Competenza a decidere sulla domanda di ATP proposta verso il fallito e i suoi garanti

Filippo Lamanna
01 Marzo 2012

L'istanza di accertamento tecnico preventivo proposta ai sensi dell'art. 696 c.p.c. verso un imprenditore già dichiarato fallito è di competenza del Giudice fallimentare anche quando non sia stata ancora depositata dal ricorrente una domanda di insinuazione al passivo, se tale accertamento possa comunque considerarsi funzionale a quest'ultima. Tale competenza attrae anche la richiesta di ATP proposta verso i garanti del fallito, che sia funzionale alla proposizione di successive domande ordinarie (extraconcorsuali) nei loro confronti.
Massima

L'istanza di accertamento tecnico preventivo proposta ai sensi dell'art. 696 c.p.c. verso un imprenditore già dichiarato fallito è di competenza del Giudice fallimentare anche quando non sia stata ancora depositata dal ricorrente una domanda di insinuazione al passivo, se tale accertamento possa comunque considerarsi funzionale a quest'ultima. Tale competenza attrae anche la richiesta di ATP proposta verso i garanti del fallito, che sia funzionale alla proposizione di successive domande ordinarie (extraconcorsuali) nei loro confronti.

Il caso

Alla Sezione fallimentare del Tribunale di Napoli viene assegnato un ricorso per accertamento tecnico preventivo proposto nei confronti di una società dichiarata fallita e di due società assicuratrici che hanno prestato garanzia a suo favore, al fine di constatare il danno da irregolare esecuzione di opere nell'ambito di un pubblico appalto. Il Giudice designato, nell'affrontare il caso, si dichiara competente a trattare l'ATP sia verso la società fallita, che verso le società garanti.

