moss, Fletcher, Isaacs, The EC Regulation on Insolvency Proceedings. A Commentary and Annotated Guide, Oxford, 2008; Wessels, International Insolvency Law, Deventer, Kluwer, 2006.

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