Sulla qualificazione di finanza esterna nel concordato preventivo

20 Febbraio 2012

Non può qualificarsi finanza esterna al patrimonio del debitore, come tale liberamente allocabile tra i creditori, il prezzo di acquisto offerto da un terzo per un complesso di beni dedotti in concordato nella misura in cui tale prezzo eccede il valore di mercato dei beni medesimi per come stimati dall'attestatore.
Massima

Non può qualificarsi finanza esterna al patrimonio del debitore, come tale liberamente allocabile tra i creditori, il prezzo di acquisto offerto da un terzo per un complesso di beni dedotti in concordato nella misura in cui tale prezzo eccede il valore di mercato dei beni medesimi per come stimati dall'attestatore.

ll caso

Dinanzi al Tribunale di Milano viene presentato un ricorso per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo con cessione dei beni. Il piano concordatario prevede, tra l'altro, il soddisfacimento parziale dei creditori con privilegio generale mobiliare di grado successivo al n. 18 dell'art. 2778 c.c. e dei creditori chirografari mediante l'utilizzazione del corrispettivo offerto da un terzo per l'acquisto di beni dedotti in concordato nella misura in cui tale corrispettivo eccede il valore di mercato risultante da perizia. Il Tribunale di Milano, dopo aver richiesto chiarimenti alla società proponente, ha dichiarato l'inammissibilità del concordato sull'argomento che, non essendo qualificabile come finanza nuova quella parte di prezzo offerta per l'acquisto di beni dedotti in concordato eccedente il valore stimato, la proposta che prevede l'utilizzazione di tale parte di attivo per il soddisfacimento parziale dei creditori chirografari prima dell'integrale soddisfacimento dei creditori con privilegio generale mobiliare si pone in violazione delle prescrizioni poste dall'art. 160, comma 2, l. fall.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Il Tribunale affronta il problema della qualificabilità come finanza esterna al patrimonio del debitore del surplus di attivo generato dal prezzo offerto da un terzo per l'acquisto di beni dedotti in concordato ad un valore superiore a quello di mercato stimato.
Il tema della c.d. finanza nuova - o, come precisato, della finanza esterna - nei concordati s'inserisce nella più ampia questione concernente, da un lato, il trattamento dei creditori con privilegio generale - com'è nel caso in esame - nell'ambito di un concordato liquidatorio, e, dall'altro, la possibilità di formulare proposte di concordato conciliando il pagamento parziale dei creditori muniti di privilegio generale con il pagamento parziale dei creditori chirografari. Per la disposizione dell'art. 160, comma 2, l. fall. il soddisfacimento non integrale dei creditori garantiti è consentito, purché il trattamento di cui essi siano destinatari non sia inferiore al valore di realizzo ricavabile dalla liquidazione dei beni sui cui sussiste la garanzia; e sempre che tale trattamento non alteri l'ordine delle cause legittime di prelazione. Ne consegue che non sarebbe possibile, una volta esaurito l'intero patrimonio del debitore per il pagamento dei creditori con privilegio generale mobiliare, assicurare un soddisfacimento, pur parziale, ai creditori chirografari, salvo che non siano utilizzate risorse estranee al patrimonio del debitore messe a disposizione da terzi. Le ragioni vanno ricondotte, sul piano sistematico, alle norme che regolano la responsabilità patrimoniale del debitore (artt. 2740 e 2741 c.c.); in base ad esse il debitore risponde con tutti i suoi beni dell'adempimento delle obbligazioni assunte: se l'obbligazione non viene adempiuta spontaneamente, il creditore può soddisfarsi con l'esecuzione forzata sui beni del debitore. Tutti i creditori hanno eguale diritto di concorrere sul patrimonio del comune debitore fatte salve le cause legittime di prelazione (pegno, ipoteca e privilegi) le quali attribuiscono ai creditori il potere di soddisfarsi su un bene o su un complesso di beni con preferenza rispetto agli altri creditori (chirografari). Tali regole - come rilevato dal Tribunale nel provvedimento in esame - non riguardano il caso in cui sia un soggetto terzo a mettere a disposizione dei creditori risorse derivanti dal proprio personale patrimonio.
Sulla base di queste premesse si svolge il ragionamento del Tribunale di Milano per escludere, nel caso concreto, che possa qualificarsi come risorsa estranea al patrimonio del debitore la parte di prezzo offerta per l'acquisto dei beni dedotti in concordato eccedente il valore di mercato degli stessi attestato da perizia; trattandosi comunque di un surplus generato dal patrimonio del debitore.

