Richiesta rimessione a SS.UU. sull’ineffabile ma ineludibile contrasto sulla sindacabilità nel merito del concordato preventivo

Filippo Lamanna
09 Gennaio 2012

Va rimessa al Primo Presidente della S. Corte di Cassazione la valutazione sull'opportunità di rimettere eventualmente alle SS.UU. la soluzione del contrasto emerso tra alcune sentenze della stessa S. Corte in ordine: a) alla sindacabilità del merito della proposta di concordato (sia preventivo che fallimentare) e quindi della fattibilità del piano, tanto in sede di giudizio di ammissione alla procedura, quanto nella successiva fase del giudizio di omologazione; b) al se, e in quale misura, l'eventuale non fattibilità del piano concordatario si traduca in un'impossibilità dell'oggetto del concordato; c) al se sia necessaria ed impegnativa l'indicazione della percentuale dei creditori chirografari che si prevede possano essere soddisfatti.
Massima

Va rimessa al Primo Presidente della S. Corte di Cassazione la valutazione sull'opportunità di rimettere eventualmente alle SS.UU. la soluzione del contrasto emerso tra alcune sentenze della stessa S. Corte in ordine: a) alla sindacabilità del merito della proposta di concordato (sia preventivo che fallimentare) e quindi della fattibilità del piano, tanto in sede di giudizio di ammissione alla procedura, quanto nella successiva fase del giudizio di omologazione; b) al se, e in quale misura, l'eventuale non fattibilità del piano concordatario si traduca in un'impossibilità dell'oggetto del concordato; c) al se sia necessaria ed impegnativa l'indicazione della percentuale dei creditori chirografari che si prevede possano essere soddisfatti.

Premessa

Nel commentare brevemente, in questo stesso portale (cfr. F. Lamanna, Il contrasto in Cassazione sulla fattibilità del concordato preventivo: una novità (positiva) che rende necessario l'intervento delle SSUU), una recente sentenza della S. Corte di Cassazione in materia di concordato preventivo – (Cass., sez. un., 15 settembre 2011, n. 18864) - avevo evidenziato che essa si era posta in frontale contrasto con altri precedenti di legittimità, e sulla base di tale rilievo segnalavo l'opportunità che fosse rimessa alle SS.UU. la soluzione del contrasto per evitare che esso potesse “aggravare ancor di più l'attuale situazione di incertezza interpretativa ed operativa”.

La chiave del mio commento era dunque proprio l'esistenza di un contrasto e la necessità di risolverlo.
Ponevo in rilievo, in particolare, come con tale decisione la S. Corte - aderendo ad un estesissimo indirizzo interpretativo dei giudici di merito -, avesse anch'essa espressamente riconosciuto, per la prima volta, l'esistenza del potere del Tribunale fallimentare di sindacare nel merito, ex officio, e per di più durante tutto il corso del procedimento (dall'ammissione fino all'omologa), il requisito della fattibilità della proposta concordataria, potere negato, invece, in altri precedenti di legittimità; e come inoltre avesse affermato la necessità, da essa prima negata, che anche in caso di concordato preventivo con cessione dei beni venga sempre specificata la soddisfazione promessa ai creditori chirografari attraverso l'enucleazione ex ante di una determinata percentuale, cui l'eventuale successivo inadempimento possa rapportarsi ai fini risolutori (per avere rilievo, appunto, come inadempimento non di scarsa importanza) e il cui pagamento possa produrre il divisato effetto integralmente esdebitatorio (anche per la parte in concreto non pagata).

L'ordinanza di rimessione alle SS.UU.

Va accolta dunque con soddisfazione - sia pur solo parziale - l'ordinanza con cui, in tempi davvero singolarmente rapidissimi per la Cassazione, la Prima Sezione Civile ha deciso di sottoporre al Primo Presidente la valutazione di opportunità sull'intervento risolutore delle Sezioni Unite.
La soddisfazione è, però, solo parziale, perché la Sezione che ha assunto tale iniziativa lo ha fatto, da un lato, con una rapidità fin troppo inconsueta; e, dall'altro, sulla base di un supporto motivazionale francamente sorprendente. E se il primo profilo di dubbio (l'inconsueta rapidità) potrebbe anche restar privo di rilievo ed anzi assurgere ad elemento di positiva valutazione qualora fosse valutato in sé e per sé o in un altro contesto, esso finisce invece per acquistare qui un significato alquanto sospetto e preoccupante se riguardato congiuntamente all'altro suddetto profilo di perplessità (quello relativo alla motivazione in concreto adottata).
Non può sottacersi, infatti, che, trattandosi di una proposta di invio alle SS.UU. per la soluzione di un contrasto interpretativo ritenuto di considerevole importanza, ci si sarebbe aspettata una franca ed inequivoca presa d'atto di tale contrasto, con la leale intenzione di poterlo superare mediante ricorso al massimo consesso della Corte, senza pregiudiziali e con l'unico intento di dare una soluzione ottimale al problema evidenziato.
Al contrario, nel rimettere al Primo Presidente la valutazione sull'opportunità dell'intervento delle SS.UU., la Prima Sezione lo ha fatto quasi negando - sorprendentemente - la stessa esistenza del contrasto interpretativo, con una descrizione del contenuto innovativo della sentenza n. 18864 del 2011 che sarebbe fin troppo eufemistico definire improntata ad understatement.
In concreto, l'ordinanza di rinvio, dopo aver esposto l'orientamento espresso dalle precedenti pronunce sui temi sopra ricordati, ha ipotizzato - bontà sua - che la sentenza n. 18864 del 2011 abbia “seguito una linea motivazionale non del tutto coincidente con il suddetto orientamento, pur non sconfessandolo in modo esplicito (ed anzi talvolta richiamandolo)” (enfasi aggiunta), soggiungendo subito dopo che “la sentenza da ultimo citata, pur non potendosi forse considerare in diretto contrasto con le altre sopra menzionate (…) è stata apprezzata anche dai commentatori come dissonante rispetto alla linea giurisprudenziale maggioritaria che si era andata prima definendo, e probabilmente sottende un'ulteriore ragione di distonia anche in ordine alla rilevanza che, nell'economia della proposta concordataria (e della sua fattibilità), oggi assume l'indicazione della percentuale dei creditori che si prevede possano essere soddisfatti” (enfasi aggiunta).

