Compatibilità (o meno) del vincolo di destinazione con la composizione della crisi d’impresa

23 Novembre 2015

L'opposizione del creditore dissenziente all'omologazione del concordato per motivi di legittimità è proponibile anche in mancanza delle condizioni di legittimazione di cui all'art. 180, comma 4, l. fall. Il Tribunale, così come nel caso di frode ai creditori, ha il potere-dovere di respingere la richiesta di omologazione del concordato, ancorché la proposta sia stata approvata dai creditori, qualora il piano concordatario sia fondato su operazioni illegittime, nulle o irrealizzabili.
Massima

L'opposizione del creditore dissenziente all'omologazione del concordato per motivi di legittimità è proponibile anche in mancanza delle condizioni di legittimazione di cui all'art. 180, comma 4, l. fall.

Il Tribunale, così come nel caso di frode ai creditori, ha il potere-dovere di respingere la richiesta di omologazione del concordato, ancorché la proposta sia stata approvata dai creditori, qualora il piano concordatario sia fondato su operazioni illegittime, nulle o irrealizzabili.

Il voto favorevole dei creditori non può avere alcun effetto sanante del comportamento decettivo o abusivo tenuto dal debitore.

Il caso

Una s.r.l. ha proposto l'ammissione ad un concordato preventivo senza classi, caratterizzato dalla prosecuzione diretta in continuità dell'attività caratteristica, dalla liquidazione dei crediti commerciali e dall'apporto patrimoniale dei soci che hanno apposto un vincolo di destinazione su immobili di loro proprietà personale, condizionato all'omologa del concordato.
La ricorrente ha proposto di pagare integralmente le spese di procedura, i crediti privilegiati e ipotecari, il credito per Iva da rivalsa nei limiti di capienza, come da apposita relazione, nonché i creditori chirografari nella misura del 28%, destinando agli stessi il flusso di cassa positivo derivante dalla prosecuzione dell'attività, ed indicando il termine di quattro anni per l'adempimento delle obbligazioni concordatarie.
Il commissario giudiziale, a seguito delle verifiche effettuate, ha segnalato nella relazione ex art. 172 l. fall. che verosimilmente i creditori chirografari sarebbero stati soddisfatti nella minor percentuale dell'8%, evidenziando inoltre l'esistenza di una criticità connessa alla validità/efficacia del vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c., costituito su beni immobili dei soci disponenti, i cui creditori personali avrebbero potuto proporre azione revocatoria a tutela dei loro diritti, così da privare di fatto l'attivo concordatario della c.d. nuova finanza, corrispondente alla massa attiva destinata ai chirografari, determinando così l'infattibilità del concordato.
A seguito dell'approvazione della proposta da parte dei creditori, con voto sfavorevole, fra gli altri, di un creditore (tale peraltro anche verso i soci disponenti il vincolo), il Tribunale ha fissato l'udienza per il giudizio di omologa, nel quale si è costituito il suddetto creditore che si è opposto all'omologa, denunciando l'inefficacia del vincolo poiché autoimposto, anticipando il radicamento dell'azione pauliana per la dichiarazione di inefficacia del vincolo a tutela delle proprie ragioni creditorie nei confronti dei soci per l'illegittima apposizione dello stesso in violazione dell'art. 2740 c.c.
Il Tribunale ha rilevato che, nel caso di specie, si sarebbe trattato di un mero vincolo autoimposto, quindi sempre revocabile e retrattabile ed in definitiva invalido perché privo di qualunque effettività e corrispondenza rispetto allo scopo affermato ma in concreto non perseguito. La nullità e/o inefficacia del vincolo di destinazione, necessario presupposto per la fattibilità del concordato, avrebbe travolto quest'ultimo poiché il venir meno della nuova finanza non avrebbe permesso il soddisfacimento dei creditori chirografari, ed in parte dei privilegiati, con l'effetto che non si sarebbe realizzata la causa concreta del concordato, individuabile nel superamento della situazione di crisi dell'imprenditore e nell'assicurazione di un soddisfacimento, sia pur modesto e parziale (ante novella) dei creditori.
Il Tribunale, conseguentemente, ha rigettato la domanda di omologa, ritenendo che la valutazione della vicenda riguardasse la c.d. fattibilità giuridica rimessa alla esclusiva cognizione dell'autorità giudiziaria.