Osservazioni

Il problema della finanza esterna ha assunto particolare importanza con la riforma del 2005, che ha sancito il principio dell'atipicità della domanda di concordato, definitivamente sottratta a vincoli contenutistici prestabiliti in ordine a misura e modalità di soddisfacimento dei creditori concorsuali, fatta salva la posizione dei creditori prelatizi, seppure nei limiti del valore di realizzo della garanzia. L'inedita possibilità di una variabile conformazione della domanda ha infatti stimolato la previsione dell'ingrediente costituito dalle risorse esterne per mezzo delle quali è possibile ritagliare specifiche ragioni di convenienza per determinate categorie di creditori coinvolte nella deliberazione maggioritaria.
Nel dibattito in corso sulla finanza esterna il provvedimento in esame presenta l'emersione di una questione nuova: l'intensità del rapporto che può sussistere tra risorsa finanziaria definita esterna e patrimonio del debitore. La questione è posta con riguardo alla conversione in denaro di cespiti appartenenti al debitore. Investe il rapporto tra valore obiettivo del cespite e prezzo offerto da un terzo per l'acquisto. Il dubbio concerne la qualificazione dell'ammontare del prezzo eccedente il valore di stima del bene e si pone in termini di qualificazione di tale eccedenza come finanza esterna con conseguente applicazione a tale eccedenza del regime giuridico riferibile a detta risorsa.
In realtà, la questione sembra di assai facile soluzione, non potendo ragionevolmente discutersi che il prezzo offerto per un bene ne integri il valore di mercato e che la somma di denaro corrispondente a detto prezzo sia il risultato della conversione del cespite illiquido in una somma liquida la cui appartenenza non può dubitarsi che spetti al titolare del cespite convertito.
Potrebbe essere superfluo insistere sulla differenza tra valore stimato e prezzo offerto, non potendo valere l'attribuzione di valore esplicitata in una relazione tecnica come effettivo controvalore di mercato del bene, giacché quest'ultimo è determinabile solo in ragione del fatto storico dell'accordo contrattuale o della determinazione, per aggiudicazione, avente ad oggetto la cosa alienata.
Cosicché, il prezzo di un bene non può mai riferirsi in tutto o in parte ad alcunché di diverso dal bene medesimo.

Le questioni aperte

Il provvedimento, decidendo sulla qualificabilità di una determinata risorsa come finanza esterna, presuppone lo sfondo concettuale dell'utilizzazione delle risorse finanziarie esterne al patrimonio del debitore.
In tale ambito più generale è tuttora aperta la questione delle regole di impiego della finanza esterna, ossia dei limiti alla libertà di utilizzo di dette risorse nel trattamento dei creditori onde evitare alterazioni della genuinità del voto. Sotto questo profilo, segnalato da un'attenta dottrina, occorre riflettere che se la finanza esterna è emancipata da vincoli di utilizzazione determinati dai criteri della responsabilità patrimoniale, non può giungersi semplicisticamente alla stessa conclusione con riguardo al problema della genuinità del voto. Infatti, la risorsa non appartenente al patrimonio del debitore non è assoggettata alle regole sostanziali sulla soddisfazione dei creditori concorsuali, ma potrebbe esserlo con riguardo alle regole procedimentali. Distribuire liberamente tra i creditori votanti risorse derivanti da patrimoni non assoggettati all'espropriazione potrebbe infatti indurre la formazione di maggioranze sulla base di considerazioni solo in parte riferibili al patrimonio del debitore, con conseguenze non limitate ai creditori beneficiari delle risorse aggiuntive, ma anche agli altri creditori, comunque assoggettati alla decisione di maggioranza.

Conclusioni

Con riguardo al problema specificamente affrontato dal Tribunale, pur registrandosi qualche dubbio in dottrina, assai difficilmente potrebbe giungersi a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dalla decisione in esame. Qualche dubbio potrebbe invece sorgere allorché la finanza esterna fosse offerta sulla scorta di precisi collegamenti con il patrimonio del debitore, pur non immediatamente sussumibili in un nesso di derivazione. Così, ad esempio, quando al prezzo offerto per il bene fossero affiancate risorse ulteriori offerte non a titolo di prezzo ma quale contributo esterno alla soluzione concordataria e tuttavia dipendenti (ad esempio a mezzo del vincolo condizionale) dalla conclusione del contratto. In tal caso, infatti, potrebbe discutersi del regime giuridico (a partire dal trattamento fiscale) da applicarsi a tale ulteriore somma e della sua assimilabilità o meno al prezzo del bene (nel caso in commento, invece, la società proponente si era limitata a dichiarare che parte del prezzo avrebbe dovuto intendersi come finanza esterna, senza che risultasse un'architettura contrattuale a giustificazione di detta affermazione).

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Sullo specifico argomento dell'utilizzabilità di risorse esterne al patrimonio del debitore nell'ambito delle procedure di concordato, si segnalano poche decisioni giurisprudenziali: Trib. Treviso, 11 febbraio 2009, in Fall., 2009, 1440, che ha ritenuto che sia il ricavato della liquidazione dei beni ceduti sia le risorse ulteriori che il debitore proponente pone a disposizione dei creditori (c.d. nuova finanza) vanno destinati alla soddisfazione dei creditori nel rispetto delle cause legittime di prelazione; cfr. anche Trib. Messina, 18 febbraio 2009, in Fall. 2010, 79. In dottrina sul tema dell'utilizzazione della finanza esterna cfr. G. Bozza, L'utilizzo di nuova finanza nel concordato preventivo e la partecipazione al voto dei creditori preferenziali incapienti, nota a Trib. Treviso 11 febbraio 2009, in Fall., 2009, 1441; Di Marzio, Il diritto negoziale della crisi di impresa, Milano, 2011, 240 ss.

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