Il sindacato dell’autorità giudiziaria sulla corretta formazione delle classi

17 Gennaio 2012

Ove all'interno di una classe figurino creditori portatori di interessi non omogenei e di peso economico significativo, i creditori dissenzienti con minor peso economico sono irrimediabilmente pregiudicati dal diritto di contestare in sede omologazione la convenienza della proposta.
Massima

Ove all'interno di una classe figurino creditori portatori di interessi non omogenei e di peso economico significativo, i creditori dissenzienti con minor peso economico sono irrimediabilmente pregiudicati dal diritto di contestare in sede omologazione la convenienza della proposta.

Il caso

Innanzi al Tribunale di Messina viene presentata una proposta di concordato preventivo per cessione dei beni con suddivisione dei creditori in tre classi, denominate A (costituita dai creditori chirografari diversi da quelli collocati nelle classi successive), B (costituita dalle banche garantite da terzi) e C (costituita dagli azionisti creditori dei dividendi deliberati e non distribuiti). Il Tribunale, con decreto pronunciato ai sensi dell'art. 162 l. fall., ritenuto illegittimo il criterio di costituzione della classe A, ha invitato la società proponente a modificare la proposta, collocando i crediti chirografari dell'erario e degli istituti di previdenza ed assistenza in un'autonoma classe.

Le questioni giuridiche e la soluzione

La proposta di concordato preventivo presentata al Tribunale di Messina prevedeva la cessione di tutto l'attivo sociale e la destinazione del ricavato al pagamento di tutte le spese della procedura in prededuzione, del 100% dei creditori privilegiati e del pagamento dei creditori chirografari in percentuale diversa a seconda della classe di appartenenza. All'uopo erano state previste le seguenti tre classi: classe A, costituita dai creditori chirografari diversi da quelli collocati nelle classi successive, in favore dei quali era previsto il pagamento nella percentuale del 44%; classe B, costituita dalle banche garantite da terzi, in favore delle quali era previsto il pagamento nella percentuale del 38%; classe C, costituita dagli azionisti creditori dei dividendi deliberati e non distribuiti, in favore dei quali era previsto il pagamento, in via postergata rispetto agli altri creditori, nella percentuale del 2%.
Esaminata la proposta, il Tribunale di Messina ha ritenuto illegittimi i criteri di costituzione della classe A in quanto: 1) in essa erano stati compresi creditori portatori - ed espressione - di interessi economici significativamente eterogenei, quali l'Erario e gli istituti di previdenza ed assistenza (già titolari di crediti privilegiati), i fornitori di beni e servizi, gli amministratori ed altri creditori vari; 2) la posizione giuridica e gli interessi economici di cui sono portatori i creditori chirografari puri (nella fattispecie i fornitori e gli amministratori) sono disomogenei rispetto alla posizione giuridica ed agli interessi economici di creditori chirografari, già titolari di crediti privilegiati (quali l'Erario e gli istituti previdenziali); 3) l'inserimento di questi ultimi creditori in una classe in cui sono inseriti creditori chirografari puri finisce quindi - soprattutto quando l'ammontare dei crediti dei primi è particolarmente significativo - per alterare gli equilibri della classe; 4) la corretta costituzione delle classi secondo posizioni giuridiche ed interessi economici omogenei costituisce l'unica garanzia per i creditori non integralmente soddisfatti e dissenzienti, atteso che solo la presenza di una classe dissenziente permette al creditore della classe medesima di contestare la convenienza della proposta concordataria in sede di omologazione.
Da qui, l'invito rivolto dal Tribunale di Messina alla società proponente di modificare la proposta, collocando i crediti chirografari dell'erario e degli istituti di previdenza ed assistenza in un'autonoma classe.