Le questioni giuridiche esaminate e le soluzioni

Il Tribunale ravennate con la pronuncia in esame ha valutato la compatibilità nell'ambito della procedura concordataria di un atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c. su beni immobili dei soci della debitrice proponente il concordato, dalla cui vendita si sarebbe dovuta ricavare nuova finanza destinata in favore dei creditori concordatari.
La questione è stata sollevata nel giudizio di omologa da parte di un creditore dissenziente.
Il Tribunale preliminarmente ha accertato che il terzo fosse numericamente qualificato ex art. 180, comma 4, l. fall., rilevando tuttavia che l'opposizione per motivi di legittimità è proponibile anche in mancanza delle condizioni della norma citata, potendo essere rilevata d'ufficio poiché rientrante nel perimetro della c.d. fattibilità giuridica, la cui valutazione di sussistenza è di esclusiva competenza dell'autorità giudiziaria.
Nel merito sono state esaminate le modalità di apposizione del vincolo, rilevando che trattavasi di un vincolo di destinazione autoimposto su beni dei disponenti, non accompagnato da alcuna cessione o altro atto dispositivo irretrattabile.
Il legislatore del 2006, con l'art. 2645-ter c.c., ha previsto che possono essere vincolati uno o più beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, in deroga alla garanzia generale di cui all'art. 2740 c.c., destinandoli al perseguimento di un determinato interesse, qualificato come meritevole di tutela ai sensi dell'art. 1322 c.c., riferibile a persone con disabilità, enti e pubbliche amministrazioni.
La norma ha dato luogo ad interpretazioni contrastanti a causa di una formulazione oggettivamente oscura e dell'inserimento della stessa nel Libro VI del codice, che regolamenta la tutela dei diritti, e non tra quelle di diritto sostanziale. L'ambigua formulazione della norma non ha consentito di chiarire se si sia trattato di una nuova figura negoziale autonoma o se la disposizione riguardi gli effetti di un diverso atto dotato di causa autonoma.
La giurisprudenza prevalente ha ritenuto che la norma disciplini solo gli effetti di destinazione, opponibili ai terzi mediante trascrizione, facenti parte di un negozio cui è collegato il vincolo.
In tal senso il Tribunale di Reggio Emilia, 12/05/2014, ha sottolineato, a conferma della non configurabilità di una fattispecie negoziale autonoma, sia la scelta sistematica del legislatore di collocare la nuova disposizione tra le norme sulla trascrizione degli atti, sia il potenziale eversivo di una possibile interpretazione che preveda la possibilità di istituire patrimoni separati in virtù dell'autonomia negoziale, in deroga al più generale e consolidato principio della responsabilità patrimoniale del debitore ex art. 2740 c.c., seppure in previsione di interessi meritevoli di tutela, ai sensi di cui al combinato disposto dagli artt. 2645-ter e 1322, secondo comma, c.c.
Dalla lettura delle motivazioni sottese al rigetto della richiesta di omologa del concordato pare di comprendere che il Tribunale di Ravenna abbia aderito a quell'orientamento giurisprudenziale secondo il quale, per la validità del vincolo di destinazione non è sufficiente la mera liceità dello scopo, pur non prevedendo la norma il perseguimento di un fine solidaristico, dovendosi valutare comparativamente gli interessi sacrificati e le finalità perseguite per comprendere se sussiste l'ulteriore requisito della meritevolezza quale quid pluris rispetto alla mera liceità.
Il Tribunale pertanto ha implicitamente riconosciuto la compatibilità del vincolo con la procedura concordataria, in linea con altre pronunce, purché l'atto sia caratterizzato dall'eterodestinazione dei beni sottoposti a vincolo e sia destinato a soddisfare interessi meritevoli di tutela.
In concreto è stato sostenuto che non è ammissibile la segregazione unilaterale di un bene del quale il disponente continui ad essere il titolare formale e sostanziale, con possibilità di poterne liberamente disporre, poiché si violerebbe quanto statuito dall'art. 2740 c.c. in tema di responsabilità patrimoniale del debitore.
Nel caso si specie si trattava invece di un vincolo autoimposto, quindi revocabile e retrattabile.
L'accertamento della nullità del vincolo di destinazione, con il conseguente venir meno della finanza esterna ad esso collegata, necessaria per l'adempimento della proposta concordataria, ha comportato il rigetto della richiesta di omologa del concordato, nonostante i creditori avessero approvato la proposta dal punto di vista economico.
Il rispetto delle regole, infatti, ove anche si volesse convenire sul fondamento eminentemente negoziale dell'istituto concordatario, non può essere derogato dall'accordo delle parti, poiché i connotati di natura negoziale riscontrabili nella disciplina dell'istituto concordatario non escludono i connessi riflessi pubblicistici del concordato.
Ne consegue che spetta al Tribunale vigilare sul rispetto delle norme al fine di accertare la sussistenza o meno del prerequisito della fattibilità giuridica del piano concordatario sottoposto ai creditori preliminarmente e indipendentemente dalla valutazione economica che dovessero farne i creditori, non potendo essere tollerato dall'ordinamento, ad esempio, un piano che preveda il soddisfacimento dei creditori con violazione delle norme di diritto positivo.

