Estensione di una procedura di insolvenza e competenza giurisdizionale nel Reg. CE n. 1346 del 2000

02 Febbraio 2012

Il regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relativo alle procedure di insolvenza, deve essere interpretato nel senso che il Giudice di uno Stato membro che ha avviato una procedura principale di insolvenza nei confronti di una società, considerando che il centro degli interessi principali della stessa sia situato sul territorio di tale Stato, può estendere, in applicazione di una norma del suo diritto nazionale, tale procedura ad una seconda società, la cui sede statutaria sia situata in un altro Stato membro, soltanto a condizione che sia dimostrato che il centro degli interessi principali di quest'ultima si trova nel primo Stato membro.
Massima

Il regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relativo alle procedure di insolvenza, deve essere interpretato nel senso che il Giudice di uno Stato membro che ha avviato una procedura principale di insolvenza nei confronti di una società, considerando che il centro degli interessi principali della stessa sia situato sul territorio di tale Stato, può estendere, in applicazione di una norma del suo diritto nazionale, tale procedura ad una seconda società, la cui sede statutaria sia situata in un altro Stato membro, soltanto a condizione che sia dimostrato che il centro degli interessi principali di quest'ultima si trova nel primo Stato membro.

Il regolamento n. 1346 del 2000 deve essere interpretato nel senso che, nell'ipotesi in cui contro una società, la cui sede statutaria si trovi sul territorio di uno Stato membro, sia diretta un'azione intesa ad estenderle gli effetti di una procedura di insolvenza avviata in un altro Stato membro nei confronti di un'altra società avente sede sul territorio di quest'ultimo Stato, la mera constatazione della confusione dei patrimoni di tali società non è sufficiente a dimostrare che il centro degli interessi principali della società contro cui la detta azione è diretta si trovi del pari in quest'ultimo Stato. Per confutare la presunzione secondo cui detto centro coincide con il luogo della sede statutaria, è necessario che una valutazione globale dell'insieme degli elementi pertinenti permetta di accertare che, in un modo riconoscibile dai terzi, il centro effettivo di direzione e di controllo della società contro cui è diretta l'azione finalizzata all'estensione si trova nello Stato membro nel quale è stata avviata la procedura di insolvenza iniziale.

Il caso

In data 7 maggio 2007 il Tribunale de commerce di Marsiglia dichiarava aperta una procedura di insolvenza a carico di una società con sede statutaria in Francia. Nell'ambito di detta procedura di insolvenza, il liquidatore giudiziario - ritenendo sussistenti i presupposti di cui all'art. L. 621-2 del Code de Commerce (semplificando, la “confusione” tra il patrimonio della società nei cui confronti era stata già avviata la procedura di liquidation judiciaire e quello di un diverso soggetto giuridico) - chiedeva allo stesso Tribunale de commerce di Marsiglia di estendere la procedura di liquidazione giudiziaria ad altra società (di diritto italiano) avente la propria sede statutaria in Italia.
In primo grado tale domanda di estensione veniva rigettata in ragione della dichiarata incompetenza giurisdizionale dei giudici francesi ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 3 Reg. n. 1346 del 2000, ossia in ragione del fatto che la società italiana non aveva in Francia né il proprio centro degli interessi principali, né una sua dipendenza.
In appello, la pronuncia declinatoria della competenza giurisdizionale veniva riformata, essendosi ritenuto da parte dei giudici della Cour d'Appell di Aix en Provence che, ai fini della individuazione del giudice dotato di competenza giurisdizionale per la dichiarazione di estensione di una procedura di liquidation judiciaire già avviata a carico di altro soggetto avente la propria sede statutaria in Francia, fosse irrilevante stabilire se il diverso soggetto giuridico nei cui confronti estendere la detta procedura avesse o meno il suo centro degli interessi principali in Francia ovvero in altro Stato membro.
A parere dei giudici di appello, infatti, la competenza giurisdizionale in tale materia non avrebbe dovuto essere stabilita facendo riferimento ai criteri dettati dall'art. 3 del Reg. n. 1346 del 2000 ma, diversamente, sulla base del principio in virtù del quale tutte le azioni derivanti da una procedura di insolvenza o ad essa strettamene connesse sono, per ciò solo, attratte alla competenza giurisdizionale dei giudici dello Stato membro che ha avviato la procedura cui dette azioni si riferiscono.
Avverso la richiamata pronuncia di appello proponeva ricorso per cassazione la società italiana sostenendo, in particolare, che la pronuncia di estensione richiesta dal liquidator judiciaire a suo carico producesse gli stessi effetti che conseguono ad una decisione di avvio e/o di apertura di una procedura di insolvenza nello spazio giudiziario europeo, di modo che, anche per decisioni di siffatto tenore da parte dei Giudici dello Stato membro in cui era stata dichiarata aperta la procedura “iniziale”, non si sarebbe comunque potuto prescindere da una valutazione in ordine alla (in)sussistenza di uno dei titoli di competenza giurisdizionale previsti dall'art. 3 del Reg. n. 1346 del 2000.
La Cour de Cassation, rilevato come, in effetti, la pronuncia di estensione di una procedura di insolvenza motivata sul presupposto della “confusion des patrimoines” ex L. 621-2 Code de Commerce potesse essere astrattamente apprezzata, per un verso, quale vera e propria decisione di apertura di una procedura di insolvenza ovvero, per altro verso, quale pronuncia direttamente derivante dalla (o strettamente consequenziale alla) procedura iniziale, decideva di rimettere la relativa questione interpretativa alla Corte di Giustizia.