Le questioni giuridiche e la soluzione

La prima delle questioni giuridiche affrontate nell'interessante provvedimento partenopeo, qui commentato - anche se non più recente - per la sua peculiarità e problematicità, è la competenza del Giudice fallimentare in materia di Accertamento Tecnico Preventivo richiesto verso il fallito.
Com'è noto, le istanze di accertamento tecnico preventivo ai sensi dell'art. 696 c.p.c. devono essere proposte al Giudice che sarebbe competente per la causa di merito. Peraltro l'art. 699 c.p.c. statuisce che l'istanza di istruzione preventiva può anche essere proposta in corso di causa e durante l'interruzione o la sospensione del giudizio.
Infine, in forza dell'art. 693, comma 2, c.p.c. quando l'ATP debba esperirsi con eccezionale urgenza l'assunzione della prova si svolge dinanzi al Giudice del luogo in cui si trova l'immobile. Secondo la S. Corte, però, quando già penda la causa di merito, l'istanza di ATP deve essere proposta al Giudice investito di essa anche in caso di eccezionale urgenza, stante la stretta connessione dei provvedimenti cautelari con il giudizio di merito (Cass. 29 ottobre 1994, n. 8943).
Nel caso in commento il Giudice designato, che era anche il Giudice Delegato al fallimento, ha rinvenuto la ragione della propria competenza nel fatto che la domanda di accertamento tecnico preventivo proposta dall'istante “deve essere intesa come richiesta funzionale all'accertamento del credito vantato verso la società fallita in sede di giudizio di verificazione”, e tale nesso di funzionalità sussisteva, evidentemente, anche se (e anzi - in ragione del carattere preventivo dell'ATP rispetto alla causa di merito non ancora instaurata - proprio perché) la domanda di insinuazione non era stata ancora proposta.
Al tempo stesso, però, il Giudice designato si è preoccupato di valutare la sua competenza (interna) anche con riferimento all'estensione della domanda di ATP verso i garanti del fallito, tenuto conto che in tal caso la domanda è “strumentale all'accertamento del (conseguente) credito vantato verso i relativi garanti in sede ordinaria”, laddove invece “l'accertamento dei crediti operato in sede di giudizio di verificazione e, a maggior ragione, l'assunzione delle prove a tal fine ammesse, producono effetti «solo ai fini del concorso»”. Il Giudice ritiene di essere competente anche in tal caso, perché egli è comunque un organo interno del Tribunale, ciò che rende quindi possibile l'attrazione presso di lui (per connessione) anche dell'ATP proposto verso i garanti, ma reputa tuttavia necessaria la previa specificazione della funzionalità di tale mezzo di conservazione della prova non solo alla limitata finalità accertativa del passivo fallimentare, ma anche alla finalità accertativa extraconcorsuale riguardante le future domande risarcitorie proponibili verso i garanti.
Una seconda significativa questione riguarda, di conseguenza, la stessa compatibilità dell'ATP con il rito fallimentare. Il decidente argomenta al riguardo rilevando che il divieto di azioni cautelari ex art. 51 l. fall. esclude soltanto che possano essere proposte o proseguite domande cautelari con effetti verso la massa “in sede ordinaria”, ma non anche quelle che siano “proposte” direttamente avanti al Giudice Delegato (salva la loro eventuale conversione secondo il rito della verifica), anche se - va subito precisato - l'ATP non ha effetti esclusivamente e propriamente cautelari (se non in senso generico), ma piuttosto ricognitivi/probatori, e quindi, come tale, forse nemmeno potrebbe annoverarsi nella categoria delle azioni cautelari cui si applica il divieto di cui all'art. 51 l. fall.
In giurisprudenza si era peraltro già evidenziato che l'ATP non è impedito dal divieto posto dall'art. 51 l.fall., anche se esso viene comunque attratto, quanto al profilo cognitorio, alla competenza funzionale ed inderogabile del Tribunale fallimentare ex artt. 24 e 52 l. fall. (Trib. Sulmona 15 dicembre 2007, in Fall., 2008, 1339, con nota di Staunovo Polacco, Il divieto di azioni cautelari e i procedimenti di istruzione preventiva nel fallimento e nell'amministrazione straordinaria).
Una terza questione giuridica attiene di conseguenza ai presupposti dell'accertamento preventivo inteso in senso cautelativo, individuati anche in sede fallimentare nella sussistenza tanto del fumus boni iuris - consistente “nella probabile ammissibilità e rilevanza del mezzo di prova richiesto rispetto alle domande (o eccezioni) proposte (o da proporre) nell'azione di merito” - quanto del periculum in mora - concretizzantesi nel rischio che la prova nel giudizio di merito “non possa essere più, di fatto, raccolta o possa essere raccolta con maggiore difficoltà” - .

