Bancarotta fraudolenta e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte

29 Febbraio 2012

Tra le fattispecie di bancarotta fraudolenta ex art. 216 l. fall. e di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte ex art. 11 D. Lgs. 74 del 2000 non sussiste rapporto di specialità, né può applicarsi la disciplina del reato complesso ex art. 84 c.p. Ne consegue che, qualora un medesimo fatto integri entrambe le fattispecie, non si verifica un conflitto apparente di norme, bensì un concorso di reati (massima).
Massima

Tra le fattispecie di bancarotta fraudolenta ex art. 216 l. fall. e di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte ex art. 11 D. Lgs. 74 del 2000 non sussiste rapporto di specialità, né può applicarsi la disciplina del reato complesso ex art. 84 c.p. Ne consegue che, qualora un medesimo fatto integri entrambe le fattispecie, non si verifica un conflitto apparente di norme, bensì un concorso di reati.

Il caso

La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto avverso un'ordinanza con cui era stata rigettata l'istanza di riesame contro un provvedimento di sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, emesso dal Tribunale di Roma. La Corte, premesso che, in materia di misure cautelari reali, il ricorso per Cassazione è proponibile solo per violazione di legge, ha affrontato approfonditamente il rapporto tra le fattispecie di reato contestate, al fine di verificare l'esattezza della tesi del ricorrente che, individuando nei fatti una progressione nell'offesa al bene giuridico protetto, sosteneva che il reato tributario di cui all'art. 11 D. Lgs. 74 del 2000 dovesse considerarsi assorbito nella bancarotta fraudolenta per distrazione, reato da considerare “complesso” rispetto alla sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. La Corte ha ritenuto il ricorso infondato e lo ha rigettato.

Le questioni giuridiche e la soluzione

La questione di maggiore interesse sollevata dal ricorrente ha ad oggetto i rapporti tra il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte di cui all'art. 11 D. Lgs. 74 del 2000 e il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui all'art. 216 l. fall. Nell'ambito, cioè, dell'ampio settore della materia penale dell'unità e pluralità di reati, la Corte di Cassazione è stata chiamata ad analizzare i rapporti intercorrenti tra le due fattispecie, per definire se un eventuale conflitto tra norme, e cioè la loro astratta contestuale riconducibilità al caso di specie, dia luogo ad un concorso apparente tra norme, con conseguente applicazione di una sola tra le fattispecie interessate, ovvero ad un concorso formale di reati, con conseguente applicazione di entrambe le fattispecie delittuose.
La Suprema Corte motiva il rigetto del ricorso argomentando anzitutto la carenza di rapporto di specialità tra le norme considerate. La specialità di cui all'art. 15 c.p. è l'unico criterio normativo per risolvere i casi di conflitto tra norme, postulando che, quando più norme penali regolano la stessa materia, la norma speciale deroga alla norma generale. Con riguardo al caso di specie, afferma la Corte, tanto la disciplina penale fallimentare (di cui alla l. fall.) quanto quella penale tributaria (di cui al D. Lgs. 74 del 2000) devono essere considerate speciali, non potendosi porre in rapporto di specialità l'una con l'altra, essendo finalizzate a tutelare interessi diversi. Ai sensi della manualistica penale, perché operi il principio di specialità è necessario che una norma contenga tutti gli elementi dell'altra, più un elemento definito specializzante, tale per cui anche se non esistesse la norma speciale il fatto ricadrebbe comunque nell'ambito di applicazione della norma generale. Per aversi tale effetto, afferma la Corte richiamando l'importante pronuncia in materia delle Sezioni Unite dell'ottobre 2010 (28 ottobre 2010, n. 1963), le fattispecie devono presentare la medesima oggettività giuridica, intesa come identità logico-strutturale, da individuarsi in astratto avendo riguardo al requisito della “stessa materia” regolata, da individuarsi “come settore, aspetto dell'attività umana che la legge interviene a disciplinare”. Alla luce di ciò, avuto riguardo altresì alla differente natura delle fattispecie (reato di pericolo quello di cui all'art. 11 D. Lgs. cit.; reato di danno la bancarotta fraudolenta), alle differenze con riferimento all'agente (reato proprio la bancarotta; sostanzialmente comune quello dell'art. 11) e sotto il profilo soggettivo (reato a dolo generico la bancarotta; a dolo specifico l'altro), nonché alla distinzione tra beni giuridici tutelati (pregiudizio dei creditori privati e pubblici per la bancarotta; pretesa fiscale e buon esito delle operazione di riscossione per l'art. 11), la Corte fondatamente esclude, dunque, il rapporto di specialità tra le norme in questione.
La Suprema Corte argomenta altresì l'infondatezza della prospettazione del ricorrente, secondo la quale la bancarotta contestata assorbirebbe, in quanto reato complesso, il reato tributario. E infatti il reato complesso si ha laddove la legge indichi come elementi costitutivi di una fattispecie fatti che, di per sé stessi, integrerebbero a loro volta un reato. In questi casi, ai sensi dell'art. 84 c.p., trova applicazione il solo reato complesso. Perché si possa avere l'assorbimento nella fattispecie complessa, come prospettato dai ricorrenti nel caso di specie, è tuttavia necessario che una fattispecie sia integralmente, e non solo parzialmente, elemento costitutivo della fattispecie complessa. La Corte non ritiene che il reato di cui all'art. 11 del cit. D. Lgs. possa essere assorbito dalla bancarotta, a causa delle differenze strutturali già emerse in sede di analisi del rapporto di specialità, e cioè con riferimento ai beni tutelati, alla natura del reato, agli elementi della fattispecie, richiamando il principio, di ampia portata, per cui “ogni condotta fraudolenta diretta alla evasione fiscale esaurisce il proprio disvalore penale all'interno del quadro delineato dalla normativa speciale, salvo che dalla condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all'evasione”.
In definitiva, laddove a valle di operazioni fraudolenti tipiche di cui all'art. 11 D. Lgs. 74 del 2000 dovesse intervenire sentenza dichiarativa di fallimento, le medesime condotte potrebbero integrare altresì, senza necessità di alternativa, un'ipotesi tipica di bancarotta per distrazione rilevante ai sensi della legge fallimentare, con la quale il reato tributario andrebbe a concorrere.