Le questioni giuridiche e la soluzione

In via di estrema sintesi, il duplice quesito interpretativo posto dalla Cassation ai giudici di Plateau Kirchberg atteneva, in buona sostanza, alla necessità o meno di fare applicazione dei criteri di competenza giurisdizionale dettati dall'art. 3 Reg. n. 1346 del 2000 anche in tutti quei casi (variamente regolati dalle singole legislazioni municipali) in cui l'assoggettamento di un determinato soggetto giuridico ad una procedura concorsuale venga a determinarsi, piuttosto che in virtù della accertata sussistenza in capo ad esso dei requisiti generalmente richiesti dalla singola legislazione nazionale per l'apertura a suo carico di una autonoma procedura di insolvenza, sulla base e per effetto di una procedura di insolvenza originariamente ed inizialmente aperta a carico di altra e distinta entità giuridica.
La questione, dunque, si riduceva essenzialmente allo stabilire se, nei casi di c.d. estensione di una procedura di insolvenza infracomunitaria, assuma rilievo, ai fini dell'individuazione del giudice fornito di competenza giurisdizionale, la localizzazione nel territorio dello Stato membro in cui è stata dichiarata aperta la procedura “iniziale” anche del centro degli interessi principali (ovvero di una dipendenza) del soggetto nei cui confronti dovrà essere dichiarata aperta - in via di estensione, appunto - quest'ultima procedura; o, al contrario, se il nesso di dipendenza istituito dalla legge nazionale tra la procedura iniziale e quella da dichiarare aperta in via di estensione (e tale per cui la procedura iniziale costituisce il presupposto per l'apertura dell'altra) sia in grado di escludere che possa darsi autonomo rilievo ai titoli di giurisdizione individuati dall'art. 3 del Reg. n. 1346 del 2000.
La Corte di Giustizia, con la sentenza oggetto di queste brevi righe di commento, ha ritenuto che i Giudici dello Stato membro nel cui territorio è stata aperta la procedura “iniziale” (ovverosia, da estendere) devono comunque accertare - al di là ed a prescindere dalle norme nazionali che istituiscono e regolano tali fattispecie di apertura, in via di estensione, di una procedura a carico di un “debitore supplementare” - la sussistenza della loro competenza giurisdizionale anche nei confronti di questo diverso soggetto facendo esclusivamente applicazione dei criteri di cui all'art. 3 Reg. n. 1346 del 2000.
Di talché, qualora il soggetto nei cui confronti debba e possa estendersi la procedura già dichiarata aperta in un determinato Stato membro non abbia ivi né il proprio centro degli interessi principali (di massima, la propria sede statutaria qualora si tratti di società), né una dipendenza, dovrà allora escludersi la competenza giurisdizionale dei giudici di detto Stato membro.

Osservazioni

Pur muovendo dal presupposto per cui nel Reg. n. 1346 del 2000 non è contenuta alcuna norma che disciplini, sia sotto il profilo della giurisdizione che della legge applicabile, l'istituto della c.d. estensione di una procedura di insolvenza a carico di un “debitore supplementare”, la Corte di Giustizia ha motivato il proprio convincimento in ordine alla dovuta applicazione dei criteri di cui all'art. 3 Reg. n. 1346 del 2000 facendo leva sull'argomento in virtù del quale l'estensione della procedura iniziale ad una diversa ed autonoma entità giuridica produce, comunque, nei confronti di tale ultimo soggetto gli stessi effetti di una decisione di avvio di una procedura di insolvenza a suo carico nello spazio giudiziario europeo; da ciò conseguendo che detta decisione non potrà che essere assunta se non dai Giudici dello Stato membro che sarebbero competenti ad avviarla, per così dire, in via autonoma anziché quale effetto e/o conseguenza di altra procedura di insolvenza.
Dopo aver ricordato che, nel sistema di determinazione della competenza giurisdizionale di cui al Reg. n. 1346 del 2000, esiste una specifica ed esclusiva competenza giurisdizionale per ciascun debitore costituente un'entità giuridicamente distinta, i giudici di Plateau Kirchberg hanno, poi, osservato che la possibilità che un Giudice, designato come competente nei confronti di un debitore in virtù della disposizione di cui all'art. 3 Reg. n. 1346 del 2000, sottoponga, in applicazione della propria legge nazionale, un'altra e distinta entità giuridica a una procedura di insolvenza per il solo motivo di una confusione tra i patrimoni senza accertate dove si trovi il centro degli interessi principali di tale entità, costituirebbe un aggiramento del sistema istituito dal Regolamento.
Pertanto, anche nei casi in cui si tratti di dover dare avvio, nello spazio giudiziario europeo, ad una procedura di insolvenza che si atteggi, alla stregua del diritto nazionale applicabile, quale effetto e/o conseguenza di altra e distinta procedura “iniziale” dichiarata aperta dai Giudici di uno Stato membro competenti ai sensi dell'art. 3 Reg. n. 1346 del 2000, la detta estensione potrà essere correttamente pronunciata dai Giudici di questo medesimo Stato membro solo ove si accerti che nel loro territorio sia localizzato, oltre che il centro degli interessi principali del “primo” debitore, anche quello del debitore c.d. “supplementare”.

Le questioni aperte

Sebbene la pronuncia della Corte di Giustizia sia intervenuta con specifico riferimento ad un caso regolato dalla legislazione concorsuale francese, non appare dubbio che il principio interpretativo infine affermato sia da considerarsi rilevante anche per la soluzione da fornire in relazione ad analoghe ipotesi regolate dalla legge fallimentare italiana.
Come noto, infatti, l'art. 147 l. fall. prevede che la dichiarazione di fallimento di una società appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III (società in nome collettivo), IV (società in accomandita semplice) e VI (società in accomandita per azioni) del titolo V del libro quinto del codice civile produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili.
Al di là di tali tipiche ipotesi di fallimento c.d. in estensione, peraltro, non si esclude nel nostro ordinamento che il fallimento inizialmente dichiarato a carico di un ente collettivo ovvero di un imprenditore individuale possa venire esteso, appunto, a carico di altro soggetto (anch'esso persona fisica o persona giuridica) in virtù della ritenuta esistenza di una società occulta tra di essi.
A prescindere, in questa sede, dalle questioni “sostanziali” che l'art. 147 l. fall. così come novellato pone in ordine alla individuazione dei soggetti “fallibili” in virtù di detta disposizione, varrà qui rilevare che, già nel vigore del Reg. n. 1346 del 2000, la nostra Suprema Corte ha avuto modo di affrontare il tema della giurisdizione fallimentare nelle ipotesi di estensione del fallimento a carico di un socio illimitatamente responsabile avente il proprio centro degli interessi principali al di fuori del territorio italiano.
La questione, in particolar modo, risulta affrontata ex professo da Cass. civ., sez. un., 6 luglio 2005, n. 14196, la quale ha ritenuto che, in dette ipotesi, la giurisdizione italiana sia una mera conseguenza del meccanismo regolato dall'art. 147 l. fall. e ciò nel senso che, rientrando l'azione per la dichiarazione di fallimento in estensione ex art. 147 l. fall. nel novero delle azioni che derivano dal fallimento, per essa la giurisdizione del giudice italiano che ha dichiarato il fallimento iniziale dovrebbe ritenersi sempre sussistente in virtù del principio della vis attractiva concursus di cui all'art. 24 l. fall. (norma ritenuta dalla Suprema Corte idonea, in tal caso, a porre anche una regola di giurisdizione e non solo una regola di competenza per territorio, atteso il rinvio operato dal secondo comma dell'art. 3 L. 218 del 1995).
Si tratta, all'evidenza, di principio che - non contraddetto da Cass.civ., sez. un., 28 gennaio 2005, n. 1734, posto che, in quell'occasione, i Giudici di legittimità esclusero la giurisdizione italiana in ordine alla dichiarazione di fallimento di una società con sede statutaria in Lussemburgo di cui si assumeva, tuttavia, la qualità di socio illimitatamente responsabile di società con sede statutaria in Italia solo perché accertarono, in fatto, che mancava il presupposto per fare applicazione dell'art. 147 l. fall. (vale a dire la già avvenuta dichiarazione di fallimento della società “italiana”) e, quindi, sulla base della ritenuta completa autonomia del procedimento di dichiarazione di fallimento all'uopo instaurato - non potrà che trovare adeguata rivisitazione alla luce dei principi espressi dalla Corte di Giustizia nella sentenza qui oggetto di rapido commento.
Al di là, infatti, dell'oramai superato richiamo effettuato dalla Suprema Corte al criterio giurisdizionale di cui al secondo comma dell'art. 3 L. 218 del 1995 (posto che, a seguito della nota pronuncia della Corte di Giustizia nella causa Deko Marty, la competenza giurisdizionale per le azioni derivanti da, o strettamente connesse a, una procedura di insolvenza infracomunitaria è tratta, a livello uniforme, dall'art. 3 del Reg. n. 1346 del 2000 quale norma ritenuta idonea ad introdurre nel regolamento comunitario una vis attractiva concursus anche in punto di giurisdizione) non pare dubbio, in effetti, come a venir meno a seguito della odierna pronuncia interpretativa dei Giudici di Plateau Kirchberg sia proprio la correttezza di una ricostruzione, quale quella operata dai nostri supremi Giudici, che finisca con il dare prevalenza, anche sotto il profilo della giurisdizione, al nesso di derivatività e/o consequenzialità che pur caratterizza le ipotesi di c.d. fallimento in estensione.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Sul concetto di centro degli interessi principali v., nella giurisprudenza comunitaria, Corte di Giustizia, 2 maggio 2006, causa C-341/04, Eurofood; per il concetto di dipendenza v., sempre nella giurisprudenza comunitaria, Corte di Giustizia, 20 ottobre 2011, causa C-396/09, Interedil, commentata da G. Corno in questo Portale; sulla vis attractiva concursus di indole comunitaria nel Reg. n. 1346 del 2000 v. Corte di Giustizia, 12 febbraio 2009, causa C-339-07, Deko Marty.
In dottrina si occupano della questione specifica affrontata dalla sentenza della Corte di Giustizia qui oggetto di commento P. De Cesari - G. Montella, Insolvenza transfrontaliera e giurisdizione italiana, Milano, 2009, 11; C. Vellani, L'approccio giurisdizionale all'insolvenza transfrontaliera, Milano, 2006, 396.
Sempre in dottrina, sul tema della vis attractiva concorsus, cfr. M. Farina, La vis attractiva concorsus nel regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza, in Fall., 2009, 666 e ss..

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario