L’ammissibilità dell’affitto di azienda con successiva cessione nel concordato preventivo
17 Settembre 2015
Massima
Nel caso di concordato preventivo nel cui piano sia contemplato un contratto di affitto di azienda o di suo ramo, con conseguente obbligo (nella forma della proposta irrevocabile di acquisto) al successivo acquisto da parte dell'affittuario dell'azienda medesima, il piano presentato deve ritenersi rituale e ammissibile in quanto in linea con i canoni posti dall'art. 186-bis l. fall.; questa soluzione appare infatti una “continuazione fisiologica della vita dell'azienda”, stante l'impegno irrevocabile dell'affittuario al successivo acquisto del complesso dei beni e dei servizi funzionali all'attività di impresa. Il caso
Al Tribunale di Roma si è presentato un caso riguardante l'ammissibilità del concordato preventivo di una società editoriale, posta in liquidazione, nel cui piano era presente un contratto di affitto di ramo d'azienda (in particolare, il complesso dei beni finalizzati alla produzione della testata “L'Unità”) con contestuale impegno da parte dell'affittuario al successivo acquisto del complesso aziendale. Ritenendo questo progetto finalizzato a garantire la continuità aziendale, scongiurando il perpetrarsi dell'interruzione della pubblicazione - e il ravvicinato rischio di perdita della registrazione della testata, causata dall'assenza di pubblicazioni per un anno (art. 7 legge 47 del 1948) -, il Tribunale si è espresso in senso favorevole, in quanto – a suo giudizio - in linea con i principi stabiliti dalla legge fallimentare. La questione
Il caso posto all'attenzione dei Giudici di Roma riguarda la questione dell'ammissibilità di un contratto di affitto di ramo d'azienda all'interno di un concordato preventivo di una società posta in liquidazione. L'ammissibilità deve essere vista alla luce della normativa introdotta dal decreto sviluppo del 2012: sulla scorta dei mutamenti normativi, rivolti a favorire la continuità dell'azienda, il Tribunale di Roma ha dichiarato ammissibile il piano, non fondando le proprie ragioni solamente sulla riconducibilità della fattispecie alla previsione dell'art. 186-bis, l. fall., ma precisando anche la necessità di verifica, caso per caso, della presenza di determinate condizioni; in particolare, sono emerse nel caso di specie le seguenti circostanze che hanno fatto propendere per l'ammissibilità della proposta: Le soluzioni giuridiche
La questione in commento affronta come principale nodo quello relativo al fatto che, fino all'entrata in vigore del Decreto Sviluppo del 2012, sia la prassi giurisprudenziale, sia quella dottrinaria, avevano sempre fatto rientrare l'ipotesi dell'affitto con successivo acquisto dell'azienda nella categoria del concordato liquidatorio, in quanto non assicurava una continuità diretta né sotto il profilo giuridico, né sotto quello economico. Tuttavia, la novella dell'art. 186-bis della l. fall., introdotta appunto con la legge 7 agosto 2012, n. 134, ha disposto che qualora il piano “preveda (…) la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio ad una o più società, anche di nuova costituzione” il concordato preventivo vada annoverato tra quelli con continuità aziendale. In sostanza, a seguito dell'innovazione legislativa, volta proprio a favorire la non interruzione dell'attività di impresa, la continuità aziendale può essere ottenuta non solo attraverso le consuete modalità dirette e, quindi, per mezzo del mantenimento dell'azienda in capo all'imprenditore che provvede al risanamento all'interno della procedura, ma anche per mezzo di una modalità “indiretta”, attraverso cioè il trasferimento dell'azienda (o di un ramo di essa) a terzi che provvederanno al risanamento della stessa. Inoltre, secondo una parte degli interpreti, dalla dicitura letterale dell'art. 186-bis della l. fall. non apparirebbe espressamente permessa, ma neppure esclusa, la possibilità che le operazioni di cessione del ramo d'azienda siano in qualche modo precedute da un'operazione “ponte”, come appunto un affitto di azienda che appaia inequivocabilmente finalizzato alla successiva cessione. Del resto, se l'intenzione del legislatore è stata proprio quella di favorire la continuità aziendale e, in questo modo il soddisfacimento delle regioni creditorie, l'operazione sottoposta al vaglio del Tribunale appare non solo giuridicamente, ma anche logicamente preposta proprio al conseguimento di tale obiettivo. Osservazioni
L'intervento legislativo di riforma della legge fallimentare ha contribuito a favorire la continuità aziendale, autorizzando a ritenere che possano rientrare in tale ipotesi anche quelle in cui sia un terzo e non lo stesso debitore ad attivarsi per consentire all'azienda (o a un suo ramo) di continuare a operare; ciò che accade in presenza di un contratto di affitto con conseguente proposta irrevocabile di acquisto. La presenza di un impegno di carattere inderogabile all'acquisto del ramo d'azienda è peraltro condizione necessaria per valutare la volontà dei ricorrenti di garantire una continuità aziendale. La normativa di riferimento è costituita dagli artt. da 186-bis a 186-quater, l. fall.; in dottrina, l'argomento del rapporto tra concordato in continuità e affitto d'azienda è trattato da LAMMANA, Ancora sull'incompatibilità tra affitto d'azienda e concordato con continuità aziendale, in IlFallimentarista.it; GALLETTI D., La strana vicenda del concordato di continuità e dell'affitto d'azienda, in IlFallimentarista.it; COVINO G. – JEANTET L., Il concordato con continuità aziendale: compatibilità con l'affitto di azienda e durata poliennale del piano, in IlFallimentarista.it; FICO D., Domanda di concordato con riserva, affitto d'azienda e concordato in continuità, in IlFallimentarista.it; ARATO, Il concordato con continuità aziendale, in IlFallimentarista.it; AMBROSINI S., Appunti in tema di concordato con continuità aziendale, in ilcaso.it, 2012. |