Osservazioni

La decisione del Tribunale di Napoli è di particolare interesse e risulta molto bene articolata ed argomentata.
È certamente condivisibile la soluzione secondo cui la competenza in capo al Giudice (e quindi alla Sezione) fallimentare si radica (ex artt. 24 e 52 l. fall.), quanto ad una domanda di ATP, in funzione della competenza (esclusiva ed inderogabile, perché di carattere funzionale) di tale Giudice in materia di accertamento del correlato credito concorsuale in presenza del già dichiarato fallimento del resistente, senza la necessità che sia stata già presentata anche la domanda di ammissione al passivo, dato il carattere preventivo dell'accertamento richiesto rispetto ad una futura domanda di insinuazione, e quindi in ragione di tale nesso funzionale di collegamento (salvo che lo stesso ricorrente precisi - potremmo aggiungere - che non intende presentare in seguito una domanda di insinuazione al passivo, ma solo una domanda da far valere a fallimento chiuso, verso il fallito tornato in bonis, ipotesi in cui permarrebbe evidentemente la competenza ordinaria). Non è dubbio, del resto, che la competenza esclusiva del Tribunale fallimentare vada affermata - per il combinato disposto degli artt. 24 e 52 l.fall. - ogni qual volta una qualunque domanda sia prodromica all'accertamento di un credito verso il fallito, essendo investito, il Tribunale del luogo ove è stato dichiarato il fallimento, anche del procedimento di accertamento del passivo, che attrae tutte le pretese creditorie finalizzate a soddisfarsi sui beni dell'impresa insolvente.
Opportuna è poi anche la precisazione del Giudice partenopeo in ordine ai limiti in cui l'ATP è destinato a produrre i suoi effetti in relazione alla proponenda domanda di insinuazione verso il fallito, limiti connessi al limitato effetto accertativo che promanerà dall'eventuale ammissione al passivo (efficacia di giudicato meramente endo-concorsuale), che non possono invece riguardare l'accertamento dei crediti azionabili verso i garanti in bonis. A questo riguardo giustamente il decidente osserva che l'attrazione - per connessione - della competenza presso di sé anche dell'ATP verso i garanti in bonis non pregiudica l'interesse del ricorrente ad ottenere poi un titolo con efficacia extraconcorsuale verso i garanti stessi, poiché comunque chi decide sull'ATP (il Giudice designato, appartenente alla Sezione fallimentare) è organo equiordinato interno del Tribunale (in altri termini, ogni Sezione civile e ogni Giudice che vi è addetto può decidere sulla domanda verso i garanti in bonis secondo competenza ordinaria, senza che l'eventuale violazione delle regole in tema di divisione interna per materia fra le Sezioni - ove la tematica trattata non rientri tra le materie cui è addetta la Sezione fallimentare - abbia effetti invalidanti sulla decisione, non incidendo essa sulla cd. competenza esterna), e quindi non vi sarà mai uno scollamento sensibile e produttivo di nullità tra il Giudice dell'ATP ed il Giudice della causa ordinaria di merito (resti esso eventualmente lo stesso Giudice della Sezione fallimentare che ha deciso l'ATP o invece un Giudice appartenente ad una diversa Sezione civile). Tale precisazione era necessaria, perché, riguardandosi la vicenda in proiezione futura, ossia in relazione alle proponende domande di merito, esse non potrebbero che seguire riti diversi: la domanda di insinuazione, il rito speciale della verifica del passivo, con i già detti limiti cognitori e di efficacia (giacché anche un giudicato conseguente a ricorso per cassazione contro il provvedimento emesso a seguito di opposizione al passivo potrebbe tutt'al più valere, dopo la chiusura del fallimento, come mero documento probatorio appena sufficiente ad avviare un procedimento monitorio: art. 120, ultimo comma, l.fall.); e la domanda verso i garanti, il rito ordinario di cognizione (con attitudine a sfociare in una decisione pienamente idonea al giudicato esterno), non potendo tale ultima domanda - per quanto connessa all'altra - essere veicolata nel procedimento di verifica del passivo, essendo deputato, quest'ultimo, a veicolare solo domande di accertamento di pretese creditorie o rivendicatorie verso il fallito (e non verso i terzi).

