Aspetti del principio dispositivo nella formazione dello stato passivo

22 Marzo 2012

Il creditore opponente, perché escluso o ammesso parzialmente al passivo, deve provare i fatti costitutivi del proprio diritto, non riconosciuto dal giudice delegato, precisando nel ricorso i mezzi di prova ed allegando fisicamente i documenti di cui vuole avvalersi. (massima)
Massima

Il creditore opponente, perché escluso o ammesso parzialmente al passivo, deve provare i fatti costitutivi del proprio diritto, non riconosciuto dal giudice delegato, precisando nel ricorso i mezzi di prova ed allegando fisicamente i documenti di cui vuole avvalersi.

Il caso

La sezione fallimentare del Tribunale di Treviso, sviluppando l'orientamento secondo il quale al momento del deposito del ricorso in opposizione al passivo devono risultare fisicamente prodotti e non soltanto indicati i documenti che si chiede di utilizzare (quand'anche fossero già stati prodotti in sede di verifica dello stato passivo), ritiene tardivamente prodotti i documenti depositati dal ricorrente in udienza e quindi rigetta l'opposizione allo stato passivo.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Il punto centrale della decisione è l'accoglimento delle eccezioni sollevate dalla curatela fallimentare circa la non acquisibilità d'ufficio nel giudizio di opposizione allo stato passivo del fascicolo depositato dal creditore in sede di verifica e circa la tardività della produzione di tali documenti nel corso del giudizio di opposizione.

Osservazioni

La soluzione accolta dal Tribunale di Treviso trae argomento, in primo luogo, dal fatto che nei giudizi di opposizione, ai sensi dell'art. 98, comma 2, l. fall., l'attore è il creditore escluso od ammesso parzialmente, sicché ha l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto non riconosciuto dal giudice delegato, mentre sul curatore fallimentare grava l'onere di allegare i fatti estintivi, modificativi od impeditivi posti a fondamento delle proposte eccezioni.
Inoltre, per le nuove indicazioni legislative, parte ricorrente ha ora anche l'onere, a pena di decadenza, non solo di effettuare nell'atto introduttivo una compiuta enunciazione della pretesa, ma anche di indicare «a pena di decadenza», i mezzi di prova e i «documenti prodotti», il che significa che gli stessi devono essere inderogabilmente fisicamente già depositati nella cancelleria.
Si trattava di valutare, però, nel caso di specie, se tra questi documenti rientrassero anche i documenti già allegati alla domanda di ammissione al passivo .
In linea generale, anche la Suprema Corte ha confermato l'orientamento della giurisprudenza di merito secondo il quale il giudizio di opposizione a stato passivo è regolato - come qualunque ordinario giudizio di cognizione a natura contenziosa - dal principio dispositivo, sicché il materiale probatorio utilizzabile per la decisione è soltanto quello prodotto dalle parti (o acquisito dal giudice, ai sensi degli artt. 210 e 213 c.p.c.), ed è solo quel materiale che ha titolo a restare nel processo (Cass. n. 10118 del 2006).
Si tratta naturalmente di verificare poi in concreto le effettive modalità ed i limiti in cui si esplica il detto principio dispositivo.
Quanto alla fase della verifica dei crediti avanti al giudice delegato, in astratto gli art. 93 e 95 l. fall. descrivono un onere processuale di deduzione/allegazione in capo al creditore (Il ricorso contiene … 3) la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda…; al ricorso sono allegati i documenti dimostrativi del diritto) e un onere di eccezione in capo al curatore (Il curatore può eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere). In quest'ottica, ristretta, il Giudice Delegato decide, ex art. 95 l. fall., nei limiti delle conclusioni formulate dal creditore ed avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d'ufficio e a quelle formulate dagli altri interessati.
Tale assetto normativo va però calato nella realtà decisionale tenendo conto dei principi di celerità della procedura concorsuale e di non contestazione processuale, sicché con ogni evidenza le domande nella fase della verifica sono esaminate dal Curatore Fallimentare mediante l'acquisizione d'ufficio delle scritture contabili dell'impresa fallita e dell'intero fascicolo fallimentare. In altre parole, il G.D., di fronte ad una non contestazione della pretesa, ammette il credito anche di fronte ad una produzione documentale del creditore in un certo senso “non completa”, perché di fatto integrata dal fascicolo fallimentare al quale in questa fase attingono liberamente gli organi della procedura.
Parimenti, in caso di contestazioni da parte del C.F., il G.D. è tenuto, prima di procedere all'esclusione, ad acquisire - anche d'ufficio - la base documentale presente nel fascicolo fallimentare proprio perché il legislatore lo ha posto in condizioni di terzietà (per così dire attenuata) nel conflitto tra il curatore fallimentare (sempre professionalmente attrezzato) e il creditore (spesso presente senza assistenza tecnica). Sopratutto va rimarcato il disallineamento nelle potenzialità conoscitive, atteso che il creditore ha accesso solo al proprio materiale ed è informato in ordine solo al proprio rapporto giuridico, mentre il Curatore Fallimentare attinge dal fascicolo fallimentare.
In questo contesto la terzietà assoluta nella fase della verifica dello stato passivo determinerebbe un rallentamento delle operazioni di verifica, che il legislatore della riforma non sembra aver voluto consentire.
Una più intensa situazione di terzietà si realizza invece nella fase dell'opposizione, ove non a caso il Giudice Delegato non può essere componente del Collegio Fallimentare.
In quest'ottica di differente organizzazione delle fasi processuali, può ritenersi non irragionevole che il Collegio Fallimentare non possa o debba accedere ex officio, in sede di opposizione, agli atti della procedura fallimentare, e che debba o possa ammettere la produzione di documenti dopo il deposito del ricorso solo se gli stessi siano al contempo funzionalmente indispensabili per la decisione e nuovi o prima improducibili. E potrebbe quindi ritenersi che tra essi non rientrino i verbali della verifica, la domanda di ammissione, i documenti allegati alla domanda e la missiva trasmessa dal C.F.
Non può però escludersi, viceversa, che una diversa soluzione trovi spazio alla luce del nesso di continuità (e di contiguità) funzionale che comunque sussiste tra la fase sommaria e la fase contenziosa della verifica, svolgendosi in effetti entrambe dinanzi al medesimo organo giudiziario.
Per concludere, può essere utile ricordare anche l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale (cfr. Cass. Civ. Sez. I, n. 10854 del 10 luglio 2003) nel giudizio di opposizione allo stato passivo il regolamento delle spese processuali è ispirato, ricorrendo la medesima ratio di evitare che il ritardo nella documentazione del credito possa risolversi in un pregiudizio per la massa dei creditori, allo stesso principio - ricavabile dall'art. 101, ult. comma, l. fall. - che regola la materia nel giudizio sulla dichiarazione tardiva di credito. Principio in base al quale deve assumersi a criterio del regolamento delle spese il ritardo del creditore, secondo che esso si riveli - o meno - colpevole. Pertanto, anche nel giudizi di opposizione a stato passivo, il regolamento delle spese non può prescindere dalla valutazione della condotta del creditore opponente e dall'eventuale sua responsabilità, tutte le volte cha a lui si possa o si debba ascrivere di aver dato causa (ad esempio, con la tardiva produzione della documentazione giustificativa del credito) o di aver reso necessario il giudizio di opposizione stesso, pur se di esito favorevole ad esso opponente.

Le questioni aperte

Anche il principio di non contestazione può subire nel processo di opposizione allo stato passivo una particolare declinazione allorchè il Curatore Fallimentare intervenga personalmente nell'udienza senza costituirsi e renda delle dichiarazioni. Sul punto anche la Suprema Corte (cfr. Cass., ordinanza n. 12012 del 31 maggio 2011) ha voluto prendere atto delle peculiarità di questo giudizio avente valore endofallimentare ed ha statuito che “l'audizione informale del curatore, che compaia personalmente, benché non costituito tramite ministero di un legale, per l'udienza di discussione avanti al collegio, costituisce una mera irregolarità, e non una causa di nullità del procedimento, regolato dall'art. 99 l. fall., quando lo stesso si sia limitato ad illustrare dati già presenti nei documenti in atti, nella specie allegati al ricorso in opposizione, poiché il tribunale di tali dati avrebbe comunque dovuto tener conto d'ufficio".
In altre parole, sebbene “irregolare”, è del tutto legittima la prassi - avente evidente efficacia deflattiva - di interpellare il Curatore Fallimentare sul valore probatorio dei nuovi documenti depositati dal creditore in sede di opposizione allo stato passivo.
Nell'ambito di tali best practices può annoverarsi quella che, ad esempio, è stata adottata dal Tribunale di Milano, ove già al momento della fissazione dell'udienza il Giudice designato alla trattazione del procedimento di opposizione invita il Curatore, con apposito provvedimento, a comparire comunque in udienza, anche ove non intenda costituirsi, redigendo una breve relazione sulle eventuali possibilità di riparto su cui potrebbe contare l'opponente nel caso di una sua integrale ammissione. È chiaro che tale prassi è volta a rendere chiara l'inutilità di coltivare il contenzioso o di non pervenire a soluzioni conciliative laddove tali possibilità di riparto fossero in tutto o in parte inesistenti.

Minimi riferimenti giurisprudenziali e normativi

Per la giurisprudenza si vedano: Cass. ordinanza 8 novembre 2010, n. 22711; Cass. 2 maggio 2006, n. 10118; Cass. ordinanza 31 maggio 2011, n. 12012.
Le norme di riferimento delle varie questioni qui trattate sono gli artt. 93, 95, comma 1, 98 e 99 l. fall.

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