Osservazioni

La sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema che, seppur distante dal potersi definire definitivamente chiarito (ammesso poi che possa mai esserlo), è stato ampiamente dibattuto e delineato dalla giurisprudenza della Sezioni Unite con due importanti sentenze “gemelle” del 28 ottobre 2010, la n. 1963 (Di Lorenzo), sul rapporto tra illecito amministrativo di circolazione con veicolo sottoposto a sequestro e delitto di sottrazione di cose sequestrate; nonché la n. 1235 (Giordano), senz'altro più nota agli operatori del diritto penale (e non solo) dell'economia, sul rapporto tra frode fiscale e truffa ai danni dello Stato.
Delle due citate sentenze la Corte richiama, nel caso di specie, la fondamentale affermazione secondo cui, per aversi specialità, occorre che le fattispecie, considerate in astratto, presentino la medesima oggettività giuridica. E infatti le Sezioni Unite rifiutano i criteri c.d. valutativi di risoluzione dei conflitti tra norme (quali la consunzione o la sussidiarietà), elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza per colmare l'evidente lacuna di riferimenti normativi in materia, affermando che si ha conflitto apparente tra norme, e conseguente applicazione di una sola delle fattispecie integrate, unicamente in presenza di un rapporto di specialità così come delineato dall'art. 15 c.p.; un tentativo, nelle intenzioni delle SS.UU., di abbandonare criteri applicativi che, incentrati su elementi sfuggenti quali l'identità del bene giuridico protetto o la gravità del fatto in concreto, possono rendere difficile la valutazione e, se del caso, la censura dell'operato del giudice.
La Corte rigetta altresì, perché infondata, l'ipotesi per la quale la bancarotta fraudolenta andrebbe considerata come reato complesso, assorbente le ipotesi di delitto ex art. 11 D.Lgs. 74 del 2000. Una simile scelta è senz'altro condivisibile. Quale infatti che sia la progressione criminosa nell'offesa al bene giuridico, per assodata letteratura penalistica (tra gli altri Cadoppi-Veneziani, Elementi di diritto penale, Parte Generale, CEDAM, 2010) si ha reato complesso, tanto in senso stretto, quanto in c.d. senso ampio (di creazione dottrinale), quando una fattispecie ha al proprio interno tutti gli elementi costitutivi di un diverso reato, di talché nell'integrare il reato complesso l'agente integra altresì, sempre e necessariamente, il diverso reato che ne è parte essenziale. E una simile valutazione non deve svolgersi in concreto, come sembra suggerire il ricorrente facendo riferimento alla progressione nell'offesa al bene protetto del caso di specie, bensì in astratto. Tipici esempi in questo senso sono il delitto di rapina, normativamente costituito da violenza, minaccia e furto, o ancora il delitto di violenza sessuale, da considerarsi, secondo certa dottrina, reato complesso in senso ampio, contenente al proprio interno, sempre e in ogni caso, il reato di violenza privata. In questi termini il reato complesso risulta chiaramente essere, in ultima analisi, una esplicazione normativa del già citato principio di specialità.
Nel caso di specie, si esclude che la bancarotta possa essere reato complesso assorbente il reato tributario in oggetto, essendoci, secondo le parole della Corte, plurimi elementi del reato tributario che non rientrano affatto nelle ipotesi di bancarotta.