Conclusioni

La pronuncia del Tribunale ravennate è ascrivibile alla corrente di pensiero che ritiene il vincolo di destinazione conforme a diritto quale strumento idoneo a sostegno della crisi d'impresa, sussistendone i requisiti di legalità.
Il Tribunale, tuttavia, ha ribadito con chiarezza che la valutazione sulla fattibilità giuridica del concordato non può essere in alcun modo coartata dai creditori anche se abbiano effettuato una positiva valutazione della fattibilità economica.
A tale proposito nella pronuncia in esame è stata richiamata la sentenza della Corte di legittimità n. 14552 del 26/06/2014, con la quale il Supremo Collegio ha confermato l'inversione di rotta, già anticipata nella sentenza del 18/04/2014 n. 9050, in tema di atti in frode ex art. 173 l. fall., essendo stato affermato che il voto favorevole dei creditori non può validare il comportamento decettivo o abusivo tenuto dal debitore, anche se i creditori siano stati informati prima del voto.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

In generale sull'art. 2645 ter c.c. si segnalano B. Franceschi, Atti di destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust, in Trust, vol. II, Giappichelli, 2008.
Sull'ammissibilità del “negozio di destinazione puro” B. Franceschi, Atti di destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust, (cit.), in senso contrario, Tribunale di Reggio Emilia, decr. 26/11/2012, Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ord. 28/11/2013, Tribunale di Reggio Emilia 18/12/2013, Tribunale di Reggio Emilia, 27/01/2014, Tribunale di Reggio Emilia, ord. 12/05/2014, Tribunale di Reggio Emilia, 10/03/2015.
Sulla meritevolezza degli interessi perseguiti con il vincolo ex art. 2645-ter c.c. si segnala l'orientamento più restrittivo seguito da Tribunale di Vicenza, decr. 31/03/2011, Tribunale di Verona, decr. 18/03/2012 e, in dottrina, F. Gazzoni, Osservazioni sull'art. 2645-ter, in Giust. Civ., 2006, II, pag. 165 e ss.; per la tesi opposta, Tribunale di Lecco, 26/04/2012, e, in dottrina, M. Bianca (a cura di), La trascrizione dell'atto negoziale di destinazione, Giuffré, 2007, 42 e ss.
Sulla rilevanza degli atti in frode ai fini della revoca, indipendentemente dal fatto che siano stati o meno indicati nella domanda di concordato, Cass. 18/04/2014 n. 9050, Cass. 26/06/2014 n. 14552.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario