Consorzi "stabili" e lavori endofallimentari

Danilo Galletti
08 Febbraio 2012

L'impresa consorziata, aderente a consorzio stabile che partecipi ai pubblici appalti, è titolare di un mero credito concorsuale, e non già prededucibile, per i lavori svolti dopo l'apertura del concorso, assegnati alla stessa dal consorzio fallito (massima).
Massima

L'impresa consorziata, aderente a consorzio stabile che partecipi ai pubblici appalti, è titolare di un mero credito concorsuale, e non già prededucibile, per i lavori svolti dopo l'apertura del concorso, assegnati alla stessa dal consorzio fallito.

Il caso

Una società facente parte di un consorzio stabile di imprese ai sensi dell'art. 12 L. n. 109 del 1994 (ora sostituito dall'art. 36 D. Lgs. n. 163 del 2006, di seguito "cod. lav. pubbl."), dichiarato fallito, fa istanza di ammissione allo stato passivo del fallimento, vantando il credito, asseritamente prededucibile, relativo al compenso per lavori eseguiti in esecuzione di appalto pubblico assunto dal consorzio, ed assegnati al creditore instante, lavori eseguiti dopo l'apertura del concorso.

In subordine il creditore chiede l'ammissione in forza di arricchimento senza causa.
Il G.D. non riconosce il trattamento di prededuzione richiesto.
La Società instante svolge opposizione allo stato passivo ai sensi dell'art. 98 l. fall., deducendo la sussistenza di un rapporto di mandato che la legittimerebbe a richiedere la refusione in prededuzione ai sensi dell'art. 1721 c.c.
Il Tribunale conferma la decisione del G.D., non reputando sussistente alcuna ipotesi prededuttiva.

Le questioni giuridiche

Il Tribunale ritiene che il rapporto instauratosi fra Consorzio ed impresa assegnataria dei lavori non sia riconducibile al contratto di mandato, ma trovi causa all'interno del vincolo associativo consortile.
In ogni caso, poi, di mandato potrebbe parlarsi soltanto ipotizzando che il consorzio assuma la veste di mandatario, ed il consorziato quella di mandante (a somiglianza di quanto accade quanto alle associazioni temporanee di imprese: c.d. ATI), a differenza e specularmente a quanto sostenuto dall'opponente.
In considerazione di ciò, l'apparente mandatario (cioè il consorziato, in realtà al limite mandante) non potrebbe soddisfarsi sui crediti sorti in conseguenza dell'esecuzione del rapporto ai sensi dell'art. 1721 c.c., con preferenza sul preteso mandante, pur nel fallimento del Consorzio.
La motivazione indugia anche sull'avvenuto scioglimento del rapporto di appalto fra committente e Consorzio, ai sensi dell'art. 81 l. fall., nonché del mandato fra Consorzio e consorziato.
Di conseguenza l'esecuzione dei lavori da parte del consorziato, in assenza di autorizzazione all'esercizio provvisorio ai sensi dell'art. 104 l. fall., non può fondare alcun diritto alla prededuzione, né in forza della disciplina del mandato, ormai sciolto, né dell'arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c., in carenza della prova dei requisiti tipici, e stante la natura tassativamente residuale del rimedio.

Osservazioni

La disciplina dei consorzi “stabili” non pare aver subito significative modificazioni nel passaggio dall'art. 12 L. n. 109 del 1994 al cod. lav. pubbl. (art. 36). Ciò spiega la rilevanza del provvedimento commentato.
La disciplina speciale non regola espressamente l'ipotesi del fallimento (né del Consorzio né dei singoli consorziati), a differenza dell'art. 37, commi 18 e 19, cod. lav. pubbl. che disciplina le ATI, e prevede, in caso di fallimento della mandataria (ossia della capogruppo), la facoltà per la stazione appaltante di proseguire il rapporto con “altro operatore economico” che abbia i requisiti di qualificazione previsti; in carenza di tali condizioni, la stazione appaltante può recedere dal contratto di appalto.
Ciò rende evidente la prevalenza della disciplina specifica sulle ATI sulle norme in tema di rapporti giuridici “pendenti” nel fallimento (artt. 72 ss. l. fall.), in particolare sull'art. 78 l. fall., che sancirebbe comunque lo scioglimento del rapporto in caso di fallimento del mandatario, cioè, nella fattispecie, la capogruppo (Cass., 13 settembre 2007, n. 19165); nonché sull'art. 81, comma 2, l. fall., il quale tuttavia reca già in sé l'asserto della prevalenza della disciplina speciale pubblicistica (D'Aiuto, Gli effetti del fallimento nell'associazione in partecipazione, in Fauceglia-Panzani, Il fallimento e le procedure concorsuali, 2, Torino, 2009, 813 s.).
Persino la disposizione dell'esercizio provvisorio, pertanto, non può influenzare la decisione della stazione appaltante di procedere alla sostituzione dell'impresa fallita.
Ciò sulla base della ritenuta prevalenza, da parte del Legislatore, dell'interesse pubblico a che la stazione appaltante possa assicurare la continuità del rapporto che consente all'ente di assicurarsi il risultato programmato (Cagnasso-Costanza, Commento all'art. 81, in Il nuovo diritto fallimentare, a cura di Jorio-Fabiani, Bologna, Zanichelli, 2007, 1311).
L'applicabilità analogica delle norme in tema di ATI ai consorzi “stabili” è assai discussa (contra v. Damonte- Giampaolo, Commento all'art. 12, in La nuova legge quadro sui lavori pubblici, a cura di Caringella, Milano, 1999, 338), ma probabilmente praticabile.
Le differenze sono da un lato evidenti: il consorzio dà vita ad un soggetto distinto dagli aderenti (cui solo parte della disciplina dei consorzi di cui agli artt. 2602 ss. c.c. è applicabile: cfr. Bargone, in AA.VV., Manuale di diritto dei lavori pubblici, Milano, 2001, 283), e ad un'organizzazione stabile per la realizzazione dei lavori appaltati; laddove le ATI non generano alcuna soggettività distinta, né organizzazione comune stabile, ma soltanto un rapporto di mandato che lega le associate alla mandataria-capogruppo (Cass., 11 maggio 1998, n. 4728; in dottrina, per tutti, Bonvicini, Associazioni temporanee di imprese, in Enc. Giur. Treccani, II, Roma, 1988).
D'altro canto, tuttavia, la disciplina relativa al fallimento non sembra ispirata da rationes dissimili, e ciò giustifica l'analogia (conf. Carbone, Persistenti aspetti problematici della disciplina dei consorzi stabili di imprese, dopo il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in jus.unitn.it).
E ciò anche se la persistente e tralatizia affermazione circa lo scioglimento del rapporto di mandato, in forza dell'art. 78 l. fall., non trova comunque un limite nella circostanza per cui il mandato in questione sarebbe in rem propriam, posto che tale principio si compendia solo nel fallimento del mandante.
Corretta del resto sembra l'affermazione formulata dal Tribunale per cui il rapporto di assegnazione dei lavori inerisce al rapporto associativo (conf. Carbone, op. cit., 78 ss.); tuttavia esso attinge alla sostanza “mutualistica” del rapporto consortile, e dunque legittima altresì l'inferenza dell'esistenza di un negozio con rilevanza esterna fra socio e consorzio, a somiglianza di quanto avviene con la “gestione di servizio” nelle cooperative.
Rapporto che non necessariamente dovrebbe essere qualificato come mandato, così come non è vendita il rapporto fra cooperativa edilizia ed assegnatario di alloggio.
Da escludersi parrebbe tuttavia la possibilità di predicare comunque il sorgere di un credito prededucibile (o comunque di una pretesa reale) del consorziato nei confronti del Consorzio che riscuota dal committente il corrispettivo dei lavori: infatti tali somme, riscosse dal Consorzio, si confondono nel patrimonio di quest'ultimo (Cass., 7 dicembre 1999, n. 13660), a meno che non vi vengano mantenute separate e segregate, anche in forza di precise disposizioni contrattuali o statutarie.
Dunque il consorziato dispone solo di un diritto di credito concorsuale verso la massa, da insinuare allo stato passivo (conf. per tutti Bozza, Insolvenza delle associazioni temporanee di imprese e delle società consortili, in Fall., 1995, 171; contra Sandulli, Effetti del fallimento nell'ambito delle riunioni temporanee di imprese per l'esecuzione degli appalti di opere pubbliche, in Dir. fall., 1997, II, 349).
Si fatica tuttavia a comprendere, nella motivazione del provvedimento commentato, se il Collegio ritenga concorsuale anche il credito relativo a lavori eseguiti dal consorziato dopo il fallimento del Consorzio: se infatti, da un lato, la fattispecie negoziale fonte dell'obbligazione sembra antecedente all'apertura del concorso, il che escluderebbe comunque la prededucibilità, dall'altro il predicato scioglimento del rapporto negoziale dovrebbe rendere la massa insensibile a qualsiasi passività, sulla base del principio di cui all'art. 44 l. fall.

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