Proposta di concordato con cessione parziale dei beni del debitore con e senza continuità

21 Marzo 2012

Nel concordato di natura liquidatoria non è ammissibile che il soddisfacimento dei creditori sia realizzabile con una proposta di cessione meramente parziale dei beni del debitore, essendo tale forma di proposta riservata alle ipotesi in cui il piano preveda che le attività non cedute possano servire per proseguire l'attività di impresa e quindi generare risorse per il soddisfacimento dei creditori.
Massima

Nel concordato di natura liquidatoria non è ammissibile che il soddisfacimento dei creditori sia realizzabile con una proposta di cessione meramente parziale dei beni del debitore, essendo tale forma di proposta riservata alle ipotesi in cui il piano preveda che le attività non cedute possano servire per proseguire l'attività di impresa e quindi generare risorse per il soddisfacimento dei creditori.

Il caso

Un imprenditore individuale presenta una proposta di concordato qualificata dalla cessione ai creditori dei suoi beni personali, aziendali e non, eccezion fatta che per un immobile, non facente parte dell'azienda, di cui il debitore proponente intende mantenere proprietà e disponibilità.

La questione giuridica e la soluzione

Il Tribunale di Arezzo esamina la questione dell'ammissibilità giuridica di una proposta di concordato per cessione meramente parziale dei beni del debitore, ravvisando in tale ipotesi una violazione dei principi di cui agli artt. 2740 e 2910 c.c. e concludendo quindi per la compatibilità della cessione parziale con i principi generali della responsabilità patrimoniale nei soli casi in cui il piano preveda che le attività non cedute (tutte) siano funzionali alla prosecuzione dell'impresa ed alla conseguente produzione di risorse da destinare al soddisfacimento dei creditori.

Osservazioni

La soluzione del Tribunale di Arezzo muove dalla corretta applicazione al caso di specie dei principi generali dettati in tema di responsabilità patrimoniale del debitore.
Merita tuttavia una riflessione laddove considera ammissibile la proposta di cessione parziale qualificata dalla strumentalità, dei beni non ceduti, alla prosecuzione dell'attività d'impresa.
In generale, va detto che l'adesione alla tesi dell'incondizionata ammissibilità di una proposta di concordato per cessione dei beni non integrale potrebbe fondarsi - peraltro, come si vedrà, non condivisibilmente - sul superamento della rigidità delle tipologie di concordato che caratterizzava la disciplina passata, oltre che sull'accentuata contrattualizzazione dell'istituto-concordato.
Da un lato, infatti, l'art. 160 l. fall. consente oggi di costruire il piano concordatario con la previsione di contenuti atipici e non vincolati, dall'altro la normativa vigente, riducendo l'aspetto pubblicistico e quindi l'estensione del controllo giurisdizionale sulla proposta del debitore, sembrerebbe svincolare quest'ultima da qualsivoglia prescrizione di ammissibilità, donde la conseguenza che all'attenzione della massa dei creditori, per l'eventuale approvazione, possa essere portata una varietà indefinita di offerte di soluzione della crisi.
In tale prospettiva, il fatto stesso che la valutazione di convenienza del concordato sia di esclusiva spettanza della massa dei creditori, salva l'eccezionale e residuale ipotesi prevista dal comma 4 dell'art. 180 l. fall., finirebbe per autorizzare la proposizione di proposte ampiamente divergenti da quelle ancorate alle tradizionali forme di soddisfacimento.
Seguendo tali premesse e traendo da esse conclusioni che però, come già detto, sarebbero non condivisibili, potrebbe essere valorizzato il pieno diritto della massa dei creditori ad optare per una cessione dei beni parziale, rispetto a quella integrale, posto che il conseguente inferiore soddisfacimento, in termini quantitativi, potrebbe essere compensato dalla valorizzazione soggettiva di altri aspetti, quali l'eventuale contrazione dei tempi di pagamento assicurata in concreto dalla proposta concordataria.
In realtà, la soluzione corretta è quella esplicitata dal decreto in commento, che àncora la conclusione di inammissibilità della proposta di cessione parziale dei beni, formulata in una prospettiva liquidatoria, alla necessità di rispettare il principio generale della responsabilità patrimoniale estesa a tutti i beni, presenti e futuri, del debitore (art. 2740 c.c.).
Infatti, un'eventuale deroga al principio generale della garanzia patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c. non potrebbe fondarsi se non sul consenso di ogni singolo creditore, non già su quello della massa dei creditori, espresso sulla base del principio, immanente al concordato preventivo, secondo cui la volontà della maggioranza vincola quella della minoranza.
Diversamente ritenendo, infatti, si legittimerebbe del tutto impropriamente una sottrazione di parte del patrimonio del debitore inadempiente alla disponibilità che di esso i singoli creditori hanno.
Ritenere ammissibile una cessione parziale del patrimonio non compensata dall'intervento di finanza "esterna", finirebbe pertanto per legittimare una condotta di sottrazione che in realtà, proprio in quanto tale, va ritenuta inammissibile.
La stessa condizione cui l'art. 160, comma 2, l. fall. subordina il soddisfacimento in percentuale del credito assistito da un causa di prelazione generale (la preferibilità del trattamento derivante dal concordato, rispetto a quanto deriverebbe dalla liquidazione a valore di mercato dei beni sui quali insiste il privilegio e quindi, nel caso di privilegio generale, dell'intero patrimonio del debitore) non va considerata nulla più che un'esplicazione della regola generale che vincola l'intero patrimonio del debitore al soddisfacimento dei creditori.
Ciò detto, la questione merita di essere affrontata in modo più problematico qualora si versi un un'ipotesi di concordato qualificato dalla continuità dell'impresa, in vista dell'auspicabile risanamento.
L'affermazione contenuta nel decreto del Tribunale di Arezzo, secondo cui la cessione parziale dei beni sarebbe ammissibile ogniqualvolta i beni non ceduti "...possano servire per la continuazione dell'attività aziendale e quindi generare risorse per il soddisfacimento dei creditori", merita alcune considerazioni ulteriori, le quali necessariamente, a loro volta, devono prendere le mosse dal principio di inderogabilità della garanzia patrimoniale prevista dall'art. 2740 c.c., per concretizzarsi nella conclusione secondo cui una proposta di cessione parziale, ove pure preveda la conservazione dei soli beni funzionali all'impresa, sia ammissibile nelle due sole ipotesi in cui si possa riscontrare la preferibilità, per la massa dei creditori, della proposta concordataria rispetto alla soluzione della liquidazione dei beni in ambito fallimentare.
La prima di dette ipotesi si realizza quando vi sia l'intervento della cd. finanza esterna, e in una misura tale da consentire di ritenere che la proposta concordataria sia più vantaggiosa, per i creditori, rispetto a quanto deriverebbe dalla liquidazione di tutto il patrimonio dell'imprenditore in crisi, ivi compresa la sua azienda.
La seconda ipotesi è ravvisabile nel caso in cui l'imprenditore proponga di trarre dalla prosecuzione della sua attività le risorse, o parte di esse, necessarie per il soddisfacimento del ceto creditorio, ma sempre a condizione che la proposta si risolva in un trattamento migliorativo rispetto a quanto ai creditori deriverebbe dalla liquidazione del patrimonio complessivo del debitore, il che significa poter effettuare una prognosi di esubero delle risorse generate dalla prosecuzione dell'attività, in un tempo coincidente con quello considerato dal piano concordatario per il soddisfacimento finale dei creditori, rispetto ai valori che si ricaverebbero dalla liquidazione dei beni aziendali non compresi nella proposta di cessione.
Affermare, come il Tribunale di Arezzo sembra fare, un'incondizionata legittimità di una proposta per cessione dei beni parziale, allorquando i beni non ceduti siano utilizzati per la prosecuzione dell'attività d'impresa, significa sostenere che il collegamento del patrimonio del debitore all'attività d'impresa lo svincoli dalla sua naturale funzione di garanzia dei creditori; donde la possibilità di concepirne la sottrazione alla liquidazione.
Una conclusione di questo tenore sembrerebbe discendere da una considerazione imperniata sulla rilevanza costituzionale di "beni", quali certamente sono l'impresa ed il lavoro, l'esigenza di tutela dei quali giustificherebbe la parziale violazione del principio della garanzia patrimoniale.

Conclusioni

Condiviso il principio generale da cui parte la pronuncia in commento, l'ulteriore assunto che svincola l'ammissibilità della proposta concordataria con cessione dei soli beni non funzionali all'attività d'impresa dalla necessità di rispettare le regole della garanzia patrimoniale sembra più discutibile.
Esso riecheggia un concetto, pur autorevolmente espresso, secondo cui la tutela dei creditori, in caso di insolvenza del debitore-imprenditore, possa realizzarsi riconoscendo loro poteri di disporre dell'attività d'impresa, oltre che del patrimonio, ma presuppone forse una divaricazione delle discipline giuridiche del concordato di natura conservativa e del concordato liquidatorio al momento insussistente.

Minimi riferimenti giurisprudenziali e bibliografici

Sulle tematiche generali del concordato con cessione dei beni in funzione liquidatoria: S. Ambrosini-P.G. De Marchi, Il nuovo concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Milano, 2005; A. Bonsignori-E. Frascaroli Santi-G. Nardo-M. Zoppellari, Il concordato preventivo e quello stragiudiziale, in G. Ragusa Maggiore-G. Costa, Le procedure concorsuali. Procedure minori, Torino, 2001; D. Bruno, I provvedimenti in caso di cessione dei beni nella disciplina riformata del concordato preventivo, in Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da Fauceglia-Panzani, 2009; F.S. Filocamo, Commento all'art. 182, in La legge fallimentare, a cura di M. Ferro, Padova, 2007; G. Landolfi, Il concordato preventivo con cessione dei beni, Padova, 2000; S. Pacchi, Commento all'art. 182, in A. Jorio-M. Fabiani (diretto da e coordinato da), Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2006-2007; L. Pica, Il concordato preventivo, in Cementano-Forgillo (a cura di), Fallimento e concordati, Torino 2009; B. Quatraro, La liquidazione nel concordato preventivo, in Giur. comm., 1989; G. Rago, L'esecuzione del concordato preventivo, in Fall., 2006.
Sul tema della destinazione di attività quale criterio imprescindibile per la qualificazione e delimitazione della responsabilità patrimoniale dell'imprenditore: F. Di Marzio, Il diritto negoziale della crisi d'impresa, Milano 2011, 258; A Patti, Crisi d'impresa e ruolo del giudice, Torino 2009, 205; Ferro-Luzzi, La disciplina dei patrimoni separati, in Riv. soc., 2002, I, 126 ss.

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