Osservazioni

Ebbene, francamente non si comprende come possa considerarsi non del tutto coincidente (e quindi coincidente quasi per intero, salvo che per qualche dettaglio), un orientamento - quello espresso dalla sentenza n. 18864 del 2011 - che a qualunque lettore non può non apparire, in modo assolutamente chiaro (basta leggerla, appunto), in totale e frontale contrasto con quello precedentemente espresso; come possa assumersi, dunque, che solo alcuni commentatori (e non i Giudici della Cassazione) lo abbiano apprezzato come dissonante, pur non potendosi forse considerare in diretto contrasto con le altre sopra menzionate sentenze; e infine come possa parlarsi di un'altra solo probabile distonia sottesa alla detta pronuncia anche quanto alla necessità che venga promessa anche nel concordato preventivo per cessio bonorum una precisa e determinata percentuale di soddisfazione ai creditori chirografari, quando il contrasto è invece assolutamente certo, evidente ed esplicito pure su tale aspetto.
È dunque inevitabile che, adottando una tale sorprendente modalità motivazionale, per di più nel contesto di un'iniziativa di rimessione assunta con una sollecitudine altrettanto sorprendente, la Sezione rimettente si sia esposta al rischio che qualcuno di quei commentatori che hanno apprezzato come dissonante la sentenza n. 18864 del 2011 possa dubitare della genuinità delle intenzioni sottese a tale richiesta d'intervento delle SS.UU., nutrendo il sospetto - per quanto, si auspica, ingiustificato - che si sia voluto non già propiziare una meditata ed equanime soluzione interpretativa, quanto piuttosto pervenire tout court ad una rapida tacitazione del pensiero divergente.
È quindi prima di tutto nell'interesse della stessa immagine di trasparenza e imparzialità della S. Corte che le questioni oggetto di contrasto vengano valutate dalle SS.UU. solo dopo uno studio attento e ponderato, quindi non precipitosamente, e magari assicurando anche che sia presente nel consesso decidente, al momento della decisione, qualche esponente autorevole del collegio che ha espresso la distonica sentenza.
La materia, infatti, ha un rilievo del tutto particolare e tocca punti sensibili e nevralgici, perché coinvolge - in parte de qua - la stessa sorte della funzione giudiziaria di merito, che nelle precedenti sentenze della S. Corte era stata sostanzialmente nullificata, essendosi negato che il giudice di merito possa esaminare … il merito delle proposte di concordato, finendosi così per esaurire e ridurre l'intervento di controllo del Tribunale - sulla base di una mera opzione di principio (e quindi non per ragioni di fatto) - a quello, meramente formale, che svolge in sede di legittimità la stessa S. Corte giudicando della completezza e logicità della motivazione delle sentenze (in questo caso sostituendosi ad esse la relazione dell'esperto attestatore con riferimento alla fattibilità del concordato preventivo).
Vale allora, forse, la pena di ricordare, per quanto sia un dato fattuale di modesto rilievo e probabilmente del tutto ignoto ai Giudici della S. Corte, che, appena la sentenza n. 18864 del 2011 è stata pubblicata, in alcune mailing list dei Giudici di merito che si occupano di diritto fallimentare qualcuno di essi ha parlato (cito a memoria) di “meravigliosa sentenza”, di “sentenza che regala ossigeno”, perché “contrariamente alle ultime sentenze della Cassazione” ha finalmente parlato “«non di mera funzione notarile» del ruolo del giudice», ma di «legittimità sostanziale della proposta» e soprattutto di «interesse pubblico a che il governo della crisi d'impresa non sia piegato ad utilizzazioni improprie»”.
Queste sintetiche frasi mostrano chiaramente il sentire - pressocchè unanime - dei giudici di merito sulla problematica in esame, anche se - beninteso - la riappropriazione della istituzionale funzione di controllo di merito non sottende affatto un'inclinazione a valutare negativamente le finalità - specie quella di salvataggio dell'impresa (con quel che ne consegue in termini di conservazione di posti di lavoro e di ricchezza per la società) - cui oggi può assolvere il concordato preventivo, ma solo la convinzione che il Tribunale debba ancora conservare il suo ruolo istituzionale di decisore imparziale a tutela sia della collettività contro soluzioni concordatarie meramente disgregative e funzionali ai soli interessi remissori degli imprenditori che abbiano dissipato i beni aziendali o li abbiano dolosamente sottratti alla garanzia dei creditori, sia dei creditori più deboli quando essi possano subire un danno aggiuntivo ed improprio da soluzioni concordatarie di questo tipo.

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