Osservazioni

La decisione del Tribunale di Messina è in linea con i poteri e le facoltà riconosciute al tribunale dagli artt. 162 e 163 l. fall., posto che quest'ultimo articolo chiarisce e stabilisce espressamente che, ove il piano preveda la suddivisione dei creditori in classi, il Tribunale deve effettuare anche una verifica del rispetto dei criteri legali di formazione delle stesse; controllo che deve essere rigoroso in considerazione sia del meccanismo di calcolo delle maggioranze che del cosiddetto singular cram down, proprio come osservato dal Tribunale di Messina per motivare l'invito rivolto alla società debitrice.
Dispone infatti l'art. 177 l. fall. che, per l'approvazione della proposta in caso di ripartizione dei creditori in classi, si deve raggiungere una doppia maggioranza, dei crediti ammessi al voto e del numero di classi; mentre, per quanto stabilito dall'art. 180, comma 4, l. fall., il diritto di contestare, in sede di omologazione, la convenienza del concordato spetta ai singoli creditori se appartenenti a classe dissenziente (c.d. singular cram down).
Cosicché, occorre evitare che l'imprenditore formi le classi, anziché secondo corretti criteri di omogeneità giuridica ed economica, esclusivamente al fine di garantirsi le necessarie maggioranze per l'approvazione del concordato.
Pertanto, l'invito di cui al decreto in esame è non solo rispettoso del dato normativo (posto che l'autonomia lasciata al debitore nella suddivisione dei creditori in classi trova un primo limite nella lettera c) dell'art. 160 l. fall., la quale prevede che la suddivisione dei creditori in classi avvenga secondo posizioni giuridiche ed interessi economici omogenei), ma si muove indubbiamente lungo il percorso tracciato dalla più recente giurisprudenza, per la quale la libertà del proponente nella formazione delle classi viene meno - ed è soggetta al sindacato del Tribunale - laddove derivi, in maniera più o meno evidente, dalla cosciente volontà di formare la classe solo strumentalmente ai fini del voto.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Sulla portata e sui limiti del sindacato che il Tribunale può esercitare sulla formazione delle eventuali classi creditorie esistono posizioni estremamente differenziate.
Fermo restando che, a norma dell'art. 163, comma 1, l. fall., il Tribunale non può dichiarare aperta la procedura di concordato preventivo se non dopo aver positivamente verificato la correttezza dei criteri di suddivisione dei creditori in classi (S. Ambrosini, P.G. De Marchi, Il nuovo concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Milano, 2005, 96), secondo un primo indirizzo interpretativo, che valorizza la formulazione testuale dell'art. 163 l. fall. e sottolinea la genericità dei parametri di formazione delle classi previsti dall'art. 160, comma 1, lett. c), l. fall., il giudice non può esercitare un controllo di merito sui metodi di formazione delle classi; con la conseguenza che, “a meno che il debitore non faccia scelte completamente cervellotiche e sganciate da qualsiasi riferimento ad un criterio economico …”, al Tribunale sarebbe precluso contestare la correttezza della formazione delle classi (in questo senso G. Bozza, La proposta di concordato preventivo, la formazione delle classi e le maggioranze richieste dalla nuova disciplina, in Fall. 2005, 1214; analogamente V. Zanichelli, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Torino, 2008, 413).
Per una interpretazione estensiva dei poteri del tribunale in materia è invece sempre più orientata la giurisprudenza, la quale ha via via valorizzato il sindacato dell'autorità giudiziaria sulla corretta formazione delle classi: a) ritenendo inammissibile la domanda di concordato che prevedeva una suddivisione dei creditori in classi senza alcuna enunciazione dei criteri sottesi a tale suddivisione, impedendo così al tribunale “il necessario controllo sulla correttezza di detti criteri, sia sotto il profilo dell'omogeneità degli interessi economici, sia sotto il profilo della coerenza e funzionalità al piano concordatario della suddivisione operata” (Trib. Milano, sez. II, 17.12.2007, confermata da App. Milano 8.4.2008); b) ritenendo possibile il vaglio dell'autorità giudiziaria anche con riguardo all'inserimento di un creditore in una classe piuttosto che in un'altra - “secondo una prospettiva di tutela del trattamento non ingiustificatamente difforme di creditori aventi posizione giuridica od interessi economici omogenei” (A. Patti, I diritti dei creditori nel nuovo concordato preventivo, Milano, 2006, 282-283) - e, quindi, l'invito rivolto al debitore ricorrente a riformulare la proposta concordataria; c) ritenendo che la valutazione di cui all'inciso finale dell'art. 163, comma 1, l. fall. debba essere finalizzata ad impedire abusi del diritto alla formazione della classe, formazione che non può essere determinata dalla cosciente volontà di formare una classe ai soli fini del raggiungimento delle maggioranze necessarie per l'omologazione della proposta concordataria (in questo senso decreto Trib. Milano, sez. II, 7.7.2011).

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