Le questioni aperte

Una questione che meriterebbe specifica disamina è se, in presenza della competenza del Giudice fallimentare a trattare anche il ricorso di ATP per il nesso di collegamento con la proponenda insinuazione al passivo, anche detto ricorso debba o meno seguire - pena l'inammissibilità - il rito di cui agli artt. 93 ss. l. fall. (per l'affermativa sembra Staunovo Polacco, op. cit., 1346, il quale evidenzia che l'art. 95, comma 3, secondo periodo, l. fall., consente ora «atti di istruzione», compatibili, come tali, con il rito della verifica).
Va poi stabilito a chi proporre l'istanza quando già si sia svolta la verifica tempestiva e penda il termine per proporre opposizione. Sembra in effetti conseguente, date le premesse, ritenere che l'istanza (sia ante causam, sia in corso di giudizio) vada proposta al Tribunale fallimentare, quale organo competente per le eventuali impugnazioni ex art. 98 l. fall. (cfr. Staunovo Polacco, op. cit., 1348).
Il provvedimento in esame non esamina poi, ovviamente, l'altra diversa, ma connessa questione dell'utilizzabilità dell'accertamento tecnico preventivo già svolto o in corso di svolgimento al momento della dichiarazione di fallimento. Al riguardo è ragionevole ritenere che l'ATP già concluso possa essere considerato come una prova efficace, ma con il rango di prova costituita in altro procedimento.
Quanto all'ATP già in corso di svolgimento al momento della dichiarazione di fallimento davanti ad un Giudice di ordinaria competenza, ma non ancora esaurito, di norma esso dovrebbe interrompersi per la sopravvenuta competenza esclusiva del Giudice fallimentare. Non può tacersi, tuttavia, che in alcuni casi una tale interruzione potrebbe rivelarsi comunque inopportuna, potendo essere in fase di svolgimento accertamenti, ad esempio, non ripetibili (come quelli chimici). In questi casi l'esito finale del procedimento conclusosi a fallimento ormai pendente potrebbe recepirsi e coincidere, sul piano dell'efficienza probatoria, con quello esaminato poc'anzi in relazione al caso degli accertamenti già per intero esperiti prima del fallimento (efficacia di prove assunte legittimamente in altri procedimenti).
Resta poi da risolvere il quesito circa il se - per effetto del disposto dell'art. 693, comma 2, c.p.c. - sia sottratto o meno alla competenza del Giudice fallimentare il caso in cui l'ATP debba esperirsi con eccezionale urgenza, ipotesi che consentirebbe l'assunzione della prova dinanzi al Giudice del luogo in cui si trova l'immobile. La risposta negativa (Staunovo Polacco, ibidem) sembra la più corretta, considerato che il requisito della eccezionale urgenza non sembra di per sé idoneo a prevalere sulla competenza inderogabile del Giudice fallimentare.

Minimi riferimenti giurisprudenziali e dottrinali

Sulla natura cautelare dell'ATP cfr. C. Mandrioli, Diritto processuale civile, vol. IV, Torino, 2006, 285.
Sulla tematica della collisione dell'ATP con il divieto di cui all'art. 51 si veda, oltre alla citata Trib. Sulmona, anche una decisione resa dal Tribunale di Mantova (sentenza 7 marzo 2003) vigente la legge fallimentare taglia '42, che ha ritenuto utilizzabile nel giudizio di ammissione allo stato passivo in sede fallimentare la relazione resa dal CTU nell'ambito di un procedimento di accertamento tecnico preventivo proposto avanti ad altro Giudice di ordinaria competenza dopo la dichiarazione di fallimento. In tal caso avanti al Collegio Fallimentare la curatela aveva chiesto di statuire l'inutilizzabilità delle risultanze accertate in sede di ATP. Per contro il Tribunale Fallimentare di Mantova affermava che “l'art. 52 l. fall. prevede la regola dell'esclusività del procedimento fallimentare solo ai fini dell'accertamento dei crediti ma siffatta disposizione, per il suo marcato carattere di specialità, non può essere interpretata sino a comprendere un procedimento quale quello di ATP avente diversa finalità e cioè di precostituzione per ragioni di urgenza di una prova. Inoltre va osservato che, nel momento in cui il procedimento previsto dall'art. 696 c.p.c. è stato promosso, non era in corso neppure la verifica dei crediti sicché, non potendosi ritenere che l'interessato durante tale fase venga privato della tutela giurisdizionale garantita da tale norma, non resta che concludere nel senso della utilizzabilità della prova raccolta nell'ambito del procedimento in questione”.
In dottrina si è espresso favorevolmente alla prosecuzione dell'ATP in pendenza di procedura concorsuale, sottraendosi al divieto ex art. 51 l. fall., Cuneo, Le procedure concorsuali, cit., 601.
Anche Staunovo Polacco - op. cit., 1347 e ss. - giunge a tale conclusione, ma per ragioni diverse, ritenendo che l'art. 51 non influisca affatto su procedimenti che non mirano ad evitare la dispersione del patrimonio della procedura con pregiudizio alla par condicio creditorum, ma solo a conservare la prova del credito; questi ultimi andrebbero quindi disciplinati alla stregua del solo principio di attrazione funzionale nel procedimento di verifica del passivo ex artt. 52 e 93 e ss. l. fall..

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