Conclusioni

Quali che siano gli sforzi della giurisprudenza nell'introdurre elementi di certezza, perché riconoscibili e verificabili, per risolvere i casi di conflitto tra fattispecie, sembrano restare zone d'ombra difficilmente superabili con il ricorso a criteri oggettivi e costanti. Per quanto in particolare attiene alla specialità, infatti, a detta dei commentatori (ex plurimis, Ruta, Truffa ai danni dello Stato e frode fiscale: limiti del principio di specialità, in Cass. Pen., 7/8, 2011, n. 2510), la giurisprudenza di legittimità, rifiutati i c.d. criteri valutativi per sciogliere il conflitto tra norme ed avendo affermato come solo la specialità, considerata nel raffronto in astratto tra singole norme incriminatrici, debba essere usata come criterio in questo senso, individua come elemento specializzante l'appartenere la norma ad un “sistema” che, anche ai sensi del bene giuridico protetto, debba essere considerato globalmente speciale rispetto ai reati comuni o a quelli ispirati a finalità di protezione più ampie, meno specifiche. In questi termini sembra del resto esprimersi anche la sentenza in esame, quando parla di specialità dei sistemi penale fallimentare e penale tributario generalmente considerati. Tanto rilevato, è evidente come il criterio di applicazione definito come corretto venga in realtà disatteso, e che i criteri c.d. valutativi, ivi incluso il riferimento al bene giuridico protetto, vengano “rivitalizzati” come elementi fondanti il giudizio di specialità.

Minimi riferimenti giurisprudenziali e bibliografici

Sul tema del conflitto apparente di norme e del concorso di reati si segnalano, come riportato nelle osservazioni, le sentenze delle SS.UU. 28 ottobre 2010, n. 1963 (Di Lorenzo) e 28 ottobre 2010, n. 1235 (Giordano). Si vedano sul punto i commenti di G. Aronica, in Riv. trim. dir. pen. econom., 1-2, 2011, 237; G. Ruta, in Cass. pen., 7/8, 2011, 2510; C. Benussi, in Dir. pen. contemp., 24 gennaio 2011. Sul medesimo tema si segnala altresì, nella giurisprudenza di merito, Trib. Milano, Ufficio G.I.P., sent. 30 marzo 2010, in Foro ambrosiano, 2010, 3, 300.
Per i riferimenti istituzionali in tema di concorso apparente di norme e reato complesso si veda Cadoppi-Veneziani, Elementi di diritto penale, Parte generale, CEDAM, 2010, 445.

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